venerdì 30 aprile 2010

Raccon-tiny. Piccoli racconti.

Quando la signora Giulia ha comunicato a Elisa la decisione del cagnolino, Elisa, parole sue, avrebbe voluto strapparsi i capelli. "Come faccio con quattro bambini, due tartarughe, le piante e adesso anche il cagnolino!". Pensava. Ed era seriamente preoccupata. Elisa era la baby-sitter dei bambini della signora Giulia: quattro bambini uno più scatenato dell'altro. In più si occupava anche un po' della casa, cambiava l'acqua alle tartarughe e bagnava le piante. Rassettava, teneva in ordine le camerette. Si trovava bene con quella famiglia, erano seri e soprattutto pagavano. Cosa importante e non così scontata. Perciò Elisa era contenta e poteva sostenere l'affitto del suo piccolo appartamento. E qualche svago oltre alle bollette. La signora Giulia era educata, la rispettava e sapeva farsi rispettare. C'era un rapporto di fiducia, come si suol dire. Anche per questa ragione però adesso Elisa era in ansia. Perché doveva pur dirglielo in qualche modo che non ce la poteva fare a guardare anche questo benedetto cagnolino. Quattro bambini non sono pochi! Andarli a prenderle tutti nelle rispettive scuole, preparare la merenda, portarli ai giardini, parlare e giocare con ciascuno di loro, raccontare le favole, rispondere alle loro importanti domande, che non potevano restare inascoltate: perché Elisa ci teneva a essere una buona educatrice, e non si perdeva una puntata di SOS Tata. Però il cagnolino no, proprio no.

Una sera la signora Giulia e il marito, tornando dal lavoro, ecco che però si erano presentati a casa con questo fantomatico cagnolino. Un bel cagnolino, un cucciolo ancora mezzo addormentato e un po' spaurito. I bambini sono impazziti di gioia per questo cagnolino. In poco tempo Elisa si è dovuta rassegnare. I bambini che rincorrono il cagnolino, il cagnolino che scivola per tutta la casa, il cagnolino che cresce, il cagnolone che insegue le lucertole, il cagnolone che abbaia agli altri cani, le chiacchiere con gli altri padroni, il cagnolone che spacca i vasi di porcellana, il cagnolone che mangia le piante. Il cagnolone che è indisciplinato, è goffo, è sbadato. "Vabè, mi sono abituata", pensava Elisa.

Una sera la signora Giulia ha scambiato due parole con lei. "Siamo un po' preoccupati per questo cane. Sta diventando troppo grosso, non ci avevano avvertiti. Ed è difficile da gestire, i bambini sono piccoli, forse abbiamo fatto un errore, cerchiamo qualcuno che se ne occupi".

Questo errore tormentava anche Elisa. La signora Giulia aveva ragione, lei poi l'aveva sempre detto. Però. Non voleva credere che si potesse cambiare idea così. Ma non si riferiva alla signora, bensì a se stessa. Ormai Elisa voleva bene al cane. Si sentiva sicura quando lo portava a spasso, si divertiva a lanciargli le palline da tennis, il suo muso stralunato e le orecchie in continuo movimento la mettevano di buonumore. Adesso era lei a difendere il cane. "Ci vuole tanta pazienza", aveva provato a dire, ma non voleva discutere con la signora Giulia, non voleva guastare i rapporti. Così ecco l'idea: l'avrebbe tenuto lei. Almeno per un po'. Così anche i bambini potevano incontrarlo qualche volta. E basta. La decisione era presa. "Ci vuole un po' di coraggio nella vita". Pensava Elisa, con il suo nuovo cane al guinzaglio.

giovedì 29 aprile 2010

Leonessa.

I Romani per esempio usavano l'espressione Hic sunt leones ("qui ci sono i leoni") per indicare, nelle cartine, le regioni inesplorate (e quindi pericolose). (wikipedia)

Forse l'avevo già scritto, ma a me piacciono i felini. Vorrei essere come questa leonessa. E non solo per la sua bellezza. Anche per la sua forza, per il suo sguardo, per la sua tenerezza, per la sua abilità nel provvedere a se stessa e alla famiglia, per la sua capacità di starsene al suo posto, per la sua velocità. Cerco su google se c'è un corso per diventare leonesse e poi vi faccio sapere!

Raccon-tiny. Piccoli racconti.

Serena non sembra molto corrispondere al suo nome. Avrà quindici anni, è disgustata dal panino che le sta offrendo la mamma al bar. Si sono sedute dopo aver percorso lentamente l'ingresso del locale e subito dopo è arrivato il papà: un ragazzone massiccio con i capelli grigi, la giacchetta di jeans e il cappello da baseball in testa. La mamma invece sembra più vecchia. Nei lineamenti del viso, nei vestiti. Più che vecchia, preoccupata. Ma di una preoccupazione non normale, eccessiva. Fissa i commensali con gli occhi spaventati, il mondo per lei è una jungla di pericoli. Ad esempio, il panino, chi lo sa, potrebbe anche essere avvelenato. Serena guarda con disgusto questo panino. "Con cos'è?". "Patè di olive e insalata", risponde la mamma. "Ahh che schifo", dice la figlia. Il papà invece è distante mille chilometri da lì. Sta zitto tutto il tempo e dopo un po' si mette a scherzare col barista e si prendono a spallate. Serena si è rotta un piede, ha le stampelle appoggiate sulla sedia della mamma. Ha i capelli corti, niente trucco e una maglietta rossa insignificante. Non ha tanta fame, è magra e vuole restarlo per tutta la vita. Sospira ogni circa due minuti, dicendo "Che male". La mamma non la guarda, guarda invece il papà e gli rivolge domande senza sentire la risposta che tanto non arriva: "Sei passato da casa?" "Cosa ti ha detto Antonio?" "Quanto costa?" "A che ora ci devi andare?". Il papà fa segni con la testa e mastica il suo hamburger. Poi fissa Serena e dice: "Ti fa male?". Ma lei non capisce la domanda. "Ehhhhh?" risponde, disgustata.
Poi a un certo punto in sottofondo parte una canzone di, non so, forse Lady Gaga. Serena la sa. Inizia a cantare, senza emettere però alcun suono, muove solo le labbra pronunciando le frasi del testo. I genitori continuano a mangiare in silenzio. Dopo due minuti Serena è più tranquilla e riconsidera la possibilità di accettare il panino. Lì, con le sue stampelle, mentre sogna di diventare magari una corista di Lady Gaga e di girare il mondo. Si farà crescere i capelli, oppure si comprerà una maglietta nuova. Pensa a queste cose mangiando a testa bassa mentre il piede inizia a fare un po' meno male.

mercoledì 28 aprile 2010

I Puffi.

Passo davanti a una scuola elementare ma in genere il giardino è sempre vuoto. Un piccolo castello di legno addormentato. Invece oggi c'erano i bambini. Correvano di qua e di là, si rincorrevano e gridavano, ridevano, parlavano, costruivano il loro mondo immaginario. Tutti con il grembiulino blu. Sembrava il villaggio dei Puffi! Quattrocchi, Brontolo, Forzuto, non mancava proprio nessuno. Loro - i bambini - notavo che continuano imperterriti a divertirsi, a ridere di tutto, a essere in buona fede, a dire spietatamente la loro verità, ad arrampicarsi sugli alberi.
Bravi, puffetti :)

martedì 27 aprile 2010

Raccon-tiny. Piccoli racconti.

