lunedì 30 aprile 2012

Librinnovando - non c'ero ma non dormivo :)




A Roma per Librinnovando questa volta non c'ero, e se c'ero, però, non dormivo :)

A differenza dell'edizione di novembre a Milano, qui, questa volta non sono stata presente fisicamente, ma ho seguito la maggior parte degli interventi, su twitter e in streaming qui. E soprattutto sto leggendo gli storify molto accurati di Marta Traverso, ad esempio: qui. 

A essere sincera, è stato davvero quasi come esserci. E questo è il mio primo pensiero: le invenzioni tecnologiche sono preziose. Lo dicevano in molti su twitter: "che bello seguire l'evento da casa"!

Si è parlato moltissimo (e a tinte fortissime) di nuove tecnologie legate alla lettura e all'editoria. Direi che è proprio il tema del momento; i tempi sono già più maturi di qualche mese addietro. E dopo questa esperienza di "spettatrice a distanza" non posso che essere ancora più amica di tutto ciò che può favorire il sapere, che può ampliare l'esperienza. Senza questi aggeggi, una banale bronchite mi avrebbe precluso qualcosa. E qualcosa, secondo me, di importante.

Dunque seppure dal Piemonte, ho potuto ascoltare e conoscere in tempo reale gli argomenti trattati in Lazio. Certo, per entrare nel vivo, mi sono mancate percezioni di alcuni dei cinque sensi come i profumi (s'è citata ad esempio l'"alienazione del formaggio": ahhh, cosa mi sono persa??!!), i rumori di sottofondo, l'emozione dell'attesa e poi la festa, la convivialità, il reading, le facce stanche, e quell'atmosfera corroborante e frizzantina simile all'effetto di un buon caffè mattutino che accompagna convegni e cose varie a proposito di ciò che ti piace, e soprattutto ROMA. 

Sì, questo è mancato davvero. Un po' come all'ebook manca il famigerato odore della carta e l'impatto immediato della copertina (criterio secondo cui moltissime persone scelgono di acquistare un libro in libreria).

Però la mia opinione non ha fatto altro che rafforzarsi ascoltando il convegno: l'ebook, il libro "elettronico" è una ricchezza in più, non in meno. Tra il non andare a Roma, e l'esserci solo in parte, meglio comunque la seconda. E non c'è polemica, non c'è scontro per quanto mi riguarda. Se nella vita personale o nel lavoro bisogna fare delle scelte continuamente, non così è nella lettura: c'è la libertà, la fortuna di non dover per forza scegliere tra carta o ereader. E quella voglia stucchevole delle fazioni, del nemico, delle faide stile "mortadella-prosciutto crudo" qui decade, non è richiesta, non ha senso, è una paranoia che ci creiamo di fronte alla atavica paura delle novità. 

Se solo gli scettici scoprissero che non si è costretti ad abbandonare come un animale domestico sul ciglio della strada il caro vecchio cartaceo in favore dell'elettricità spavalda e futurista, saremmo già in un mondo più sereno. In fondo, nulla si crea e nulla si distrugge, giusto? Dunque anche tutti i timori (talvolta declinati in insofferenza) degli editori, andranno un pochino ridimensionati! Calma, tutto andrà bene, we can work it out. 

La mia esperienza recente ad esempio a #libroincorso, qui a Torino, mi ha confermato oltretutto l'idea e la quasi-certezza che addirittura, una volta scoperto l'ebook, la quantità di libri comprati, pagati al giusto prezzo e letti aumenta e non decresce affatto. 

Altra questione controversa è stata poi quella del self-publishing. Questo sconosciuto. Cos'è, cosa non è? Perché fa paura agli editori? Ho avvertito un mix esplosivo di terrore e insieme di disprezzo (ma chi disprezza compra?) per questa ancora un po' misteriosa congerie di ambiguità che sembra essere, appunto, il self-publishing oggigiorno.

 Il primo aspetto che si è cercato di chiarire dunque è la sua natura: consiste forse in piattaforme promosse dagli stessi editori? E come ha fatto Amazon? E perché? Questa cosa è filantropica o a scopi di lucro? Twittare o avere un blog è self-publishing? I blogger sono degli sfigati?

Eccola là. L'eterno problema di questi nostri tempi editoriali.

Provo a dire la mia. 

Premessa: a me piace scrivere, mi piace tanto e da sempre, ho questo blog, ma negli anni e nei mesi passati ho pubblicato i miei racconti anche su riviste cartacee. Vorrei pubblicare un romanzo, una raccolta di racconti, o entrambi, ho tante storie da raccontare e tante parole in mente, ma non ho intenzione, al momento, di praticare il self-publishing. 

Detto questo, però, mi dichiaro favorevole al suo utilizzo.

Tutti sanno, e se non lo sanno è perché non sono del mestiere, che le ragioni per le quali uno scrittore riesce  infatti a ottenere un contratto editoriale per pubblicare il suo libro sono molteplici. Complesse. Credo che sia giusto affermare che chi è veramente bravo prima o poi ce la farà (cit.), ma non è vero il contrario, ovvero che chi ce la fa è sempre realmente bravo. Mi pare cosa risaputa il fatto che il mercato editoriale sia saturo di scrittori (tra cui si annoverano i raccomandati, le cricche, i ricchi, gli appartenenti a classi sociali-culturali elevate, i vip della televisione, del cinema o dello sport, quelli che hanno un carattere forte, molto forte e tenace, molto tenace, quelli che si sanno promuovere - vabè, è chiaro, categorie applicabili in vero a qualsiasi settore). 

