venerdì 31 gennaio 2014

Ieri, ovvero del parlare con il cuore aperto.










Dicono che le coincidenze non esistano. Come non esiste il caso. Né la fortuna. Ma dicono - di contro - anche che siano proprio queste tre furbissime entità a dettare la gran parte delle evoluzioni della nostra altrimenti enigmatica esistenza. Certe altre volte accade dunque che un incrocio volontario e insieme fortuito di circostanze ci faccia capire che, proprio tra le trame del caso, si nascondono i tasselli per comporre un percorso sensato, di valore, e una storia da raccontare. 

A me è successo qualcosa in queste ultime settimane.

Sono settimane in cui mi è toccato (o l'ho scelto?) di starmene tanto in silenzio, e da sola. 

Mi correggo: passo la gran parte delle mie giornate a dire il vero in compagnia di persone diverse, a parlare e sentire discorsi per la gran parte del tempo. Ma è la sera il momento in cui rimango da sola, senza tv o altre distrazioni. E ascolto il silenzio, il silenzio del mio nuovo quartiere dove non passano le auto, ma suonano le campane. Il silenzio del mio cuore, il silenzio che mi sono scelta e che la vita (il destino?) ha deciso di regalarmi, o per lo meno di affidarmi in prova, per vedere cosa succede a starsene per conto proprio per molte ore di fila, senza segnare la fine, e scendere in profondità nel. Nelle. Non so. Non so dove, ma dico che mi piace, e che sto imparando tante cose. 

Ed è stato così che a un certo punto mi è tornato in mente, di colpo e dal nulla, un racconto che avevo letto tanto tempo fa. Che si intitola proprio Ascoltare il silenzio. Un racconto meraviglioso, breve, struggente ed emozionante. Scritto da Laila Wadia e contenuto nella raccolta di racconti Lingua Madre (Edizioni Seb27), edizione 2012.

Ora, non so se voi sapete che conduco insieme a due amici tutte le settimane una trasmissione radiofonica che si chiama La Trattoria delle Parole? Comunque ho pensato allora, dal momento che in questa trasmissione si parla anche di libri (oltre che di altre amenità molto buone e nutrienti), due puntate fa, di raccontare proprio di quel libro. 

Pochi giorni dopo, come leggete nell'ultimo post, ho poi avuto l'opportunità di fare la madrina proprio al concorso relativo alle tesi di laurea scritte su Lingua Madre. Un premio che, se per un astruso caso non conoscete ancora, vi dico che riguarda racconti scritti da donne straniere in Italia, che è giunto alla sua decima edizione e che è molto prestigioso.

Quindi dovevo andare a questa premiazione e fare da madrina alla giovane tesista Lediona Nano, che è di origini albanesi e vive in Veneto. Una responsabilità non indifferente. E dovevo pur dire qualcosa di intelligente di umano.

Ora, se voi magari sapete anche che qualche tempo fa ho scritto (e avuto la fortuna di pubblicare) un romanzo che si intitola Il metodo della bomba atomica, forse siete a conoscenza allora del mio interesse per il cuore. Di diritto tra i protagonisti assoluti del libro. 

Sia come muscolo (ovvero mi incuriosisce il suo astruso funzionamento, la sua bizzarra forma, le sue funzioni) sia anche come simbolo. Ovvero: come il muscolo reagisce alle emozioni, segnalandole alle persone con accelerazioni, aritmie e altre cose strane. Fino alle più estreme, sconvolgenti conseguenze. Il mal di cuore, il cuore a pezzi. Senza contare che l'apparato cardiocircolatorio è proprio il tallone d'Achille della mia famiglia: curiosamente sia da parte di padre che di madre. 

Di madre, a proposito. Siccome sono stata chiamata a tenere a battesimo una giovane tesista che ha riflettuto sull'omonimo concorso, ho capito a un certo punto che sarebbe stato opportuno, forse giusto, fare riferimento alla mia, di "lingua madre".

Ed è così che ho capito che sarebbe stato anche il momento perfetto per aprire il mio cuore. 

