giovedì 30 giugno 2011

Tutto è così surreale.

Il bluetooth lampeggia sull'orecchio di Cyrill mentre lui fissa la centralina con un cavetto in mano. Guarda il cavetto, guarda me, il contorno dei miei occhiali, poi di nuovo il cavetto.

Lì dentro c'è tutto. Ci sono le foto. C'è un pezzo del mio cervello. Ci siete voi.

Un'intera giornata senza quello. Senza uno specchio che riflette le immagini e le voci del mondo, senza essere completamente il mondo. Senza la magia. Le promesse. Il mistero. Il pericolo. L'attenzione, la disattenzione. Il sogno, l'incubo. Le informazioni, le correzioni e la libertà. Via così di brutto per un giorno.

Ho pensato a chi non ha internet in casa. Al digital device. Ci ho pensato sul serio. Ho pensato alle disuguaglianze: dalle piccole alle macroscopiche. A quanto sia stupido e ingiusto. A quanto sia importante la rete. Non si può certo restarne indifferenti.

Poi mi sono messa a fare altre cose, e a un certo punto mi sono anche addormentata. Poi ho letto un libro. Non un libro qualunque. Un libro speciale. E sono rimasta concentrata su quello per molte ore. Senza guardare se qualcuno mi avesse scritto una mail, se fossero arrivate delle risposte, cosa stava succedendo nel mondo, le notifiche di facebook, twitter - che ho sbirciato solo un po' dal cellulare.

C'eravamo solo io e il libro. Una cosa che non succedeva da anni. E che è arrivata nel momento giusto con il libro giusto, forse anche nella giornata giusta, nel periodo giusto. Strano anche questo, perché a me sembra sempre tutto un po' sballato quando si tratta di spazio-tempo-cose che accadono o non accadono etc. etc.

E infine è arrivato Cyrill, che non ha detto una parola. Si è portato via la centralina, mi ha fatto firmare un foglio. Serio, svelto. Con questo caldo non è facile lavorare, entrare nelle case.

Qui è tutto così surreale. Ieri sera ero in bici c'era un arcobaleno e la sua curva perfetta, compatto, ampio, deciso, inequivocabile e insieme leggero che scorreva come un disco chiaro tra le nuvole basse e grigie sopra il vascello fantasma - ovvero la centrale termoelettrica vicino a casa mia. Ho pensato che vorrei qualcosa di bello come quell'arcobaleno. Poi mi sono schiantata contro un gradino che proprio non avevo visto e sono rimbalzata senza farmi male. Ho pensato: quanto sono miope.

Comunque cose da nulla, cose senza senso. La vita scorre. Gli arcobaleni scelgono con grazia i cieli su cui disegnarsi e poi sparire. I gradini scelgono di comparire all'improvviso. I computer si spaccano, ottusi, e poi si riaggiustano e si fanno volere bene. Il silenzio di Cyrill.

mercoledì 29 giugno 2011

L'ultimo lupo mannaro su Indie Riviera.

Su Indie Riviera oggi c'è qualcosa di spaventoso, eppure di così umano.

Jacob è un lupo mannaro, affamato di carne, ma anche uno che scrive tutti i suoi pensieri su un diario - uno che ha capito tante cose - che diventa un libro, che diventerà una trilogia. Che a un certo punto, quando non ne poteva più della vita, incontra qualcuno per cui forse varrà la pena anche morire.

Un libro che vi esploderà tra le mani per la sua verità. Un romanzo da leggere al chiaro di luna, ma solo se ne avete realmente, realmente il coraggio.

:)

Just be yourself.

Oggi è il primo giorno di lavoro di Nora. Ha trentanni. Il primo giorno di lavoro vero, s'intende. L'hanno accettata come assistente commessa al banco del mercato di una giovane coppia con due bambini. Farà anche un po' da tata nei tempi morti. E dovrà aiutare al mattino il ragazzo a scaricare le cassette dal camion.

Per tutti gli anni dell'Università, ma anche prima, pensa Nora, negli anni Novanta, si sentiva in Tv e sui giornali questo forte invito a essere se stessi. Sii te stessa. Be yourself. Nora pensa che sia stato un errore. Che sia un errore storico. Io non voglio essere me stessa, sospira quasi tra sé e sé, facendo rotolare a terra la sua prima melanzana.

Scusi Antonio. Vai tranquilla basta che la raccogli.

Essere me stessa vuol dire. Ho combinato credo una serie di pasticci. Non è utile: è una cazzata. Pensa scacciando un moschino della frutta. Essere me stessa vuol dire inoltre qualcosa che non riconosco più. Una gentilezza telefonata, un sorriso tirato, una deferenza. Mi scusi.

Dammi del tu, sono più giovane di te.

Io non voglio più essere me stessa. Voglio cambiare. Dice Nora. Quel mio vecchio sogno di.

Sì quello. A essere me stessa ad esempio l'ho lasciato perdere. Perché me stessa è colei che guarda intorno e pensa: lo fanno già in molti, e così bene, così meglio. Così me stessa si rintana in un angolino. A essere me stessa finisce che non faccio le cose. Me stessa è una che immagina che gli altri immaginino che gli altri immaginino che lei immagini che gli altri immaginino come lei sta veramente. Me stessa interpreta tutto dietro lenti scheggiate che riflettono mille angoli di una sola verità. Fa le insalate di parole come il Bianconiglio ed è sempre di fretta per non arrivare mai.