Ora, il self-publishing potrebbe aprire una porta a tutti gli altri, nel legittimo dubbio che tra essi ci sia un bravo vero. Anche qui: è una cosa in più, non una in meno. Mi spiego: tutte le altre categorie rimarranno sempre (chi in tutta onestà ha ancora trovato un rimedio?) ma se ne potrebbero scoprire, creare di nuove. Che tra questi altri nuovi sia pieno comunque di sfigati (cit.) è sicuro. Ma di nuovo non è vero il contrario, cioè che siano sfigati tutti quelli che non sono riusciti a pubblicare ancora con un editore tradizionale e su carta. Ci sono tante, tante, tantissime variabili nella vita delle persone e degli scrittori. Non sempre, anche se sovente, è una questione di merito. A volte è una questione di personalità, di opportunità, di buona stella. 

Con ciò non voglio affermare che, con certezza, le tecnologie elettroniche e il self-publishing scoveranno i nuovi Carver o i nuovi Kafka nel Mar dei Sargassi della sfiga, ma per lo meno saranno utili a rimescolare le carte del gioco. Poi, restiamo pur sempre tutti individui, soggetti a cose umane, troppo umane. 

(Lo dico: la giocosa curiosità di sapere che percorso avrebbe intrapreso Kafka se pubblicato in vita, che effetto avrebbero fatto i suoi lavori a un vasto pubblico di contemporanei, quella, lo ammetto, un po' ce l'ho... :P Ma si fa per scherzare, e per assurdo, naturalmente). 

Una cosa è certa, un convegno come Librinnovando è un'occasione che si sta rendendo imprescindibile per discutere di questi temi - ci sono state domande provocatorie ai relatori, interventi ricchi di informazioni, altri molto suggestivi. Se volete leggerne di più, vi rimando a tutti i link che ho messo sopra per approfondimenti. Nel frattempo, sono sempre più impaziente di sapere come cambieranno le regole del mondo editoriale, quali saranno le novità dei prossimi anni e come si evolveranno la scrittura e la lettura day by day.

c\_/ 







sabato 28 aprile 2012

Lucy in the sky with diamonds.


Lucy ha sei anni, è cinese, ed è accovacciata sul bagnasciuga. In cerca di sassi di vetro colorato. Ne trova uno, bianco, un po' più grande degli altri, brillante. Lo guarda, lo sciacqua nel mare, lo stringe nella piccola mano.

Ancora non immagina quanto dovrà sgobbare nel ristorante del nonno. Quanto impiegherà a togliere le rotelline dalla bici, quante volte si sbuccerà le ginocchia, sanguinando, quanto le bruceranno gli occhi in primavera. Non sa quanto amerà il suo ragazzo. Non immagina quanto tremendi saranno i dolori del parto, e quelli del tradimento. 

Quanto amerà la musica, quanto odierà la danza. Su quanti involtini primavera dovrà soffiare per raffreddarli e darli da mangiare ai figli. Non sa quanto sarà difficile la scuola, ostili i quaderni, e quanto avere un'amica per tutta la vita. Non sospetta la difficoltà di sentirsi adulta, di esserlo davvero e per sempre.

Neanche immagina la sensazione quasi da sortilegio che le daranno i libri, letti di nascosto, e il sushi, assaporato con dolore, in segreto, sentendosi in colpa per entrambi. Non sa quanto piangerà, quanto sorriderà dei difetti degli altri, sghignazzando, vergognandosi, quanto sarà violento un cliente del ristorante, un pomeriggio d'estate, e quanto le batterà il cuore al saggio di musica della sua prima bambina. Non si immagina il male sulla guancia dello schiaffo di suo fratello. Quanto la farà sentire bene l'odore del fiume. Quel viaggio da sola in treno. E nemmeno osa supporre quanto insospettabilmente dolce sarà invece la vecchiaia. Quanto sarà buono un tè alla pesca, la soddisfazione di coltivare un albero di limoni, e quanto sarà bello e spavaldo suo nipote.

L'unica cosa che Lucy conosce davvero, al momento, è il sassolino bianco in riva al mare. "Questo è mio". Pensa. E se lo porterà dietro in tutte le tasche e le borse della sua esistenza. "Questo è proprio mio". Annuisce.


Racconto liberamente ispirato dall'intervento dell'editore Barabba oggi al convegno Librinnovando, in cui citava questo film qui sotto (uno di quelli che da bambina ho guardato di più, forse nell'ordine delle centinaia di volte :) a proposito dell'editoria e altre amenità. L'intervento si potrà presto leggere sul sito dell'editore.



venerdì 27 aprile 2012

Salone del Libro, primavera digitale e belle news :)



Ieri mattina mi trovavo proprio alla conferenza stampa di presentazione del Salone del Libro. Quest'anno si festeggiano i 25: dalla prima edizione del 1988, certe sensazioni sono rimaste intatte.

Ieri ad esempio respiravo un'atmosfera da primo giorno di scuola. Mi sembrava di vedere e ascoltare le cose come se fosse la prima volta. Questo è proprio il modo che preferisco di stare al mondo: provare di tanto in tanto a osservarlo con occhi nuovi, nella vera accezione dei termini. Anche se qualche volta ti bruciano, vorresti chiuderli per un po', vorresti girarti da un'altra parte, invece è quello il momento di guardare tutto come la prima bianca pagina di un libro. 