Anita era stanca un po' di tutto. Lavorava in una tintoria di Torino. Ma anche stirare le più leggere camicette estive per lei era una fatica. Sentiva male alle braccia e alle gambe, le bruciavano gli occhi, aveva sempre troppo caldo, anche in inverno. La sua unica particolarità era un impermeabile verde pisello, di cui andava fiera. Le sue colleghe a volte la prendevano in giro, ma così per dire, senza cattiveria e sempre quando andava in bagno a fare la pipì, per non offenderla, e perché non erano sicure che l'ipermeabile fosse davvero poi così brutto. Anita comunque era convinta di avere un bell'impermeabile verde, e quella era una certezza. Non guadagnava un granché, e quei pochi soldi li sprecava in caramelle del supermercato e riviste di pettegolezzi.
Un pomeriggio per caso è entrata una ragazza in tintoria e ha chiesto: "Posso attaccarlo in vetrina?". Era il manifesto di una scuola di ballo appena aperta nel quartiere. Sotto al nome della scuola c'era scritto: Lezione di prova gratuita.
Anita non faceva mai niente dopo il lavoro. Però a quella lezione gratuita, forse, poteva anche andare.
E così è stato. Ma senza farlo apposta è arrivata in ritardo, quando ormai la lezione era finita. Non c'era tantissima gente però la scuola era molto luminosa e pulita, si vedeva che era appena stata inaugurata. Infatti le maestre avevano preparato un buffet da offrire ai possibili futuri allievi. E adesso erano tutti lì a bere e mangiare intorno al tavolo.
Anita li osservava da lontano con il suo bell'impermeabile verde.
A un certo punto un ragazzo si è voltato nella sua direzione e le ha fatto cenno con la mano. "Entra entra". Le ha detto. Non si capiva se era un maestro o un allievo. Non era né bello né brutto, ma certamente gentile, con un paio di occhiali tondi e blu scuro. Per un attimo Anita si è chiesta: "Si può ballare anche con gli occhiali?". Ma proprio il tempo di un attimo, perché il ragazzo subito le ha detto:"Vuoi delle fragole?".

Vuoi delle fragole, vuoi delle fragole. Si ripeteva poi quella sera Anita nel tragitto di ritorno a casa. Dopo aver conosciuto gli altri e mangiato anche lei le fragole. Era una sera fresca di aprile. Presto - non proprio di colpo ma tuttavia con una certa rapidità - per Anita sarebbe cambiato tutto. Davvero tutto. E ancora lei non lo sapeva.

lunedì 26 aprile 2010

Good good news.

Uh. Solo per dirvi che ho appena ricevuto una bellissima notizia. Non riguarda me, bensì una mia amica. Posso affermare che sono felice? Tanto tanto felice?

Dialoghetti (un panino al presente).

Al bar. (Musica di sottofondo: What is love, di Haddaway).

La cameriera canticchia.

Un cliente di una certa età:

- eh ma questa è anni Novanta sparata (!).
- ...
- signorina, mi dia un panino al presente va' che è meglio!

(l'ha detto davvero)

Piazza.

Ieri sera sono stata al concerto dei Baustelle in Piazza Castello a Torino. Concerto gratuito per il 25 aprile. Con un cielo nero misto di nuvole che velavano la luna direttamente sulla nostra testa. I Baustelle, che a me piacciono tanto, non sono stati generosissimi ma gli si perdona tutto quando suonano la storia di "Carlo" che si dedica a uno "sport specifico" (Charlie fa surf). Per il resto, che dire, Torino quando vuole può trasformarsi anche in un accampamento improvvisato e umido di facce con gli occhi illuminati.

domenica 25 aprile 2010

Alba.

"La bocca socchiusa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, Milton guardava la villa di Fulvia, solitaria sulla collina che degradava sulla città di Alba".

(Beppe Fenoglio, Una questione privata)

Ed è proprio ad Alba che sono stata oggi. Per due ragioni. Una serissima, l'altra più leggera e gustosa. Quella seria è che il 25 aprile è giusto per me, se si può, rivisitare con sguardo sempre nuovo i luoghi della Resistenza, e i luoghi di Fenoglio, che è tra gli autori più importanti e immortali della mia vita e penso di quella di molti.
Quella leggera come una bollicina e volatile come un flavonoide si chiama
Vinum. Una manifestazione enogastronomica albese dove si possono degustare i migliori vini delle Langhe a un prezzo contenuto e soprattutto passeggiando con quegli affari meravigliosi al collo dove dentro si posa il bicchiere. Al grido di "datemi un gadget e solleverò il mondo" (con lo sguardo bollito e compiaciuto), devo dire che tra un Barolo (!) e un Barbaresco (!), più tajarin burro e salvia, mi sono proprio divertita e nemmeno ubriacata. E poi, siccome a me piace passare da Alba periodicamente e ho i miei luoghi fissi, ho fatto anche una sosta alla libreria Mondadori dove ho comprato un bel libro - pronto per la prossima lettura domenicale. Per giornate come questa, mi viene da pensare, vale proprio la pena vivere e avere un blog per raccontarle!

Allora adesso vado a sbucciare le patate per la cena e a vedere Fazio. Buona serata a tutti :)

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Scrivo adesso (ore 24.25) perché domani è il 25 aprile e dovete sapere che partirò la mattina presto per un viaggetto. Hmmm, un po' come le fantomatiche "gite di un giorno" a scuola. Ma va bene, anzi sono contenta :)

Quindi la tazzina di caffè manca, altrimenti vi sfido poi a sopportare la mia rubrica preferita "mai raccontare i sogni", con la variante: "dopo una dose notturna di caffeina". Dario Argento, già pallido, impallidirebbe ancora di più al confronto. E a proposito di pallore...
Questo è il libro di cui voglio parlare, che mi sono comprata l'altro giorno con frizzante curiosità e che nelle prime 20 pagine mi ha definitivamente avvinghiata e convinta. Si tratta di Credetemi, c'ho provato di Mishna Wolff, editore Fandango. Questa fantastica autrice (guardatela nella foto sul risvolto di copertina!), ha redatto in Credetemi, c'ho provato la sua autobiografia di bambina cresciuta nel quartiere afroamericano di Rainier Valley, a sud di Seattle. E con quel "c'ho provato" intende dire a convincere il padre di essere bianco. Perché questo suo papà ha fatto di tutto per convincere lei, invece, di essere una bambina nera e quindi a comportarsi come tale con gli altri abitanti del quartiere. Peccato che Mishna proprio non ci riesce. E si ritrova a fare i conti con tutte le esigenze hippie possibili e immaginabili di una famiglia assurda e stralunata. Di questo libro avevo proprio bisogno, lo cercavo da qualche tempo; cercavo cioè le sensazioni che provo anche solo a guardarne la copertina, e poi a sfogliarlo e a incappare nelle esilaranti fotografie che accompagnano le parole. Cercavo qualcosa di nuovo, arieggiato, luminoso, spazioso, raccolto, colorato, bianco, nero, consistente e saporito come un gelato. Va bene, l'ho trovato e allora vado di là nel letto a continuare a leggere e ovviamente me lo porto "in gita" domani.

Buona lettura a tutti. E buon 25 aprile.

sabato 24 aprile 2010

Dialoghetti.

Dialogo tra piemontesini.

- Ohi ciao.
- Ma ciao. Com'è?
- Eh (sospirando). Tutto bene.
- Ah ... (incredulo)
- Oddio così così. Andiamo avanti.
- (phew, sollevato). Eh sì io invece, dai: bene bene. LAVORI? (Secco, direttissimo).
- Ma sì. Per il momento. Mi scade il contratto a xxx.
- Ah. Certo. Capisco, è dura. E CHE LAVORO FAI? (Secco e direttissimo)
- Mah. Faccio questo, quest'altro, quell'altro ancora.
- FAMIGLIA, FIGLI? (s&d)
- Sì, no, forse.
- Ah. In bocca al lupo per tutto.
- Crepi. Anche a te.
- Crepi. Ciao.
- Ciao. Smack smack.
- Ciao. Smack smack.

Blog e ricette!