Adesso almeno ho un lavoro, pensa Nora. Da qui partirò per cambiare me stessa. Non è tardi. Non è tardi. L'importante è non essere se stessi. L'importante è sfidare questa propria natura incontaminata per creare qualcosa di nuovo.

Pensa Nora, di fronte alla prima cliente, mentre chiede, pesando le albicocche: Altro?


martedì 28 giugno 2011

La tabaccaia.

Dovremmo essere illegali. Dice Gaia tra sé e sé ogni mattina alzando la saracinesca.

Qui vengono i deboli, i fragili, i masochisti che se gli scrivi "il fumo uccide" loro lo comprano lo stesso. Quelli del gratta e vinci, del Superenalotto, i ricaricatori compulsivi di cellulare. Che non si sanno gestire, che telefonano troppo, che non lavorano. I masticatori eccessivi di caramelle, e i re e le regine della tabaccheria, che sono quelli delle macchinette.

Non so come mandarli via in pausa pranzo, né, peggio, la sera. Meglio i compratori di preservativi, che lo fanno di notte, nel dispositivo esterno e impersonale.

Io sono contenta quando viene qualcuno a fare una fotocopia o a pagare il canone Rai. Ma succede ancora così poco che la mia felicità è un soffio.


lunedì 27 giugno 2011

La montagna.





Non sono una ragazza di montagna, né di mare. Forse lontanamente campagnola, ma soprattutto sono una di città, cresciuta nel cemento, vicino alla Fiat, e ho negli occhi della mia memoria un panorama del tutto industriale, di non luoghi, di giardinetti, di palazzi e chiese anni Settanta, di asfalto: sono i miei luoghi e ci sono legata.

Quindi la montagna è un posto per me fatato, lontano, che ho visto poco, da immaginare, da guardare solo dal finestrino, che non mi appartiene, che appartiene solo agli altri.

Durante rarissime gite l'ho visitata. E mi ha fatto paura. E sono tornata all'istante a edulcorarla, dipingendola come posto incantevole nella mia mente. E finiva così. Tanto non era cosa mia, e le cose non tue non si toccano. Guardare e non toccare.

Poi ieri durante una di queste piccole adorabili gite al Forte di Fenestrelle (la Grande Muraglia Piemontese: 4000 - mila - scalini che si inerpicano all'infinito, che ha catturato la magia della montagna conservando il suo atroce retaggio di guerra, di bunker settecentesco, un posto ideale da visitare in un giorno, un cielo azzurro, un bel bar dove assaggiare la treccia ai frutti di bosco e un caffè forte, la fontana con l'acqua di sorgente, il campanile che svetta e segna le ore lente, un sito storico, anzi una pagina di storia che si prepara a diventare patrimonio dell'umanità, un luogo unico, una scheggia di sogno domenicale, "un ammasso gigantesco e triste di costruzioni" come l'ha definito De Amicis, ma anche straordinario e struggente, specie se si ha la fortuna di trovare la guida Mario che racconta le sue storie di fantasmi).

Tutto bello, tutto romantico. Poi però tornando indietro abbiam visto tantissimi mezzi della Polizia e dei Carabinieri, che andavano veloce. E benché distanti dai luoghi della Tav, mi è venuto qualche sospetto. E oggi leggo queste cose. Gli scontri tra forze dell'ordine e manifestanti. Le dichiarazioni di Maroni, e di Fassino. Ecco, io non ne so abbastanza sulla Tav, non so se è davvero pericoloso costruirla, non so chi ha ragione perché forte della tipica arroganza dell'ignorante ho tralasciato sempre di saperne di più, tanto non era cosa che mi appartenesse. Ma se fossero vere certe informazioni che ho letto sull'amianto, se avessi la certezza che è così, la montagna diventerebbe anche mia e chiederei di lasciarla intatta.



domenica 26 giugno 2011

Corpo Celeste - Ave Mary.


Corpo Celeste: un film visto ieri sera in una sala fresca torinese.

Film curato nei più piccoli particolari, ricco di promesse mantenute dalla prima all'ultima. La piccola Marta (interpretata dalla bravissima, davvero bravissima Yle Vianello: mi ha proprio colpita) ha tredici anni e torna a vivere a Reggio Calabria con la madre (Anita Caprioli) e la sorella diciottenne (diabolica ma che poi alla fine sorprenderà in un istante liberatorio) dopo un decennio trascorso in Svizzera. Qui dovrà integrarsi in una città aliena e ostile, diventare di colpo grande, e soprattutto frequentare il catechismo.

Alice Rohrwacher, la giovane regista, ha quindi da qui esplorato - dopo aver a lungo studiato l'argomento con l'occhio vigile della documentarista - il panorama variegato della Chiesa contemporanea.

Ne emerge qualcosa di sbalorditivo per la sua bieca, funesta banalità. Qualcosa di vuoto, agonizzante. Ma ancora vivo. E al tempo stesso veramente ottuso per la sua persistenza. Qui si vede quel lato della Chiesa non tanto oscuro quanto silenzioso, un insegnamento della religione che si aggrappa disperato ai format televisivi e un sistema di carriera che fa venire i brividi per la sua quieta normalità. Ma non fermatevi a questo perché c'è molto di più.

