domenica 31 marzo 2013

Cacciatori di frodo.


Alessandro Cinquegrani, Cacciatori di frodo, Miraggi Edizioni


Era già stato finalista alla XXIII edizione del Premio Italo Calvino.
(cui molto presto vi spiegherò perché sono ora particolarmente legata con affetto).
E aveva anche partecipato all'Incubatore del Salone del Libro di Torino, altro luogo cui tengo particolarmente...  


Lo avevo con me da un po' di tempo, grazie agli amici di Miraggi Edizioni, amici cari, tanto cari. 


Ed è di venerdì la notizia ufficiale: Cacciatori di frodo sarà finalista anche al Premio Strega 2013. 

Lo so, se ne ascoltano tante di cose sui premi letterari. Se ne leggono, se ne percepiscono di illazioni. Ma io credo anche una cosa: fino a che non ho le prove tangibili di qualcosa, considero le voci che sento poco più di chiacchiere da bar (per quanto benemerite), essendo io fuori da qualsiasi logica di quel tipo, mi tappo le orecchie, me ne disinteresso, e spesso e volentieri le ignoro.

Dunque questa candidatura allo Strega ha per me del meraviglioso, proprio perché so, e di questo ho le prove, che la casa editrice in questione è avulsa da qualsiasi roba brutta, e il libro è bello davvero. Perché l'ho letto e posso dire quindi la mia opinione.

Ma tralasciando finalmente questa noiosa premessa sui premi letterari e le voci di corridoio, devo dire che sono proprio contenta che un simile romanzo stia facendo un percorso tanto prestigioso, perché spesso tutto ciò vuol dire maggiore diffusione presso un buon numero di lettori.

Questo è un libro complesso. Che personalmente ho letto in più momenti della mia vita. In più stagioni. Ricordo che faceva freddo, poi caldo, poi tiepido.

L'ho centellinato. Ecco. Non è facile centellinare, ne converrete. Specie le cose più belle o sconvolgenti. Vorremmo viverle tutte subito. Se qualcosa ci piace, o ci appassiona, o anche ci spaventa, diventiamo ansiosi. Diventiamo impazienti. Smaniosi, ed è lì che rischiamo di fare qualche danno. Ad esempio, anche solo, perderci qualcosa, perdere il gusto della lettura o di altro.

Perché ad esempio questo libro è tanto breve quanto denso, quanto profondo. Il suo linguaggio è così elaborato e raffinato che ogni pagina, ogni paragrafo ne vale cento quanto a impegno richiesto al lettore, impegno affettuoso. La lettura qui è un'impresa, una scalata in montagna. Un ingresso spirituale nel dolore, e nella bellezza immaginifica delle parole e della Storia. 

Per questo invece è sempre meglio dosare l'incantesimo. Conquistarsi una piccola gioia, o una piccola saggezza, poco alla volta. Come mettere (o prendere) tasselli di un mosaico. Solo alla fine ne avremo il senso compiuto, e non rischieremo di esserci distratti malamente nel percorso. E non rischiamo di soccombere rispetto alla paura che fanno i cambiamenti, i divertimenti anche, le esperienze, le novità, le emozioni, le storie ascoltate o vissute. 

Non per dire: ma questo processo, lento il giusto, gentile il giusto, protettivo il giusto, rischioso il giusto, non vi ricorda qualcosa? A me pare un gesto d'amore, come proprio si costruisce l'amore tra le persone. La lentezza, che è l'unica arma che abbiamo contro l'affanno, e contro, appunto, la paura.

L'amore per questa storia sarà di quelli forti. Di quelli importanti, come ne capitano pochi. La storia comincia nel dolore, in un dolore astratto, rarefatto, quasi dolce, quasi lieve, quasi poetico eppure incomprensibile, bisogna credere che sia avvenuto qualcosa, ma non lo si capisce subito. 

