mercoledì 30 marzo 2011

Dorina.

Arrivo davanti all'ufficio postale e la vedo. Giovane. Quindici anni circa. Cappello di lana in testa, lilla. Occhiali da sole fucsia. Giaccona di pile bianca-blu-arancione. Pantaloni marroni. Scarpe tipo All Star fucsia. Fissa il vuoto. Non ha caldo, non ha impegni, non ha passato, solo futuro. Aspetta qualcuno o qualcosa lì di fronte alla porta a vetri, dove tutti transitano di fretta, nervosi. Dorina è una nuvola evanescente di colori a caso. Di lei sbucano piccoli lineamenti arguti.
She's like the rainbow!

martedì 29 marzo 2011

Voglio diventare un carciofo.


Certi libri, certe persone, certe circostanze, certi stati d'animo, certi film, certe opere d'arte, certe canzoni, certe età della vita, certi ricordi, certe sfide, certi pomeriggi, certe mail, certi presagi, certi sogni, certe realtà, certe scoperte, certe speranze, certi progetti sono per me come dei carciofi. Ho sempre amato i carciofi, anche da bambina. Mentre odiavo gli spinaci e le carote. Amavo i carciofi. Il sapore dei carciofi mi sembra un sapore da conquistarsi, non è immediato.

Ed è composito: ci sono pezzi di carciofo aspri e spessi che a volte devi sputare. Altri invece morbidi, chiari e quasi dolci. Poi il carciofo non lascia mai indifferente il palato e definitivamente non lascia il tempo che trova. Il gusto rimane per più tempo rispetto agli altri cibi. Ed è spinoso.

Come si dice: una questione spinosa. Più che spine sembrano artigli. Il carciofo è la verdura che più assomiglia a un gatto. Pensateci! Quindi ha il cuore tenero ma si sa difendere. Voglio diventare un carciofo.

lunedì 28 marzo 2011

Fa' la cosa giusta!

Dov'ero ieri? Ma soprattutto: cosa vuol dire: fa' la cosa giusta? Mi sembra una domanda interessante. Cos'è universalmente giusto? E cosa invece appartiene alle scelte individuali? Al tema del fare la cosa giusta hanno dedicato addirittura una Fiera che si ripete da 8 anni a Milano, a Fieramilanocity. Ci sono andata, ho fatto anche un po' la blogger, qui, invece di stare a casa a fare la lettura domenicale (che si trasformerà in lettura a ca** a sorpresa in settimana), direte voi :P, e ho pensato a un po' di cose. A parte ritrovarmi per caso a un incontro con Paola Maugeri (vegana da sempre) che ha raccontato la sua esperienza di tre mesi a impatto zero, da cui è nato anche un programma televisivo, e che mi ha sinceramente commossa, il resto del tempo l'ho passato a sorprendermi. Da un po' mi interessavano i temi del risparmio energetico, poi ho iniziato a differenziare la spazzatura, a frequentare di più il mercato che il super. Ma mai avrei immaginato che esistesse un intero mondo nel mondo su questi argomenti. Mi è sembrato di fare un tuffo nel passato e nel futuro contemporaneamente. Le vecchie abitudini di una volta che incontravano i più avveniristici progetti per il domani dei bambini. E ho scoperto che si può fare tutto, ma letteralmente tutto, senza devastare la terra, senza farsi troppo del male. Non so quante cose metterò in pratica di ciò che ho imparato. Ma almeno ho sognato un po', ho girovagato come una turista in una terra selvaggia e inesplorata e mi sono divertita. E siccome oggi sarebbe giorno di favorite things, vi mostro una foto di una tazzina ecologica, riciclata, bio, etc. etc. con un fiore e una farfalla disegnati sopra. C'era un caffè buonissimo e distributori di acqua ovunque, gratis. Da tornare!

sabato 26 marzo 2011

Wish Tree.

Buongiorno. Oggi mi sono svegliata pensando di essere in vacanza al mare. Pensando di alzarmi dal letto mentre il mio fidanzato ancora dorme e preparare il caffè già in costume e sentire il rumore delle onde e del vento fresco di fine agosto e usare i primi raggi di sole del mattino per pettinarmi i capelli.

E questo mi pare un primo desiderio in effetti.

Altri meno rarefatti pensieri invece tornano a una discussione importante cui ho partecipato ieri su twitter, proposta da Il Saggiatore, la casa editrice, che ha un suo account molto attivo (@ilSaggiatoreED). Il tema era il precariato. Se ne parla solo un po' meno, ma il problema rimane ancora per molti, me compresa che sono sempre un po' più sensibile a questa cosa a ogni scadenza di contratto di lavoro.

"Guardavo le tue caviglie e i tuoi piedi che anche loro erano imbarazzati. Io lo so che non è facile andare a chiedere un lavoro, anche il portinaio ti sembra che ti stia giudicando e hai voglia a deglutire e respirare per far finta di niente. Si vede lo stesso che c'è la disperazione e la vergogna, quelle non le lavi con la brocca d'acqua al mattino, restano lì anche se sfreghi e tutti sanno che cosa ti passa per la testa in quei momenti in cui nella vita ci si trova a chiedere. Avevi le scarpette lucide, col laccio nero".

Stamattina sfogliavo qualche racconto di Ilaria Bernardini, una scrittrice molto brava che ho scoperto - e pure conosciuto ehsssì - alla festa Isbn, dalla raccolta La fine dell'amore. E a un certo punto leggo quelle righe.

Quindi tra quelle poche parole, ci sono tutti gli altri miei desideri. E so che ci sono quelli di altre persone simili a me.

Pensavo che la vita non è affatto uno scherzo, non ti accoglie a braccia aperte e molto più spesso se può ti mangia, come il leone mangia la sua preda. Se tu sei una preda. Se continui a essere una preda.

Io comunque credo che le soluzioni esistano. Per conservare o ritrovare la dignità e anche qualche diritto. Mi è chiaro però che i metodi desueti e consueti non servono. Servono soluzioni nuove. Mai provate prima. E quelle soluzioni nuove ogni mattina mi alzo e le cerco e le troverò e se scopro come si fa prometto che ve lo scrivo qui immediatamente, non me le tengo per me di sicuro.

Nel frattempo buon week end a tutti :)

venerdì 25 marzo 2011

Dente/2.

Per chi fosse appassionato di questioni dentistiche (chiamatemi la Martin Amis* del Piemonte occidentale :P), torno adesso dalla seconda seduta dal dentista per curare il cosiddetto Dente2, ovvero la causa di un lunghissimo periodo da me trascorso senza masticare (tutto è iniziato però con Dente1, che si è rotto dalla parte uguale ed opposta al 2, e per la cronaca esso è ancora lì ad aspettare il suo turno dal momento che il 2 alla fine è risultato più urgente).
Comunque Dente2 era messo malissimo.

