lunedì 30 settembre 2013

E per pranzo, immersioni marine.

Philip Hoare, Leviatano . ovvero la balena, Einaudi





Oggi alla Trattoria delle Parole racconterò di questo libro. E ascolteremo questa canzone. 

Hanno in comune un incidente. Un abisso. La ricerca della profondità più vera, l'emersione in superficie e il dolore. Una laconica malinconia e tanta bellezza, tanta dolcezza anche.

Buona lettura, buon ascolto e buon appetito :)

lunedì 23 settembre 2013

Siamo creature che devono adattarsi alla vita.


Jhumpa Lahiri, La moglie, Guanda

Ho ascoltato qualche sera fa questa scrittrice premio Pulitzer parlare con una voce sottile come una fogliolina d'oro al Circolo dei Lettori di Torino.

Ringrazio la casa editrice Guanda per avermi donato il libro e concesso di scambiare qualche parola con lei alla fine dell'incontro. Non ci siamo dette niente di particolare, ma ho osservato i suoi occhi.

Luminosi come monete nel buio, parlavano di uno stare al mondo altro.

Durante la presentazione, lei raccontava che questa storia ha sedimentato nella sua mente per sedici anni. Sedici anni. Mi pare un tempo infinito, per la gestazione di un romanzo. Nel frattempo ha lavorato, ha fatto altro, ha messo al mondo due bambini. Però. Sedici anni. Deve essere stata un'esperienza molto importante.

Mi chiedo sempre più spesso che senso abbiano le presentazioni di libri (oltre a tante altre cose, ma è giusto porsi domande di senso di tanto in tanto). Me lo chiedo come esordiente e me lo chiedo per ciò che concerne i grandi autori affermati del nostro tempo. 

Il senso è l'incontro. Guardare negli occhi, e sentire il suono di una voce. Oltre che, se siete donne o modaioli, guardare come sono vestite le persone per capire come va il mondo.

Ma nulla vale più di sentire la scrittrice raccontare di questi sedici anni di lavoro mentale sulla sua storia e poi affermare: 

"E adesso sono libera".

Scrivere, a qualsiasi livello, è una prigione. Essere abitati da storie e personaggi e immagini e luoghi e parole, è una prigione. Chiunque tu sia, in qualsiasi città sia nato, qualsiasi siano le tue condizioni economiche, sentimentali, lavorative, esistenziali: sei un prigioniero.

(Ecco perché, tra l'altro, nel sacro mondo delle Lettere se ne vedono di tutti i colori, la gente che scrive è sempre lì che soffre, si dibatte, si arrabbia, non si sa gestire, è sopraffatta e invasa, difficile conoscere scrittori sereni e spensierati, salvo quando invece la musica cambia e sono in un momento che sentono come felice, allora sono le migliori persone del mondo, si illuminano di immenso. Per restare nella metafora della galera: io ho visitato un carcere e ho visto davvero il peggio nei volti segnati, ma di contro è proprio lì che possono accadere atti sublimi di miracolo e redenzione).

Comunque se scrivi, bravo o meno che tu sia, non puoi fare altro che quello, incastri quello ovunque, te ne vergogni, ne sei fiero, sfidi le circostanze, soccombi, ma solo per rialzarti e raccontare cosa è successo relativamente alla storia che ha deciso di farsi raccontare da te.

Ecco a cosa servono le presentazioni: a osservare da vicino questi prigionieri, a sentire se e come sono riusciti a evadere seppure per brevissimo tempo. Perché, come ha detto Jhumpa quella sera, "la vita non è una cosa stabile, è in continua trasformazione. E noi siamo creature che devono adattarsi alla vita. Trovare un modo per ancorarsi. E c'è chi riesce a dare frutti, e chi invece si seppellisce nel fango".

Certe creature deponevano uova in grado di resistere alla stagione secca. Altre sopravvivevano seppellendosi nel fango, fingendosi morte, aspettando il ritorno della pioggia.