Vero o falso, penso mentre percorro il binario morto della ferrovia, dodici chilometri suppergiù, e vado a riprendere mia moglie che aspetta che il treno le faccia cadere la testa giù dall'argine e nel fiume, vero o falso, in questa fresca mattina d'autunno, penso, devo cercare di tenerlo sempre presente, non farmi sorprendere, non farmi sorprendere dalla confusione del vero e del falso, una riga a metà, o da una parte o dall'altra, devo distinguere le cose vere dalle false, penso, mentre mi porto la mia nuvola al guinzaglio, una manciata di metri cubi di acerba espiazione che mi porto al guinzaglio, io, penso perché se per un attimo molli la presa, in questo mondo bloccato, qui verso l'argine sul fiume, nei giorni tutti uguali uno dietro l'altro, uno uguale all'altro, se appena molli la presa ti sorprendono nuvole e fumi, no, devo distinguere, dico, tenere presente cosa è vero e cosa è falso, o vero o falso.

Ripetizioni. Cantilene. Bisogna concentrarsi molto, come entrare in un posto sacro, dove la gente sta pregando e tu no. E tu non sai, e non sei nessuno. Non conosci i loro codici, i loro rituali che pure in poco tempo diventano la cosa più importante per te, occupano tutto lo spazio della tua mente, e non puoi più farne a meno.

Concetti che si avvitano uno sull'altro, che crescono, come l'elica del DNA, fino a formare un'identità di voce potente, cristallina, decisa.

La contemporaneità, che attanaglia tutta la storia, incide su una narrazione che pure, come accade solo nei capolavori, vi risulterà già ormai senza tempo. Lo sfondo è un Nord-Est brumoso, sul Piave, fluviale e ostaggio di misteri. 

E le tinte del grande romanzo tragico ci sono tutte: una tragedia famigliare grave, il senso di colpa che uccide, un certo fondamentalismo cattolico (che uccide), l'allontanamento e la ricerca continua del bene, e dell'amore vero, di cui non si sa mai nulla di nulla. Un cupo canto insieme delizioso. Mai lirico, sempre misurato. E un tragitto, anche fisico, che compie Augusto attraverso i cacciatori di frodo (cioè illegali) che agiscono attorno a lui, mentre tutte le mattine traccia sempre lo stesso sentiero per andare a riprendere una moglie disperata, che fugge, che ha perso il contatto con la realtà. Un tragitto che pure è quello della lotta contro i propri demoni, per restare sempre lucidi e cercare sempre un equilibrio anche nel peggio di tutto. 

Se googolate l'autore, scoprite poi che è un ricercatore di Letteratura comparata all'Università Ca' Foscari di Venezia. Deve essere un tipo introspettivo! Un critico letterario che qui ha dismesso i panni, ma che ha conservato una notevole, apprezzabile pillola di humus squisitamente letterario, che io ho trovato rassicurante.

Poi si potrebbe anche considerare che questo è un libro difficile. Sì, come le cose più difficili che potete immaginare. Durissimo, spietato. Senza pietà. Senza remore. Per ciò l'ho trovato ricco e degno. Della ricchezza che hanno solo le cose vere o che provano ad avvicinarcisi. La verità dell'ingegno, degli occhi coraggiosi che sanno guardare tutto, e prendersi cura anche di ciò che fa più male. 


p.s. Vi faccio tanti auguri di Buona Pasqua. Anche se ultimamente ho scritto un po' meno, sono sempre qui che leggo e vi penso. c\_/



giovedì 21 marzo 2013

E l'eco rispose...



C'è un motivo per il quale sono particolarmente affezionata a questo avvenimento. Il 21 giugno 2013 uscirà il terzo romanzo di Khaled Hosseini. Per Piemme. Vi dirò di più prima o poi. 

Per ora, se potete, fidatevi di me... comincia il countdown.

c\_/

mercoledì 20 marzo 2013

Taccuino di caffè.




Dunque. Il taccuino, come sempre, è qui per voi. 

Oggi me ne sono andata a Milano. Per faccende carine. Poi si è fermato il treno e altre cose bizzarre, senza molto senso, come se il mondo fosse un po' matto. Ma dicono che a marzo accade così. Però adesso lascerei la rete parlare al posto mio, per segnalarvi cose interessanti e che hanno catturato la mia attenzione in questi giorni.

Sarò breve!

 1) Gnammo. Come avrete intuito, non sono proprio una foodblogger. Però oggi ho scoperto questo. Un evento molto bello. Cene in cui si parla di temi digitali. Yum. 