Benché più volte otturato con amalgame al carbonchio nel corso degli anni, stava provando lo stesso a farmi fuori dall'interno, giorno dopo giorno, corrodendo le gengive come il mare con le scogliere. Poco dopo Natale aveva iniziato a produrre un dolore d'altri tempi, pulsante, acuminato e persistente. Ma io lo ignorai. E per questo credo che finirò in un qualche girone dantesco - probabilmente quello dei trascuratori di carie. Dal dolore micidiale ma pur sempre benevolo in quanto primo rilevatore di guai, si è passati di colpo al silenzio.

Dente2 preparava la sua vendetta nel segreto. Peccato che però poi alla fine Dente1, gemello tonto, l'ha tradito frantumandosi durante una banale colluttazione con un cereale. E il resto è storia.

E vabè, comunque ora è iniziata la rimonta verso la masticazione. Ma perché vi racconto questo? Perché è come se da meno uno fossi passata a zero. Cioè da non masticare a masticare solo da una parte. Questo significa una sola cosa: che va tutto bene, nel migliore dei mondi possibili.

:)

Ah, e buon venerdì.




* ottimo scrittore inglese (su cui ho scritto la mia tesi di laurea) trasferitosi negli USA che qualche anno fa ha utilizzato parte dell'anticipo ricevuto per la scrittura di un romanzo per ricostruirsi tutti i denti.

giovedì 24 marzo 2011

Post a ca**o.

Prendendo a prestito il titolo di una rubrica di Victor Victoria, di cui non ho perso una puntata né soprattutto una replica, per motivi di frangetta e perché è la cosa più divertente che ho visto in TV negli ultimi tempi, fino a quando non è arrivato il cantante senza pubblico delle Iene, sento la necessità di scrivere un post a ca**o. Non a caso, proprio a cazzo. Perché oggi mi sento così. Perché sì, sono di quelle persone - ne parlavo oggi con una mia amica - che vorrebbero controllare tutto, che sia tutto a posto. Di quelle che si sforzano di essere serie, di quelle che qualcuno potrebbe chiamare buoniste. Ma la verità è che non è vero. Non è vero. La verità è che mi importano solo le cose che mi importano. Quindi ok. Vado:

1) è primavera. ho una voglia sempre più potente di essere felice. l'istante in cui ti togli la maglia la prima volta e resti in maniche corte. un albero ancora spoglio con i primi cinque o sei rami puntinati di rosa. a volte penso che le cose. non so. non riesco neanche a dirlo.

2) e penso che la vita non è solo un fiore che spunta su un ramo spoglio. è anche molto peggio di così.

3) invece a volte le cose che vorresti semplicemente non accadono. in compenso ne succedono altre a cazzo e non ci puoi fare niente.

4) e poi di colpo capisci che invece ci puoi fare qualcosa. e la fai.

5) non puoi forzare le cose, come il sole sorge da solo, senza carrucole o tenaglie.

6) esistono anche animi meschini, ma io non ci esco insieme per un caffè.

7) "something glorious is about to happen".

8) mi serve uno stupido microscopio per guardare in faccia la realtà.

ciao

:)

mercoledì 23 marzo 2011

Aperitivo-IsbnEdizioni-vino-libri e altre cose che vorrei fare ancora.


E così fu che ieri ho preso un treno e me ne sono andata a Milano. Motivo: un allegro aperitivo da Isbn Edizioni - c'è tutto qui - per il concorso di racconti e arti varie legato al romanzo Io sono Febbraio di Shane Jones.

Perché? Così, anche se non ho vinto ma solo partecipato, ho pensato di andare a conoscere una delle case editrici che preferisco in assoluto.

Flash-back. Ho 24/25 anni, circa, un dente del giudizio appena estratto (i corsi e ricorsi della Storia), la faccia gonfia come un pugile al tappeto e un colloquio per uno stage con Massimo Coppola (sì, lui, il direttore editoriale).

Arrivo. In preda alla delirante paranoia sul cognome: una Cuffia a colloquio da un Coppola: ok, io devo fare la battuta, questo è sicuro, poiché per una qualche sindrome forse simil Tourette non ne posso fare a meno. Ma il punto è: con quale particolare gradazione di affilatezza dello sguardo lui mi annienterà?

Al momento di entrare nella stanza, provo un senso come di non-mi-ricordo-niente. Quindi vado in bagno e lì capisco che la cosa più giusta da fare sia avere un attacco di panico. Lo ho. Lo supero in tempi record e tutto fila liscio. Mi è rimasta di quel colloquio un'immagine proprio di Massimo Coppola che, oddio credo proprio sia successo sul serio, scrive sul tavolo. Un tavolo-foglio, una superficie liscia e grigia, da sogno, che ho iniziato negli anni a desiderare per me stessa nella mia casa identificandola con l'idea di libertà e altre cose che non so definire. (per la cronaca, non ho poi mai fatto lo stage, è stata scelta credo una ragazza di Milano e in effetti a ripensarci sarebbe stato un po' complicato per me da Torino, con i mezzi miseri di una stagista).

Cinque/sei anni dopo. Ieri. Rieccomi lì. La sede è cambiata, ma la stessa atmosfera bianca-arancione-gialla-blu mi accoglie a braccia aperte. O quasi: dal momento che arrivo letteralmente per prima. Con la redazione che mi saluta vaporizzando lo sgrassatore per pulire le scrivanie e sistemarci i libri. Bene. L'anticipo è una cosa che in realtà non mi capita mai. Tuttavia invento lì su due piedi la scusa di un presunto "sangue sabaudo" che imporrebbe la puntualità a tutti i costi.

O_O

Per farla breve, dopo imbarazzanti-estenuanti minuti a stare tra le scatole (di libri) mi defilo in silenzio camminando all'indietro come imparato da bambina nei film di Fantozzi. E finalmente arrivano anche gli altri. Tra cui un gruppuscolo inconfondibile di piemontesi (dove si riconosce uno dei vincitori del concorso) e alcuni simpatici amici di twitter. Circostanza in cui ho capito la potenza di twitter stesso: l'amicizia può nascere anche così.

Comunque poi alla fine con in circolo solo svariati litri di caffè e puree di frutta (cfr. questioni dentistiche, perché the history repeating), ho un altro colpo di genio che è quello di bere tre bicchieri di pregiato vino rosso. Riesco comunque a darmi un contegno. Nel frattempo l'open space della redazione (mooooolto carina: a proposito, così per dire, quanto mi piacerebbe lavorare davvero con voi, se mi state leggendo, cari Isbn?? Ma quanto? Hemmm: oltretutto, destino (sic.) vuole che tra una settimana mi scada proprio un contratto di lavoro: avrei un sacco di tempo libero e poi arriverei in anticipo, so usare anche io lo sgrassatore e il bollitore Ikea, faccio le fotografie, sono educata e vi voglio bene da cinque anni: pensateci! :P scherzo eh! Oddio: tra il serio e il faceto va'). Nel frattempo l'open space diventa un open bar.