Non in senso bieco, ma in senso letterale. E non per spezzarlo agli altri, ma per poi richiuderlo ad arte, con il balsamo delle parole e dell'ascolto silenzioso. Anzi non chiuderlo, proteggerlo. Ricucirlo e fornirgli i documenti di viaggio per trovare un posto vero, il proprio posto. C'è da dire che è una ricerca continua, un viaggio senza fine, ma non privo di tappe talvolta molto confortevoli.

E così è stato ieri. Tra l'altro, è andata così bene che mi sono chiesta se sista un altro modo, in certe circostanze, di parlare, se non in quel modo. La risposta è no. 

Ho spiegato quindi che le scrittrici di Lingua Madre mi colpiscono, e commuovono, perché io sono "una di loro". Dentro di me infatti scorrono due tipi di sangue, e pulsano due tipi di cuore molto diversi, quello piemontese e quello siciliano. 

Esplorando nella memoria il linguaggio di mia madre, ho raccontato la mia storia. 

E, per citare Mariangela Lando che ha seguito Lediona nel suo lavoro di tesi, ho detto del mio "desiderio di identità". Un desiderio profondo. Che è lo stesso di ogni singola autrice.

Ma perché ho scritto tutte queste cose? Per dire che affrontare questo appuntamento con autenticità è stato un esperimento ben riuscito, spero sarà utile anche ad altri. E poi che "non finisce qui". Il mio viaggio a bordo di Lingua Madre, appena e così felicemente cominciato, non si interrompe qui, e vi racconterò in futuro cosa accadrà. 

Per il momento, non posso che esprimere gratitudine e stupore per un pezzetto di destino che mi si è rivelato in questi giorni. Il mio cuore adesso è contento. Lì nascosto nel suo segreto, silenzioso e tranquillo. 

Che ne è del vostro? Fatemi sapere. Nel mentre, buone letture!

Le fotografie sono di Paola Marchi.


mercoledì 29 gennaio 2014

Lingua Madr(ina).




Il Concorso letterario nazionale Lingua Madre è un progetto permanente della Regione Piemonte e del Salone internazionale del Libro di Torino. Insieme alle Biblioteche civiche torinesi, il Concorso ha promosso un'iniziativa molto valorosa: un premio per tesi di laurea che abbiano come oggetto di ricerca proprio il Concorso Lingua Madre stesso.

La vincitrice di questa edizione è la giovane studentessa Lediona Nano, la sua tesi si intitola:

Letteratura migrante: Concorso Lingua Madre e autrici di lingua spagnola in Italia.

A questa premiazione, che si terrà domani mattina al Torino, alle 11.30 presso la Biblioteca Civica Centrale, parteciperò anche io: in veste di madrina. Saranno presenti importanti personalità cittadine, per me è una bella emozione.

Spero di essere all'altezza di questo incarico di responsabilità così grande.  

Per dire, l'anno scorso al mio posto c'era Margherita Oggero...

Per tutte le info, e il comunicato stampa scaricabile, cliccare please qui.

Ci sarà un servizio fotografico, a testimoniare l'appuntamento, vi terrò dunque aggiornati.

Intanto, buone letture ed esperienze.

martedì 28 gennaio 2014

Taccuino-di-caffè




Ormai, leggere quotidianamente gli "status" di Facebook altrui è pratica comune, e consolidata.

Con ogni probabilità, la maggior parte di noi assimila una quantità maggiore di tali esternazioni rispetto agli articoli di giornale, alle pagine dei libri, addirittura alle mail.

A me capita di perdermi in questo labirinto di frasi, pensieri, stati d'animo: è difficile trovare un criterio di scelta, e arginare la proliferazione di parole.