E c'è Marta. Ritratta con una delicatezza commovente da una regista che mi ha subito catturata nel suo mondo. E poi ci sono tutte le donne.




Pensando a questo mi sono saltati alla mente due libri. Uno di oggi, fresco, vitale, sparato alla massima velocità di mano in mano come una nuova notizia clamorosa, un piccolo agile saggio sulla donna nella Chiesa e tutte le contraddizioni del caso (tema che taglia anche il film come una lama per la gran parte del tempo e si specchia nello sguardo bovino della catechista con gli orecchini luccicanti) ed è Ave Mary di Michela Murgia, Einaudi Stile Libero.


"Il buon senso popolare è convinto nel profondo del fatto che sì, Adamo sarà stato anche ingenuo e sciocco a cascarci, ma alla fine dei conti il tutto è partito dalla donna".

L'altro è quello che regala il titolo al film. Corpo Celeste, di Anna Maria Ortese, Adelphi. Un libro invece di qualche anno fa, 1997, una raccolta di brevi saggi in cui la scrittrice romana racconta la sua vita da più punti di vista. Una vita a dire il vero piuttosto triste e sofferente dove essere donna e scrittrice aggiunge fatica alla fatica (e poi la guerra e la povertà e la depressione hanno fatto il resto, hanno decretato l'isolamento più sordo, fino alla riscoperta, come talvolta accade, di una che si è rivelata tra le autrici più importanti dell'Italia del dopoguerra e anche oltre).


"(...) il mondo è un corpo celeste, e tutte le cose, nel mondo e fuori, sono di materia celeste, e la loro natura, e il loro senso - tranne una folgorante dolcezza - sono insondabili".











sabato 25 giugno 2011

Wish Tree.


Desidero gli occhi di Giada - sei mesi, la sua prima visione di fuochi d'artificio. Incapace di staccare lo sguardo dal cielo, incapace di nemmeno sbattere le ciglia per umidificare la cornea. Piccolo naso, piccola fronte, grande numero di anni di fronte a sé.

Desidero sogni rivelatori come quello di stanotte in cui ho capito dove ho sbagliato: fa male, ma sempre meglio che non sapere.

Desidero la calma e la pazienza da bere a colazione come il caffelatte.
Desidero un viaggio in nave e nonostante tutto l'avrò.

Desidero un mondo in cui sia concesso sbagliare e rimediare senza fretta perché non si sa mai le persone di cosa sono capaci, di quali miglioramenti inaspettati.

Desidero un mojito fresco sotto un cielo di stelle e dopo qualche ora avere freddo e sentire il fiume vicino, nel sangue.

Desidero quella magnifica enorme soddisfazione di quando finisci un libro, e anche di quando lo cominci.

Desidero la scaltrezza di un cervello pronto a capire tutto e a trasformarsi. Desidero la dolcezza dei movimenti, la mitezza di certi cani, l'intuito di certi gatti, la quiete assoluta delle città di notte e i loro segreti spaventosi.

Desidero la tenerezza di un viaggio in bici nei soliti luoghi, l'onda di privilegio del conoscere le cose continuamente, l'incredibile spazio che apre la fantasia e la sua grammatica, anche nella vita amara degli adulti.

Ah e poi desidero quell'ereader che ho scelto, e desidero continuare a desiderare, semplicemente ancora di più, senza soluzione di continuità.

venerdì 24 giugno 2011

Sogno di una notte di inizio estate.

Una Limo rosa passa davanti agli occhi di Maria, che non ci può credere, mentre alla radio c'è questa vecchia canzone degli anni Novanta. Subito dopo, un'altra macchina ancora più impossibile, tutta d'oro che scintilla insieme al tramonto cittadino. Tre bambini affacciati a un balcone scattano le foto.

Una nave intanto corre veloce.

E il fumo della caffettiera si confonde con il vento di giugno che entra ed esce libero dalle finestre. Da sempre, è l'estate a decidere e a tenere sotto controllo i nostri destini autunnali.

giovedì 23 giugno 2011

Il risuolatore.

Il primo requisito del buon calzolaio è non sentire gli odori. Superato quello, è il miglior mestiere del momento. "La gente non si compra più tanto le scarpe". Finalmente la crisi ha permesso alla gente di mostrare il proprio attaccamento alle scarpe.

"La sua scarpa è andata all'. Non so neanche dirle, guardi. Mi sembra messa come minimo male". Dice Josh il risuolatore a un ragazzo biondo. "Ma vedo che ci sei legato". Il ragazzo biondo annuisce. "Vabè, te la sistemo, è una sfida".

Josh prende tutto sul serio e questa inclinazione del carattere è la fortuna del ragazzo biondo, che non perderà la scarpa, non dovrà chiedersi cosa farne della sinistra ancora buona, non dovrà buttarle in un sacchetto della spesa nell'indifferenziata.

Josh sente l'anima nelle suole: è un chiaroveggente del passato. Con quella scarpa il ragazzo biondo ha firmato il suo primo contratto di lavoro. Con quella scarpa al piede s'intende.

mercoledì 22 giugno 2011

Leggerezza con tazzina di caffè.