In un certo senso, tra l'altro, questa sarà davvero un'edizione profondamente diversa da tutte le altre. La cosiddetta Primavera digitale, questa del 2012, che è il tema portante del Salone, assomiglia proprio a qualcosa che realmente sta mutando l'editoria e i libri dalle radici. Quanto meno sta ponendo domande e rimescolando un po' le cose. Vedremo cosa succederà, ma intanto complimenti al Salone in generale per la voglia di respirare lo spirito del tempo.

Che bello scrivere del Salone: a maggio, da sempre, trovo il modo di mettere sulla carta o sul computer qualche parola. 

Per le prime edizioni, erano pensierini sul quaderno con la penna a sfera e il cancellino e magari un Bene in rosso scritto dalla maestra, se voleva il cielo che le piacessero le mie meditazioni su quanto sono belli i libri (era un tantino caratteriale la mia maestra, ma vabè :).

Poi certi articoletti picchiettati sulla macchina da scrivere per il giornalino della scuola. Prima su una vera Olivetti Lettera 22, poi una macchina da scrivere elettronica. E gli errori (molti) cancellati a bianchetto.

Poi nessun posto dove scrivere, e quindi diari segreti, taccuini, post it, foglietti, fogli, agende, file di word sigillati sul primo computer a pedali. Lunghi anni di silenzio. 

Infine da qualche tempo a questa parte: la rete. Poter scrivere in rete. All'inizio sembrava solo un gioco. Poi l'anno scorso è diventato un gioco ancora più divertente; e dopo sono arrivati altri spazi dove poter raccontare a qualche persona in più. E allora la Primavera digitale

Da torinese, da lettrice, da persona che ama scrivere, da aspirante maratoneta dei corridoi infiniti del Lingotto Fiere, non posso che dirmi curiosa di scoprire cosa succederà domani.

Intanto, due anticipazioni!

Venerdì 11 dalle 19.30 al Barrito in via Tepice 23/c a Torino sarò, insieme a Mao (giuro!) e successivamente anche a Luca De Gennaro (è tutto vero!) alla Super Festa della casa editrice Miraggi (e altri 5 magnifici editori indipendenti - Caravan, Caratteri Mobili, Intermezzi, Las Vegas e Neo). Dunque, presenzierò in qualità di bookblogger, quindi si parlerà di libri, ma poi si festeggia a oltranza!

E domenica 13, alle 15, sarò al Salone insieme a Ledita. Però per questo: tutte le informazioni: qui!!

(Ledita oggi e domani sono a Librinnovando a Roma, io li seguo tutti da qui su twitter, con hashtag #librinnovando). 


L'invito alla festa :)
c\_/

mercoledì 25 aprile 2012

Lettere d'amore.

Lettere, cartoline, biglietti d'amore.

Cartoline da Alba e "Cormaiore" e altre località di mare,  lago e montagna. Da Cannes a Venezia, da Nizza a Lecce.

Cartoline di ogni singolo viaggio.
Goteborg, Svezia. "Maria cara, se avessi le ali di questi uccelli volerei fino a te.  Non potendo fare ciò affido i messaggi dei nostri cuori sinceri a questi piccoli alati. Coraggio Maria, la tua costanza vincerà ogni cosa".

Alba 24 settembre 1943.

Pietra Ligure 29 agosto 1940. "Cara Maria abbiamo deciso di fare ritorno a Torino sabato sera".

9 settembre 1943.

Alba 4 gennaio 1944. "Proprio oggi ho ricevuto un telegramma che mi informa che la mia lettera è stata ricevuta. Amata  Maria è inutile che stia qui a descriverti il mio stato d'animo alla notizia della nuova incursione su Torino".

"Maria cara. Contavo di essere a Torino venerdì ma temo che non mi sarà possibile perché  quel giorno dovrà essere operato un mio ammalato".

Pasqua 1938. "Auguri vivissimi".

"Ho ricevuto in questo momento la tua attesissima lettera". 

"Ti mando tutti i miei baci".
"L'altro giorno senza volerlo sono stato tanto cattivo con te".



Alba 2 novembre 1943. "Il mio viaggio di ritorno sabato sera, Maria amata, è stato lungo, tanto lungo che pensavo non avesse più fine. Quando ti ho lasciata, una sensazione di abbandono, di solitudine, di desolata e sconfortante solitudine mi ha travolto ad un tratto e un nodo stretto stretto mi ha serrato la gola. Presagio forse di quello che dopo qualche giorno sarebbe accaduto?"


 Qualche anno fa, vivevo ancora con i miei genitori, e durante un trasloco, nella casa in cui saremmo andati ad abitare e io avrei vissuto per quattro anni prima di trasferirmi con il mio fidanzato nell'appartamento in cui abito adesso, ho trovato, tra mille altri oggetti di varia natura, anche una scatola di lettere, cartoline e biglietti.

In quella casa viveva e lavorava un medico, con la moglie. Quando entrambi sono morti la casa e lo studio sono rimasti sguarniti e messi in vendita dai nipoti, perché loro non avevano avuto figli. Quindi tra quelle mura, che in parte sono passate di proprietà della mia famiglia (proprio gli spazi dello studio di ricevimento medico) si trovavano incustodite molte cose di nessun valore economico, che i parenti non hanno mai chiesto di avere indietro. 