Di tanto in tanto, però, qualcosa o qualcuno mi colpisce più di altri. L'ultimo status a catturare la mia attenzione è stato questo, dello scrittore Fabio Geda:

Pensavo, l'altro giorno, che ho impiegato quarant'anni a capire che i racconti mi piacciono quanto i romanzi. Ma alla fine l'ho capito. E ora, be', ora ho un mondo intero di racconti mai letti che mi aspetta; improvvisamente mi sento come avessi quindici anni e avessi appena scoperto i Pink Floyd #megliotardichemai

 Mi ha colpito perché anche per me è un po' così. Non che non leggessi racconti, prima. Ma solo di recente - con ogni probabilità anche dopo lo sprone del premio Nobel 2013 per la Letteratura conferito all'amatissima (da me come da tanti) Alice Munro, suprema genitrice di splendidi racconti - ho capito che non solo i medesimi mi piacciono, cosa che sapevo già. Ma che mi piacciono almeno quanto i romanzi. Proprio come scrive Geda. Il che è diverso. Che è una scoperta, anche interiore, una piccola epifania da lettrice che mi ha fatto riflettere. Ed entusiasmare. E aprire nuove porte.

Contenstualmente, forse potete immaginare che, avendo un blog di libri e affini amenità, si ricevano segnalazioni (di libri e altrettante amenità) con una certa (impressionante e crescente a dire il vero) frequenza. A me questa cosa piace, e al contempo è fonte di meditazioni.

Ricevo decine di segnalazioni al giorno, se si esclude l'invio spontaneo di manoscritti. 

(Ne approfitto però per ricordare che non sono una casa editrice, né la redazione di un giornale, né un'azienda).

Il criterio di scelta dei post da scrivere è quindi la qualità, naturalmente. La qualità che personalmente posso ravvedere nelle segnalazioni a me rivolte. 

Ma non solo. Sono pur sempre una persona, singola e sola. E faccio fronte, senza compenso alcuno, a questa miriade (credetemi non esagero) di invii, spedizioni, comunicati stampa, lettere, confessioni, richieste di lavoro (sic!), speranze, sogni, paure e sfoghi di ogni genere etc. Faccio del mio meglio per rispondere a tutti. Con tempi e modi compatibili con la mia vita.

E insomma, per mettere insieme dialetticamente la prima parte del discorso (hei mi piacciono i racconti tanto quanto i romanzi!) con la seconda (hei ho centomila segnalazioni e mi sento perennemente, tragicamente in colpa verso l'universo intero...) ho deciso di adottare un criterio semplice, il più semplice, umano e naturale possibile. Raccogliere qui nella mia rubrica-taccuino i libri di cui recentemente mi hanno parlato alcuni amici. 

Per inciso. (Ieri sera ho visto il film Hannah Arendt di Margarethe Von Trotta e lei, insomma la cito così come noccioline, ma a un certo punto dice una frase tipo: "io non amo un popolo, io amo i miei amici": ebbene, prendete tutto questo con le pinze e la dovuta leggerezza, ma in fondo anche nelle umili scelte di chi, fino a prova contraria, Hannah Arendt non è, il metodo delle scelte della vita è poi quello. A un certo punto, si scelgono gli amici, e tutto il resto decade, vale meno). 

E dunque. Amici diversi mi hanno parlato bene di libri diversi, alcuni dei quali sono, per l'appunto, piccole raccolte di racconti (scritti da donne che non conosco ma che, a detta dei miei amici, sono valenti e coraggiose). 

Perché pensavo, un blog come questo, come anche la vita "mentale" e la costruzione del bagaglio culturale, emotivo ed esistenzale di una persona è fatto di curiosità intime, sensazioni privatissime, scale di valori individuali e scelte personalissime, ma anche, inevitabilmente, di consigli, e, soprattutto, di relazioni e rapporti umani (cui Natalia Ginzburg tanto per dire ha consacrato uno dei suoi scritti più limpidi e meravigliosi contenuto ne Le piccole virtù). 

Infatti sto imparando adesso, alla bella età di 30 something, che gli amici sono davvero importanti. Davvero tutto. Sono il calore e la forza di una famiglia. E se ne ha bisogno, come credo tutti, proprio come si ha bisogno di mangiare e dormire. Quindi grazie amici. 

Ed ecco i libri che di recente ho scoperto grazie a loro.