"Nei momenti in cui il regno dell'umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell'irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un'altra ottica, un'altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro..."
Italo Calvino, Lezioni Americane, Mondadori.

Nei momenti in cui tutto si complica è il soffio come di una piuma bianca, è il sorso di una tazzina di pochi grammi, è un pensiero, neanche, un panorama dolce a occhi chiusi, la fantasia che non usavo da tempo, l'innesto delicato dell'immaginazione nella realtà, la certezza di essere incerta, come sempre, come non mai.




martedì 21 giugno 2011

D'estate, io sono il mare.

Ma anche nelle altre stagioni, pensa Marco.

La pelle cotta dal sole, il cappellino sgualcito. La vita non è stata generosa con Marco. Ed è stata generosa. A seconda delle stagioni, delle angolazioni: guardata dagli scogli, è stata generosa, guardata dalla cucina, è stata ingenerosa, guardata dalla barca, è stata generosa, guardata dal baretto è stata ingenerosa.

Marco è come il mare: lento, accogliente, blu. Poi di colpo si arrabbia, non ne può più, è furente, è confuso, si allea con il vento contro la terra. E dopo torna dolce e mite con le persone spaventate, con le gambe e le braccia dei bagnanti, con le barche, con i pesci. Li conosce, li tollera, li ama.

Quello di cui è certo Marco è che c'è un momento della giornata in cui lui, il mare, resta solo, se ne vanno tutti, smettono di maltrattarlo, di abitarlo, di fargli richieste, di sottometterlo o di blandirlo. Resta solo, coi gabbiani e le conchiglie, con una birra fresca, a carezzare la sabbia, a frangersi con regolarità, piano sulle rocce.

A far fronte alla brezza nera della notte. La luna. Perché lui, Marco, il mare, sopporta alla fine qualsiasi cosa. Sa che le onde poi si sgonfiano, che la gente si stufa, i marinai spengono i motori, i pescatori ritraggono le esche, i bambini si addormentano, le donne non si abbronzano, i ragazzi non scherzano con l'acqua, il mondo si fa serio, consapevole del buio e Marco sa anche che quello che va giù poi torna su.

Sa tutte queste cose, mentre sulla sedia di plastica legge il suo romanzo e non è né felice né triste, è solo paziente, ha capito se stesso, la lezione del mare.

lunedì 20 giugno 2011

Giornata Mondiale del Rifugiato.

Oggi è la Giornata Mondiale del Rifugiato che è dedicata al 60° anniversario della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati: un "accordo internazionale che impegna gli stati firmatari a concedere protezione a chi fugge dalle persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche".

Ho visto alcuni rifugiati nella mia città, li ho visti in difficoltà e mi dispiace molto. Come tutte le "giornate mondiali" so che non bastano 24 ore per risolvere le cose, ma è sempre meglio che non pensarci proprio mai.

Con un po' di fantasia si può capire cosa passa nella testa e nel corpo di un rifugiato.

Ogni tanto io provo a immaginare e a scrivere qualcosa su di loro, prima o poi, se volete, metto stralci qui sul blog :)

Nel frattempo: buonlunedì.




domenica 19 giugno 2011

Le ciminiere di Savona.

Ieri sera c'era una festa torinese di quelle proprio cool da inizio estate.

Il quartiere Vanchiglia, vicino all'Università, vicino al fiume, pieno di locali e studi di design architetti e librerie tutto aperto tutta la notte.


Amici, biscotti alla viola, cocktail personalizzati, musica, camminare su e giù senza meta, entrare e uscire dagli studi, sedersi su un divano bianco a chiacchierare, e vedere mostre, allestimenti assurdi, palle giganti e fluorescenti di gomma, terrazzini, birra, dj, veramente tutto il desiderabile.

Tra le cose belle, mi ha colpita lo Studio qbo, andate sul sito per i dettagli. C'erano barchette di carta ovunque appese al soffitto e estatè e dolcini in regalo, ma soprattutto a catturare completamente la mia attenzione sono state quelle poeticissime bottiglie di design.

Flash back. Chi va in Liguria nei primi giorni d'estate (ma anche nel resto dell'anno) conoscerà le ciminiere. Andare in Liguria per un torinese poi, e arrivarci da Savona, è normale, come dire scendo un po' giù al mare, faccio un bagno e torno a casa - per questo sosterrò la causa del Limonte tutta la vita - e anche nei momenti di peggiore crisi maledetta la gita di un giorno difficilmente salta ed è quasi un diritto costituzionale.

E quelle ciminiere per tutti fin dalla più tenera età volevano dire: il mare. Ovvero luce fresca e azzurra, acqua marina, vetrini colorati, focaccia, sabbia, castelli di sabbia, case con le persiane verdi, passeggiata nel budello, crema solare protezione 340, negozi di giocattoli, piccole librerie liguri fornitissime, piccoli ristoranti di pesce, palme, lungomare, occhiali da sole, sandali.

Quando potrò, e sarò una facoltosa blogger sabauda, comprerò quelle bottiglie e le terrò nel mio salotto pensando sempre a quella precisa emozione lì.

sabato 18 giugno 2011

Wish Tree.

In questo momento desidero una sola cosa. Prendere spunto da una piccola ragazza che ho conosciuto oggi.