Buongiorno! Oggi vorrei segnalare un blog molto carino. Si tratta di enjoy/buonappetito - italian food for a good mood. L'ho scoperto da poco, sempre grazie alla mitica Ilaria, ormai ospite d'onore abituale di Tazzina-di-caffè :)

In questo blog, la giovanissima autrice Noemi (per la serie Noemi alla riscossa), abitante a New York racconta in modo chiaro e lieve le sue ricette preferite. Scrive in inglese ma con molte piccole traduzioni in italiano. Nella presentazione si legge che lei ora si trova a NY per studiare e lavorare in ambito museale, ma che - oltre alla Storia dell'Arte - l'altra sua grande passione da sempre è la cucina. Racconta che questa passione l'ha ereditata dalla famiglia (w i piemontesi!) e che è cresciuta in mezzo alla natura e alle cose belle e sane. E si vede! Noemi è proprio bravissima e spiega le sue ricette con un gusto e un divertimento rari. E poi parla di libri di cucina, quelli che l'hanno colpita e interessata, e tiene anche lezioni dal vivo. La cosa bella è leggere le sue piccole descrizioni delle "recipes" che spiega per step e seguire il discorso in un italoamericano very very nice. Oppure seguire l'evoluzione del suo basilico che cresce nella "Manhattan jungle"... Per non parlare della grafica del blog, sognante ed essenziale! In tutto questo, ho anche provato modestamente a realizzare una recipe - straccetti al marsala - ed è venuta proprio bene. Grazie Noemi!!

E poi l'altra notizia che volevo dare in questo sabato primaverile sempre a proposito di cucina è che ho provato anche a fare un'altra ricetta. Si tratta delle Bavette con crema di fave, feta e aglio orsino di
Il cavoletto di bruxelles! (ehmmm, con robiola anziché feta e aglio normale...) ma sono fierissima di questa cosa. E le bavette erano buonissime! Nella foto, la testimonianza diretta che le mie parole non mentono! Tutto ciò mi ha messo di buonumore. Buon sabato a tutti!

venerdì 23 aprile 2010

Green speaking.

Non so come sia successo ma siete diventati il mio paesaggio quotidiano. Ci hanno messi qui per caso, arrivavamo da mondi diversi, da piazze diverse. Mani frettolose ci hanno afferrati senza una chiara ragione. Il tragitto dal mercato al palazzo, la salita in ascensore, l'escursione termica. I primi giorni mi sono depressa. Ho chinato la testa in segno di sconfitta. Ma non era sconfitta. Era ritiro, pensiero, silenzio, riflessione, osservazione del territorio. Pioveva. Era grigio. Alle mie spalle, una città che brulicava, una città che mi pareva enorme, vista dall'alto. Vedevo rami, che sono diventati foglie. Vedevo voi. Come definirci: amici? Conoscenti? Compagni di sventure? Colleghi? Mah. Lasciamo al tempo le sue definizioni. Dico solo che ormai mi sembra di capire molte cose, di leggerle tra le vostre radici . Vedo quando vi sentite stanchi. Vedo quando il sole vi travolge, perché travolge anche me. Che bello quando un'ondata di acqua del rubinetto ci attraversa e la beviamo in fretta e i nostri colori si accendono e i nostri petali sembrano di gomma e ci sentiamo così forti che il nostro profumo si sente in tutta la stanza. Che bello quando di notte tutto tace e invece noi ci risvegliamo, ci guardiamo di nascosto, respiriamo l'aria a pieni polmoni, sentiamo i nostri boccioli crescerci di fianco, sentiamo le nostre foglie rinascere più verdi.

(discorso di una piantina alle altre piantine del davanzale)

Garden State.

Film, canzone, attori. Questa scena è una piccola scintilla d'amore e buon venerdì :)

giovedì 22 aprile 2010

Esercizi di sopravvivenza/13.

Camminare. Il più semplice degli esercizi. Camminare a lungo, profondamente, al giusto ritmo. Recarsi nei posti a piedi. Incanalarsi nei conosciuti tragitti della propria città. Accumulare nuovi ricordi. Guardare le persone. Guardare lo sguard0 delle persone. Cercare un granello di tranquillità e intelligenza negli occhi dei passanti. Spesso sono tristi o bramosi. Invece a me piacciono gli sguardi felici, liberi, disinteressati. Li cerco, e li trovo anche.

mercoledì 21 aprile 2010

Signore di Corso Trapani.

Solo per dirvi che lui oggi c'era. Ed era guarito. Tempo fa avevo notato la sua assenza. E poi segni di una recente operazione. Questi segni li aveva portati addosso per un po'. E poi stamattina, guarito. Davvero guarito. Cappello a quadri grigio da baseball. Sigaretta. Bastone. Sguardo perso nell'oltrenulla. E via per la sua nuova giornata di contemplatore della città, custode taciturno del traffico di Corso Trapani. Occhi azzurri, cielo azzurro. Mi sento di quel colore anche io oggi. Grazie, caro SdCT.

martedì 20 aprile 2010

Un pomeriggio in biblioteca.

Sono viva, sono felice, ho un libro da leggere e su cui lavorare. Così decido di andare in una nuova biblioteca, sempre per quell'idea che mi era venuta di raccontare le biblioteche torinesi. Questa biblioteca si chiama Luigi Carluccio - Via Monte Ortigara 95, nata nel 1982 e intitolata all'omonimo L. Carluccio, importante critico d'arte del '900. L'edificio - rosso - comprende il Centro Civico della Circoscrizione, dove si trovano anche l'anagrafe e alcuni sportelli per i cittadini. Entrando, si sente subito profumo di caffè. Le macchinette attraggono come miele con le api i lettori di tutti i tipi. Per lo più studenti. Sono tanti, occupano quasi tutti i tavoli e le sedie. La biblioteca, dentro, è piccola e si erge su due piani. Quello di sotto è più raccolto e sonnacchioso, e si apre in fondo sull'area "bambini", con mini divanetti per mini lettori. Quello di sopra è più arioso, ovale. Ci sono due ordini di posti, quelli intorno "al vuoto", singoli, con il posto anche per i pc. E quelli agglomerati in tavoli con più sedie, vicino alle finestre. Mi sento spaesata in mezzo agli studenti. Formule matematiche e facce nuove, mai viste, su cui si dipinge il presente più acerbo possibile, la contemporaneità all'ennesima potenza, il futuro anzi. Quindi eccomi immersa in mezzo al futuro. Sedici-diciottenni, ventenni che si muovono in gruppo, che escono a fumare, che studiano "fisicamente", arrampicandosi proprio sui libri, sottolineando con furia scatenata, sentendo la musica. Ma poi guardo bene e ci sono anche ragazze della mia età, alcuni super nerd, occhialuti e avidi lettori di fumetti, coppie di mezza età e parecchi anziani che se la contano beatamente ad alta voce (shhhhhhhhhh). A un certo punto arriva un povero tizio - anima in pena - che ha ricevuto una lettera di richiamo per non aver consegnato un libro.

"guardi, non è possibile, io sono un affezionato di questa biblioteca e le assicuro che l'ho riportato in tempo, me lo ricordo bene".

E ho letto nella sua voce un vero dispiacere. Non so perché, ho sentito un nodo in gola.
Poi ho continuato a leggere i miei fogli e alzando la testa ho notato una luce fioca, raccolta, di luogo vissuto, consumato, abitato forse dalle stesse persone da tanto tempo. In questa biblioteca non ho ricordi se non sparute volte in cui sono transitata di passaggio. Ma ho ricordi tutto intorno nel quartiere, soprattutto l'ospedale Martini e il Carrefour. Oggi però non avevo voglia di ricordare, bensì di vivere ex novo la vita. Vivere oggi, oggi, e ancora oggi. Al ritorno me ne sono andata a casa a piedi, facendo un lungo tragitto solitario. Non ho pensato a niente. Non ho riflettuto su niente. Mi impegnavo solo a mettere un passo davanti all'altro e a sentirmi bene, per quanto possibile: a continuare a sentirmi felice come all'inizio del pomeriggio. Perché il difficile, per me, è restare felice, non tanto esserlo per brevi momenti. Bensì esserlo per la maggior parte del tempo possibile. E per felicità intendo, ovviamente, cose concrete, reali, come ad esempio la possibilità di passare un pomeriggio in biblioteca. La libertà, la fortuna.


Giochi.

Questo gioco ha un nonsoche di geniale. Il concetto è quello del
Memory. Le immagini però qui riguardano Torino: la Mole, il Po, il Toretto, Piazza Castello, Superga, il Caval 'D Brons, le Porte Palatine...