1)  Come avevo raccontato qui, ho lavorato a novembre al live twitting (!) della premiazione di Io Scrittore, il torneo letterario del gruppo Gems. Ed ecco a voi il mio, di premio. Il romanzo vincitore dell'edizione 2013 del torneo stesso. In effetti, meritava la vittoria. A essere sincera, non l'ho ancora finito, perché leggo più libri contemporaneamente, e pianissimo. Ma ho scelto di segnalarlo insieme agli altri perché quel che ho letto mi è bastato per desiderare (lentamente) di continuare. Una storia italiana lunga 40 anni, che sfiora un tema delicato, prendendo le mosse dal terrorismo a bagno in una cupa Roma anni Settanta, niente di più e niente di meno e si arriva all'attualità attraverso viaggi intorno al mondo e forti sentimenti. Lettura seria e profonda. Che fa pensar bene dei concorsi letterari.

Vittorio De Grassi, Le colpe degli altri, IoScrittore


 2) Strani casi della vita mi hanno portato tra le mani questa piccola raccolta. Lei è una donna giovane, classe '78, ed è Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia. Eppure, mi viene da dire nonostante le asperità del suo mestiere, si è impegnata negli anni a scrivere questi racconti, che mi sono capitati da poco sulla scrivania, e ho cominciato a leggerli, viaggiando anche qui dalla contemporaneità ad altre, insospettabili, epoche storiche. Ciascuno è una storia di amore e dolore. C'è un mondo dietro. "Di sole non ce n'è mai abbastanza" è la suggestiva frase che la scrittrice ha letto una volta sulla scritta al neon di un ristorantre messicano in provincia di Cremona. Che cosa strana: mi ha ricordato i lavori di Mario Merz. E quel che appare è un volenteroso attaccamento alla scrittura, forse anche come rifugio rispetto alle complessità della vita. Una cosa che mi ha colpita è il caso che predomina in pressoché tutte le storie. Da quando, a 15 anni, ho scoperto i film di Kieslowski, questo tema mi ha sempre ossessionata. 

Cristina Cappellini, Di sole non ce n'è mai abbastanza, Aletti Editore.





3) Racconti-lampo, brevissimi, adorabili, tutti che portano un nome di persona come titolo. Alcuni di questi nomi sono così calviniani da commuovere. Zara... Come dice il titolo, sono racconti il cui centro è proprio il senso della liberatoria cattiveria che i personaggi in un certo senso sfogano con liberatoria fierezza. Obbligatorie perché, lo vedrete, non lasciano scampo né altre possibilità. Lo definirei uno spensierato concept-book. Delizioso.
4) Come sapete, adoro gli albi illustrati per bambini e ragazzi. Trovo che siano oggetti capaci di aprire mondi più di altri. La vita può essere straordinariamente cattiva, a volte. Per citare il libro precedente, ed è proprio vero. Gli albi illustrati per me sono il balsamo che lenisce questa fatica di assorbire la cattiveria e restare gentili. La mia gratitudine di lettrice è assoluta, ed è tutta per loro, gli autori e le autrici di questi universi disegnati, semplici, complessi ma clementi. Perché la cattiveria, benché obbligatoria, sono convinta, non serve a niente. Con l'occasione di questa segnalazione, ne approfitto per ricordare che qui a Torino, alla GAM, c'è una stupenda mostra su Renoir, che è al centro di questa edificante avventura. 

Francesca Pascale, Le avventure di Sbuccia e Puntino, IdeaBooks.



 Musica per tutto questo? (Do U need anybody?).





mercoledì 22 gennaio 2014

Amen.

 
Margherita Oggero, Amen - Memorie di Isacco, Progetto Scrittori di Scrittura, Effatà Editrice



"Uno che porta il nome di 'Risata' dovrebbe aspettarselo che la sua vita sarà per buona parte lacrime e sangue".

Comincia così l'introduzione di don Gian Luca Carrega, che ha curato la parte biblica di questo bel progetto, di cui vorrei qui di seguito accennare.