E alla fine la festa è davvero una festa, non saprei come altro raccontarla. Vino, alcool, (una cucinetta con un bollitore Ikea), musica, pupazzetti sulle librerie, gentile vento di primavera, libri ovunque. Tutti i libri Isbn, dal 2005 a oggi, un piano quinquennale materializzato sotto gli occhi di personaggi increduli, nerd, bella gente milanese, scrittori, infiltrati torinesi, affinità elettive e vi prego ditemi che è tutto vero perché l'Eden io lo immagino circa così.

Non ultimo il privilegio totale di guardarsi intorno in un posto altrimenti precluso, avvolto in mille misteri e privatissime consuetudini e piccole inclinazioni dell'umore, corse contro il tempo, soddisfazioni, commenti, paure anche forse, decisioni veloci, cose gergali e chissà che altro, come è quello di una casa editrice. Ohh grazie Isbn, è stata una bella serata*.

* ed eccomi poi (qua sotto) sul treno a contemplare il mio bottino: due libri con lo sconto e uno in omaggio. Ho comprato L'importanza di essere Morrisey e La fine dell'amore di Ilaria Bernardini. Regalo: Metapop di Paul Morley.



lunedì 21 marzo 2011

My Favorite Things.

Buondì. Certi lunedì è proprio il caso di impegnarsi. Ci sono quei momenti in cui tutto fila liscio. Ci sono quegli altri in cui è mediamente macchinoso. Altri ancora, il disastro. Mi trovo nella classica via di mezzo.

E poiché anche quando ci si sente strani e confusi è importante darsi un ordine. Almeno lo è per me, vi dico che oggi ho una favorite thing che si chiama COLORS.

Si chiama COLORS, è una rivista, ma la copertina di questo numero è tutta nera con il titolo oro e argento. Colpo di genio mio è stato comprarmi l'edizione invernale giusto il primo giorno di primavera! Comunque vi segnalo questa pubblicazione perché nel numero corrente si parla di collezioni e collezionisti.

Ho una passione antica per le collezioni. Da bambina collezionavo carte di caramelle (sic.) che stiravo per benino con le mani e allineavo dentro un carillon. Era una soddisfazione poi aprire la scatola, sentire la musica e insieme la consistenza sottile e ariosa della pila di carte ancora profumate di vanillina e di menta.

Ho cercato sempre di collezionare qualcosa, fino a oggi, epoca in cui cerco di collezionare tazzine, soprattutto virtuali (a proposito: se avete foto delle vostre tazzine o tazzone continuate pure a spedirle alla mia mail, che sono bene accette). Ecco: mi piacciono le collezioni. Ne sono attratta. Il gesto ordinato, rassicurante, di promessa che è quello di raggruppare oggetti dello stesso tipo e affezionarsene.

E in questa rivista c'è tutto un mondo di cose e di facce che vale proprio la pena sfogliare. Dal collezionista di aspirapolveri a quello di bustine del té usate, a quello di "political memorabilia" fino alle improbabilissime "Concorde paraphernalia" (gadget del Concorde) o quello di etichette di banane. E molte altre inequivocabili amenità.

Very very interesting and crazy.

Ah e poi ci tengo tanto a ringraziare Tometo, qui, e soprattutto Alice, per questa piccola intervista :) (in bocca al lupo a voi!).

Ok. La settimana è decisamente partita. Buon inizio: benché sia lunedì!

c\_/

domenica 20 marzo 2011

Letturedomenicali+tazzinadicaffè.

Buongiorno! Sto leggendo un libro che si sta creando in silenzio uno spazio nella mia mente come rare volte mi accade. Un libro che racconta di una ragazza che lavora con i fiori in una serra e li vende e che accudisce il padre malato in una grande casa sul mare. C'è una nave grigia che copre l'orizzonte e un cane nero da guardia.

A un certo punto di notte arriva un uomo già ferito che il cane azzanna distruggendone le poche forze. La ragazza dovrà occuparsi anche di lui. Non c'è altro. Anzi c'è tutto. C'è anche una soluzione che l'autore trova sul linguaggio, sull'incomunicabilità tra mondi diversi che ho trovato straordinaria. C'è una scrittura nuovissima ma che sembra arrivare dall'eternità ed essere sempre stata lì ad aspettare il lettore. Bello. Sorprendente. La cura, di Andrés Beltrami, editore Fandango.

A questo libro, come per Io sono Febbraio di Isbn, era associato un piccolo contest di racconti. Trovate qui tutte le informazioni. Poiché nell'arco della storia diventa importante una lettera d'amore, il concorso consisteva nel redigere una "lettera d'amore mai spedita", di quelle che la gente tiene nel cassetto. Ho partecipato anche io, con una lettera che voglio mettere qui sotto per voi, per non lasciarla, appunto, nel cassetto, o nel semi-cassetto visto che qualcuno l'ha già letta! :) Cosa ne pensate? Su questa atmosfera ci sto scrivendo una storia più lunga.

Buona domenica amici.


Caro bambino dei gialli.

Ero la bambina dei rosa all’asilo. Con il caschetto. I capelli castani. Quella con le scarpe blu e le calze bianche che si arrotolavano sempre sulle caviglie. E il grembiule rosa, inevitabilmente.

Era il 1984. Io ero una bambina con pochi sentimenti. Forse ti ricordi di quella fascia bianca sul mio braccio sinistro. Dove adesso ho una cicatrice. Di quel pomeriggio in cui ci siamo arrampicati tutti sugli alberi e le maestre impazzivano. Che sono caduta ma non mi ha visto nessuno. Tranne Floriana, la bambina bella con i capelli biondi. E il giorno dopo sono tornata con la garza e tu hai guardato per un secondo il braccio e sei tornato a giocare con gli altri.

Ti chiamavi Marco. Eri un bambino silenzioso, con gli occhi castani. Ti guardavi intorno e avevi una macchinina preferita che tua mamma ti lasciava nella tasca del grembiule giallo. La macchinina era rossa. Avrei voluto proporti di giocare ma non osavo, mi agitavo, preferivo non parlarti nemmeno.

Un giorno le maestre ci hanno messi in fila e ci siamo dati la mano. Mi ricordo che la tua mano piccola da bambino era delicata, però da maschio. Poi è arrivata mia madre a prendermi, alle quattro, ed è stato come se un destino ci allontanasse.

A quattro anni c’è già il destino, ed è spietato.

Non sapevo ancora niente di amore. E ancora oggi è così. Ma per me, pur non comprendendone le ragioni, era sempre importante che tu ci fossi all’asilo. E i giorni in cui mancavi me ne accorgevo e scendeva dentro quelle mura colorate un’ombra di tristezza.

Ti cercavo con lo sguardo, e vederti colorare con i pennarelli o usare il pongo era un segno che le cose andavano per il verso giusto. Cercavo di sedermi a due bambini di distanza da te alla mensa. Ti pensavo. Come pensavo a giocare, a bere il succo di frutta, a tentare di andare in bici senza rotelle e a vivere. Era tutto amalgamato insieme, e aveva un senso normale.

Tu eri come tutte le persone che ho amato. Qualsiasi parola sarebbe stata inutile.