Divertentissimo neh.

lunedì 19 aprile 2010

Flowers&Co.

A volte è proprio strana la vita. Ho provato a tenere tante piante ma nessuna è mai sopravvissuta. Adesso queste cinque piantine resistono o sembrano promettere di vivere. So anche i nomi: primula, san carlini, gerbera, salvia e alloro. Quando si dice: sentirsi pronti per qualcosa. Capisco così che ho molto da capire. Imparo così che ho molto da imparare. Ovviamente anche da questi quattro vasetti. :)

Un tranquillo lunedì ...

... di caffè, riposo, cambiamenti, riprese, novità, un senso di vulnerabilità più forte che mai che mi fa venire voglia di non-arrendermi, di non-rinunciare. Rinunciare a migliorare, progredire, trasformare, a "guarire" e più che altro a vivere la mia vita come voglio e soprattutto a capire come si fa, o meglio a scolpire nella mia mente queste cose. Si capisce? Spero di sì.

Il fatto poi di pronunciare a gran voce tutto questo indossando un pigiamino con stampata sopra la foto di un cucciolo di Beagle di nome Ettore (molto simile alla figura) mi fa un po' perdere di credibilità. Ok che sono in convalescenza. Però. Forse è proprio ora che vada a vestirmi e a prepararmi come si deve.

:)

Buona settimana a chi legge.

domenica 18 aprile 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Una domenica mattina serena, dopo lo "svenimento" di mercoledì che, lo confesso, mi ha un po' rintronata. Vogliamo mettere il naso fuori di casa alla luce del sole, e andiamo in piscina. Preferisco non nuotare, ma sedermi sugli spalti a osservare i nuotatori :). Per la mia lettura domenicale, però, decido di portarmi un libro. Che ho letto facendomi cullare dalla luce che filtrava dalle finestre, dall'acqua che ondeggiava, dalle persone che ci scivolavano dentro respirando ritmicamente e infondevano una notevole calma anche a me, lì sulla panchina. (momento bellissimo e molto poetico alla fine, quando la piscina stava per chiudere e tutti se ne andavano, il rumore descesceva un po' alla volta lasciando posto, letteralmente, al cinguettio di passerotti che proveniva da fuori, e una donna finiva bracciata dopo bracciata la sua ultima vasca da sola, such perfect). Così solitaria e tranquilla ho riletto il "libro della mia vita". Il libro della mia scrittrice preferita. A volersela tirare un bel po', direi: il libro della mia "maestra" :). Si tratta di Le piccole virtù, di Natalia Ginzburg. Amo questa autrice da quando ho memoria, dai banchi di scuola. E come tutti gli amori veri, al solo pensiero mi fa sentire al sicuro. So che c'è lei, o meglio, i suoi libri, in particolare questo, e allora posso avere fiducia nella scrittura, in me, e nella vita stessa. Dico nella vita, perché secondo me questa piccola raccolta di saggi rappresenta anche una profonda lezione di vita. Soprattutto quello che dà il titolo al libro. Ma non fatevi ingannare: le piccole virtù sono quelle da non rincorrere. "Per quanto riguarda l'educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l'indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l'astuzia, ma la schiettezza e l'amore alla verità; non la diplomazia, ma l'amore al prossimo e l'abnegazione, non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere".
Non che le piccole virtù non siano utili. E infatti aggiunge: "Non che le piccole virtù, in se stesse, siano spregevoli: ma il loro valore è di ordine complementare e non sostanziale; esse non possono stare da sole senza le altre, e sono, da sole senza le altre, per la natura umana un povero cibo. Il modo di esercitare le piccole virtù, in misura temperata e quando sia del tutto indispensabile, l'uomo può trovarlo intorno a sé e berlo nell'aria: perché le piccole virtù sono di un ordine assai diffuso tra gli uomini. Ma le grandi virtù, quelle non si respirano nell'aria: e debbono essere la prima sostanza del nostro rapporto coi nostri figli".
Ma perché mi appassiono così tanto adesso a queste parole anche se non ho figli? Perché secondo me le "grandi virtù" riguardano tutti noi, non solo chi è mamma o papà. E poi un domani mi piacerebbe di certo diventarlo anche io. Mamma intendo. Per ora, mi concentro ancora sull'imparare. Da tutto, da tutti. E che bello rimettermi in borsa il libro cui ho così tanto voluto bene negli anni. Se potete, leggetela. Non dico tutta la sua opera, ma questa...esploratela da cima a fondo. E non perdetevi lo straordinario, ormai immortale, ritratto d'un amico.

sabato 17 aprile 2010

Extra!

Sono proprio contenta di segnalare un mio racconto - titolo: In-difesa: through the barricades - pubblicato su una rivista che mi piace parecchio. La rivista si chiama Extra Torino, si trova in edicola, qui il portale (in inglese) associato. Sarò diretta: se potete, compratela!
A questa rivista tengo molto e mi piace perché racconta Torino con uno sguardo profondo e attento, acuminato, mai scontato, curioso e amorevole. Si sente che è una rivista che ama questa misteriosa città, ed è riamata. Per Torino io personalmente provo un affetto intenso, cresciuto con gli anni. Città che si scopre poco alla volta, ma che non smette mai di cambiare. Città che sa essere non-falsa, troppo sincera e non-cortese, molto spavalda certe volte. Città fredda, lucida, malinconica. Città insospettabilmente calda e felice, altre volte.
La redazione allora mi ha offerto questa bella occasione di scrivere un racconto, a partire da alcune immagini fotografiche. Le fotografie fanno parte di una mostra che si intitola In-difesa - 33 artisti da Africa, Asia, Europa, Russia, Usa e Medio Oriente. Tra i fotografi, anche la brava Shirin Neshat (di cui la foto sopra). (fino al 4 luglio alla Fondazione 107 - Via Sansovino 234). Tema della mostra: il confine tra attacco e difesa. Questo confine è labile, diventa labile in molte circostanze esplorate dagli artisti in mostra. E così ho provato a fare anche io, con il personaggio di Elisa, 27 anni, ragazza normalissima. Fragile o fortissima, non si capisce.

Sono davvero proprio contenta, a me piace scrivere, storie e racconti. Mi piace, non ho altre parole per dirlo! Quindi grazie a chi me ne offre l'opportunità. Perché ovviamente mi piace scriverli ma sprattutto mi piace che qualcuno li legga! E se poi si accompagnano a immagini così suggestive, e io posso interpretarle, è ancora meglio.
Scrivere è importante per me e sto cercando di favorire questa cosa, per capire la realtà, per inventare altre realtà, per rispettare questa mia esigenza, per non soffocarla, per lasciarle spazio nella mia vita. E per parlare con gli altri.

:)



venerdì 16 aprile 2010

Come Indiana Jones.

Qualcuno ricorda Indiana Jones e l'ultima crociata? I film di Indiana Jones hanno contraddistinto tutta la mia infanzia, li avrò guardati e riguardati mille volte fino a impararli a memoria. E poi giocavo "a Indiana Jones": avevo un quadernino sgualcito, forse una rubrica telefonica, che era il mio quadernino-di-Indiana-Jones e giravo per la casa vivendo le sue avventure. Dicevo "Indy Indy" e scoprivo mondi inesplorati, magari sotto il letto o a spese del mio povero gatto Cinzio che subiva passivamente ogni mio tentativo di usarlo come pony.

In questa scena allora Indy si trova a fronteggiare qualcosa di molto complicato, che è rimasto nella mia memoria indelebilmente fino a oggi e penso che mai scomparirà. Perché tra le tante cose della vita, forse certe immagini suggestive, certi movimenti, certe sensazioni aderiscono dentro di noi in modo irreversibile. Come per me questa scena. Pochi minuti, ma tra i più emozionanti. Indiana Jones era un mito assoluto, e questo mito doveva saltare nel vuoto.

"Solo saltando con un balzo dalla testa del leone egli dimostrerà il suo valore".