Sedici anni, una sorella di dodici, studia per diventare stilista, velo nero, solo da due anni in Italia, guance che diventano amaranto alla vista di un ragazzo, cresciuta in Marocco.

Parlava italiano bene, anche se non smetteva di ripetere che si vergognava. In realtà doveva essere fiera di se stessa. Le cose non sono per niente semplici per lei. Eppure i suoi modi ultra gentili, la sua voglia di assomigliarmi nella conversazione, perché mi sapeva più grande di età e torinese e chissà che cos'altro, i suoi slanci curiosi di sapere tutto, i suoi occhi castani e luccicanti mi guardavano come per dire: ricordati che tu sei ancora così, come me.


venerdì 17 giugno 2011

Gianluca e la papera.

Gianluca passa con il suo suv nero per il parco dopo il lavoro. Una scorciatoia per arrivare prima a casa dopo una giornata orrenda. Si è anche slacciato i polsini della camicia azzurra, non ne può più. E quel maledetto dolore, che deve andare lunedì dal medico e non sa cos'è, di sicuro non è niente però non sa cos'è e sta andando fuori di testa.

Si mette a piovere. E Gianluca sempre più non ne può più. Cadono i rami dagli alberi, e Gianluca è stufo della pioggia, del dolore, dei rami, degli alberi, del fiume grigio verde che inizia a gonfiarsi, della cartuccia della stampante che doveva andare a comprare.

Il fiume che è sempre calmo adesso si increspa. Ci sono le onde, come al mare, Gianluca guarda in lontananza due piccoli germani reali bloccati tra le sponde che tentano di nuotare. L'aria forte li spazza via e loro riprovano, agitando il becco con una quieta, animale impassibilità. E una paura piccola, che si nota solo osservandoli bene, e a lungo.

Poi cadono i pali con i cartelli stradali, e Gianluca si sposta con il suv di un centimetro. Adesso la paura è che un palo o un ramo più grosso gli danneggino il suv. Crolla un tendone. Sotto si svela una piccola giostra per bambini. Una specie di trenino. Si spostano le mini carrozze. Non è vento, è tempesta.

Gianluca si ferma. Il suv, in mezzo alla strada, sussulta come un rinoceronte disturbato nel sonno. Gianluca si ferma.

Il vento è spietato. Cosa fa. Sradica una pianta altissima, verde. Che crolla al suolo, accanto a una fontana. Crollano i pini, le pigne rotolano fino al suv di Gianluca, lo colpiscono. I tronchi sfondano i cancelli che delimitano i percorsi del parco. I tombini straripano. L'acqua inonda il cemento, ci si sovrappone come una coperta, tutto è lago, tutto è fiume.

Gianluca. Aspetta lì, immobile, si chiude dentro al suv. Trema di freddo. Si rimette la giacca da ufficio. Spegne l'autoradio, non sa cosa fare. Chiude gli occhi, li riapre all'istante.

Poi tutto cambia. Per un tempo in cui Gianluca non ha pensato a niente e a nessuno. Si placa e l'acqua dirada, adesso è pioggia leggera e uno sfregio di luce si apre tra le nuvole basse e nere. Un tondo inaspettato di azzurro risplende sullo specchietto del suv. Gianluca si guarda intorno. A sinistra c'è un recinto, nel mezzo: una papera bianca.

Così bianca che trafigge Gianluca, lo guarda negli occhi. Lui prende il cellulare. Scende dal suv, si bagna le scarpe nere lucidate. Si avvicina al laghetto. Fotografa la papera. C'è un profumo violento di terra, di aghifoglie, di resina, di smog, di acqua piovana e di acqua di fiume. Una strage di tronchi abbattuti nel parco. La papera bianca sul touch screen di Gianluca. Arrivano i soccorsi.


mercoledì 15 giugno 2011

Editech - editoria, innovazione, tecnologie su Indie Riviera.

Editech - editoria, innovazione, tecnologie: per chi vuole, ora, su Indie Riviera.

Quello che troverete è un post spero chiaro che vuole offrire una panoramica generale dei contenuti emersi e soprattutto del materiale prezioso fornito dal convegno stesso.

Quanto a me, questo è un tema che mi sta incuriosendo ogni giorno di più e spero di continuare a restare aggiornata.

Buona lettura.




martedì 14 giugno 2011

Comunicazione di servizio e tiny tales.

Volevo dirvi due cose.

1) Il post su Indie Riviera relativo a Editech che vi avevo anticipato per oggi uscirà domani!

2) Nel frattempo: ringrazio nuovamente la splendida Carolina Franco, un'italiana in UK, che è anche una bravissima aspirante traduttrice, perché con mia grande sorpresa ha tradotto altri miei raccontini (tag raccon-tiny che lei ha chiamato Tiny Tales: hehe, ma wow, che bello, che onore! Li metterò tutti a poco a poco per voi!) - spero proprio che questo possa presto diventare il suo lavoro...

Nel frattempo: many many thanks Carolina. Ed ecco un raccontino da lei tradotto.

DORY

Dory has three thousand orange pigtails on the head, together they look like a big ball of wool or a hat. She wears a white coat with small spotted insets, gold earrings, her nails look perfect and her skin is impressively smooth for such an early time in the morning. She gets on the bus with me, but gets off two stops earlier, with a few other girls, that must be working together at the same Primary school, as I understand.