2) Informazione Facile. Non so se vi avevo mai raccontato di questo sito. Scopritelo, se potete, vi dico che è stato utile a molte persone. 

3) Meraviglie allo stato puro. Guardate questo video!! (via LiberAria)

Musica per tutto questo?










giovedì 14 marzo 2013

Sad Books Make Me Happy.

No. Non è la setta dei poeti estinti.

Ma quasi. Forse meglio.

Ieri sera, ero ad ascoltare gli amici di Sad Books Make Me Happy. Gente fantastica ed einaudiana, ovvero Patrimonio dell'Umanità secondo le convenzioni dell'UNESCO.

Ed era mercoledì sera. Dunque, capite bene che ho trascorso un mercoledì sera con quelli dell'Einaudi. Quindi era il mio giorno fortunato ieri.

Al Bourrè, in via Bellezia 33 a Torino. Un luogo molto bello.

C'era un musicista che suonava.

E si poteva bere e mangiare.

Poi ciascuno poteva portare un libro, purché fosse il più triste della sua vita.

Ma davvero. Il più triste.

 
E poi leggere. Alzarsi in piedi e leggere quel pezzo lì, il più triste di tutti.






Ma non pensate che sia stato triste sul serio. Invece è stato felice. Avevo sempre desiderato una serata così. Frammenti di romanzi. Di tutti gli autori possibili, tra cui quelli che hanno costruito la mia mente. David Foster Wallace ad esempio. E quelli che non conoscevo, che voglio scoprire. Che vorrei conoscere. Volti concentrati. Coincidenze. Correre con la bici per arrivare in tempo. Tornare a casa con la bici in silenzio, sola con Torino silenziosa e triste, tristissima, bellissima. E molto altro.

Auguro a tutti una serata così. Una sensazione così. Poi, avevo anche un principio di tisi. Tantissima tosse. Che è molto poetico in certi momenti. E quel sonno dolce. Simile a un sogno. Auguro a tutti un piccolo sogno così.

mercoledì 13 marzo 2013

Taccuino di caffè!!



Ma come, è di nuovo ora del taccuino? Da queste mie parti in questi giorni il tempo vola. Davvero. Non so perché, ma mi pare di vivere a una velocità stranissima, ultrarapida, come quando un'onda del mare ti travolge e per un minuto non ti ricordi più chi sei. E pensi solo a nuotare.

Detto questo, la rete continua a sfornare come il miglior panettiere le sue delizie. E noi chi siamo per non restarne incantati e a bocca aperta?

Dunque. Cos'è che in questo mare bellissimo di delirio ed emozioni folli ha catturato la mia attenzione su internet al punto da volerne a tutti i costi parlarne con voi?

1) Essere donna oggi. La vita è tremenda. Tu vivi lì tranquilla, dimenticandoti di tutto, come un gabbiano che non deve fare altro che osservare l'orizzonte e già è bello felice, e invece poi le cose strane arrivano comunque, a ricordarti che anche nel 2013 noi donne siamo, per certi versi, e in certe circostanze, ancora molto. Molto. Molto vulnerabili. Non tutte eh. Non sempre. E non ovunque. Ma ancora non ce la passiamo sempre benissimo e allora mi sono fatta aiutare a sopportare questa consapevolezza e brusca presa di coscienza da questo video qui.

2) Telerebus. Io lo so che voi avete avuto una giornata difficile. C'è sempre così tanto da fare. Siete sempre in ritardo. C'è una scadenza. Poi un'altra. Un'attesa, una disdetta ma anche magari una bella sorpresa. C'è un impegno dopo l'altro cui tenere fede altrimenti chissà cosa vi può mai capitare. Bene. Quindi, infatti, per voi è giunta l'ora di mollare tutto e di risolvere un Telerebus. Non ve ne pentirete, fidatevi di me!

3) New Yorker I Love You. Altra cosa da fare quando tutto vi pare un delirio è: leggervi un bel raccontino sul New Yorker. Ma certo! Ma perché sì, perché la vita è dispettosa e vi sfida. Lei vuole vedere cosa fate, come vi comportate sotto pressione. La maggior parte delle volte secondo me sono prove che dobbiamo superare con coraggio e la maggior parte delle volte secondo me le superiamo facendo cose: sublimi. Squisite e deliziose, e meravigliose e bellissime, sì, nel mezzo del caos più totale, ecco che, come quel tizio che, nelle 101 storie zen cade nel burrone poi si aggrappa a un ramo e cosa fa? contempla una fragolina! ecco che noi dobbiamo fare come lui. Vi pare tutto un mistero inestricabile la vita? Bene. Leggetevi questo bel raccontino, o sfogliatelo soltanto, e la prova è superata.