Così questa differenza di comportamenti sembra contraddistinguere tutto il libro, che è la storia parallela di due fratelli quasi gemelli: Subhash e Udayan; vicini di età ma diversissimi nelle scelte di vita, fino alle estreme conseguenze.

Siamo alla fine degli anni Sessanta quando avviene - nella realtà - una fatto di cronaca. Due ragazzi, fratelli, vengono fucilati in mezzo a una strada di fronte a un gruppo di persone attonite, a Calcutta in un sobborgo durante gli attentati e la repressione del movimento filomaoista che stavano funestando il Bengala in una sorta di Sessantotto indiano. Il fatto è accaduto di fronte al padre di Jhumpa che ne è stato testimone oculare. Nel romanzo, solo uno dei due fratelli subirà questa sorte, mentre l'altro prenderà una strada completamente diversa. Si divideranno, salvo poi ritrovarsi in un certo senso su un altro piano e per via della moglie di Udayan, Gauri, che dà il titolo al libro.

Una trama complessa e perfetta, che lascia poi tutto lo spazio a una introspezione di caratteri profondissima e a descrizioni naturalistiche molto incisive. La Natura in questo libro prende spazio fin dai primi momenti, e procede come un basso continuo per tutto il tempo.

E il Tempo è un altro protagonista di La moglie. Il tempo che, come sosteneva a ragione la scrittrice quella sera, passa ma non passa, quando si subisce una perdita o un trauma. Come se tutto si congelasse in quel momento, psicologicamente, anche se poi la Natura continua a segnalarci il suo avanzare, attraverso il susseguirsi delle stagioni. 

Se volete, oggi, alle 13, racconto di questo romanzo alla Trattoria delle Parole. E per i torinesi, se pranzate alla Vetreria, in Corso Regina Margherita 27, potete ascoltare e "vedere" la trasmissione in diretta e interagire amabilmente con noi! P.s. Si mangia benissimo e il locale è fantastico, vi sorprenderà, ci sono un sacco di piante e un'atmosfera gentile e rilassata. 

Jhumpa Lahiri al Circolo dei Lettori.

mercoledì 18 settembre 2013

Ri-creare. Un pomeriggio alla Fondazione Paideia.


Un caffè alla FONDAZIONE PAIDEIA. 
"Perché la vita vera è un aperitivo con gli amici in Piazza Vittorio"!

Ieri è stata una giornata particolarmente importante per me. Comunque non so voi ma la vita a volte è un adorabile, bellissimo, emozionante caos totale!? Per me tutto ciò è disarmante. Vero? Anche per voi? Cose incredibili.

Tra cui scoprire di essere affetta da: discalculia! Che fortuna! E comunque la discalculia è la risposta a tutti noi che per anni non capivamo i resti nei negozi. Ho perso anche un lavoro presso un gelataio a causa della mia discalculia... davo più soldi di resto di quanto ne spettassero al cliente, ma questa è proprio un'altra storia!

Tra le cose belle, invece, me ne è capitata in verità una più bella e felice delle altre: ho trascorso un pomeriggio alla Fondazione Paideia, in Via San Francesco D'Assisi 44 a Torino, in compagnia del suo direttore, Fabrizio Serra.

Eccolo qui sotto* impegnato in una dotta seduta informativa.

La vita vera. 

La chiacchierata con Fabrizio è stata informale, ci tenevo fortemente a conoscerlo e a informarmi bene sulle attività di Paideia dopo il bellissimo incontro relativo a #mettoallasta!

(a proposito accorrete numerosi il 29 settembre al Teatro Carignano di Torino, se potete, info qui!). 

Quindi anche questo post lo sarà. Ecco alcune cose che mi hanno colpita...

1) I sibling: uno dei principali focus della Fondazione riguarda loro, i fratellini "sani" di bimbi con disabilità. Questi bambini sono speciali, si sentono, senza recriminazioni, semplicemente responsabili per il dolore dei fratelli. Portatori di un destino ineluttabile. Meritano per questo molte attenzioni, e la Fondazione si occupa proprio del loro benessere, del loro stare al mondo. Attraverso numerosi percorsi formativi e di svago.