Si tratta di Scrittori di Scrittura - una collana di piccoli (per dimensione non per statura) volumi per i quali alcuni consolidati autori torinesi Margherita Oggero, Gian Luca Favetto, Elena Loewenthal per citarne alcuni) si sono impegnati a riscrivere un passo o una storia della Bibbia. 

L'idea è della casa editrice Effatà, con la cura di Stefano Gobbi per Dinoitre-Eventi

Ieri sera ho avuto la fortuna di assistera alla prima presentazione, al Circolo dei Lettori, relativa ad Amen, la riscrittura di Margherita Oggero della celeberrima storia di Isacco. 

Sala piena, stracolma, ma questo è il meno. L'atmosfera che si è creata è stata di puro, silenzioso stupore. Sia per le letture del testo da parte di due brave attrici, sia per i commenti degli autori. 

Una concentrazione incantata del pubblico sottolineava l'importanza della storia di Isacco. Colpiva la posizione atea dell'autrice e il rispetto (e raffinata conoscenza) da parte della medesima del testo sacro. 

Non resta che leggere (o rileggere se siete tra coloro che amano, non trovo parola migliore per definire anche la mia stessa posizione, il testo in questione) la storia ri-raccontata, per riconfigurarsi come lettori - e persone - in sempre nuove prospettibe rispetto alle Scritture e a ciò che veicolano e traghettano nella contemporaneità. 

Signore Iddio, perdona Ti prego la mia insolente audacia, ma aiutami a capire perché hai deciso di concedere la Tua grazia a Giacobbe? Perché hai parteggiato per un impostore? Hai voluto che noi uomini fossimo liberi di scegliere tra il bene e il male, ma Tu conosci, nella Tua preveggenza, chi peccherà e chi resterà innocente, e allora perché lasci che le disgrazie piovano sugli agnelli mentre i lupi trionfano? 

Perché, Signore Iddio, sei così inconoscibile?





lunedì 13 gennaio 2014

Gli sdraiati.

Michele Serra, Gli sdraiati, Feltrinelli

"Ma dove cazzo sei?"

Forse questo è l'incipit più convincente che abbia incontrato negli ultimi tempi.

Tra me e questo libro non ci potrebbero essere distanze più incolmabili (pensavo...). Ho aspettato un po' a leggerlo, da quando l'ho ricevuto (grazie infinite all'editore perché si è rivelata una delle letture più belle e commoventi degli ultimi tempi, appunto) a quando l'ho cominciato è passato un tempo considerevole.

Ma perché non sapevo cosa aspettarmi dalle confessioni di un padre di ragazzo quasi ventenne.

Michele Serra poi, che leggo con gusto su Repubblica ma che non sapevo come considerare in qualità di narratore di una storia così complessa (e distante da me) come quella di un padre e del suo figlio maschio adolescente.

Invece alla fine (e pure a metà, diciamo a partire da pagina 20) mi sono commossa profondamente. 

Nell'età adulta si passano lunghissime giornate, intere settimane o mesi senza versare neanche una lacrima, senza particolari emozioni. Si sta lì, in pista, come su una pista di pattinaggio gelata, a scivolare, a cadere e rialzarsi, freddi, ad affrontare gli affanni quotidiani senza battere ciglio. 

Invece con questo libricino tra le mani, mi sono ritrovata, insonne, a commuovermi sinceramente.

Insonne perché ultimamente non riesco più a dormire troppe ore di seguito: ci ho provato, andando a letto presto, come Proust, ma poi mi sveglio all'alba con l'asma e via, mi tocca cominciare la mia giornata come le galline o gli anziani: e, lo dico a futura memoria, c'è un bello in questa cosa, in questa vita fatte di albe e gelo e profumo di caffè che fende la notte che in fondo in fondo non tornerei mai indietro. 

A quell'età. 

Quella in cui, come il giovane protagonista di questo strano romanzo breve, che pare vivere sencondo il fuso orario della città di Anchorage (Alaska) passi il tuo tempo - come da titolo - sdraiato sul divano (a dormire).