Ah, nel momento esatto in cui sto scrivendo tutte queste belle cose c'è il nuovo Papa. Fumata bianca!

Musica per tutto ciò: nuvole bianche. La canzone che, da qualche tempo a questa parte, ascolto quasi tutte le mattine. 


domenica 10 marzo 2013

Il primo gesto.


Marta Pastorino, Il primo gesto, Mondadori

Ho ricevuto in regalo questo libro da una persona speciale e gentile, dunque il primo gesto che faccio io, per assonanza con il titolo (bellissimo) è ringraziarla, prima di cominciare.

Poi volevo dire questo. Che i libri mi hanno insegnato che quando la vita (o la fantasia) si mette in modo così complicato che, nonostante gli sforzi, ti sembra di non capire più molto, allora significa che lì, in quello stato delle cose all'apparenza impossibile e ai limiti del doloroso, si sta creando qualcosa di davvero interessante.

Soprattutto che si sta costituendo un qualche cosa che merita - che chiede - di essere raccontato o sperimentato. 

A voce o su carta (o chissà dove) non importa molto. Ma è proprio quando le cose si ingarbugliano, che si comincia a farle e a parlare. Per il resto del tempo, quando tutto fila liscio, ne converrete con me, è preferibile il silenzio. 

Un dolce e incantato silenzio è sinonimo della rara e bellissima felicità della vita (o della fantasia).

Ma stavamo dicendo invece di romanzi, e di cose inestricabili.

I romanzi se ho ben capito allora nascono da un conflitto. Da un mistero. Che non riusciamo a spiegare in altro modo se non provando a pronunciarlo, a raccontarlo, a scriverlo. 

A dimostrarlo con una storia. Con dei fatti che si susseguono, con dei paesaggi in cui prendono vita caratteri, scelte, personalità. Quindi la banalità, la linearità non fanno parte di tutto questo, come anche la noia. 

A proposito di questo romanzo, per scendere nel particolare, si è discusso molto di maternità. 

La protagonista, Anna, è una ragazza giovane che, fuggita dalla famiglia di origine, lavora come badante e, mentre si occupa della morente signora Maria con dedizione, rimane incinta durante una festa assurda, per sbaglio, e decide poi, dopo aver partorito, di abbandonare il bambino. 

Decide di uscire dall'ospedale, sola, mettendo un disperato passo davanti all'altro, senza avvertire nessuno, e andarsene. E lasciarlo in balia del suo destino. 

Poi troverà rifugio presso una sorta di nuova e commovente famiglia, ricomincerà una strana vita sullo sfondo di una strana Torino, parteciperà a un inconsueto corso di "danza sensibile", riesplorando il proprio corpo destabilizzato dalla gravidanza non desiderata e da molto altro. Da un'infanzia poco serena che emerge dai ricordi che si infilzano di continuo nel mezzo della narrazione, come per ricordarci che è da lì che tutto, sempre, comincia per tutti.

Ma la maternità a me non è parso il tema centrale della vicenda. Il tema centrale mi è parso.

L'amore.

Ecco. Forse, se conoscete un pochino questo blog, sapete che su questo argomento mi sto arrovellando da qualche tempo. Cos'è l'amore? La domanda ha preso forma nella mia testa mesi fa, senza preavviso, e da allora, a fasi alterne, non se n'è più andata. Nella vita, nei libri. Da quando ho iniziato a pormi questo allegro quesito, si sono aperti mondi incredibili. Ho ascoltato storie di tutti i tipi, da chiunque. Ho collezionato racconti di amori, di visioni della vita. E non intendo fermarmi, perché la cosa, vi assicuro, è appassionante.