La bambina dei rosa.

p.s. è un racconto di fantasia, ho usato però un nome di una bambina che ho conosciuto davvero. il nome del bambino invece è simbolico e universale. cambiando ben 3 asili nella mia vita, i nomi ricorrevano uguali tutte le volte.




sabato 19 marzo 2011

Wish Tree.

Ciao. Oggi sarebbe giorno di desideri...

C'è un po' quest'atmosfera da Sabato del villaggio. Vi dico che sono una di quelle persone che vorrebbe stare sempre in vacanza ma al tempo stesso non può fare a meno di faticare. Bello!

Ecco, dicevamo che sarebbe giorno di desideri, perché c'è questa rubrica qui su Tazzinadicaffè che si chiama Wish Tree etc. etc.

La verità, perché voglio essere sincera, è che oggi io non desidero niente. Non che non abbia qualcosa da desiderare in effetti sulla carta. Ma quello che dovrebbe essere non sempre corrisponde a quello che in effetti è. Mi mancano oggettivamente così tante cose per essere felice: se ne accorgerebbe chiunque con un colpo d'occhio. E le desidero anche e con tutta me stessa, quelle importantissime cose. Alcune non le perdo mai di vista. Però oggi. Non so. Non mi va.

Ieri, uscendo dal dentista, camminavo nel centro di Torino col mio bell'effetto dell'anestesia sulla guancia e sul palato. C'era tantissima gente che aspettava Napolitano; auto blu, camionette della polizia. A un certo punto, uno squarcio nel silenzio sabaudo e composto: "Lapo, Lapo". Mi giro anch'io per vedere Lapo. E invece era il fratello, John Elkann, con la bellissima moglie Lavinia e Marchionne.

La gente confonde Lapo con John. Niente così, ve lo volevo dire. Poi loro camminavano e quella stessa gente scattava fotografie, sembrava lo zoo. Una che fotografava, quando il gruppetto di personaggi e guardie del corpo si è allontanato, ha esclamato:"quanto se la tirano!". E io ho pensato che mi sembravano più che altro delle zebre e che non c'era niente di divertente. E poi che se li fotografi in quel modo bramoso e li guardi così è normale che un po' se la tirino.

La gente è ottusa. E confusa. E io non mi sento parte di tutto quello né di quell'altro, né di nulla. Me ne sono tornata a casa a piedi, io e il mio dente, sotto la pioggerella di raggi di sole delicati come primule gialle.

Ma non sono triste. Né rassegnata. Semplicemente oggi sto bene così. Non ci avevo mai fatto caso. A tutti quei momenti in cui la mia vita mi va bene così com'è. C'è sempre questo tarlo, questo tizzone ardente che ci punge le chiappe a fare fare, migliorare. Certo, è ovvio. E per me che sono la persona che più si allontana dalla perfezione che potete immaginare è ancora più sicuro che dovrei sentirmi a disagio per come sono ora, così precaria in tutto, e in eterno difetto.

Perché tante cose non le so ancora ottenere, non le ho ancora ottenute. Tuttavia. Sembrerà così strano. Ma oggi, forse perché è sabato, mi sento come quegli animali della savana che si vedono nei documentari, mentre se ne stanno lì, e si vede la loro pancia tesa e liscia che si solleva ritmicamente al tempo del respiro. Guardano il paesaggio. Sanno che qualcosa non va. E non sanno cosa accadrà domani. Eppure se ne stanno quieti a cercare l'ombra, con lo sguardo mite e feroce insieme. Qualcuno potrebbe dire che noi siamo uomini e non animali.
Ma infatti era solo una metafora :)

Quindi niente, oggi la Bottega dei Desideri resta chiusa per ferie!
Buona serata!

c\_/



venerdì 18 marzo 2011

Giorno di silenzio per il Giappone.

Aderisco anche io all'iniziativa del mondo dei blogger di osservare un giorno di silenzio per la tragedia che ha colpito il Giappone. Potrebbe essere un'occasione per dedicare del tempo a capirci qualcosa di più e a sostenere i giapponesi: chi può, con una donazione, chi non può, con un pensiero.

Grazie a chi passa di qui! A domani e buon week end.

Per altre informazioni: qui

giovedì 17 marzo 2011

150° anniversario Unità d'Italia.

Ieri sera ho ascoltato il breve discorso televisivo di Napolitano sul centocinquantenario dell'Unità d'Italia. Ricordando come tutti in effetti abbiamo le nostre difficoltà, diceva che apparteniamo però sempre a qualcosa di più grande. Giusto! In questo caso una Nazione che prova a restare unità. Credo sia importante concentrarsi su questo, sul far andare bene le cose proprio quando sembra un'impresa impossibile.

Quanto a me, di madre siciliana e padre piemontese, mi sento, come tanti, il sangue di due rappresentativi opposti del Paese. Un po' l'esempio di come due cose molto lontane da ogni punto di vista possano avvicinarsi tanto da dare anche frutti. Questo gesto di mettersi insieme, di unirsi, è stato decisivo per tutti noi e facciamo ancora fatica a capirlo. Non credo sia importante comunque amarsi alla follia, ma rispettarsi, capirsi e lavorare gli uni al fianco degli altri senza farsi male. Ce la faremo? Spero di sì. Intanto oggi è un giorno di festa, ed è spuntato anche il sole, mi sembra di capire, un po' ovunque.

Auguri italiani che leggete questo blog. E poi un pensiero particolare ai giapponesi che vivono qui e agli italiani che si trovano in Giappone in queste ore.

mercoledì 16 marzo 2011

Ombrello arancione.

Cosa ci facevo alle quattro meno un quarto in centro di fronte a tre mucche con la faccia bianca e quello stupido ombrello arancione rotto sotto la pioggia? Passavano solo tram numero 13. Posso mangiare solo cose liquide. Ci sono cose che non vorrei sapere, che non mi importano. Oggi il mondo è massimalista e va molto al contrario. Ma io sono interessata a pochi argomenti, tanto che non ci faccio neanche caso e penso solo a una certa vendemmia. Penso che non assomiglio affatto alle opinioni che gli altri hanno di me. Penso ai racconti che ho ascoltato. Penso a non pensare. Mi piace stare molte ore in silenzio.

Perché dico questo? Perché oggi è un mercoledì nel mezzo del nulla, e lo voglio celebrare così.

martedì 15 marzo 2011

Domande ai lettori.

Ogni tanto avrei voglia di chiedere a voi che leggete delle cose. Perché se leggete il mio blog abbiamo qualcosa in comune. Così ogni tanto vi farò delle domande. E chi ha voglia di rispondere può rispondere. Gli altri niente. E la cosa è aperta chiaramente anche a voi, che siete capitati qui per caso, cercando su Google cose come "carta d'identità", "Erika e Omar" o "caffe" senza accento.
Non sono impazzita (ma non sarei pronta a risostenerlo intabarrata nei lacci della macchina della verità dei criminologi della TV); volevo solo chiedere: qualcuno di voi ha mai partecipato a una vendemmia? Perché io sì, credo, quando ero molto piccola, ma non mi ricordo quasi niente.
Mi raccontate qualcosa? Vorrei sapere/ricordare quella sensazione. E un giorno nella vita vorrei partecipare a una vendemmia. Il problema è che ho troppa paura dei ragni e non so se riuscirò mai a fare questa cosa. Nel frattempo avrei bisogno di racconti sull'argomento, per avvicinarmi all'idea. Sapete di romanzi che parlano di vendemmia? Film? Canzoni? Opere d'arte? Altro?