Lui qui ha una missione vitale da compiere. Ma, uscendo fuori dal film. E pensando alla realtà. Spesso capita di sentirsi così. Se si vuole ottenere una cosa, soprattutto se si vuole fare una conquista per se stessi, umana, ad esempio crescere, diventare adulti, oppure migliorare, oppure guardare le cose per quelle che sono. Oppure lavorare, per ottenere cose importanti bisogna fare quel salto. Bisogna. Me ne sto rendendo conto ogni giorno, tra una sincope e una bella novità. Quel vuoto può significare "cambiare", riscoprire un desiderio, decidere di impegnarsi di più, capire cosa si vuole fare e provare a farlo. Oppure semplicemente balzare nella vita, con paura sì, ma con coraggio. Non sono semplici parole queste. Per me quel salto vuol dire tante cose. vere.
Non riesco a dirle. Ma ci sono. E ringrazio tantissimo la speciale Ilaria, perché questa immagine mi è ritornata alla mente proprio parlando con lei :)



Risotto con dedica!

Vorrei ringraziare le ragazze di Le ricette perfette, e in particolare Paola, che hanno preparato un risotto molto speciale dedicato proprio a me! Wow è un grande onore, mi sento importante :)

p.s. guardate la foto del link: sembra davvero buonissimo e molto primaverile!

giovedì 15 aprile 2010

Quando verrà la rivoluzione...

Qualche tempo fa, qui, avevo raccontato di una divertente iniziativa della casa editrice Nottetempo. Avevo ricevuto nella buca delle lettere un libricino con le prime pagine di un romanzo, che mi aveva rallegrato la giornata. Sono poi andata a comprare il libro e l'ho letto tutto. Mi ha colpita molto. Ora, qui, chi vuole può leggere la mia recensione di Quando verrà la rivoluzione avremo tutti lo skateboard. E i miei pensieri sul suo autore, del quale aspetto sinceramente il prossimo lavoro, perché è proprio bravo! E ringrazio Nottetempo per aver ospitato le mie opinioni di lettrice sul suo blog, molto carino, che si chiama significativamente piazzaemezza - la piazza dove pensare nottetempo.
Bello!

Svenimento.

Ieri verso l'una p.m. - a casa per una super bronchite con tosse all night long - improvvisamente mi sono sentita poco bene, quasi mancare. Prontamente ho afferrato il cellulare per chiamare il 118. Ma nel bel mezzo della telefonata: sbam, sono svenuta O_O

Proprio così. Mi sono ritrovata per terra, con un bernoccolo O_* sulla fronte e la musichetta del 118 che cinguettava nel mio orecchio dal telefonino. Mi sono subito rialzata e li ho richiamati. Sono arrivati in fretta e mi hanno visitata. Niente di grave. Anzi pare una cosa, parole testuali: "piuttosto diffusa". La chiamano "sincope". Colpisce molti, non è pericolosa se non per i bernoccoli. In effetti avevo tossito tantissimo, a digiuno. Poi io sono una pensierosa, che si arrovella e si stanca dei suoi stessi pensieri :). Ma questa è una mia interpretazione. Comunque, davvero nulla di serio, mi sono ripresa direi all'istante, tornando nel mondo dei vivi del tutto lucida, "collaborante, vigile e orientata" come scritto nel referto dell'ambulanza.

Ma perché racconto tutto questo? Beh. Sicuramente per attirare un po' l'attenzione :) che blogger sarei altrimenti??

E per secondo motivo aggiungo questo: perché sono felicissima, contentissima, anzi entusiasta di essere viva. Perdonatemi, so che i veri "problemi" sono altri, che ci sono persone realmente malate, realmente in difficoltà. Quindi prendete il mio discorso come quello di una persona giovane e sana, che si è ritrovata per poco più di un minuto in una difficoltà benigna, rimediabile, con prognosi favorevole. E sono qui al mio pc a scrivere nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali.

Tuttavia devo, nel senso che avverto proprio la necessità e il dovere di esprimere quanto sia stato bello scoprire di essere ancora viva, di capire dove mi trovavo, a casa mia, in mezzo alle mie cose, sentire vicine le persone che mi vogliono bene, ricambiate. Una sensazione meravigliosa. M e r a v i g l i o s a. Che è prevalsa fin da subito sul naturale spavento per la perdita momentanea di conoscenza. Queste piccole occasioni insegnano molto, insegnano che siamo vivi, che tutti voi che leggete siete vivi, per forza di cose. Prepararvi il vostro caffè, tirare su le persiane al mattino, sistemare le cose della cucina, lavorare, guardare il viso delle persone della vostra vita, stirarvi una T-shirt al volo, mettere un piede dopo l'altro nella vostra città, sentire il profumo della vostra ennesima primavera, telefonare a un amico, raccontare che siete ancora vivi. La vita. L'hanno detto in molti. Mi aggiungo al coro: è una cosa MERAVIGLIOSA. E lo scrivo con una lacrimuccia vera che vuole scendere dagli occhi.

Sniff.

Buon giovedì a tutti

:)

martedì 13 aprile 2010

How to... Come...

Vorrei dire pubblicamente che ho la tosse. Echissenefrega è la giusta risposta. Però aggiungo che mi sto impegnando a contrastarla con metodi svariati. E voglio fare partecipi i frequentatori di questo blog.

Rimedi contro la tosse.

1) stare immobili. essa si nutre nel movimento.

2) NON PENSARE. essa si nutre dei pensieri. specie quelli più complicati.

3) guardare la TV. essa si allea con le idiozie televisive. essa è ottusa.

4) "far finta di essere sani". essa è così stupida da ammalare chi già si sente malato.

5) non parlare. essa è così egocentrica da volersi sovrapporre alle parole, come ai pensieri del punto 2.

6) mangiare poco, essa si nutre di tutto, figurarsi del buon cibo.

7) bere acqua e limone. non serve a niente ma fa effetto placebo.

8) evitare gli animali domestici.

9) evitare sigarette e i libri polverosi.

10) il caffè va sempre bene un po' per tutto. prima o dopo una pasticca di propoli effervescente. gusto arancia. non contemporaneamente, per scongiurare l'effetto coca cola + aspirina.

11) calma interiore, essa si nutre dell'ansia.

Se non passa dopo qualche giorno, consultare il medico di base.

Mai raccontare i sogni/19.

Questa notte ho sognato Elio. Di Elio e le Storie Tese.

lunedì 12 aprile 2010

La sfida del germoglio.

Aprendo la finestra vedo alcuni alberi. Forse per questo, per la prima vera volta nella vita, ho fatto caso ai cosiddetti germogli. Ammetto di non essere mai stata una grande osservatrice della natura. Anzi, mi ha sempre un po' intimorita. Come dire: "bella eh. Però in televisone, o alla peggio su internet". Così la "natura" per me non è mai veramente esistita. Se si fa forse eccezione per Saltello alias Cinzio, un gatto che è stato con me per ben 23 lunghi anni. E non so più se si può definire tanto naturale o artificiale se si contano, poverino, tutte le crocchette industriali che ha ingerito nella sua lunga vita (volendo tacere sulle altre pappe morbide in scatoletta tipo Manzotin). Per farla breve, sono più a mio agio tra asfalto, luoghi chiusi, schermi di computer che in alta montagna, sottacqua o in un prato, che anzi purtroppo mi spaventa e mi mette ansia.