2) Ri-creare. Dunque dunque, a chi interessa saperlo dico che mia nonna è stata adottata. Erano i lontani anni Venti, quando affidi e adozioni internazionali non c'erano nemmeno, o se ne sapeva ben poco. Penso che se non esistesse un sistema di vita "allargato", di ampio respiro; un concetto di famiglia in senso lato, non preconfezionato, non solo di sangue ma di cuore e di spirito e di mente e di anima, una pasta e una matrice che ci accomuna tutti, e ci salva, io ora non sarei qui, su questa terra. Invece la famiglia è un amore incondizionato, senza confini. Per questa ragione credo nella mia vita sono sempre entrata in contatto con istanze relative a forme di famiglie non-convenzionali. Mi affascina, fa parte di me! E Paideia si occupa proprio di questo: famiglie particolari, prevalentemente con bimbi con disabilità, ma se date un'occhiata al sito trovate tutti i progetti in corso. E si occupa di ri-creare quel qualcosa, quel senso di famiglia, di benessere, che qualche volta non ci viene dato per nascita.

2) La parte sana. Perché poi la vita vera, alla fin fine, è un aperitivo con gli amici in Piazza Vittorio... come si diceva all'inizio. Quello che mi piace di questa Fondazione è che ha interesse nel bello della vita. Chi è colpito da difficoltà, infatti, smette di sentirsi autorizzato a vivere, a essere felice, anche solo a un aperitivo da 5 euro. Ti sembra troppo, non fa per me. Chi ha avuto qualche difficoltà in famiglia, lo sa benissimo. Il divertimento, il gioco, addirittura l'amore, non fa per te. E invece no. Paideia lavora su questo. Invece c'è qualcuno che si prende la briga di stanarti e di dirti: guarda che tutto questo fa anche per te. La piazza, la città, il mare, l'amore, la gioia e il piacere è di tutti, e per tutti. 

3) No terapia, ma vita. Ecco che questo concetto prende forma attraverso i valori più gioiosi e benefici dell'esistere. Le vacanze, l'amicizia, le gite, i colori e i giochi. Perché il segreto è la disponibilità all'incontro. Prendersi un caffè insieme. Scherzare. Incontrare, e lasciarsi incontrare. Rendersi disponibili al diritto di fare esperienze totalmente belle. Immaginate qualcosa di più giusto?Io no!

4) Amici very special per Paideia. "L'onore dell'attenzione" e una "pedagogia del bello": Guardate qui, e qui, non aggiungo altro!! Proverete emozioni molto forti, molto belle!


*Fabrizio Serra.

Fabrizio Serra: canestro!

Ah, mia nonna sarebbe fiera di questa posa vintage!

Che fine ha fatto la mia pallina?

Un bellissimo dipinto dell'albero di Paideia

Alberi. Ho fatto un piccolo tour.

Immagini di vacanze.

Bellissime!

Foto di gruppo.

Questa è una delle salette in cui vengono accolte le famiglie in Paideia.

Una spaziosa sala riunioni e incontri e cose belle in tutti i sensi.

lunedì 16 settembre 2013

La Trattoria Delle Parole (e Charlot...)!




Tra poche ore, alle 13, siete tutti invitati a pranzo alla Vetreria di Torino, perché comincia un nuovissimo programma radiofonico su Radio Banda Larga.

Siamo in tre: Fabio Mendo Mendolicchio, che è un noto e prestigioso chef, nonché editore di Miraggi, nonché dj, Sparajurij che dismette le vesti di serissimo intellettuale per trasformarsi in serissimo agente matrimoniale letterario (sic.) e ci sono io che racconterò dei fatti miei, ma soprattutto, al momento del caffè, vi dirò del libro che sto leggendo. 

Che al momento è quello qui sotto, un capolavoro.

Sì, perché alla Trattoria Delle Parole si mangia veramente. Cioè noi mangiamo, sentirete le forchette, i bicchieri e i coltelli e il pane che si spezza. 