Dory is African but has been living in Turin since she was a child and she always keeps on smiling during the endless chats with her ​​friends, some looking older and stricter than her. On the other hand, Dory looks kind, gentle and mild. Although every now and then she dips into an invisible bubble of gloom, when nobody’s watching. For just a few minutes. And right after then she tries back to look strong, determined. She always reminds to the others when they need to get off, which bus-stop, I don’t know why they always seem to forget it.

It's raining, Yes.

Quindi ieri, ben contenta per il mio lavoro di scrutatrice, con la fortuna in tasca di aver trovato un #seggio (uno degli hashtag del referendum, per chi era su twitter, a proposito: grazie) simpatico, dispensatore di calma, chill out e soprattutto dolcini e limoncello a fiumi, stanca ma felice, stanchissima ma felicissima, anzi troppo felice, anzi sovreccitata, anzi un po' esaltata dall'euforia generale e dal limoncello artigianale, ho pensato di fare una corsetta. Perché non dimentico di essere una podista; scarsa sì, ma maratoneta nell'anima.

Allora partiamo. E dopo circa venti minuti scoppia il temporale.

Così io ero lì sotto. Con la pioggia di sì delle centinaia di schede ancora negli occhi, tra le mani, sotto la pioggia vera, simbolicamente di acqua, che scrosciava su tutti. I casi erano due: scappare o continuare. Rifugiarsi o sfidare il diluvio e il destino.

Quindi la corsa è andata avanti tranquilla, senza bisogno di pensarci. Eravamo una decina, tutti a correre sparsi come funghi semovibili, lo stesso, ignorando completamente le pozzanghere. In pochi secondi, ovviamente, eravamo fradici. E stavamo bene.

Sono felice. Ho pensato. L'acqua del temporale che fa tanta paura, dopo un po' smette di fare paura ed è normale sentirla sulla pelle. Poi vabè, quando le gocce si sono trasformate in grandine assassina ce ne siamo andati, come è comprensibile. Però che dolce forzatura restare un po' in balia delle intemperie.

Comunque: che momento. Una pioggia di sì, pensavo: in generale, sì al signore che ha perso recentemente la moglie che ci raccontava al seggio di aver sognato di andare a funghi, sì all'antipatica del quartiere che non saluta, non sorride, ha i boccoli perfetti e delle oscene paperine troppo larghe rosso peperone, sì al bambino-palla il cui padre dice: "lui vota per il latte pubblico", sì alla madamina ottantenne esperta di vini, sì alla signora in sedia a rotelle, sì a chi non riesce a trovare l'ingresso della cabina, sì ai brutti da far spavento, sì ai ritardatari e ai precisini, sì ai bellissimi che fissano negli occhi, sì ai cognomi che si intonano coi nomi, si agli errori dell'anagrafe, sì ai normali che sono parecchi, sì alle maggioranze e alle minoranze, sì alle ossa rotte, sì alle guarigioni.




domenica 12 giugno 2011

La saggezza del seggio.

Post in cui la saggezza non c'entra nulla, ma era un titolo carino.

Il mio seggio è una piccola aula con la porta amaranto e le pareti sporche, sotto cui si intuisce un intonaco giallo-ocra, anche forse caldo e accogliente, ma così trascurato che fa corrugare la fronte.

Quanto a me, sono lì tranquilla. Seduta sulla seggiola da seconda elementare. Non so cosa accadrà, qui e nella mia vita, ripensandoci non so nulla di niente, ma tutte quelle decine e decine di persone, che mi offrono la loro carta d'identità, mi dicono qualcosa.

Che ci sono di colpo così tante vite presenti su questa terra, in questa città invisibile. Che ci sono così tante date di nascita, dagli anni Venti ai Novanta. Che ci sono tanti luoghi di nascita, dal nord al sud alla Tunisia alla Svizzera, tanti colori di occhi e capelli, nessun segno particolare, infiniti segni particolari. Tanti traslochi, vedovi, cognomi come Speranza, Segreto, Tempesta. Nessuna professione, centinaia di professioni. C'è chi mette il suo primo timbro sulla tessera elettorale, chi l'ultimo. Ci sono bambini piccoli attaccati come non so cosa alle giovani mamme, ci sono padri, c'è un tossico che tiene un comizio, c'è chi non crede che raggiungeremo il quorum, chi mi chiede, smarrito, perché per dire sì bisogna dire no e per dire no bisogna dire sì?

Ma cosa può rispondere una semplice scrutatrice come me a una domanda simile? Rispondo comunque che questo piccolo quartiere, dove quasi si conoscono tutti, dove un signore riconosce una ragazza da un neo vicino al labbro: ma è lei? Sì, è proprio lei. Dove i cani capiscono gli uomini con uno sguardo, dove i bambini proteggono gli adulti, dove gli anziani sono un esercito, dove i ragazzi si sono appena svegliati e si vede, dove i QC (quaranta e cinquanta) sono abbastanza splendidi, dove la gente ha paura, dove la gente è intontita, dove la gente è a posto, dove la gente si opera, cucina zucchine, stira, non stira, si sposa, non lavora, lavora troppo, ha un braccio ingessato, una moglie che guida piano, un fidanzato con la camicia bianca, una fidanzata con gli stivali, va in pensione, cammina due ore al giorno, legge tutti i libri di Ken Follett: è un quartiere dove tanti hanno qualche sì o qualche no da dire e vengono lì, qualcuno trascinandosi lento, qualcuno esplodendo di bellezza, ridendo, sorridendo, inciampandosi, con grazia, con sicurezza, con tristezza, con stanchezza, con tenerezza, qualcuno delicato con lo sguardo timido, qualcuno arrogante, qualcuno in iperventilazione, con il loro documento chi consunto chi nuovo e me lo affidano tra le mani con fiducia cieca. Quanto a me, sono tranquilla.