Bene. Detto questo, torno alle mie occupazioni, sì: mi scade un altro contratto di lavoro tra 15 giorni, ho perennemente mal di denti ma ho promesso di non dirlo, e il cielo è sempre più grigio a Torino. Ma come vedete non perdo di vista il mio buonumore e la mia progettualità campagnola. Dovreste farlo anche voi, funziona.

Comunque, trascurando le mie attuali condizioni precarie di vita e sperando in una vostra gradita risposta, vi invio un cordiale saluto. Ah sì, e buona giornata! Ah, sì, e buon caffè. Ah, sì, e thank you for reading.

:)

lunedì 14 marzo 2011

My Favorite Things.

Cosa mi piace oggi? Le mie favorite things? Mah. Cari lettori di tazzinadicaffè. Suona bene :) Comunque, cari amici. Se dovessi dire le mie F-things reali di oggi sarebbero solo cose che favoriscono il sollievo dai piccoli fastidi della mia vita. Parlerei di frullatori e minipimer (poiché Dente ora si è trasformato in Denti, in un chiasmo diabolico per il quale non posso masticare da nessuna parte, ergo faccio lo sciopero della fame a frullati come Pannella, unico vantaggio: dimagrisco), parlerei di dispositivi antiasma. Parlerei di ibuprofene, e di mille altre similia.

Quindi ho deciso: oggi la realtà non mi convince.

Ecco pertanto le mie favorite things oniriche. Solo per voi.

1) un vestito ricamato di bianco, che ho indossato su un palcoscenico per quello spettacolo di cui non sapevo le battute.

3) l'aria tra i capelli la volta che ho volato sul giardinetto sotto casa, era il 1986.

4) quei pavoni blu.

5) la penna usb dorata.

6) il ragazzo con gli occhi azzurri che poi ho conosciuto davvero.

7) la bambina piccola.

8) Kafka che diceva il titolo di un libro che non esiste.

E le vostre? E le cose più belle dei vostri sogni? Buon lunedì, se vi pare.


domenica 13 marzo 2011

Letturedomenicali+tazzinadicaffè.

Penso molto al Giappone in questi giorni. E penso molto all'infanzia. La mia, quella degli altri. Penso al mondo dei bambini, alla bambina che ero io a quel che resta di quei giorni.

A proposito, l'autore di cui ho iniziato un libro oggi è Kazuo Ishiguro (giapponese naturalizzato in Inghilterra), ed è colui, tra le altre cose, che ha scritto a fine anni Ottanta Quel che resta del giorno, da cui è stato tratto il film con Anthony Hopkins e Emma Thompson.

Ecco, oggi ho iniziato questo romanzo: Non lasciarmi. Einaudi, 2006. L'ho solo iniziato, perciò posso dire quello che ho pensato fino a qui. Sono a pagina 50, se può interessare.

C'è un mondo altro, per quanto molto simile alla realtà. E un gruppo di bambini (poi adolescenti, con balzi temporali), che crescono in un collegio, che non è proprio un collegio, Hailsham, è, appunto, un mondo da decifrare, dalle regole tanto ferree quanto misteriose. Loro vanno a scuola, giocano, stanno insieme, parlano nel buio delle camerate, si affidano alle varie Miss (le professoresse) che li spingono morbosamente alla creatività a tutti i costi e a una certa Madame, che però ha paura di loro, "come si ha paura dei ragni". L'atmosfera oscilla tanto, bisogna tenersi forte. Da momenti reali e rassicuranti, a qualcosa di oscuro che un po' spaventa.

Tra loro c'è la voce narrante, mentre racconta ha trentun'anni. Kathy. Per questo mi sono subito appassionata. Anzi, sono entrata nel libro dalla porta principale. Perché a lei succede, in queste prime pagine, quello che sta succedendo a me: ha voglia di ripensare al passato, per mettere a posto i ricordi. Insieme a due amici, Ruth e Tommy - in queste prime pagine si esplora un po' lui, per ora un ragazzino che si arrabbia spesso, bravo atleta ma vittima di continui scherzi spietati da parte degli amici, che a un certo punto inizia a cambiare e le cose gli vanno bene grazie a questa frase, pronunciata da una Miss:

"Forse non ti sarà di grande aiuto. Ma ricordati di una cosa. C'è almeno una persona qui a Hailsham che la pensa diversamente. Almeno una persona che pensa che tu sia un ottimo studente, il migliore che abbia mai conosciuto, non importa quanto poco tu sia creativo".

Si capisce già da queste pagine che la storia sarà la loro storia (hemm, poi ovviamente lo si desume anche dal risvolto di copertina, chiaro). Un crescere insieme, un affrontare il mondo, quel particolare mondo e tutte le difficoltà e le conquiste che verranno.

"Forse da quando avevi appena cinque o sei anni, e sentivi quella specie di sussurro in fondo al cervello che diceva: 'Un giorno, forse non molto lontano, imparerai come ci si sente'".

Un libro per tornare lì. A quel sussurro di fondo, con le orecchie però di chi sa già un po' come ci si sente. Un bel privilegio. Esperienza da fare!

Hey, e buona serata.

:)

sabato 12 marzo 2011

Wish Tree.

Come vi avevo raccontato qui, l'idea del Wish Tree l'ho avuta pensando ai progetti artistici di Yoko Ono. Il tree che immagino io di sabato è proprio un piccolo bonsai che tutti potrebbero tenere in casa sul davanzale e legargli delicatamente i biglietti con i desideri ai rami.

Oggi ogni pensiero porta al Giappone, dove le scosse, l'esplosione nella centrale nucleare di Fukushima, le moltissime vittime e i dispersi stanno configurando una delle peggiori tragedie degli ultimi anni.

Il mio desiderio è solo per loro, per i giapponesi coinvolti, che abbiano un sollievo da tutto questo.

venerdì 11 marzo 2011

Giappone.

Volevo scrivere il post sul carnevale di Ivrea e raccontarvi di assurde avventure. "Cambiare decisamente registro", come dicono i giornalisti, dopo gli ultimi post vagamente laconici. L'ultimo soprattutto, che ha scatenato alcuni equivoci, che ho cercato di chiarire nei suoi commenti :)

Ma è proprio dal telegiornale e dai giornali che arriva una notizia impossibile da ignorare: lo tsunami in Giappone. Parlavo di Giappone proprio l'altro ieri con un amico via mail. Gli raccontavo della mia lunghissima "carriera" (per dire eh) nel mondo delle arti marziali. Tredici lunghissimi anni di Aikido! Ho iniziato da bambina, fino poi a diventare cintura nera (!). E insegnare anche in una scuola materna. Poi ho smesso. Le cose sono cambiate. Quasi non mi riconosco più. Ma alcune cose le ricordo ancora bene. Tra tutte, il mitico maestro giapponese!