Dunque da questo romanzo si deduce un fatto. Che una buona approssimazione della risposta alla domanda "che cos'è l'amore" è: un abbraccio. Un gesto. Naturalmente, non un abbraccio qualunque. Ma c'è un particolare abbraccio che è il più vicino, il più somigliante sinonimo della parola amore che un essere umano può provare, può avere o dare. A quanto pare, tutti noi viviamo per quell'abbraccio lì, alla sua ricerca.

E per girare attorno a questo tipo di abbraccio la scrittrice Marta Pastorino ha lavorato con una cura che emerge a ogni riga. Evidentemente, come hanno detto anche altri, per sottrazione, alla ricerca dell'essenzialità, della chiarezza espressiva e di un tono di voce bianco, semplice e complesso insieme, come certi doni della natura. Come depositato lì sotto i nostri occhi per essere, appunto, districato. Scoperto, svelato, il mistero della vita, degli abbracci, dei gesti e dei romanzi.

mercoledì 6 marzo 2013

Taccuino di caffè.




Sono le 22. 30. 

Magari avete avuto una giornata stancante. 

Io adesso mi rivolgo esclusivamente a chi ha voglia di un po' di leggerezza. Come me. 

Come tutti, anche io, e se avete già letto il blog lo sapete, conosco i drammi della vita. 

A maggior ragione vi chiedo di lasciare, se questa sera siete qui, il macigno che forse vi portate nel cuore fuori dalla finestra, e leggere queste parole così come si mangia un gelato, si tiene un segreto, si respira l'aria fresca di quasi primavera. 

Fate questo questa sera per pochi minuti, per me, ve lo chiedo proprio personalmente se leggete queste righe. State un po' qui come chi perde un po' di tempo per il semplice gusto di farlo. Penseremo al resto domani!

Quindi niente taccuino. Ma solo immagini di bellezza e cose che possono farci sentire leggeri per una sera. O per tante sere, e giorni, come io spero per voi e per me. Ma senza faticare come matti. Senza soffrire, alambiccarsi il cervello, fare cose strane o contorte. Senza pesantezza. Così come le cose più belle e spontanee secondo me poi accadono e basta. 

Ed eccole qua le mie strategie per questa sera anti-pesantezza.

 1) Questa canzone. Mi mette una docile allegria.



2) Il colore azzurro-celeste, il mio preferito. 


3) La gentilezza. 


4) Pranzare nella macchina di un'amica che ha appena bucato una gomma, sotto la pioggia, in doppia fila, di fretta e ridere insieme per quanto è assurda e complicata la vita.




sabato 2 marzo 2013

Il posto dei miracoli.


Grace McCleen, Il posto dei miracoli, Einaudi.*



Pensavo che ci avrei messo molto più tempo a sgelarmi il cuore. 

(Vedi post precedente). 

E invece è bastato un miracolo. Un piccolo miracolo. Contenuto, come spesso accade, in un libro. 

Qualcosa che inizia così:

"In principio c'era una stanza vuota, un po' di spazio, un po' di luce, un po' di tempo".

E in queste parole ho trovato subito la mia vita.

Tra l'altro, credo sia un modo piuttosto interessante di leggere i romanzi, quello di ritrovare se stessi tra le parole degli altri. Come si fa anche un po' nella realtà. Ritrovare se stessi nelle esperienze degli altri, nei loro occhi. 

(Ecco, gli occhi, per esempio, è qualcosa che avevo scordato, ma di questo vi dico tra poco).

Dunque c'è lei, la piccola Judith McPherson, che ha dieci anni e vive con un papà malinconico e matto, a bagno nella rigida disciplina mentale di una comunità religiosa piena di idee strane, come tutte le sette, e di precetti impossibili, rigidissimi, misteriosi, spietati.

Dunque Judith, per affrontare questo, ma soprattutto per affrontare la vita tout court, inventa. 

Crea delle sue strategie. Prende i piccoli oggetti che trova in giro, tovagliette, cartapesta, vetro, cotone, scatoline, spazzole e tutto quanto appartiene alla vita quotidiana voi possiate immaginare, e costruisce mondi, spazi da abitare, veri e propri. A quanto pare, i bambini fanno questo. 

Proprio come noi adulti, giusto? 

Quello che però Judith ha di speciale è che da questa capacità di creare mondi inventati, ne ha affinata un'altra, ovvero quella di compiere miracoli e di far avverare le cose pensate. 