Una trasmissione nutriente da ogni punto di vista, dunque.

Quindi se passate da quelle parti: occhio che come minimo sarete coinvolti in brindisi, scherzetti, frizzi e lazzi di ogni sorta.

Per tutti gli altri, potete ascoltarci, live, qui!

(E per chi non può alle 13, replica alle 23 di oggi...).

Baci & abbracci con tanto affetto!

E buona settimana.

Ah, oggi avremo già il primo ospite speciale in diretta... stay tuned!

venerdì 13 settembre 2013

Taccuino di caffè.

Quindi tornando alle care abitudini di una volta, ecco il mio taccuino sullo scintillante mondo dell'editoria universale, only for your eyes, my dear friends.

Vai con le notizie!

1) Digitalize! La biblioteca dell'Università di Princeton ha digitalizzato il manoscritto originale di This Side of Paradise. Carino, no? Per ulteriori info, cliccate qui.

2) DFW Come molti sanno, ieri ricorrevano i cinque anni dalla scomparsa di David Foster Wallace. Rimando a uno dei miei punti di riferimento in proposito, in rete, che è l'omonimo archivio, qui. "Come mai la verità non solo non è interessante ma è anche anti-interessante?". Qualsiasi cosa significhi, questa è la mia frase preferita di Infinite Jest.

3) L'eroe discreto. Questo è un titolo di grande valore. Uscirà in Italia il 5 novembre per @Einaudieditore, è il primo romanzo di Vargas Llosa dopo il Nobel. Sarà una strana storia, di gente che non tollera i ricatti e altre cose ambientato in Perù. Qualche info qui. 
 
Tanti cari saluti a tutti allora, e buon week end!

Musica per tutto questo? A cold and a very very broken Hallelujah!







mercoledì 11 settembre 2013

La bellezza delle cose fragili.



Taiye Selasi, La bellezza delle cose fragili, Einaudi



Pensate a qualcosa di fragile. A me viene in mente il cuore umano. E di bello.

E questo libro parte così. Con una morte, e con una bellezza inconsueta, rarefatta, nuova, nuova, nuova. Strana, trasparente. Di quelle scritture che ti fanno venire voglia di starci insieme in un posto riservato, per un po' di tempo, per conoscerle bene, per capire come potrebbe evolversi la letteratura.

Taiye Selasi è già considerata un po' la next big thing, infatti, della letteratura mondiale. Ha inventato la parola #afropolitan, a indicare le sue molteplici origini e influenze che compongono la sua sfaccettata identità, onore al merito; ed è bellissima, una persona davvero incantevole e gentile. 

L'ho ascoltata proprio ieri sera dialogare con il diafano, fragile e bell'Andrea Canobbio, tra i miei scrittori preferiti, e insieme a un certo punto parevano due inglesi. L'una lo è di nascita, l'altro lo è nelle ironiche maniere sobrie. Era una meraviglia, vedere e sentire queste due creature alte, di fatto e di spirito, dialogare appassionatamente di un romanzo che io ho appena cominciato e già mi piace.

Ringrazio l'editore Einaudi che me ne ha fatto dono.

Chi ama gli elenchi e il coraggio, qui li trova entrambi, fin dalle prime pagine. Trovate elenchi di cose, di cose belle e fragili. E trovate due tipologie di donne agli antipodi. Trovate una famiglia, un dramma, un errore e alcuni bambini. 

Questa scrittrice mi ha colpita molto. Ha la mia età. E ho sentito, a dispetto di ogni apparenza, molto vicinanza generazionale. E poi, ci siamo chieste la stessa cosa. Cioè, quando quelli hanno tirato le banane al ministro Kyenge, si è domandata come abbiano fatto, come è andata, si è immaginata questi che vanno al mercato a comprare le banane. Ed è lo stessissimo pensiero che ho avuto io. 