Così in quel momento mi è sembrato normale prendere quelle lettere e conservarle. Ricordo di averle lette quasi tutte in quei giorni anche se la calligrafia, come quella di tutti i medici, è spesso indecifrabile. Il periodo storico di questo epistolario parte dal 1938 e arriva agli anni Sessanta circa. Dentro, c'è una vita intera. C'è il grande e tenero amore che univa questa coppia, qualche dettaglio su un'adozione che non è mai avvenuta, qualche litigio e la guerra. Oggi, in questo giorno particolare ho voluto riprendere in mano quei materiali che stavano lì nella mia memoria come un immeritato tesoro.

Non ho mai saputo cosa farne, avevo provato a scriverci un racconto (uh, forse addirittura un'ambiziosa sceneggiatura per un documentario :) mandato a qualche concorso, ma forse nemmeno, non ricordo più. Poi ho semplicemente accantonato l'idea e ora rieccoli qui, Maria e lui, che non voglio nominare perché è l'autore di tutte queste parole, queste speranze, questi mille impegni che gli riempivano la vita, qualche volta gli facevano saltare i nervi, cadere nello sconforto, dormire poco, viaggiare troppo. 

Sullo sfondo c'è la mia città, Torino, ma c'è anche Alba dove lui deve aver vissuto e lavorato per un periodo, ci sono le montagne dove facevano un sacco di passeggiate, il mare, la Francia, i treni, le comunicazioni traballanti, gli incoraggiamenti nei momenti (molto) difficili, gli amici e i parenti, i bombardamenti, gli allarmi, le emergenze. Una piccola storia come tante che è capitata tra le mie mani. Ora che ho un blog posso finalmente farle riprendere respiro e metterla in circolazione, restituirle un po' di vita.

Ancora buon 25 aprile!

c\_/

martedì 24 aprile 2012

Buon 25 aprile!

Il vento che è un elemento così lucido, sembra la dimostrazione che non tutto era fermo sotto il cielo. Mi piacerebbe vivere in una città ventosa, come Trieste. Ma va bene anche il vento che ogni tanto arriva qui a Torino.

Quel vento di primavera.

E il vento per me ha la capacità di promettere il futuro, magari piccolo e bianco in lontananza, e di riportare il passato alla memoria. A volte i ricordi sembrano minacciosi come nubi, ma altre invece sono utili e felici. Uno dei regali più dolci per me è ricordare i libri letti con piacere. Non proprio piacere, con fame. 

La fame giovanile di sapere, di capire, di cambiare. Beppe Fenoglio per me ad esempio è stato questo. Alcuni anni fa. Per ricordarlo con brevi cenni, ecco un post che può essere utile, o almeno così spero. Qui

Auguro a chi passerà da queste parti un buon ventoso 25 aprile di festa.

c\_/





lunedì 23 aprile 2012

Nel Giappone delle donne.




Dopo aver letto Venivamo tutte per mare, mi è tornato in mente questo piccolo libro. Non è un romanzo, ma racconta storie come se lo fosse. 

E se le pagine di Julie Otsuka descrivevano le vite delle donne giapponesi immigrate in America all'inizio del Novecento, Nel Giappone delle donne fotografa quelle rimaste nella terra natale, qualche decennio dopo. 

L'autrice è Antonietta Pastore che ha vissuto per sedici anni in Giappone come visiting professor all'Università di Lingue Straniere di Osaka, insieme al marito e ha studiato Pedagogia a Ginevra e a Parigi. 

"In Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo, le componenti di una squadra femminile passano con estrema facilità da un atteggiamento pudico e bamboleggiante (...) a un'aggressiva determinazione. Tirando fuori una grinta da far invidia a un campione di boxe, le atlete spiccano salti da gazzelle, si buttano a terra, lanciano urla, dànno al pallone sventole tali da proiettarlo nel campo avversario con la potenza di un meteorite. E riportano immancabilmente la vittoria al termine di una partita che sembra una battaglia all'ultimo sangue. Dopo la quale ritrovano di colpo tutta la loro femminile modestia e s'inchinano graziosamente davanti all'allenatore - maschio - per ringraziarlo di averle portate a un tale livello di bravura".

Atsuko, Eriko, Makiko, Yoko e altre prendono forma in questi racconti sui grandi temi della vita: religione, famiglia, matrimonio, lavoro, mizu shōbai (il "commercio dell'acqua" ovvero locali in cui viene "favorita la prostituzione"), la terza età. Sono tutte donne appartenenti alla classe media, quella più accessibile all'autrice, ma non manca un capitolo dedicato alle classi sociali più povere, dalle operaie alle mogli dei pescatori.

Ci sono alcune peculiarità di queste donne, di questa cultura così complessa e controversa, che il libro esplora con uno sguardo scientifico ma anche tipico di chi, con quella cultura non sua, ci ha fatto i conti per un lungo periodo, dal momento che l'autrice lascia un po' di spazio anche a una sua narrazione personale ed emotiva.


興味深い 




Giornata della Terra, Mike e flower power.




Ieri era la Giornata Mondiale della Terra. Interessante questa cosa delle giornate mondiali, non saprei cosa pensarne, ma tutto sommato mi sembrano buone occasioni per parlare delle cose, buoni spunti per lo meno! 

Così sabato a Flash Papers su Radio Flash 97.6 ho letto questa quarta puntata di Mike dedicata ai fiori, una serie di storie raccontate dal microfono numero 4 della radio omonima. 

Una storia che riguarda i "fiori per bambini". 