Qualsiasi malizia, sospetto, lacuna, vuoto, timore restano fuori dalla piccola aula con la porta amaranto. Restano fuori dalle finestre coi sigilli. Resto tranquilla e serena, per me, per voi, perché ho preso sul serio questo ruolo da scrutatrice, perché vorrei farvi sentire leggeri, per registrare tutte quelle carte d'identità a biro sui fogli e poi nella mia mente.

E buonanotte. A domani, a domani.

sabato 11 giugno 2011

Editech - editoria, innovazione, tecnologie.

Vorrei rivolgermi, con questo post su Editech - il convegno internazionale sullo stato dell'arte e i molti futuri dell'editoria (si capiva che ci sono andata? :P), a chi, come me, conosce poco o niente di ebook ed editoria digitale, ma si sta rendendo conto che qualcosa sta cambiando anche in Italia, ha molte curiosità in proposito e soprattutto vuol tanto bene ai libri, in ogni loro forma, perché amore è anche accettare le trasformazioni dell'oggetto amato, giusto?

Oggi però vorrei ridurre al minimo i miei commenti e pensieri etc. etc. e fornire invece qualche informazione spero utile e concreta attraverso alcuni link.

Il materiale su questo convegno è realmente immenso e ricco, faccio fatica a riordinare tutte le idee emerse, così ho pensato di suddividere tutto quanto ci sarebbe da dire in più parti. E di iniziare a inserire qui qualche piccolo spunto, tra le molte, moltissime riflessioni e strade aperte.

Comincio da ora e poi proseguiamo martedì. Dico martedì perché ci sarà un post su questo argomento anche su Indie Riviera, dove già vi avevo raccontato un po' di ebook, qui, dopo il Salone del Libro di Torino.

Ok. Partiamo.

1) Più o meno è da un annetto soltanto che in Italia l'ebook sta diventando qualcosa di importante di cui discutere. A fine 2010 i titoli disponibili erano poco meno di 7.000 per 299 editori. A un prezzo medio di 7.95 euro. A maggio di quest'anno i titoli sono diventati 11.271 e gli editori 471. Si può parlare quanto meno di crescita.

2) Guardate qui! Carina Press è una case history che mi ha molto colpita: un editore completamente digitale: si può fare, ed è molto carino. Hei ma anche noi in Italia abbiamo già alcuni esempi interessanti, come Quinta di Copertina.

3) E questo? Sembra solo un gioco per nativi digitali, ma è da tenere d'occhio soprattutto per quanto riguarda la nascita di nuovi mondi in rete.

4) Perché quello che ho capito è che gli editori, gli autori e i lettori stanno insieme vivendo un momento epocale di grandi trasformazioni: l'idea generale è comunque: "se non lo fai tu, lo farà someone else". Ma fare cosa, esattamente?

5) Per scoprirlo, c'è un'App. Sul serio: un esempio è Faber & Faber che mette The Waste Land su iPad, per lettori del 21° secolo.

6) E poi: per gli editori: creare fisicamente ebook e metterli a disposizione dei lettori a un costo umano. Per i lettori: capire cosa sono gli ebook, come comprarli, dove leggerli, che farne, intuirne le possibilità di fruizione. Ma c'è dell'altro: l'ansia per la scomparsa del libro di carta. Chi, come me, non ha un iPhone, non ha un iPad, non ha un Ereader e ha attualmente un solo ebook sul pc (sic.) e basta e non sapeva fino a un giorno fa da che parte cominciare: quali sono le prospettive (di sopravvivenza proprio)?

7) Niente panico. Il mercato dell'ebook è ancora un gran mistero. Le questioni in progress sono infinite. A partire da problemi squisitamente tecnici (what's an EPUB 3?! Qui qualche info: il seminario di ieri tenuto da Liza Daley verteva interamente su questo), passando dalle politiche del prezzo, all'incognita dell'identità dei lettori, il magico mondo dei blogger, fino al mondo della scuola e università, al social reading, ai ruoli che si ridefiniscono in casa editrice, alla letteratura per l'infanzia, la matematica, il lingua, il self-publishing, il copyright, l'apporto degli agenti letterari, e infine la mente: che si deve abituare a tutto ciò. Studi scientifici infatti dimostrano che alcune nostre paure risalgono ancora all'epoca dei dinosauri, e che il nostro cervello non ha ancora registrato nuovi pericoli come la scossa elettrica. Sicché: diamo tempo al tempo. E poi, ci tengo a ricordarlo, il libro di carta non deve affatto scomparire, sono binari che possono procedere serenamente in parallelo.

