mercoledì 12 agosto 2015

La Sirenetta.



La scuola del racconto a cura di Guido Conti - Scrivere una favola con i racconti di Hans Christian Andersen

Questo sole del 2015 verrà ricordato come uno dei più potenti e abbacinanti degli ultimi tempi. Avevo duemila libri da poter leggere, da voler e anche da dover portare in spiaggia per tante ragioni, ma alla fine faceva così caldo che ho preferito - ingenuamente - scegliere di rifugiarmi in qualcosa di "facile". Errore! Mai sottovalutare invece la complessità e la bellezza delle fiabe.

Qualche tempo fa ho avuto la fortuna di ricevere in regalo dal Corriere della Sera i libri della Scuola del Racconto a cura di Guido Conti. E ho cominciato piano piano a leggerli. Vorrei infatti imparare a scriverne di belli, di racconti, ma anche di fiabe, perché no?

Ho trascorso allora le mie brevi ma belle vacanze a Finale Ligure, mettendo insieme riposo ed eventi artistici e culturali e incontri con gli amici. 

Sotto l'ombrellone, all'illusorio riparo dai raggi di questo incredibile calore agostano ho così pensato bene di leggere La Sirenetta

Andersen è un mito, lo conoscerete tutti. Lui è quello che ha scritto, beh sì la Sirenetta ma anche fiabe come Il brutto anatroccolo, La principessa sul pisello, La piccola fiammiferaia e molte altre. Insomma uno di quei casi in cui la parola "genio" non va sprecata.

E quindi leggiamo questa storia. Per me è stato suggestivo innanzitutto perché mi trovavo nella stessa cittadina di mare, Finale Ligure appunto, in cui nel 1990, cioè a 10 anni, ho visto per la prima volta l'omonimo film della Disney. Ricordo il forte impatto di quel cartone e la colonna sonora che avevo imparato a memoria e che cantavo con le amichette sulla spiaggia.

La questione delle differenze tra le fiabe originali e i film Disney è ampiamente dibattuta e non volevo parlare di questo, ma dovete sapere che il finale delle due storie è molto, molto diverso.

SPOILER: nel film tutto finisce bene, nella fiaba originale invece la Sirenetta muore. O meglio diventa qualcosa come spuma marina. E lo fa per amore del Principe. E il tutto avviene inseguito a, possiamo dirlo, atroci torture. Ovvero dopo che, come nel film, le tocca sacrificare oltre agli affetti che vivono in fondo al mare, anche la sua bellissima voce per poter diventare umana e incontrare il ragazzo che ama. In poche parole, la sirenetta, che nel film si chiama Ariel e nella fiaba non ha nemmeno un nome, muore per amore. 

Sarebbe facile giudicare il caro Walt (Disney) e affermare che questo è stato l'ennesimo tentativo di edulcorare la realtà (seppure fiabesca) e di illuderci tutti con il più classico degli happy ending (il matrimonio e, quindi, la felicità). E siccome sarebbe troppo facile, lascerei stare e sospenderei il giudizio, dal momento che la lettura della fiaba originale è stata piacevole sì, ma anche rattristante. 

Se vogliamo vederci una morale, sembrerebbe proprio volerci dire, questa storia struggente, che rinunciare a se stessi e alla propria voce per inseguire un sogno d'amore è deleterio - nel caso della fiaba - ed è vincente però nel caso del film. 

Non ne so niente di fiabe moderne, ovvero ignoro cosa leggano o vedano al cinema i bimbi di oggi, o ne so molto poco. Ma mi auguro davvvero che qualcuno si sia inventato un modo di raccontare l'amore come una vittoria sia sulle rinunce sia sul dolore. Spero che lo stiano raccontando solo come un regalo che migliora la vita - che sia in fondo al mare o sulla terra ferma.

Lontano lontano, in alto mare, l'acqua è azzurra come i petali del più bel fiordaliso, e limpida come il puro cristallo. Ma è mlto profonda, più profonda di ogni scandaglio; bisognerebbe mettere molti e molti campanili l'uno sopra l'altro per arrivare dal fondo sino alla superficie dell'acqua. E laggiù, nel fondo, vive la gente del mare. 

giovedì 6 agosto 2015

Birthday-Book!