Come si fa? "Tre banane, grazie. Da tirare in testa al ministro. Ben gentile. Quanto fa?" Così, semplicemente, viene da domandarsi, al grado zero, come siano possibili certi comportamenti umani, diceva lei. Secondo me, se iniziassimo a chiedercelo tutti, in quanto #mondopolitan, vivremmo in un posto diverso, più normale. Viviamo invece nell'assurdo. 

Anzi, loro vivono nell'assurdo. E noi, con fragilità, cercando la bellezza, proviamo a guardarlo con occhi del tutto nuovi, innocenti, serissimi, come quelli di Taiye Selasi.

Sono molto curiosa di finire il libro e dei suoi prossimi lavori.

Buona lettura!



:)



venerdì 6 settembre 2013

Un piccolo desiderio.

#mettoallasta


Eccomi qua!

I primi oggetti...

Ecco il mio :) è l'oggetto numero #8, ci tenevo perché sono nata l'8/8/1980, vivo al civico 88 e, giuro, il ginecologo che mi ha fatta nascere si chiamava dott. OTTONE. E questi sono alcuni degli 8 della mia vita. Tutte le cose importanti che mi capitano hanno almeno un 8 da qualche parte. Quella di ieri sera è stata una cosa importante...

Il punto di questa divertente asta benefica è la scelta (il valore della scelta, che è anche il tema di Torino Spiritualità di questa edizione). Così ho pensato. Questa estate ho compiuto 33 anni. Che, come mi ha fatto notare qualcuno, è pure un 8 rovesciato! Ricordo ancora i 33 anni dei miei genitori, mi sembravano molto grandi. Ho capito che è un'età importante. L'altra cosa che ho capito è questa: se invecchiare è un processo fisiologico, che ci coinvolge tutti in uguale maniera, diventare adulti è invece una scelta. Una scelta precisa, una presa di posizione. C'è chi sceglie prima, chi dopo, chi mai... Ieri, con l'occasione di questa asta, ho deciso di diventare adulta ufficialmente e davanti a tutti (hei c'era anche la RAI, altra cosa che dirò ai miei nipotini: "sapete, ragazzi, che nonna è diventata adulta davanti alle telecamere del TG3 Piemonte??, o qualcosa del genere...) lasciando un oggetto - un libro - che ha rappresentato i miei 20 anni. Nel lasciare andare la prima giovinezza, però, ho scelto anche, in un certo senso, di riappropriarmene. Di andare ad attingere a quella fonte di freschezza, stupore, tenerezza che caratterizzava i 20, traghettandone le parti belle nei 30. E ho deciso di lasciar andare invece tutto il difficile di quella età: la paura, i tremori, le incertezze.

Il Circolo dei Lettori.

Matteo Caccia con Luca Ragagnin.

 Fabrizio Vespa.

Matteo Caccia con Giusi Marchetta.

Al mio turno, ho dimenticato di chiedere di farmi una foto col tablet :) Amen. Lui, se non l'avevate capito, è Matteo Caccia!

Fabrizio Serra, direttore della Fondazione Paideia.


Di quest'ultima fotografia mi preme specificare lo scopo bellissimo di tutto ciò: il ricavato dell'asta, che si terrà al Teatro Carignano il 29 settembre (lo dico: io punterò a quella radiolina!!!), sarà interamente devoluto alla Fondazione Paideia. Di cui vi racconterò spero presto. 

La Fondazione utilizzerà questo denaro per esaudire il desiderio di dieci bambini.

Un piccolo desiderio. 

Non riesco, sinceramente, a immaginare niente di più giusto, e di più utile.

Spero parteciperete in tanti...

giovedì 5 settembre 2013

#mettoallasta

#mettoallasta
(photo di Torino Spiritualità

Francesco Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura, Einaudi
(Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti)


Da ragazzina ero ossessionata dagli oggetti. 

Forse perché sentivo una qualche affinità con Guido Gozzano dal momento che proveniamo entrambi dalle stesse ridenti lande canavesane e più volte nell'infanzia avevo visitato la sua casa ad Agliè, proprio di fianco al mio paesello paterno, che si chiama Cuceglio, notando in effetti una certa quantità di piccole cose tutte inventariate e allineate con magica, impressionante precisione. 