Mike #4

Ciao sono Mike. Il microfono numero 4 di questa radio. Riassunto delle puntate precedenti: io non mi sono mai mosso di qui. MA ho tante storie da raccontare. Vi ho detto di Nicole e Abramo, il suonatore di fisarmonica. E di Dung, il ragazzo vietnamita che ha fondato un canile famosissimo in città.

Cosa vi racconto in questo sabato pomeriggio? In questo sabato di primavera in cui noi giovani microfoni sentiamo dai vostri sorrisi, dai vostri sguardi scintillanti che qualcosa nell’aria sta cambiando. Là fuori ci sono gli alberi, quelli che vedo tutti i giorni alla finestra, che si sono ricoperti di fiori rosa, sono nuvole di delicata bellezza. E anche se noi microfoni non cambiamo mai di un millimetro, semmai ci riscaldiamo un po’, ma poco, e comunque niente di paragonabile, comunque ne capiamo di stagioni, di cose belle, di impercettibili misteri e del potere dei fiori nella vita della gente.

E mentre sono qui che vi parlo di fiori, ecco che mi torna alla mente la storia che potrei raccontarvi oggi: quella del fioraio-inventore.

E dicci: cos’hai inventato Marcello?

Quel giorno il microfono 2 è partito diretto con la domanda.

Ho inventato le composizioni floreali e piantine per bambini!

Geniale! Raccontaci come hai fatto!

Una piccola parentesi necessaria: quel fioraio era un signore molto molto molto anziano. Avete presente quello del ragazzo dal kimono d’oro? Mi ha ricordato esattamente lui, anche se era italiano. Un signore curvo e magrolino, di poche parole. Riconosciuto come genio in diversi Paesi del mondo. L’inventore appunto dei fiori per bambini: avete presente cosa dico? Una cosa straordinaria per l’umanità, che ha cambiato il mondo del gioco, e il modo di giocare di almeno due generazioni! Anche un microfono come me rimane impressionato da certe cose.

Comunque ecco la sua storia.

Ero disperato. Seduto in riva al Po. Indeciso se addormentarmi lì per terra o farmi una nuotata con le pantegane, avete capito cosa intendo. La mia ragazza mi aveva lasciato. Ed ero senza lavoro. Il padrone di casa tra l’altro non aveva preso bene la notizia e mi avevano pure rubato la macchina. Oltre ai passanti del parco, non avevo neanche più un amico.

E quindi?

E quindi mi sono messo a fissare il vuoto. E in questo vuoto c’erano dei bambini che giocavano con dei fiori sull’erba. Era primavera. Così ho pensato che a loro piaceva molto quell’attività, ma erano lasciati soli, a se stessi, senza un metodo, una guida. Avevano bisogno di maestri. Di qualcuno che insegnasse loro come si compongono i fiori, ecco, qualcosa del genere. Vi ricordo che ero disperato, e poteva anche essere solo un mio delirio, eh. Però ecco. Sentivo che avrei potuto non so come aiutarli. Non so come, davvero. Però da quel momento mi sono alzato. Sono andato da tutti, e dico tutti sul serio, i fiorai della città a implorare un lavoro.

E il resto è storia… Dice il microfono 2. 
E il resto è flower-power. Dice il microfono 3 e mette la musica. 

venerdì 20 aprile 2012

Un mondo.



Contavo di non scrivere nulla fino a lunedì, forse dovrei occuparmi di faccende da sbrigare però. Oggi ho riaperto questo contenitore di latta e dentro c'era la mia collezione di biglie. In una, quella in centro blu e verde, se osservate bene, c'è disegnato il mondo. 

L'avevo già messo in un vecchio post, ma vi lascio questi 33 secondi di uno dei miei film preferiti di Kieslowski. Converrete tutti che la vita può essere tremenda, ma per istanti così in effetti vale la pena. 

Forse c'è un mondo dentro quella piccola sfera di cristallo.



giovedì 19 aprile 2012

Un tranquillo lungo week end di appuntamenti.


Buongiorno. c\_/ Con il primo caffè del mattino (vedi foto: quella lì è la mia serissima agenda!), mi accorgo di un po' di appuntamenti da raccontarvi! Spero vi incuriosiscano alcuni di questi argomenti ma soprattutto che vi interessi sapere di tutte le mie mirabolanti e appassionanti imprese torinesi! ;D

Questa sera c'è il quinto e per ora ultimo appuntamento - più cena di classe hehe - con #libroincorso alla libreria Linea451 - si parlerà delle varie e nuove forme di lettura: ebook, social network libreschi, lettura in libreria, meticciato culturale e tante altre belle cose. Qui. 



Sabato! Alla libreria Lupo Rosso, una bella presentazione del libro La lettura digitale e il web con  special guest Marta Traverso insieme a me a rappresentare Ledita. Incrociando Ledita per incastri di treni e orari :) Qui!

      
 Proseguono, sempre sabato, dalle 18 alle 19.30 le magiche avventure di Flash Papers: chiacchiere semiserie intorno a una tazzina di caffè. Su Radio Flash 97.6. Stay tuned!


E infine domenica sarò qui! 10 km di corsa e passa la paura. Decima edizione della Tutta Dritta: a Torino, da Piazza San Carlo alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. L'anno scorso ero un po' più allenata, ed è andata così. Spero di farcela... O.O




Se sopravvivo viva (sic.) a tutto questo, è una gran bella cosa. Anche perché mi piacerebbe poi raccontarvi tutto in lunghi e contemplativi e meditativi post hehe. Se capiterete da una di quelle parti, mi fa piacere. In ogni caso, grazie e buon week end in anticipo!!



martedì 17 aprile 2012

Tre fermate.