Dormi. Nel tuo assetto classico, sul divano, in mutande, davanti alla tv accesa. La spengo. Nella stanza finalmente silenziosa galleggia la luce mite di un pomeriggio autunnale. Il tuo profilo, ormai al valico dell'età adulta, mi sembra esitante, come se il bambino che sei stato lo reclamasse ancora per sé.

Questa cosa del sonno mi ha proprio colpita. Perché è vero che sancisce la linea d'ombra tra l'adolescenza e quel che viene dopo, quando - anche se non vuoi - devi vegliare. Devi. Come dice Michele Serra. E su questa piccola parola di due sole sillabe che si fonda l'età adulta, il dovere di occuparsi di qualcuno, e anche se non hai figli alla fine capisci dove, come e perché questo libro ti riguarda così da vicino.

Ho capito perché tantissime persone lo stanno leggendo. Perché è una parabola universale. Con tanto di ascesa al Colle della Nasca (su questa fantomatica gita in montagna non dico niente perché dovete proprio gustarvela tutta e morire dal ridere). 

Una storia ironica, sarcastica, acuminata nello stile perfetto di scrittura di un padre disarmato rispetto alle differenze, ai misteri di un figlio che pare un alieno, che pare provenire da un mondo altro, spezzando la catena naturale delle generazioni, sempre connesso, disordinato, sporco, sbagliato, apatico, cupo, disinteressato a ciò che veramente conta. 

Eppure, non si sa come, è proprio lui il vero eroe della vicenda. 

(Non perdetevi la guerra nel 2054 tra Giovani e Vecchi perché è uno spasso vero).

Oggi, non me lo invento io per prima, è risaputo quanto sia complesso uscire dall'adolescenza, che sembra prolungarsi qualche volta fino ai trentanni e oltre.

E infatti ecco in che punto questo libro mi riguardava e aspettava me, proprio me per essere letto. Perché taglia in due quella piega sottile di confine.

Quella in cui cominci a mettere in ordine perché nessuno lo fa più al posto tuo. Quella in cui nasce nel tuo cuore, appuntito come un dolore che non puoi ignorare, il sentimento della vergogna. 

Sdraiata su quel divano non ci puoi più stare. Devi per forza conquistare la posizione eretta. Poi, quello che sai fare davvero è un'altra storia. Ma di lì ti devi alzare. E cominciare a correre.

Lettura consigliatissima a tutti: genitori, figli, gente di mezzo.

P.s. Di questo libro racconterò tra poco alla Trattoria delle Parole!! Che riparte oggi. Buon ascolto!

lunedì 6 gennaio 2014

Romanzi nella calza (leggerezza, gatti, laghi e belle speranze).


 Eccoci all'Epifania!

I riti e le ricorrenze, come si conviene, tengono ancorati alla realtà, alla collettività e danno un senso alle cose. 


Qualsiasi siano le circostanze esterne, è importante per me rispettare queste scadenze che sono religiose e sociali. 

E i blog, piccoli pesci dentro la rete, fanno parte del tutto, sono cose umane, cose vive, respiranti, e rilasciano l'eco del rumore del mondo. Dunque: w l'Epifania.

L'Epifania è una festa sacra. Di doni e adorazione. E di innocenza. 

"Perché esiste ancora qualcosa come l'innocenza", diceva qualcuno. (Heinrich Böll). 

Poi c'è quell'altra modalità - più "scherzosa" e mondana, della Befana. Delle donne che sono delle befane etc. E c'è tutto un allegro compiacimento nell'essere befane e del (non) farsi gli auguri in quanto befane che fa molto ridere e tiene unite le donne, almeno per un istante. Quindi ecco il mio elenco di libri della Befana per Befane scritti (non me ne vogliano) da splendide befane e per lettori anche maschi (befani?).

 (Ringrazio tutti gli editori che me ne hanno fatto dono), il primo ha addirittura una scopa in copertima, mi pare ottimamente adeguato alle circostanze.