Ero così ossessionata dagli oggetti che ci avevo scritto la tesina della maturità, utilizzando come fonte anche quel libro lì nella foto. Avevo scritto della reificazione e le merci in Marx, delle epiphany di Joyce, dei corpi celesti e di tante altre cose sapientemente collegate tra loro, ero un genio e una raffinatissima intellettuale, a diciotto anni, ci tengo molto a specificarlo! 

In quella foto vedete tante piccole cose, alcune di pessimo gusto di gozzaniana memoria, altre invece di grande valore affettivo e inestimabile pregio, tutte mescolate insieme. Ero anche una grande fan del postmoderno!

I miei cassetti sono più o meno così, io sono di quelle persone che per poco non sono capitate in quell'agghiacciante programma di Real Time sulla gente che non riesce a gettare via le robe, e ne rimane sepolta viva. Fortunatamente, al provino mi hanno scartata perché ogni tanto prendo le cose che non mi servono più e le butto o le vendo o le regalo ;) 

Certo, non avevo mai pensato, quelle cose, di metterle all'asta...

 E invece questa sera avrò l'opportunità di farlo.

Alle 18, al Circolo dei Lettori di Torino, prenderò parte anche io a questa meravigliosa iniziativa di Torino Spiritualità, tutte le informazioni, qui

Questa sera comincia ufficialmente la raccolta degli oggetti di cui vogliamo liberarci, perché appartengono al passato. Ma che in qualche maniera ancora amiamo, e quindi vogliamo che prendano vita in altre mani.

#mettoallasta sarà quindi un momento emozionante, in cui ciascuno di noi lascerà il proprio oggetto, consegnandolo in un certo senso all'Universo. 

Il 29 settembre, in seguito alla raccolta che avverrà nei giorni successivi (e che è già cominciata con sede al Circolo, dove tutti possiamo portare la nostra cosa), ci sarà poi la serata finale, condotta da Matteo Caccia. Una vera e propria asta, il cui ricavato sarà tutto devoluto alla Fondazione Paideia.

A me sembra un'idea bellissima. Partecipo con gioia. Per me questo è un momento di grandissimi cambiamenti, tra poco traslocherò e mi serviranno poche cose, come sanno tutti i traslocatori, cose che hanno un valore, preziose, utili e molto ben selezionate. Questa è un'importante sfida, e sono curiosa e contenta di affrontarla! 

Quindi mi sento la persona giusta al momento giusto nel posto giusto. Spero che anche per voi sia così. E che ci vedremo in tanti questa sera, per salutare il passato, divertirci nel presente e accogliere insieme il futuro...

p.s. Il libro che metto all'asta non è quello della foto!





martedì 3 settembre 2013

Incontro con Jonathan Coe a Milano.



Incontro di Jonathan Coe (accanto a lui, la bravissima interprete Maria Pia Falcone) con i blogger di Critica LetterariaContornidinoir, Sul Romanzo, Wuz, Libreriamo, Booksblog, Linkiesta, Vanity Fair. Quanto a me, sono quella col cerchietto! (photo di @feltrinellied).




Ma prima di tutto questo, ho fatto Coe-lazione (!) al Caffè Armani, subito all'uscita della metro alla fermata Montenapoleone. Perché a un certo punto del romanzo, a pagina 231, c'è un personaggio che dice: "Sì, prenoto all'Astoria Hotel, una delle suite per la luna di miele, davvero, e mi faccio un bagno caldo, ordino caviale e champagne con il servizio in camera, e per alcune ore vivo... come una principessa." Un tizio le risponde: "Come una principessa... sembra meraviglioso. (...) Ed è tutta sola mentre lo fa?". "Sì, tutta sola". E dice anche: "Ma personalmente, penso che un po' di lusso non sia fuori luogo ogni tanto". Quindi con poco più di tre euro, tutta sola, ho potuto sperimentare come ci si sente a essere una principessa milanese. Devo dire che è particolarmente bello. Non contenta, ci sono tornata nel pomeriggio, per un altro caffè, con la mia amica Gloria Ghioni! 