Herman Melville, Moby Dick, Garzanti

Ma del resto, di nuovo, cosa ha da dire la balena? Raramente ho conosciuto un essere profondo che avesse qualcosa da dire a questo mondo, a meno che non fosse costretto a balbettare qualcosa per guadagnarsi da vivere. E fortuna che il mondo sa ascoltare così bene!

C'è chi resta indifferente al proprio compleanno e chi invece lo sente particolarmente. Per me è sempre un momento importante. Poi non succede di fatto mai niente di che, anzi ricordo compleanni senza senso, agostani, malinconici etc. Ma sta di fatto che le emozioni legate all'8 di agosto (giorno appunto del mio compleanno) per me sono sempre particolarmente significative...  e quindi anche questa volta è così.
Questa volta anzi ancora di più, dato che a quanto pare i 35 sono gli anni di Dante al momento della Divina Commedia, insomma un'età in cui bisognerebbe essere svegli e intelligenti. E forti. Tanto forti da riemergere da Inferno, Purgatorio e Paradiso senza fare un plissè. 

In effetti, non so voi coetanei, ma questa strana età ci ha già portati a vederne delle belle, di cotte e di crude e chi più ne ha, più ne metta. 

Un'età di mezzo in cui veramente, definitivamente si è adulti e vaccinati al cento per cento. Non ci sono scuse e si scopre che, talvolta, è anche divertente, neutro e rilassante. Ed è sicuramente l'età giusta per concedersi delle scelte, prima tra tutte la leggerezza calviniana e a seguire molte altre. 

Ho pensato un po' a che libro "regalare" su questo blog per il mio compleanno. Un libro che fosse rappresentativo della mia formazione (letteratura angloamericana) e che avesse a che fare con la mia vita: è stata questa per me una lettura di quelle che "ti cambiano". 

Questo romanzo universale, che tutti conoscerete, ha di bello che è una storia magnificente, grande, di caccia alla balena bianca, ma anche una storia minuta, fatta di piccole informazioni, illuminazioni segrete e brevi frasi come miniature. 

L'avventura della vita di ognuno, di questo blog e di molte altre cose assomiglia a tutte le avventure: momenti bellissimi, momenti di crisi, momenti di svolta. Ma alla fine la caccia alla balena bianca non è mai finita e chissà adesso in che mare ci porterà.

A voi: buona lettura e grazie :)
 

martedì 4 agosto 2015

Consigli libreschi per l'agosto duemilaquindici.

Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri, marcos y marcos

Ernest Hemingway, I quarantanove racconti, Einaudi

Le proposte di lettura per questa caldissima estate 2015 sono davvero tante: basta sfogliare giornali e riviste, navigare un po' su siti e blog o fare un giro in libreria per capire che davvero c'è l'imbarazzo della scelta. E quindi tocca scegliere. Già è complicato scegliere nella vita, ma quando si tratta di libri il tutto diventa ancora più arduo, no?

 Per questo lo ritengo un ottimo allenamento per orientarsi nell'esistenza. Scegliere i libri, pochi e buoni. Questo almeno è il mio criterio e funziona bene. 

Poi a me piace fin da quando ero piccola fare dei percorsi di senso, analogie, bislacche mappe concettuali, riferimenti, costellazioni libresche. Diciamo che è il mio sport preferito. Ed è anche un duro lavoro, ne converrete. Qualche volta, però, le associazioni di idee e storie e concetti saltano fuori per caso, sbocconcellando libri qua e là come fossero pezzetti di cocco sulla spiaggia. Qualche volta, specie in estate quando restano attivi ben pochi neuroni, mi piace allora lasciarmi ispirare dal caso, dal momento. Salvo poi scoprire che il sentiero che tracciano certe storie porta lontano, o indietro nel tempo o nel profondo della vita più di quanto mai potessi aspettarmi.

Quindi ecco la scelta, un po' casuale all'inizio, ma significativa alla fine, che ho fatto per le mie letture estive. Che sono in definitiva anche i miei consigli per voi che leggete questo blog con affetto. 

(A proposito: GRAZIE, perché grazie a voi succedono da queste parti sempre cose belle di cui renderò conto a breve, nell'autunno...).