Torino. Sale la solita vecchietta col bastone sul pullman e quindi mi preparo ad alzarmi. Piccolina, capelli bianchissimi, giacchetta celeste da primavera, occhiali tondi, gonna nera. Mi sposto ma  mi mette una mano sull'avambraccio.

Vecchina: No no. Sto in piedi. Faccio solo tre fermate.
Io: Sicura?
Vecchina: Sì sì. Sono uscita per camminare!
Io: ...
Vecchina: Scendo in Piazza Statuto, poi vado a prendere il 71, poi torno a casa.
Io: Complimenti.
Vecchina: Non lo dica. Meglio non fare i complimenti, nessuno ci crede, anche se sono veri.
Io: ...
Vecchina: ...
Io: Oggi si sta bene.
Vecchina: Sì, davvero. 
Io: In aprile è così. Poi a maggio arriva il caldo.
Vecchina: Non sempre, una volta a maggio c'era stato un temporale improvviso. Così forte da spezzare la punta della Mole!
Io: Davvero? La Mole? Non lo sapevo!
Vecchina: Sì. Poi han ricostruito tutto. A me sembrano passati pochissimi anni. Ma è successo credo nel '54. Aspettavo la mia terza figlia.
Io: Compl_
Vecchina: Non so perché mi è venuto in mente proprio adesso questo ricordo. Della Mole.
Io: Chissà.
Vecchina: Non si ricordano cose per tutti quegli anni. Poi di colpo.
Io: Incredibile questa cosa della Mole.
Vecchina: E ne è passato di tempo. Sono diventata da poco bisnonna. Di un maschietto.
Io: Carino.
Vecchina: Sì. Ho festeggiato a settembre i novanta. Ho pensato: meglio adesso che sono lucida, che capisco tutto e riconosco tutti. Abbiamo fatto una festa bellissima all'aperto. In collina. 
Io: Che bello. Non le chiedo come si fa.
Vecchina: Ad arrivare alla mia età?
Io: Sì.
Vecchina: Le dico che i temporali, come quello che ha portato via un pezzo della Mole, passano. Tutto passa. 
Io: ...
Vecchina: Tutto. Passa. E la spensieratezza aiuta. 
Io: ...
Vecchina: Mi creda.





With Love and Squalor.




Mi sono sempre chiesta se sia una cosa solo mia o se succeda un po' a tutti. Comunque a me capita spesso, e con pervicacia, di perdere di vista le cose importanti. Ricordi, sensazioni, tutto. Per favorire la costante ricerca di qualcosa di nuovo, diverso da come sono, pensando che non vada mai bene come sono. Si è capito?

E poi arrivano persone, immagini, parole, libri, cieli, sguardi, può essere qualsiasi cosa, che, di colpo, con le loro peculiari qualità (e non parlo di talenti soltanto ma anche di modi di essere e guardare) che mi ricordano quelle cose dimenticate e che per me contavano. Senza saperlo, magari. Né volerlo, né ipotizzarlo. 

Questa strana cosa assomiglia a un arcobaleno dopo un temporale. Niente di più semplice, ma, ammettetelo, niente di più bello. Dunque mi è capitato ieri di leggere questo post su uno dei miei blog preferiti (ne ho parlato spesso hehe - ma questa volta, a differenza di altre - vedi tag "kind of magic" - non ci siamo messe affatto d'accordo). In cui compare l'illustrazione a un racconto così importante per me che, appunto, come volevasi dimostrare, me l'ero completamente e meravigliosamente scordato.

For Esmé - with Love and Squalor. 
Per Esmé - con amore e squallore.


Ne avevo sentito parlare chissà in quale occasione da Baricco e così, nell'anno glorioso 1995, quello dei miei 15 anni, e nel primo viaggio all'estero della mia vita, senza genitori, senza amici, con gli zii, impaurita da tutto tranne che dai libri, ho comprato questo piccolo volume di racconti.

Nine stories di J.D.Salinger  - Little, brown books.

 Il primo libro in una lingua che non era la mia. Salinger, l'America. Che per me sarebbe stata tanto significativa da studiarla e cercarla sui libri per tutti gli anni a venire. Il primo racconto letto in un mondo che non era il mio, letto con la gioia e con la disperazione di quell'età, letto con innocenza. Con amore e con squallore: non riesco a trovare due parole più giuste per quella sensazione. Questo libro ora è ingiallito, assomiglia alla materializzazione di un frammento di memoria, le pagine iniziano a scricchiolare un po', deve aver preso della pioggia. Ma tanta. 

It was raining even harder. 

Era di un bianco latte quando l'ho comprato. Profumava di cocco. E di Florida. E di grandi, grandissime speranze. E di promesse d'amore e squallore più grandi ancora. Mi ci aggrappavo come a una tavoletta in piscina, non sapendo nuotare nelle famose cose importanti senza appigli. E infine poi, come molte di quelle cose appunto, l'avevo messo lassù o laggiù in un angolo lontano. Via, basta, bisogna cambiare tutto. Ricambiare, cambiare ancora fino a che. Fino a cosa? Boh, non l'ho ancora capito, ma sono curiosa.