Via Andegari. La storica sede della Feltrinelli.


Un raggio di sole trafigge la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli..


Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. 


Leone. 


Expo 58 Expo 58 Expo 58


Entriamo in fila indiana per incontrare Jonathan Coe.


Eccolo! 

Dunque dunque, quello è l'Atomium. Un monumento in acciaio che rappresenta un cristallo di ferro. A me piace tantissimo. Ed è al centro delle avventure di questo romanzo molto divertente che, neanche a dirlo, è riuscito però anche a strapparmi una lacrima sul finale. Ma ci si può commuovere per una spy story comica ambientata nella Esposizione Universale di Bruxelles del 1958? Comunque, ci siamo seduti in cerchio e abbiamo rivolto a turno una domanda allo scrittore. Ci sono state domande molto interessanti e utili. La mia riguardava la ricerca dell'identità. A pagina 211, c'è un personaggio che dice (ah, è la stessa principessa di prima!): "Inoltre, talvolta non conosciamo fino in fondo la nostra natura. Non sappiamo bene chi siamo, finché non sopravviene una nuova circostanza a rivelarcelo". Quanto è vero. Ho domandato se il fatto che la mamma del protagonista inglese - il simpaticone tontolone Thomas - fosse belga, avesse un'attinenza con lo svolgersi degli eventi proprio in quella terra. Come se il personaggio, per "trovare se stesso", avesse attinto per un caso della vita alle origini materne. Ho chiesto se fosse una scelta precisa, o una coincidenza significativa. A quel punto, mi pare che Jonathan Coe abbia apprezzato la domanda, perché ha detto che proprio tutta la sua produzione letteraria riguarda questa ricerca, e, per quanto può esserlo il duca di Prunes (controllate qui, è vero, lo dice Wikipedia!), mi sembrava felice. Ha iniziato a battermi il cuore fortissimo, davvero, in quel momento. Perché non c'è niente di più emozionante, nella vita, che capire una persona. Capire cosa ha voluto dire con i suoi gesti, in questo caso con i libri. E sentire risuonare quel messaggio dentro di te. Al che, finito l'incontro e dopo la foto di gruppo rituale, mi sono avvicinata a fare due parole con lui! 





"To Noemi and her Little cup of coffee". Questa dedica amici miei la dedico a voi che leggete questo blog ;) Senza i quali la mia vita non avrebbe alcun senso! Ciò detto. A quel punto Jonathan mi ha fatto la profezia. Non sto scherzando, ho testimoni oculari... Gli ho detto che per uno strano caso della vita, anche io avevo scritto un romanzo che aveva a che fare con la bomba atomica (Expo 58 racconta di energia, nucleare ma anche mentale, secondo me). E, dal momento che Coe è uno scrittore ironico - come molti di voi sapranno poiché è tra i più letti e amati del mondo - i suoi romanzi sono costellati di humour inglese ovunque e aveva da poco anche partecipato a un incontro a Sarzana al Festival della Mente proprio su questo argomento; abbandonata ogni remora, gli ho addirittura confidato che sto scrivendo una storia in cui il protagonista è proprio un comico. Che non so dove mi porterà, ma che per me è molto importante. A quel punto lui ha detto: "bene, allora tra cinque anni ci sarai tu al posto mio, circondata dai blogger che ti fanno le domande". 

Quindi ho pensato: poiché tra cinque anni sono miliardaria...

Perché non portarsi avanti col lavoro e fare shopping guardare le vetrine di Galleria Vittorio Emanuele II (che pure era un sabaudo?)?



Se non che poi sono stata coinvolta in un incredibile rito tribale milanese!!

Duomo.


Made with Love. Questo è uno dei miei posticini preferiti di Milano, California Bakery, dove mi piace rifugiarmi a bere tè e telefonare.