Quanto ho amato quella cultura, quel loro cinema così diverso dal nostro. La delicatezza, la levità di certe loro sfumature. E la violenza, l'asprezza, il gelo che sanno creare. (Avete presente Stupore e tremori di Amélie Nothomb?). Sono arrivata così vicina al Giappone, da vestirmi come loro tre/quattro volte la settimana al dojo, ragionare come loro, fare il saluto come loro, sentirmene a volte addirittura un po' i tratti somatici addosso. Quanto ho camminato a piedi nudi sui tatami di tutta Italia? Quante dita piccole mi sono rotta. Ci sono cresciuta sopra. Ho usato le spade, i bastoni, i coltelli di legno. Ho guerreggiato contro gli uomini, e ho vinto :), ho sudato, ho sofferto, ho respirato, ho meditato, mi sono specchiata, ho imparato a leggere ad alta voce in pubblico, ho fatto capriole come una bambina fino a diventare adulta, quante docce negli spogliatoi, quante lacrime anche, quanta fatica, quante volte, letteralmente, sono caduta e mi sono rialzata. Lì sul posto, però, non ci sono mai stata. Ed è rimasto ancora un bel sogno.

Adesso sapere che quella terra-sogno sta tremando, che stanno morendo le persone, e distruggendosi i luoghi, che onde di 10 metri stanno travolgendo le sponde di Sendai, mi fa male.

Questo post è solo per esprimere la mia solidarietà alle già molte vittime di questa tragedia.

giovedì 10 marzo 2011

Sylvia e Julia.

Due sedili uno di fronte all'altro sul pullman. Loro sono sedute su quello che va nel verso giusto. Sylvia ha in braccio Julia, di un anno e nove mesi. Io mi siedo su quello che va al contrario. Appena mi vede, la bimba, che era concentrata a guardare fuori dal finestrino, mi tira uno schiaffo sul ginocchio. E si mette a piangere. Voleva il sedile vuoto, è una cosa da bambini. Ma per un istante ne soffro davvero. Mi ferisce. Scopro il potere dei bambini. Poi Sylvia rimprovera Julia. "Oggi è nervosa". Mi dice. Accento slavo. "Adesso la lascio al nido. Spero che me la tengano tutto il giorno". "Ah". Rispondo. Julia si è calmata.

mercoledì 9 marzo 2011

Racconto.

Ciao! Ieri, come forse avrete letto, mi sentivo una sfigata! Non che oggi, hemm, sia cambiato qualcosa (anche perché successivamente al post ho scoperto di aver perso anche a un altro concorso di racconti cui tenevo altrettanto: e ahia, che dolore. Bingo!). Tuttavia nottetempo ho riflettuto. Un po' mi vergognavo di questa cosa, di queste sconfitte, ma pensandoci bene "perdere" non significa che ciò che si è fatto non abbia un valore in assoluto. O perlomeno non sempre c'è una corrispondenza biunivoca. In più, a questo tipo di concorsi partecipano sempre in tanti e di bravi scrittori ce ne sono molti: non credo sia facile scegliere. Così ho rimuginato un po' e ho deciso una cosa.

Premessa: poiché voi mi scrivete delle cose belle, che mi colpiscono, leggete questo blog con un affetto incredibile che non so nemmeno se lo merito, che mi migliora davvero la vita e non lo dico così per dire. Ecco ho pensato di regalarvi il racconto.

(Il primo concorso al quale mi riferivo ieri era quello di Isbn Edizioni, qui, una casa editrice davvero interessante e bella. Il tema aveva come unico limite quello di ispirarsi al romanzo Io sono Febbraio, che personalmente ho adorato: qui ci sono le prove !! E raccontare quindi di un febbraio-inverno che non finisce mai).

Spero che a qualcuno di voi possa incuriosire il mio racconto. In fondo è quello che mi piace fare e non so fare molto altro e ho fatto del mio meglio e oggi evidentemente mi piace il verbo fare!

:)

Titolo: Io sono ghiaccio.

Maggio. Intervista.

Sul mio sito hanno sbagliato la data di nascita: 8 febbraio. Ma non del 1987. Sono nata nel 1988. Sì, ma non importa. Hanno anche scritto che mi piace tanto la musica classica, ma non è proprio vero. Sì, l’ascolto, ma più per il lavoro, per le gare. Sì, mi alleno qui. Al Palazzetto. Al Polifunzionale. Sì tutta l’estate. Tutto l’autunno. Tutta la primavera. Per il Programma Libero, per le competizioni invernali, sì mi alleno tutto l’anno. Sì è vero. È divertente? Non so. Non tanto. Dovrei dire di sì. Ma non sarei onesta. Però mi piace gareggiare, anche se sono tanto giovane, questo ormai è il mio lavoro. La mia passione. Sì, la mia vita. Mi piace l’Italia? Sì, ci sono nata, non ci vivrei nel futuro, ma fino alle Olimpiadi starò qui. L’amore? Sì, sono innamorata. Ma è difficile e complicato vedersi, per via degli allenamenti. Sì, per gli allenamenti. Sorriso.

Giugno. Programma Libero. Allenamenti.

Prima di iniziare, la pista sembra un lago fermo, durante l’esibizione, con il buio, sembra un lago di mercurio. Io sono qui, di fronte a questa lastra di ghiaccio, mentre tutti i miei compagni di scuola sono al mare. Mentre tutti sono al sole, è vero, io sto qui. Salgo. Mi piace la polvere che faccio con le lame dei pattini bianchi. Questi li adoro, li uso nell’allenamento. Mi piace stare sola, senza pubblico. Ad esempio so che quando faccio la sequenza di passi in linea retta, verso la fine della gara, la gente applaude. Ok. È bello. Vuol dire che è andata bene. Ma prima, nella massima concentrazione, non li sopporto. Mi sembra di sentire tutti. Quasi ascolto i loro stupidi pensieri, il battere di ciglia. Il respiro. Ne ho paura. Ho gli attacchi di panico. Gli attacchi di panico arrivano senza una ragione. Ma se c’è il pubblico è più probabile. Di solito cado. Devo fermarmi, uscire dalla pista. Non lo auguro a nessuno. Ti sembra di morire. Hai le ginocchia ghiacciate. Oggi per tutti è già estate. Per me è sempre inverno.

Luglio. Programma libero. Allenamenti.