8) Santo cielo, proprio il tempo scorre in fretta, e io devo correre ad allestire il seggio in qualità di scrutatrice per il #referendum di domani e lunedì. "(...) 'costituzione del seggio' è una speciale disposizione dei tavoli che si trovano sul posto. Ambienti insomma nudi, anonimi, coi muri tinti a calce; e oggetti più nudi e anonimi ancora; e questi cittadini, lì al tavolo - presidente, segretario, scrutatori, eventuali 'rappresentanti di lista' - prendono anch'essi l'aria impersonale della loro funzione", diceva Calvino, ne La giornata di uno scrutatore. Come l'anno scorso, mi preparo allora a calarmi in questo ruolo civile, freddo ma di servizio, spero, per la nostra società. Il brutto è che devo interrompere qui il post. Ma come vi anticipavo, il flusso di informazioni è tale per cui andremo ancora avanti. Restate collegati.

Buon sabato :)

Sotto: Palazzo delle Stelline, dove ieri ho avuto anche un momento mistico di felicità, sorseggiando un calice di prosecco, in questa luce fresca e autunnale di giugno.


venerdì 10 giugno 2011

Verso una direzione.

E anche oggi a Milano son successe tante cose.

E altrettante ne ho scoperte, ascoltando, a Editech (vedi post precedente), parecchi concetti per me prima del tutto sconosciuti.

Il mondo dell'editoria digitale, se così si può dire, è decisamente più ampio di quel che immaginavo - e non so perché adesso, dopo una frugale cena a base di scaloppine al limone, zenzero e noce moscata (sì, esatto), mi sento come se avessi fatto un viaggio nello spazio.


Coprendo distanze siderali - da Giove a Saturno alla Luna e quasi al Sole - balzando con le mie stesse gambe tra le stelle di Palazzo delle Stelline, tentando di catalogarne almeno qualcuna con la punta delle dita.

Oppure come se avessi fatto una full immersion di due giorni a Babele.

In una parola sono come quando il vento soffia forte verso una direzione. Solo che tu sulle prime non capisci quale. E ti senti sospingere invece da più lati, nell'incertezza emozionante, anzi conturbante del passo successivo.

Comunque ho raccolto tanto materiale, conosciuto persone nuove, simpatiche, banchettato con prosecco e salmone e insalatine di orzo e tanti caffè con biscotti e di prima mattina una briochina ai mirtilli mi ha anche donato sincera fiducia nell'Universo.

Quindi, con questa disposizione d'animo, di chi ha tenuto gli occhi e le orecchie spalancati tutto il giorno (salvo quei due tre piccoli abbiocchi pomeridiani da testa-che-cade, nulla a che vedere comunque con "la signora russante" che pure ha allietato ben più di un partecipante al convegno) e ora deve un momento raccogliersi per rendersi conto di cosa ha visto e sentito, ma soprattutto di quale sia la sua vera identità, quale il suo destino, quali le sue doti, quali i suoi sbagli: me ne andrò quieta a guardare la televisione :P

O forse più elegantemente a leggere un romanzo, addormentandomi di certo a metà/inizio del primo paragrafo.

Ma domani mattina spero di raccontarvi davvero di più. Quindi se volete: stay tuned.

E buon week end.




giovedì 9 giugno 2011

Editech, Milano, Tazzine, Persone.

Buonasera.

Oggi sono stata a Editech a Milano e sarò lì anche domani.

Troppo stanca per scrivere qualsiasi cosa di comprensibile, salvo: devo-ancora-fare-la-doccia, né tanto meno traducibile in italiano, vi comunico tutto quello che vorrei con questa foto rubata al coffee break.

Buona-notte.

mercoledì 8 giugno 2011

Andrea, on the fourth floor.

Vorrei ringraziare tantissimo Carolina Franco - il suo british-italian-blog: The Italian Girlfriend - per questo regalo: è la traduzione in inglese del piccolo racconto che trovate un post indietro, quello di Andrea. Sono letteralmente senza parole :)

"See that little window up there? They live there. Andrea, his wife and their dog, right facing the new building site. The dog is already specialized in a game of stones that is quite a bit complicated. He takes two stones in the yard, leaves one on the ground near the foot of those passing by, while he keeps the other in his mouth, then takes two steps back, looks at the first stone ... Ah, it is too, too complicated.

Andrea and his wife are approaching their fifties and have found, Andrea says, a balance. Their own peace of mind, as Andrea says. They found this little house thanks to a series of lucky circumstances: just what they needed, Andrea says, after suffering so much. But the suffering, he says, helped them to understand that even so, in a small house with a small dog, they could be. Happy, maybe not, but no one, no one is happy and he, Andrea, asks me if I know that nobody in the world is happy. But one can still become at least normal.

The evening walks with the little dog, and the complicated, oh so complicated game of stones, a pistachio ice cream, a beer after dinner. That might not be happiness, he says, because nobody knows what happiness is, but that's life. You know what, Miss? Andrea says to me. I feel alive, that's all what matters for me, having escaped the sadness, Andrea explains, while the dog picks up the second stone, making the game's rules even more complicated.

Because life is about solving a complicated game of stones, is a pistachio ice cream, is a house on the fourth floor, a rainbow over the city, a puddle that reflects the face of a small dog, a polished stone, and the new site on which a white building that seems made ​​of Lego will be built".

Thanks Carolina!