Leslie Daniels, Nella vita tutto può cambiare, Giunti




 Questa apparentemente è una storia normale, spensierata, "americana", leggera e al femminile etc. Peccato che poi procedi e leggi: "Sulla mensola dedicata alla N trovai Parla, ricordo di Vladimir Nabokov. Era la sua autobiografia. La portai con me e mi sdraiai sul letto incassato nel muro, l'unico mobile della grande camera. Probabilmente era lì che avevano dormito i coniugi Nabokov. Sfogliai le pagine. C'era una foto della moglie, Vera, scattata per il passaporto. Era bella. Il libro era dedicato a lei. Le pagine erano stampate fitte, ma la parola 'amore' mi saltò agli occhi in molti punti. Chiusi il libro e mi addormentai". Perché Nabokov? Lo scoprite andando avanti ovviamente. Quanto a me, sono rimastra impressionata dal momento che su Speak, memory ci ho scritto addirittura un pezzo di tesi di laurea, mi è tornato in mente quel senso dell'amore che raramente in altri libri ho trovato, un'emozione davvero bella. Consiglio naturalmente anche l'autobiografia di Nabokov a chi fosse curioso di conoscerlo da un inedito punto di vista.

Lena Divani, Sette vite e un grande amore. Memorie di un gatto, Edizioni e/o
La pietra miliare definitiva e imperitura delle storie in stile "la vita vista da un animale" secondo me è inequivocabilmente Flush di Virginia Woolf. L'ho riletto in parti qualche giorno fa e ho gioito tra me e me per la sua perfezione minuziosa e dolente. Sapevo, dalle note del Meridiano su cui l'ho letto, che era costato, infatti, all'autrice una grande fatica e devastanti mal di testa. Ma se è questo il prezzo per il divino... Devo dire che questo libricino, che si inscrive in questa tradizione di "bestiari", non è affatto male! Addolcitevi l'anima con le avventure di Zucchero, un gatto bianco e dalla sferzante intelligenza, mezzo randagio e mezzo d'Angora, che in Grecia è stato un grande successo editoriale, io dico che è meritato! W l'ἐπιφάνεια!

Bianca Rita Cataldi, Waiting Room, Butterfly Edizioni  

 Per Bianca ho scritto in particolare "belle speranze" nel titolo di questo post, perché la sua giovane età mi ha sorpresa, soprattutto in relazione alla sua maturità, come scrittrice ma anche come persona. Ho avuto il piacere di partecipare con lei a una doppia presentazione in una bella biblioteca qui di Torino. Era una delle sue primissime trasferte per il libro fuori città, lei vive a Bari, e mi ha colpita la professionalità e la profonda serietà del suo atteggiamento verso questo misterioso mestiere. E il romanzo? Una ricostruzione storica e un amore impossibile raccontati con una scrittura ricercata e piena di promesse. 

Valentina D'Urbano, Acquanera, Longanesi    


Questa autrice è anche molto giovane, e già piuttosto consolidata nel mondo delle sacre lettere. L'ho conosciuta, non personalmente, ma durante la premiazione di IoScrittore, il Torneo Letterario del Gruppo Gems che le ha regalato un ottimo trampolino di lancio con il suo primo romanzo. Questo è il secondo. Ed è una storia bella corposa, lenta, scritta con misura stilistica e sapienza. Cupa e dolorosa. Un paesino di montagna a picco su un lago e un ritrovamento. Ciò a me piace, sono fan dei laghi incastonati nelle montagne.


Bene. Ho scelto, come avrete capito, tutte donne giovani, e ricche di futuro. Tutte scrittrici vivaci, serie, ironiche. Poi volevo aggiungere invece questo consiglio finale. Non ho letto moldo di Isabel Allende, ma ho gradito particolarmente questo dono dell'editore. Questa decisione di un'autrice invece molto adulta e famosa di raccogliere le sue pagine migliori dedicate al tema dell'amore. Ho trovato molto toccante, in particolare, la sua lunga nota introduttiva, dove si dimostra che l'Amore è... 

Buona lettura.

Isabel Allende, Amore, Feltrinelli