Le spirali mi piacciono. Il triplo flip anche. Il doppio axel sì. Mi piace. Il tolup è doveroso farlo bene. All’ultima gara ho fatto un flip semplice, non il triplo, non ce l’ho fatta, ho avuto paura. Al cambio filo mi sento più leggera. Mi piace alzare le braccia, muovere le braccia come una farfalla che vola. Lì mi sento una ballerina. Ma per la maggior parte del tempo mi sento una pattinatrice e basta. Una che rischia di farsi male davvero. Una che cade. Piena di lividi. Il freddo del livido è nelle mie ossa. Ho il sangue blu. Per me non finisce mai. Il mio ragazzo è in vacanza. In Sardegna. Sì. Io sono qui. Devo stringermi la caviglia tra le mani, tenere la gamba tesa. Girare su me stessa. Per sei secondi. Di più. Mi piace fare i cerchi sul ghiaccio con le lame. Mi piace. Sì. La polvere del ghiaccio. Quel rumore sia leggero che compatto. Mi sento una principessa, questo è vero. Nell’allenamento tengo i pantaloni, non mi piace la gonna a tutti i costi. A volte mi sento in un recinto, come un animale in gabbia. La mia famiglia viene a trovarmi. Poi vanno al mare anche loro, questo sì. Io mangio poco.

Agosto. Programma libero. Allenamenti.

Lup. Lup. Il lup lo farei in eterno. È tra i miei preferiti. La parte bella anche del mio sport è questa cosa del camminare all’indietro. La mia vocazione è nata così. Quando ho iniziato a scivolare all’indietro era qualcosa che gli altri non sapevano fare. Sentirmi forte e veloce. Unica. Scappare anche, ma farlo bene. Saltare, ma in una direzione sconosciuta. Scappare dagli attacchi di panico ad esempio. Vincere dei premi così prestigiosi mi ha aiutata, certo. Ma non tanto con gli attacchi di panico. Per un periodo veniva qui una psicologa. Mi ha aiutata. A volte sembra che il freddo mi entri nei pensieri. E poi gli attacchi di panico si ripetevano sempre uguali. E scivolare, correre scivolando e i giri, otto giri su me stessa, cose fondamentali per me, ma possono anche spaventare.

Settembre. Programma libero. Allenamenti.

Ricordarsi di sorridere. Sorridere prima del salto. E non dopo il salto. È molto importante. Prima. Negli attacchi di panico, ad esempio, si gioca tutto nel prima. Se riesci ad anticiparlo, l’attacco è lieve, lo tieni sotto controllo, più o meno, ti ricordi che tu sei così, sei fragile. Ma se perdi il momento, l’attacco, come nel salto, ti ha in pugno. Quindi ricordarsi di sorridere prima. Prima, prima, prima. Questo colpirà i giudici. Il pubblico sentirà che sto bene. Che sono in forma. Che mi sono ripresa dalla caduta. Quando cado sento il ghiaccio sotto le mani. Quando cado respiro la polvere del ghiaccio, che mi entra nei polmoni. Io in quel momento sono di ghiaccio, sono il ghiaccio, sono ghiaccio. Mi devo rialzare nel più breve tempo possibile. Uso molto le braccia. Mi piace l’odore che c’è al Palazzetto. Mi piace la felpa bianca che metto dopo l’allenamento.

martedì 8 marzo 2011

My Favorite Things.

Non vi dico come mi sento. Perché riguarderebbe per lo più Dente (non il cantante eh) e ho promesso di tacere al suo riguardo.

In più sono anche un po' triste in generale: è solo martedì, sono pallida come un cadavere e ho perso a un concorso bellissimo di racconti a cui tenevo (però davvero complimenti ai vincitori) e in effetti, è giusto dirlo, mi sento proprio una gran sfigata, una creep, una weirdoooooo.

:)

Ma adesso che ci penso io non ho mai vinto nulla (tranne un tv color di sottomarca a una tombola di Pasqua in panetteria e, arghhh, l'avevo scordato, pure una proverbiale borsa di studio: niente, in effetti sono già stata abbastanza fortunata).

Comunque: chillout e favorite things for all:

1) le vitamine.

2) le mensole.

3) le cartelline portadocumenti.

4) i cavolfiori.

5) chi sa risparmiare un'umiliazione.

6) la tempesta prima della quiete.

7) le offerte al supermercato.

E le buone settimane, come spero sia questa per voi!


lunedì 7 marzo 2011

Il libro italiano del decennio?

Buonlunedì. Oggi mi unisco a un'iniziativa dei blogger Chiara di In Between Words e Giulio Passerini di Who's the reader?

L'idea è quella di trovare IL libro italiano del decennio.

Ce la faremo? La risposta è che ci serve il vostro aiuto (sotto forma di commenti ai blog) di lettori e amanti dei libri e sfogliatori di pagine cartacee o virtuali, spettatori di copertine e in generale appassionati di letteratura, ma anche saggistica, ma anche poesia, ma anche qualsiasi altra cosa purché si tratti di parole usate per dire qualcosa di interessante o bello o entrambi. Ed è per questo che vi propongo un sondaggio:

Secondo voi qual è il libro che maggiormente ha segnato l'immaginario collettivo degli ultimi 10 anni?

Le vostre proposte sono importanti e non andranno certo perdute. C'è anche un progetto legato a questo sondaggio, su cui Chiara e Giulio stanno lavorando e che io ancora non so e quindi non svelo, ma potrebbe riguardare le copertine...).

Nel frattempo, buon inizio settimana.


domenica 6 marzo 2011

Letturedomenicali+tazzinadicaffè.

"(la mano che non si può mordere si bacia, dice un adagio cinese)". Ed è questa la frase tra parentesi che trovate a pagina 70 e vi fa capire le ragioni di un titolo: La mano che non mordi, piccolo stupendo romanzo di Ornela Vorpsi, uscito per Einaudi nel 2007. Lei è nata a Tirana, vive a Parigi e scrive in italiano. Scrive benissimo in un italiano cosmopolita perfetto e luminoso. A me è piaciuto particolarmente questo viaggio-nonviaggio che esordisce dicendo: "Viaggiando, ho capito profondamente di non essere un viaggiatore".

Perché però questo è più di un viaggio e comunque non è un viaggio in senso convenzionale: è una vita condensata in una fiala trasparente dove si può vedere tutta la fatica, il dolore, l'angoscia di una ragazza bellissima e albanese che prova a vivere in Italia (straordinarie certe scene milanesi o romane, ad esempio da pagina 54 a 57) e che comunque non hanno niente a che fare con la violenza impossibile di restare nella propria terra.

La protagonista del romanzo deve partire dalla città in cui si è per lo più stabilizzata, che è Parigi, per un viaggio a Sarajevo dove un suo amico ha iniziato a soffrire di un male misterioso. E tutto il libro è il volo anche mentale andata e ritorno da questa esperienza straniante, con nel mezzo una serie di illuminazioni e considerazioni lampeggianti, dettagliate, vere, lucide e intense.

Un percorso che salta continuamente nel tempo e nello spazio tra passato presente e futuro e tra Italia, Francia e Balcani, con gli occhi spalancati di una persona prima disperata, poi privilegiata. Nell'impossibilità eppure lo sforzo estremo di assaporare le proprie fortune senza dimenticare lo sforzo di averle ottenute. Una scrittura unica, ricca, intarsiata spontaneamente come un cristallo, essenziale. Se potete, leggetela !!

E buona domenica piena di sunshine :)

sabato 5 marzo 2011

Wish Tree.