Invece da questa finestra è proprio impossibile non notare le piante. Soprattuttto in questi giorni. Ormai è più di un anno che abito in questa casa. Questa quindi è la seconda primavera in cui apro la finestra su questo panorama. Ed eccoli di nuovo lì, anche questa volta, i germogli. Questi germogli sono come puntini verdi in cima ai rami nerboruti e marroni. Sono vivi, mi toccano qualcosa nell'anima, mi cambiano la giornata. Confesso che mi ci sto affezionando. Prendendo atto di come si sono materializzati lì alla fine dell'invero lungo e arido, non posso evitare di immedesimarmi in loro, neanche fossero i protagonisti di un film. Questi germogli sono tenaci, spingono e soprattutto sfidano. Sfidano la durezza del legno, il vuoto che si era creato intorno. Sfidano il freddo, perché nel suo mezzo si fanno avanti, prima ancora che scoppi il clima mite. Sfidano il calcolo delle probabilità che una cosa ritorni al suo posto. Lo ignorano anzi. Sfidano noi umani, con le nostre macchinette e il nostro smog efferato. Sfidano il pessimismo cosmico, il cinismo universale. Sfidano chi li credeva scomparsi, sfidano le vecchie foglie gialle dell'autunno. Sfidano sfidano. Sfidano il nulla, il deserto, l'indeterminato. E si determinano. Così piccoli, come i cuccioli, hanno capito di avere più brobabilità di farcela che non in forme macroscopiche. Però imperterriti avanzano, crescono nottetempo, sfidano la vista, la prevedibilità. Sfidano il disfattismo, arrivano all'appuntamento, sanno che mai bisogna abbandonare le speranze. Hanno una forza che mi avvince, mi avvinghia a loro dal mio punto di osservazione. Eh, certo, ovviamente, fossi come il barone rampante mi arrampicherei accanto a loro e metterei radici lassù, anzi quassù, perché siamo proprio sullo stesso piano, oggi.

The meaning of life?

Ero lì che mi preparavo un brodino vegetale (sì è così) nella pia illusione di curarmi il raffreddore coi metodi sani di una volta quando...all'improvviso, zac, mi è tornata alla mente un'annosa questione, una questione mai risolta, vecchia come il mondo, quanto mai attuale: il significato della vita.
Non della vita in generale. Della mia vita. Ecco, poiché a dire il vero, contrariamente alle apparenze, ho qualche problemino nel parlare delle cose come stanno, nel vederle, nel riconoscerle. Non le cose in sé, siamo chiari, intendo proprio i sentimenti, le sensazioni, le emozioni che da qualche parte albergano dentro di me. Ma che, per l'appunto, non riesco mai bene a dire con precisione. Allora, in attesa di meglio, ho deciso di fare un piccolo elenco pubblico di cose che esprimono in realtà qualcos'altro che attualmente non riesco a dire. Cose belle eh, niente di triste. Si è capito qualcosa? Spero di sì.
In ogni caso, ecco l'elenco.

1) un biglietto del treno n.611 carrozza 008 posto 92, corridoio
2) il disegno di una bambina con un arcobaleno
3) un foglio strappato da un block notes bianco
4) un file di word che non apro da tre mesi
5) un sacchetto di carta con dentro 4 libri tutti sullo stesso argomento
6) ovviamente, una tazzina di caffè mezza piena (di caffè)
7) una bottiglia di latte
8) un salvadanaio
9) la foto di una coppia di fidanzati al tramonto
10) un bottone

:)

domenica 11 aprile 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

"Cuéntame algo, aunque sea una mentira. Raccontami qualcosa, anche solo una bugia".

La tazzina è pronta. La lettura anche. Premettendo che non lo leggerò oggi tutto perché è un librone, ma che qualche pagina di questo romanzo mette buonumore e prepara come un elisir di lunga vita alla giornata uggiosa che si presenta alla finestra. Parlo di Caramelo, della scrittrice Sandra Cisneros, casa editrice laNuova frontiera. Nata a Chicago da padre messicano e madre chicana, terza di sette fratelli e unica figlia. Così recita il risvolto di copertina con la sua biografia.


"La verità è che queste storie non sono altro che storie, pezzetti di filo, scampoli, piccole cose sparse trovate qua e là, cucite insieme per farne una nuova. Ho inventato ciò che non so ed esagerato ciò che so per continuare la tradizione di famiglia di raccontare bugie. Se, mentre inventavo, ho inavvertitamente inciampato nella verità, perdonenme".

Un libro che racconta la vita di una famiglia tra Messico e Stati Uniti. La vita piena di personaggi assurdi, sentimenti sparati all'ennesima potenza, amore, agitazione, morti, nati, figli, genitori, nonne Tremende, cibo, macchine, presunte streghe, sole, disperazione, frutti dolcissimi, zie, ristoranti, gentiluomini, cuori infranti, giochi, fratelli, sogni e musica. E ancora di più. Che si possa riassumere sotto il nome complicato, semplice, doloroso, affettuoso, universale di "famiglia". Alzi la mano chi non ha ascoltato almeno una storia incredibile della propria famiglia, un episodio inversosimile, una bugia, una verità, un segreto che sanno tutti o un mistero che non sa nessuno. Questo libro fa per noi.


p.s. il sito della scrittrice è divertente: qui.

sabato 10 aprile 2010

risotto alle mammole.

Detto, fatto :) Buon saturday night.

mammole.

p.s. e poi, a proposito del post precedente e a proposito di "esercizi di astuzia", volevo solo aggiungere che ho chiesto dei carciofi e mi han rifilato le mammole.

Segue quindi: risotto alle mammole :(


Esercizi di sopravvivenza/12.

La spesa del mercato vale di più. Esercizio di resistenza, esercizio di astuzia, esercizio di buon senso, esercizio di sicurezza in se stessi, esercizio di olfatto. In cambio di queste prove si ottiene un'immersione in profumi dimenticati e buoni di fragole, arance, stoffe, fiori, mele. Si ottiene di vedere una tavolozza di colori vegetali e umani che risvegliano l'anima, sotto il sole alto e il vento. Bisogna farsi valere, bisogna saper sorridere ma fare anche la faccia seria. Bisogna scegliere le olive giuste, bisogna sopportare l'ammasso di spallate, la gente che strilla. In cambio ci si sente in vacanza, gira un po' la testa, si mettono e si tolgono gli occhiali da sole. Le uova fresche, gli asparagi, i carciofi, i vestiti brutti, le tende che oscillano e si stagliano nel cielo azzurro, le scarpe di plastica, le arance spezzate a metà, rossissime, l'insalata. Tutti travolti dai loro discorsi, dalle mille cose sempre da fare, dai bambini che piangono, dai bambini che fanno tante domande, da cosa ha detto quello, cosa ha risposto quell'altro. Un mondo, nel mondo, nel mondo, sotto le tettoie, all'aria aperta, attaccato al cemento, nell'eterno susseguirsi delle lunghe giornate. Alla sera poi è un'esperienza speciale. Si inizia a smontare, la stanchezza, la promessa della notte che arriva. E poi prende tutto un altro significato il fatto di tirare fuori e riporre tutte le volte il portafoglio: capisci quanto spendi, in cosa e soprattutto perché.

venerdì 9 aprile 2010

Esercizi di sopravvivenza/11.

Questo esercizio è un po' mentale.
S'intitola: ignorare i brutti sogni. Chi non è soggetto a brutti sogni? Spero qualcuno. Ma non è il mio caso. Purtroppo faccio brutti sogni in continuazione: potessi venderli, sarei ricca! Tanto per dirne uno recentissimo, questa notte un vero serial killer - con tanto di guanti di gomma per non lasciare le impronte - entrava bel bello dalla mia finestra. O_O Non aggiungo altro.

Ora: bisogna pur sopravvivere a questa cosa. Ed ecco il mio consiglio. Ignorare. Non è facile. Soprattutto se si è cresciuti in una società che attribuisce ai sogni poteri magici. Intanto prendere coscienza che essi provengono da dentro e non da fuori, che essi non determineranno nulla nella realtà, è cosa solo all'apparenza scontata. Per me è una conquista inestimabile, ad esempio. Da quando l'ho capito, ho imparato a rispondere con l'indifferenza a questi - talvolta feroci - attacchi di me contro me.
Un po' come i capricci dei bambini, immagino. A furia di ignorarli, smettono. Caro il mio serial killer, tu non esisti, non conti niente, sei fatto di nulla mischiato col niente (cit.)!
:)
Buon inizio di week end a tutti.

giovedì 8 aprile 2010

Signore di Corso Trapani.

Oggi c'era, senza cappello, senza giacca. Con bastone, sigaretta, pantofole e camicia a quadri grigi. Capelli sparatissimi. E il suo sguardo smarrito-sicuro-ironico-tenero-liquido-serio-interrogativo.