Comunque questo racconto è ambientato in aprile. L'aprile del 1944. E ci sono quei due personaggi piccoli  inglesi che vedete nel post che vi ho indicato ;) E c'è la voce narrante che è un uomo, americano. La storia racconta l'incontro di queste tre persone in una sala da tè. Tra l'altro, gran parte della storia prende vita proprio di fronte a tazze e tazzine. c\_/

C'è Esmé, una ragazzina, che dice all'uomo seduto solo al tavolo: "Usually, I'm not terribly gregarious," (...) "I purely came over because I thought you looked extremely lonely. You have an extremely sensitive face". I said she was right, that I had been feeling lonely, and that I was very glad she'd come over. "I'm training myself to be more compassionate. My aunt says I'm a terribly cold person".

(Esmé crede di essere una persona fredda).

I said I hadn't been employed at all, that I'd only been out of college a year but that I like to think of myself as a professional short-story writer. She nodded politely. "Published?" she asked. It was a familiar but always touchy question, and one of that I didn't answer just one, two, three. I started to explain how most editors in America were a bunch _.

Quindi il tizio è uno scrittore di racconti brevi. Che si scola litri di tè. Ne sono rimasta colpita. Come età, allora, ero ben più vicina a Esmé, tre anni più grande. Oggi sono più vicina allo scrittore di racconti brevi in cerca di editore. 

Ma cambiando i fattori, il risultato, per me, non cambia.

Se potete, leggetelo, in italiano è qui. 

c\_/

lunedì 16 aprile 2012

Cappello di lana rosso.


Cappello di lana rosso. Soprabito bianco. Occhi castani. In banca. Gianni ha il tono di voce alto e squillante di un bambino, di chi non ha ancora capito che qualcuno che ti ascolta c'è sempre, con tutti i rischi e i pericoli, e le strane possibilità che questo comporta.

Gianni: Mi si è rotta la bicicletta.
Impiegato: L'ennesima.
Gianni: Sì, ma come faccio adesso?
Impiegato: Non lo so. Come le altre volte?
Gianni: Alla mensa dei poveri?
Impiegato: Ma con i soldi della mamma, cosa ne hai fatto? Interventi di sussistenza? Come mangiare, l'affitto, vestiti? O altro?
Gianni: Sì.
Impiegato: Sicuro?
Gianni: No.
Impiegato: Torna dopo pranzo dai.
Gianni: Alla mensa dei poveri?
Impiegato: Per forza. Di panini te ne ho offerti troppi io. Non ce la faccio più.
Gianni: Ok.
Impiegato: Ma hai capito?
Gianni: Sì, che non devo sprecare i soldi che mi ha lasciato la mamma.
Impiegato: Esatto.
Gianni: Mio padre non mi parla più.
Impiegato: Esatto.

Gianni ha 46 anni. Gira nel freddo di aprile di Torino, con il suo cappello rosso. Faccia rotonda. Cerca aiuto in chiunque, non lo sa trovare nemmeno in se stesso, figuriamoci nel mondo, da nessuna parte, è inconsolabile. Ero lì che lo ascoltavo. Fingendo distrazione. Lo guardavo senza poterlo guardare davvero. Gli occhi di Gianni piantati sulla mia nuca. Quando non ci sono domande né risposte, e per lui è tutto un mistero. Piccole cose che Gianni impara sul momento. Che dimentica per sempre.

domenica 15 aprile 2012

Venivamo tutte per mare.




Non ho mai letto un libro così bello. Non "potente", non "giusto", non "importante", non solo almeno. Ma proprio bello. Nel senso della bellezza. 

Sulla quale scrittori, registi, pensatori, mistici, pittori, scultori e altri si interrogano da sempre. E adesso è arrivato anche questo romanzo di Julie Otsuka, Venivamo tutte per mare, Bollati Boringhieri ad aggiungere un tassello dorato nel mosaico dello splendore e dell'ingegno. 

Perché, oltre a rappresentare un vero documento storico - l'autrice infatti esplora* il fenomeno dell'immigrazione giapponese in America a inizio Novecento - il libro contiene in sé anche una prova di abilità di scrittura e di tecnica, di perfezione e miniatura. In una parola, leggerlo è come accorgersi di un prodigio naturale, come un alto picco innevato, ed esserne testimoni. Ho letto che è stato definito ipnotico e corale. Concordo. Non leggevo un libro così corale e ipnotico, credo, dall'Antologia di Spoon River

Corale perché la voce narrante è molteplice. Il soggetto è sempre "noi". Nello specifico, "noi ragazze giapponesi" trasferite, per mare, negli Stati Uniti, a incontrare futuri mariti mai visti prima.

Il Giappone, la sua cultura, per quel che ne so io, ha poteri, tra le tante altre cose, incantatori. 

(Digressione ultra-personale: qualcosa di giapponese, forse ve l'ho già raccontato, è entrato nel mio sangue, da goffa bambina cintura bianca "troppo alta per la sua età" a giovane donna cintura nera primo dan di aikido dagli otto ai ventitrè anni, che sembra un soffio, ma è stata un'impresa sotto ogni aspetto, comunque in modo indelebile. Qualcosa di importato, indecifrabile, inesatto ma decisivo per così dire e per il resto della mia vita. E quel qualcosa, nel parlare franto e quasi trasparente di queste voci io lo sento davvero, sulla pelle, nella memoria, nel cuore, nei muscoli, non lo so, chissà dove e perché, da qualche parte.)