Questa notte ho sognato di dover fabbricare un cappello/visiera/corona con dei cartoncini colorati, come fanno i bambini dell'asilo ad esempio quando c'è una festa o è il compleanno di qualcuno (almeno nel mio asilo, anzi nei miei asili, ma questa è un'altra storia, funzionava così). Il guaio era che questo cartone azzurro, nel sogno, non bastava mai ed era troppo stretto. Oppure, di colpo, appariva troppo largo e mi cascava giù sulla fronte.

Ricordo però piacevolmente la sensazione di ritagliare con le forbici. Era una cosa facile e rasserenante. Così il mio desiderio di oggi è quello di riuscire a fabbricare il mio copricapo perfetto, quello adatto a me. E per uscire dalla sottile metafora: desidero sapermi ritagliare la realtà che mi piace, quella in cui mi sento bene e al sicuro, la miglior vita possibile.

Ora scrivo quest'unico desiderio e lo appendo, come ogni sabato, ai rami del wish tree.

E poi vi saluto allegramente, sperando in un buon we for all.

venerdì 4 marzo 2011

Dente.

Ed eccomi qui. Già tornata dal dentista. Erano due settimane che mi preparavo, e invece niente. Egli è ancora tra di noi.

C'è anche un cantante che si chiama come lui. Ma in questo caso, mi riferisco proprio al mio Dente personale.

Dopo la piccola lastra per scoprire in che condizioni versa il nemico, ho pensato bene di spiegare al dentista che in effetti la mia mascella da qualche anno scricchiola in modo imbarazzante. Per dire: il mio fidanzato se avvicina la sua guancia alla mia, riesce a sentire i rumori.

E così lui (il dentista) legittimamente allarmato si mette a occuparsi di questa situazione. Il tempo scorre. Ha finalmente limato tutti i denti per bene, tanto che mi sembra di avere un'altra faccia. Il tutto è inquietante ma bello. Però, ops: non c'è più tempo per curare Dente.

Dente dovrà restare così. Fino al. Santo Cielo, non riesco neanche a scriverlo. Dovrà stare così per tantissimo tempo. Poi un bel giorno finalmente verrà disintegrato con una terapia canalare. Un ultimo sguardo distratto allo studio dentistico e chi si è visto si è visto.

Nel frattempo, benché nervosissima e triste, ho fatto un giuramento (ovviamente incrociando le dita dei piedi): non penserò più a Dente!
Lo ignorerò. Non mi lamenterò più. Gemerò e patirò in silenzio. Andrò avanti ad antidolorifici con leggerezza, come fossero frisk. Tutto bene.

E buon weekend a voi e alle vostre gengive, da parte mia e di Dente.

giovedì 3 marzo 2011

Genni.

Ha un orecchino a forma di elefante. Un paio di All Star color prugna. Un codino anni Novanta. Tra i 30 e i 40. Giacchetta rossa. Rimmel. Piccolissima di statura, peruviana. Sul tram che carica i sopravvissuti alla partita del Toro. Tra due fuochi. Un gruppuscolo di old-torinesi che commentano furibondi la sconfitta del vecchio cuore granata e un agglomerato di ragazzi che commentano la stessa cosa, ma ridendo. Ci sono altre due donne. Una ha un broncio da bambina piccola perenne sulle labbra, mi fa paura. L'altra è un po' più strutturata, ma mi fa paura lo stesso. Genni guarda fuori dal finestrino. Si sta costruendo un mondo qui in città, ha due figli piccoli, lavora troppo.

La donna col broncio ha una sciarpa troppo stretta.

Quanto a me, non penso a niente, non riesco a stare dietro ai pensieri e alle mille progettazioni del futuro e del presente, penso alla cena che ho mangiato, agli stivali, ai guanti di lana, lascio andare tutto e vedo che è notte, c'è il profumo del parco che entra nel pullman, c'è un freddo cane, sotto un cielo nero e ventoso su cui sfilano le luci bianche degli aerei come linee di gesso su una lavagna scura.

mercoledì 2 marzo 2011

Piero.

Sul pullman. Piero. Centoventimila anni, a occhio e croce. Si accompagna a Carlino. Più giovane di lui. Amici separabilissimi e accomunati solo dal destino di essere diversi da tutti gli altri. Piero ha un cappellino in testa, Carlino un cespuglio di capelli sfibrati ed elettrici. Piero ha le stampelle, una collanina d'oro e parla ad alta voce. Carlino ha un cappotto nero e sta in silenzio.

Piero grida: Stanotte ho sognato mia suocera, che vuol dire? E Carlino lo guarda senza rispondere. Poi Piero dice, col suo solito tono: Oggi sono di ottimo umore. Sai perché? E Carlino niente. Allora Piero continua: A me piacciono solo le bionde. Per carità, le more le rispetto. (grazie!). Le saluto. Scambio anche due parole. Ma preferisco le bionde. E tu? E Carlino, di nuovo, come sempre e per sempre, niente di niente.

(Comunque non c'entra ma fuori c'è un clima freddo di primavera che sta per arrivare ma è ancora lontana, una specie di vento-non-vento, qualcosa di strano, che mi ricorda mille cose già vissute e al tempo stesso mi spaventa per la sua aria di novità).

Buon merc.

martedì 1 marzo 2011

My Favorite Things.

Eccomi-mi. In costante ritardo ultimamente: pensatemi con i capelli spettinati, le robe che escono dalla borsa, una sciarpa troppo lunga che non so come e dove appallottolare.

Ma comunque, a parte l'aver dimenticato il portafoglio in una tabaccheria, con conseguenze disastrose per la mia vita sociale ma per fortuna poi ritrovato da una gentile persona. A parte l'aver mal di denti (anzi Dente, che ormai ha preso la residenza da me e sta facendo le volture di gas e luce), le neverending bollette da pagare - nostre e di Dente - la mia situazione lavorativa che è un rebus, un unisci i puntini, una settimana enigmistica, un trova le differenze e non ultimo: una barzelletta. A parte un'ipocondria express sul fatto che non sto usando metà dei miei denti da due settimane (vedi Dente, n.d.R.), l'ansia del futuro, perché può sempre servire in questo appassionante viaggio chiamato vita, la scarsa autostima e l'incapacità di rispondere alla semplice domanda: come va? Più tanto tanto malumore da grigi cieli torinesi invernali, per il resto oggi tutto bene!

Quindi pensiamo alle favorite things, e niente panico:

1) il mio portafoglio, benché scarsamente pieno. Peraltro bellissimo, verde, comprato a Lisbona.

2) il telefono di casa nuovo. bianco con lucine blu elettrico (ti lovviamo).

3) i panini alle verdure.

4) twitter.

5) lo yogurt al pistacchio. (non sa di pistacchio ma ho apprezzato l'idea).

6) un'idea che mi è venuta anche se non so che senso abbia. in generale, l'avere un'idea quando credevi che il tuo cervello fosse stato ormai ipotecato al Monopoli.

7) il prosciutto crudo.

8) i pancakes, li ho fatti una volta sola ma non li dimentico.

E le vostre? E un ottimo fine-martedì a tutti.

!!