A un certo punto, senza una ragione, come a volte accadono le cose più decisive della vita, si è formulata nella mia mente la seguente frase: "lo saluto?!".

E così ho fatto. Con un filo di voce, mettendomi, non so perché, una mano sulla gola, ho detto:
"Buongiorno". Molto cordialmente, come si fa nei paesi dove si saluta anche chi si conosce poco. Accompagnando la parola con un sorriso appena accennato. Lui proprio non se l'aspettava. Ha risposto, o non risposto, non è stato facile per me capirlo. Ho subito girato gli occhi nel bianco del cielo torinese, punteggiato di germogli, umido di pioggia, quieto, profumato di macchine, caffè e di cemento.

mercoledì 7 aprile 2010

L'importanza del caffè.

Ancora una piccola segnalazione alla caffeina. Grazie a plutoschi, un nuovo lettore di Tazzina-di-caffè (wow) e davvero bravo blogger, ho scoperto questa storia. Non aggiungo altro perché parla da sola! Se potete, leggetela.

Comunicaffè.

In una tazzina di caffè c'è un mondo intero da scoprire. Letteralmente. E io ho scoperto proprio che il mondo del caffè è più vasto e complesso di quel che potessi immaginare. Infatti tutto avrei pensato, tranne che esistesse una vera newsletter a lui dedicata. Al caffè, intendo.
Dovete sapere che una lettrice della newsletter, che si chiama Comunicaffè, ha scovato anche Tazzina-di-caffè, e ha deciso di segnalarlo. Così accade che nel penultimo invio del 6 aprile, tra le altre cose, compare un estratto dei miei allegri consigli su come stare svegli in fabbrica, a base di caffè. Che bello, non può che farmi piacere. E a mia volta allora vi segnalo questo sito, dove si racconta un po' com'è la newsletter e di cosa si occupa.
Veeeeeery interesting, per chi ama il caffè, ma anche il tè e un po' di cacao :)
Su questo argomento spero di tenervi ancora aggiornati in futuro: stay tuned!

How to... Come...

Eccolo. Il mal di testa. Inutile, atroce, rintronante. Che fare?

Come resistere al mal di testa.

1) ignorarlo. l'avete creato voi, voi potete distruggerlo. ci voglio credere.

2) correre alla prima fonte di caffè disponibile: cucina, macchinetta, piantagione. e bere fiduciosamente. oppure sniffare, come tempo addietro consigliai al fine di restare svegli in fabbrica...

3) mettersi in testa una boule come il cagnolino in figura.

4) NON guardare la televisione, neanche a pagamento.

5) preparare un risotto agli asparagi (per temerari)

6) mettersi l'animo in pace, magari sotto le coperte, e sperare in tempi migliori.

Quanto a me, propenderò per quest'ultima :(

martedì 6 aprile 2010

99 colombe - un tuffo nel caffè!

Come raccontavo qui, ecco il mio pensiero per le 99 colombe.

Il mio pensiero è questo: un risveglio. Il sogno di un risveglio tranquillo. Un passaggio gentile dal sonno alla veglia. Sognavo di guidare un'auto comoda - cosa strana per me che non guido dal 1999! - e con l'auto passavo davanti a cose che volevo dimenticare. Poi la luce che filtrava dalla finestra e 3 piantine - rosa, ancora più rosa e poi arancione - che spuntano come il sole di aprile. In cucina c'è la colomba di ieri, la colomba delle Sorelle Nurzia. Arriva da L'Aquila, lei, e arriva qui a "nutrire" noi, nonostante tutto ha la forza di volare fino a Torino. La colazione con questa colomba vuol dire molto, rappresenta la vita che prosegue dopo il terremoto. Così preparo il caffè. Per me il caffè è veramente importantissimo. Parto da lontano: sono sempre stata più grande della mia età. Intendo dire da un punto di vista fisico: da bambina sono cresciuta a un certo punto molto in fretta. Oggi non si direbbe, perché sono del tutto "normale". Ma verso la fine degli anni Ottanta ero un piccolo gigante. Giraffa, grattacielo, king kong erano i soprannomi che ricevevo, perché gli altri bambini, pur trovandomi anche simpatica, faticavano a vedermi, per loro era più semplice dialogare con il mio ombelico :) Perché allora il caffè? Perché un bel giorno, avevo dieci anni, ne dimostravo quindici, è arrivato proprio il momento del caffè. Il giorno in cui mi sono bevuta in pace il mio primo caffè. Quella tazzina era lì a dirmi: finalmente sei grande davvero. A tutti gli effetti. Prima soffrivo: ero una bambina come le altre, rinchiusa però in quel grande corpo. Dalle maestre un po' tagliate con l'accetta ricevevo compiti di responsabilità e di cura verso gli altri bimbi, come fossi una sorella maggiore, una maestra aggiunta. Ma dentro ero piccola anche io, come quel bambino che dovevo accompagnare al bagno, come quell'altro che dovevo soccorrere perché non stava bene. E via così. Invece il caffè, ecco che arrivava a offrirmi una via d'uscita. Il dentro e il fuori iniziavano a coincidere. Potevo sentirmi padrona della mia vita.
Così ancora oggi la caffettiera e la tazzina di caffè significano questo, e molto altro che si è aggiunto nel tempo. Significano il pensiero. Come un piccolo carburante per pensare. Significano la compagnia: "prendiamoci un caffè"! Significano un profumo buono che si sparge nella mia casa la mattina. Il mio caffè, preparato da me, per affrontare la mia giornata. Diciamo, un modo di esistere. Un senso di esistere che è arrivato insieme agli anni che passavano e io ne ero ben contenta. Il sogno di essere adulta, che diventa realtà, ogni giorno di più. Nessun rimpianto per un'infanzia lontana, solo curiosità e stupore per un presente vivo e denso e saporito come una tazzina di caffè. Così, per le Sorelle Nurzia, ritrovo queste importanti sensazioni. Anzi questo vero sentimento per il caffè, per la mia stessa vita. Grazie allora, cara colomba, creatura solo all'apparenza fragile, capace di volare percorrendo l'Italia, capace di una insperata rinascita, di un bel domani all'orizzonte.

lunedì 5 aprile 2010

Carciofons di Pasquetta!

Volevo ringraziare al volo Federico, un simpatico lettore (cavoli?!) che ha scovato Tazzina-di-caffè, ma non solo: masochisticamente, ha pensato bene di affaccendarsi nella realizzazione di una pregiatissima ricetta (he he) da me descritta qui! Federico è anche un blogger e nel suo interessante blog, qui, ha reso conto della ricetta in un post dal titolo alquanto suggestivo, citando generosamente la fonte :)

Devo dire che, a giudicare dalle immagini che parlano da sole, la sua torta appare buonissima!

sabato 3 aprile 2010

LetturePasquali+Tazzinadicaffè.

Cosa c'è di meglio che sciogliere un pezzo di cioccolato dell'uovo di Pasqua dentro una dolce tazzina di caffè fumante? Penso nulla. Ed è in questa precisa situazione che vado a consigliare un piccolo ma strepitoso libretto da leggere nei giorni di vacanza. (and please non colpevolizzatemi per aver aperto l'uovo anzitempo!). Si tratta di Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante, di Filippo Tuena, Mattioli 1885. L'ho letto in treno, sorridendo dall'inizio alla fine, e sentendomi paradossalmente più leggera. Dico "paradossalmente" perché questo manualetto affronta in realtà un tema scottante: i turbamenti e le ambizioni, nonché le tragiche e sottili peripezie di un aspirante scrittore di oggi (possibilmente già onesto lavoratore, dotato di prole e moglie rassegnata alle varie bizzarrie). E tale soggetto, è noto, si espone da solo a "cose inopportune" e a lui "sconvenienti", per citare l'epigrafe di Socrate posta a inizio del libro. Dall'idea fulminante - leggi:ispirazione - alle strategie per ricavarsi il tempo di scrivere nottetempo, alle dissimulazioni da attuare in copisteria, al fantomatico deposito alla Siae, gl'incubi notturni fino all'amarezza che, passato un po' di tempo sfuma, per lasciare spazio a nuovi inizi...
Un calvario, una ragione di vita, un'ironica-autoironica panoramica sul mondo dell'esordiente convinto che l'umanità sia lì ad aspettarlo. Ebbene, però. Personalmente mi sento di smentire quest'ultimo punto: l'umanità un po' lo aspettava questo manualetto. Per riderci su, per sdrammatizzare, per guardare in faccia la realtà che diventa disavventura urbana. Tuena intaglia questo racconto lungo anche in una pregiata tradizione di understatement molto inglese, e infatti non mi stupisce che proprio lui sia il primo italiano pubblicato da una casa editrice abituata a volgere il proprio sguardo verso i paesi anglosassoni. Questo manueletto vi apparirà molto british, molto sobrio, molto appuntito. Avrei potuto leggerlo sulla tube londinese e il quadro si sarebbe completato. Mi accontento della tratta Milano-Torino che tuttavia presenta note di humour da non fare invidia a nessuno. Leggete Tuena, vi aprirà gli occhi con la delicatezza di un sole discreto e primaverile. Penso ce ne sia un gran bisogno :)

