sabato 28 febbraio 2015

Il Cerchio di Dave Eggers (e altre riflessioni).

Il Cerchio, Dave Eggers, Mondadori
 
Il rischio di essere una persona di facili entusiasmi è quello poi di essere di facili tristezze e di facili paure. Però devo dire, come mi aspetttavo, che Il Cerchio è un romanzo entusiasmante, triste, bellissimo e che fa paura. 

Da alcuni commenti di amici sapevo che avrebbe potuto creare scompensi relativi all'approccio che ognuno di noi ha con la rete e confermo: è proprio così.

Leggo Dave Eggers dall'inizio, quando in Italia uscì L'opera struggente di un formidabile genio. Ricordo di averlo anche visto lui, in un viaggio, tanti anni fa, al Festival del New Yorker e di averne ricavato una strana impressione. Buona nel complesso. 

Per i pochi che non lo conoscessero, Dave Eggers è colui che ha fondato questa casa editrice-rivista-mondo meravigliosa, che ha fatto storia, alla fine degli anni Novanta, se guardate il link trovate tutti i progetti collaterali, tra cui la scuola di scrittura per bambini e ragazzi 826 Valencia.

E per dare giusto tre righe di note biografiche e gossip, Eggers è nato a Boston nel 1970, ha raccontato la sua vicenda autobiografica nel suo primo romanzo (2000) e ora è sposato con la bella Vendela Vida, leggete qua per saperne di più.

Messe da parte tutte queste premesse, immaginavo che Il Cerchio, suggestionabile come sono, mi avrebbe terrorizzata e disgustata a proposito dell'uso della rete e delle tecnologie che oggi facciamo massicciamente in molti. Il Cerchio è infatti un'azienda ultra potente, i cui dipendenti, assai numerosi, guadagnano cifre elevate, godono di tutti i comfort e alla fin fine ruotano in cerchio come criceti: le "cerchie" a me richiamano Google+, ad esempio. Senza contare che Facebook, Twitter etc. finiscono per assomigliarci parecchio.

La storia è quella della giovane Mae, all'inizio timida ma desiderosa di lavorare e impegnarsi e guadagnare, alla fine simbolo dell'azienda, della condivisione totale all'insegna del motto:

"i segreti sono bugie".

Ho letto questo libro senza filtri, assecondando la cara vecchia "identificazione" con il personaggio, che per me è scattata subito, dalle prime righe. Mi sono sentita Mae alle prese con i miei limiti, i bisogni e la timidezza. Ho sentito quel disagio di farcela, di dimostrare chissà che cosa, quella fascinazione del dire sempre tutto, raccontare per forza, mostrare le proprie cose, le proprie immagini, la propria vita, "il dovere" spasmodico di farlo. Ho provato vergogna, risentimento e pentimento. Ho sentito la nostalgia del silenzio, e della solitudine. Del segreto e del mistero della semplice esistenza di ognuno di noi. Mi sono ricordata che il mio valore non dipende dallo sguardo, dal giudizio, dal denaro, dalle opinioni degli altri. Il mio valore è indipendente da tutto questo.

Ma, considerato ciò, in seguito ho realizzato che non aveva senso sottrarsi alla riflessione, cercando altri libri che avevo sugli scaffali per compensare questo scompenso. Qualcosa non in contrapposizione, ma di complementare a questo romanzo, e in effetti ho trovato una risposta alla mia domanda di rassicurazione. Quella di Eggers è una distopia allarmante eppure utile, che porto nel cuore, come le migliori storie lette in questi anni. Ma bisogna pur vivere.

Quindi ho trovato questo: Facciamoci avanti, di Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook. Un saggio che invita e sprona le donne a "farsi avanti" sul lavoro, con esempi, dati e rivelazioni.

"Ancora oggi conto le ore in cui sono lontana dai miei figli e mi dispiace perdere una cena o una notte con loro. Dovevo proprio fare quel viaggio? Questa riunione era di vitale importanza per Facebook? Questo incontro era assolutamente necessario?"

Dalla narrativa alla realtà.

Al di là di tutte le dietrologie, tutte le ansie e le preoccupazioni, questo altro libro mi ha riportata con i piedi per terra, in una sintesi abbastanza rasserenante del panorama. Eggers mi ha fatto vedere cosa può accadere, in forma d'arte. Il saggio sulle donne e il lavoro mi ha spronata a ricordare il mondo vero: osservarlo attraverso uno sguardo privilegiato, quello di una donna ai vertici di una delle società più ricche e influenti del mondo, ma che dà proprio per questo una visione altra rispetto alla mia, piccola e parziale, credo affine a quella di molte donne: un saggio che aiuta a smuovere quel senso di impotenza che a volte rischia di paralizzarci, non per diventare come l'autrice, è impossibile e forse non poi così desiderabile, ma per cambiare prospettiva in un'epoca storica, e in un Paese, dove il primo istinto svegliandosi e leggendo i giornali è quello di lamentarsi o, nella migliore delle ipotesi, di fuggire a gambe levate.

In conclusione, da questi due libri ho capito che se voglio staccare la spina e respirare, in definitiva, basta un click e nessuno me lo vieta. 

E sì, è proprio così facile come sembra!

Ringrazio l'editore per avermi donato entrambi i volumi.