Dunque: I miei piccoli dispiaceri. E chi non ne ha, a pensarci bene. Questa storia risponde alla domanda: cosa succede quando una persona non ce la fa più e smette di provare gusto per la vita?

La risposta sarebbe interessante già solo se si trattasse di una persona qualunque, come tutti noi. Ma se si tratta di una persona particolarissima come Elf, pianista di fama internazionale, bellissima e ricchissima e adoratissima da tutti compreso il meraviglioso marito Nic?

Bè succede che c'è qualcuno che tenta di tutto per non farglielo fare, intendo per impedirle di suicidarsi. E questo qualcuno nello specifico è la dolce, disarmante, squinternata e svitata Yolandi, detta Yoyo. Che è anche la voce narrante, per di più, scopriamo, in parte autobiografica dell'autrice.

Yolandi (...) tua sorella è una persona rara. Non ho mai conosciuto nessuno come lei. Devi tenerla in vita. Devi fare tutto quello che puoi. Tutto.

Di lei avevo già letto un libro, vi rimando qui per il post. Miriam Toews è una scrittrice canadese molto amata e rispettata in tutto il mondo, vincitrice di premi e acclamata, come si suol dire, da pubblico e critica. Scopritela in questo film che voglio assolutamente prima o poi vedere... 

Con lei io ho personalmente un rapporto controverso. Ovvero mi piace, mi affascina ad esempio l'ambientazione nella setta mennonita di Winnipeg, con tutto ciò che comporta, da un punto di vista narrativo, osservare come le emozioni e le azioni si ritagliano posto all'interno delle strette restrizioni che inevitabilmente si creano in un ambiente chiuso e moralista.

Mi lascia perplessa, però, a volte, invece lo stile di scrittura, molto colorito ed enfatico. Che in alcuni contesti amo molto, mentre in altri mi appesantisce. Mi lascia in balia delle montagne russe emotive, il che non sempre è un piacere. 

Ciò detto, cosa racconta il libro? Racconta un problema etico importante: l'eutanasia. E racconta un problema psicologico grave e sottovalutato: la depressione. Ed esplora le dinamiche di una famiglia sopra le righe, che però parla a tuttti noi. Infine, descrive molto bene il legame che c'è tra due sorelle. Qualcosa che io non capirò mai, essendo figlia unica, ma che mi incuriosisce molto.

Ora: cosa si fa quando si deve salvare una vita? Si prega. Si recita, si ride. Si comprano cose. Si legge. Si googola continuamente. Si abbraccia, si cercano abbracci. Si corre su e giù. Si piange, non si piange più, basta. Si dimagrisce, si mangia a orari assurdi. Si sorride. Si diventa migliori. Si telefona di più, si risponde. Si scrive. Si promette, si spera, si prega, si prega molto. Si sta in silenzio. Si cammina da soli, e poi con qualcuno. Si dorme male, poco, come sassi, di colpo. Si ascolta musica, si spegne la cavolo di musica, si progetta, si diventa molto intelligenti. Si litiga con chi potrebbe aiutarti, si crede in qualsiasi cosa. Si ricorda tutto. Si racconta, si parla ore e ore. Si sta zitti all'improvviso. Ci si trascura. Si è pronti a tutto, tutto. E ci si dispera. E alla fine, ci si arrende. Ci si arrende alla grazia della vita per quella che è e non per quella che vorresti tu che fosse.

Ma cosa c'entra il buon Hemingway in tutto questo? 

Poco o niente salvo che uno dei suoi quarantanove racconti, Le nevi del Kilimangiaro, tratta un po' di questo, ovvero di come si comporta una persona che tenta di tutto per tenere in vita una persona che ama. Tocca quell'emozione lì. Che bisogna un po' trovarcisi per capirla, forse. Ma che in letteratura vince, perché è la storia straordinaria delle incredibili energie che sanno tirare fuori le creature, umane e animali nella lotta alla sopravvivenza. Trovare un tema più affascinante è difficile. Per questo questa estate la voglio passare così: ricordandomi, molto semplicemente, quanto è preziosa la vita, la semplice realtà, e quanto sono utili, e belle le storie da raccontarci intorno.