E Buona Pasqua domani: con tanto affetto a chi ha voglia di dedicare il suo prezioso tempo a questa Tazzina-di-caffè!

venerdì 2 aprile 2010

Colomba.

A volte mi sento come una trapezista. In cima al trabiccolo, in punta di piedi guardando il vuoto. Tra un vuoto d'aria, ma anche di spazio e tempo, e l'altro, la trapezista si appiglia a qualcosa che per lei, in quel momento, diventa importantissimo. Finito il numero, probabilmente gettando ancora uno sguardo verso quelle altalenine su cui si tiene, proverà un forte senso di gratitudine e sicurezza. Così, metaforicamente, io mi sento grata a questa colomba di Pasqua. Parrà assurdo, ma è la verità. E più ancora mi sento grata a Giuliana ed Emanuela, le geniali e più volte citate su questo blog ideatrici delle ormai imprescindibili
Ricette della Fuffa. Grazie a loro infatti ho potuto scegliere e ordinare la colomba che vedete nella sua confezione e che, come potete leggere su questo bel blog (quello della Fuffa), arriva direttamente da L'Aquila, Abruzzo. Le amiche fuffologhe, infatti, hanno aderito al bellissimo progetto chiamato 99 Colombe, in aiuto di una azienda dolciaria che aveva risentito in modo pesante della devastazione seguita al terremoto dell'anno scorso. Cito dal blog 99 Colombe: "A quasi un anno dal terremoto, un gruppo di blogger si interessa di un'azienda storica di L'Aquila, attiva dal 1835, Sorelle Nurzia, in forte difficoltà entro un contesto tutt'ora disastrato. L'intento di 99 Colombe non è di promuovere una vendita una tantum, ma di far conoscere l'azienda e i suoi prodotti, molto apprezzati in una circoscritta area, anche fuori dal suo ambito tradizionale. Nel giro di una settimana ha raccolto una notevolissima, solidale adesione in tutto il mondo del web". Qui trovate il sito di questa azienda. E qui il blog 99 Colombe, nato il 10 marzo. Dove, tra l'altro, in home page, vi apparira anche il richiamo a un interessante gioco-happening culinario (e non) che avverrà tra il 5 e il 6 aprile.

Si può proporre un'idea di ricetta, ma anche un pensiero, una poesia, un racconto che riguardino i prodotti delle Sorelle Nurzia. Questo perché simbolicamente 99 (sono di più) blog nello stesso giorno del terremoto del 2009 si uniscano con un intento comune. Che è quello di far conoscere questi amabili prodotti dolciari a quante più persone possibili. Vorrei proprio partecipare anche io, magari con qualcosa a base di caffè!

Ecco, sì, dicevo, è così che mi sento ora, con questa colomba sul tavolo della mia cucina. Sicura di attraversare la vita quotidiana attuale con un appiglio saldo e dolce. Sono proprio in cerca di queste cose. E chi cerca, come si dice, a volte trova!
Buon inizio di week end pasquale a tutti :)

giovedì 1 aprile 2010

Signore di Corso Trapani.

C'è. Non molla mai. Ammetto di sentirne la nostalgia, nei giorni in cui manca. E quando c'è, come oggi, mi sento invece al sicuro. Guarda con aria di sfida-smarrimento-domanda-risposta-tenerezza. Si può dire che è un concentrato di vita, di passato (parecchio eh) e di presente. Il futuro lo lascia in mano ai giovani. Ne è fiero. Ciononostante e giustamente non rinuncia alla sua uscita. Si piazza lì. Davanti al suo bel portone. Con la sua sigaretta (però Signore, dopo l'operazione no, non si dovrebbe), la sua camiciola a quadri, il suo bastone. E niente berretto. Via con la pettinatura primaverile sparata in su verso l'infinito!

How to... Come...

Cavoli, un lettore - di cui ovviamente non conosco l'identità - è arrivato su questo blog digitando su Google la seguente frase: Come rimanere svegli di notte in fabbrica consigli. Bè, caro lettore, spero vivamente che tu ripasserai di qui, poiché non sai cosa non hai scatenato nella mia fervida immaginazione. Una serie infinita di How to... ossia di Come... da riversare su voi tutti miei blog-lettori, da qui all'eternità!
Ebbene, che si dia inizio alle danze.

Come rimanere svegli di notte in fabbrica:

1) portarsi dietro un gatto. clandestinamente dentro la giacca a vento. dopodiché ingegnarsi - durante tutto il tempo del turno - per non farsi scoprire dal capo.


2) per i più coraggiosi: portarsi dietro un cane. anche di piccola taglia ma rigorosamente senza museruola.


3) puntare una sveglia ogni 7 minuti. quella che fa il verso del gallo.


4) abbozzare, in pausa caffè, su un quaderno, una lunga lettera d'amore o, alternativamente, una lettera d'odio e pensare a come proseguirla e rifinirla durante il lavoro.

5) ricordare tutte le ingiustizie subite nella vita ed escogitare, a tavolino, atroci e subdole vendette, come ad esempio rintracciare al cellulare la maestra delle elementari e domandarle ossessivamente perché vi metteva sempre in ultima fila, perché vi dava sempre Benino, perché faceva quello e quell'altro. passare all'azione, telefonino alla mano, in pausa caffè.

6) un classico: scherzi telefonici a tutto spiano in pausa. e ridere ripensandoci lavorando.

7) sniffare il caffè: si può. è legale, fino a prova contraria. portatevi dietro un termos, ad esempio, ma non finitelo tutto. lasciatene un po' sul fondo e ogni 7 minuti, più o meno al canto del gallo, correte a sniffare. serve, lo garantisco personalmente.

8) ripetersi frasi di speranza e buonumore: sono sano. sono bello. la vita mi sorride. domani è sabato. amo i miei figli. amo mia moglie. amo il calcio. la mia squadra vincerà. ecc ecc. a oltranza, senza tregua.


9) un altro classico: lavarsi frequentemente la faccia. per chi non può assentarsi, portare con sé lo spruzzino per rinfrescare le piante o stirare e usarlo su se stessi anziché su primule e colletti di camicia.

10) dulcis in fundo: pensare intensamente che appena finito il turno, potrete di certo correre a casa e leggere il mio blog. mica noccioline!
:)

Quadernini!

A caccia di novità e di vita, ieri ho scoperto questo interessante progetto.
Kreativehouse, sì sì, proprio con la K, è uno studio creativo di grafica, comunicazione, composizione multimediale, video... E tra le altre cose, quello che io ho potuto osservare in prima persona è stato un mondo di quaderni. Piccoli, grandi, minuscoli. In particolare uno, che ora stringo tra le mani, ritraeva una specie di ragazza-farfalla che spunta da una tazzina di caffè. Ho pensato: è mio. E così è andata che me ne sono impossessata all'istante. Approfitto per dichiarare il mio amore eterno verso i quaderni e la carta in generale. La carta di Kreativehouse, poi, è rigorosamente riciclata. Se potete, fate un giro sul loro sito. Molto carino.