E dunque dentro questa voce che parla si intagliano come scritte bianche nel vetro, ancora altre voci, quasi echi ancora più lontani ma che saltano su come i ricordi più netti, scritte in corsivo che letteralmente parlano e non so come spiegano meglio il concetto appena espresso dalla voce principale, che racconta tutto il tempo. 

In una parola, la voce narrante è la vita. La vita di quelle persone che racconta se stessa, guardata con gli occhi delle sue donne, il loro vociare, le loro meditazioni, i loro sogni, la loro paura, la preoccupazione, l'esasperazione, il sogno, l'ingenuità maledetta, tutto insieme, contemporaneamente. 

Perché in effetti c'è tutto: la ricerca di qualcosa di meglio. Il viaggio per andarlo a cercare. La disillusione. L'amore. I figli. Le disgrazie. Le sorprese. La guerra. I frutti della terra. L'abnegazione. L'abiezione. La sopraffazione. L'incomunicabilità. La tradizione. La servitù. Il soggiogamento. La distruzione del passato. Il ritorno del passato. E lunghi capelli lisci, pettinini di tartaruga, fragole, sangue, dolore, morte, dicerie, tradimenti, deportazioni, valigie, rughe, minuzie, cani, calli sulle mani, percosse, sguardi, incubi notturni, cieli azzurri, riso, carne, destini.

Tutti i destini di questa fetta di mondo semovente, piccolo, questo angolo di Storia che nelle parole di questa scrittrice si circoscrive in sussurri. 

E questo tutto, che potrebbe sembrare un enorme brusio sovraffollato, assomiglia invece a un panorama pieno di stelle differenti. Belle. Ed eterne.

"La prima parola della loro lingua che ci venne insegnata fu: 'acqua'. Gridala forte, ci dissero i nostri mariti, quando cominci a sentirti debole in mezzo ai campi. 'Impara questa parola', dissero, 'e ti salverai la vita' ".

"Non sapevamo leggere le loro riviste e i loro giornali. Fissavamo disperate i loro cartelli. Ricordo solo che cominciava con la lettera 'e'".

"Non lasciarti scoraggiare. Porta pazienza. Stai tranquilla. Ma intanto, ci dicevano i nostri mariti, per favore, lascia parlare me".  


c\_/


* nei ringraziamenti in fondo al libro trovate le sue fonti. 

venerdì 13 aprile 2012

Ieri sera e Miraggi!






Riassunto dei post precedenti :) 

Ieri sera a #libroincorso è stato interessante. Per chi volesse rivedere o ascoltare più o meno cosa è successo, lo streaming è qui. Però non fate caso ai miei gesticolamenti da speakers' corner (cit.). 

;)

Questo ciclo di incontri, giunto alla sua penultima tappa, per me è stato importante. Ho conosciuto nuove persone e imparato nuove cose. Semplice, ma vero. 

Tra le cose belle, posso di certo annoverare la scoperta di una casa editrice. Si chiama Miraggi. Ieri sera ho avuto la fortuna di sfogliare questo libro. Not Just Another Guide to London. E ora è qui con me! Come vedete nelle eloquenti immagini sopra.

Il bello di Miraggi, oltre proprio ai libri in sé ovviamente, è una notevole cura che traspare da tutto. Dall'Ufficio Stampa al progetto grafico in generale. C'è un garbo e una gentilezza, una personalità, con un po' di romanticismo d'altri tempi e sguardo fisso sulla contemporaneità. 

In particolare questa guida di Londra di Neri Paoloni è deliziosa. Completa, precisa, chiara. E, come dice il titolo, non è una semplice guida... (io al capitolo sul museo del caffè sono rimasta incantata).

Ora la leggo bene. In questo periodo avrei voglia di andare in giro per il mondo. Per il momento, sono ottime le guide e libri di viaggio. Un tempo non mi incuriosivano così tanto, oggi invece sì, e moltissimo. Meno male che si cambia! 

c\_/

mercoledì 11 aprile 2012

#libroincorso con #ledita :)

Domani, alle 19, alla Libreria Linea451 di Torino, in Via Santa Giulia, 40 prosegue il ciclo di incontri sul mondo dell'editoria: Il libro, lavori in corso. 

Su twitter: #libroincorso

Questa volta abbiamo ospiti per me molto speciali: Effe e Marco Giacomello di Ledita (a proposito: se fate un giretto sul sito scoprite nuovissimi articoli, approfondimenti, news e cose interessanti). Con loro, parleremo di editoria, web, lettura digitale, ebook, blog e tutto ciò che emergerà dalla chiacchierata intorno al tavolo rotondo (e molto suggestivo) della libreria. 

Se siete di Torino o passate da quelle parti, veniteci a trovare!!

Grazie.

c\_/


martedì 10 aprile 2012

Voce, Tabucchi, gita al lago etc. etc.


"La voce umana è un arcobaleno: una sfumatura impercettibile e, dal verde, si passa al viola, al giallo, all'arancione. Ogni lingua umana possiede la sua peculiare intonazione per rendere le emozioni che Diderot paragona ai colori dell'arcobaleno. Collera, tenerezza, angoscia, malinconia, seduzione, ironia: l'uomo esprime le sue emozioni con l'intonazione della voce".*


Vorrei una casa sull'albero, oppure un albero sulla casa. (Barone Rampante).

L'acqua è l'acqua (il Lago d'Orta).

Animaletti.

Una palma alla finestra.

Sediamoci lì!

Caffè americano. 



*  Antonio Tabucchi, Autobiografie altrui, Feltrinelli.