E in questo proprio mi sono rivista completamente. Chi non ha mai fatto un miracolo, dopo tutto, nella sua vita? Scherzo, ma fino a un certo punto.

Leggendo questa storia, dai risvolti anche drammatici perché da grandi responsabilità, come si sa, derivano anche grandi dolori qualche volta, mi pareva di stare in un film di Gondry. 

Un film così simile alla mia vita da farmi anche un po' paura.

C'è chi nasce con tutte le fortune. E buon per loro. E meno male, se no saremmo in un mondo orribile. W la fortuna e i privilegi, inutile negarlo, è bello quando tutto fila liscio, quando non si deve stare male per ottenere le cose, quando per nascita la vita ti regala tutto e tu non devi fare altro che viverla e stare bene. Però, però...

C'è anche chi, come Judith, nasce in un'altra maniera. E non ha fatto niente di sbagliato, semplicemente è nata lì, e non là. In una famiglia complicata, in una vita da capire, da decodificare, in cui tutto è difficile, tutto è una battaglia, una lotta, una sfida. E dunque le cose le tocca costruirsele. Costruire in senso stretto. 

Ma alla fine, non è bello anche costruirsi qualche cosa ogni tanto?

Comunque, la sua solitudine, più di ogni altra cosa, è quello che mi ha colpita di più. Perché spesso è nella solitudine che nascono cose nuove. Però bisogna crederci, ci vuole molta fiducia affinché tutto vada per il meglio.

"Io la conosco la fede. Il mondo nella mia camera è fatto per fede. Per fede ho cucito le nuvole. Per fede ho ritagliato la luna e le stelle. Con fede ho incollato tutto assieme e gli ho dato vita. Questo perché la fede è come l'immaginazione. Vede qualcosa dove non c'è niente, fa un balzo, e a un tratto stai volando".

Allora. Come forse vi ho già raccontato, senza volervi descrivere nei dettagli tutta la mia vita dall'inizio, ho trascorso gli ultimi anni della mia esistenza in una solitudine che scopro davvero profonda, quasi abissale. Banalmente, "ho lavorato da casa", ma alla fine si trattava di molto di più. Alcune contingenze mi avevano portata a passare la gran parte del mio tempo da sola chiusa in una stanza. Un salotto eh, non una galera. Ma pur sempre un luogo chiuso, e protetto.

Giorni che sono diventate settimane, che sono diventati mesi e poi anni. E alla fine, avevo dimenticato come è fatto nei particolari il mondo fuori. Le incursioni che facevo, perché le facevo - e per tante cose, correre ad esempio, fare la spesa anche, non è che proprio non uscivo mai - assomigliavano ai viaggi degli uccelli che fanno per procurarsi i legnetti e i piccoli materiali per il nido. Alla fine, in tutto questo tempo, passando otto ore al giorno sola con i miei pensieri, con le mie paure, ipocondrie, sentimenti, non-sentimenti, desideri e sogni e speranze mi sono costruita un mio nido, un mio mondo, che funzionava con strani meccanismi che hanno finito per farmi qualche volta anche molto soffrire, ma per farmi sentire anche molto al sicuro. 

Come Judith, avevo creato il mio Universo. Un po' l'ho messo qui sul blog, un po' nelle pagine di un libro, un po' nel mio cuore, un po' sparpagliato nella casa, un po' nelle conquiste, nelle guarigioni, nelle trasformazioni. 

Non avevo però considerato che il mondo vero continuava a muoversi, a costruirsi, a pulsare là fuori, fuori dalla mia casa, e a cambiare, a cercarmi anche, a chiamarmi continuamente. E poi infatti all'improvviso, adesso, come vi raccontavo qualche mese fa, ho ricominciato a uscire tutti i giorni. 

Ed ecco lì il mondo ancora intatto. Aggressivo, dolce.

Non è semplice. Molto complicato. Strano. E bellissimo. Gli sguardi delle persone. I profumi, i rumori, le idee, le voci degli altri. I sorrisi, i conflitti, i tavoli, le sedie, i bar, le luci che cambiano, i semafori, gli orari, il fascino irresistibile e il dolore degli altri.

Mi sembra in questi giorni di vedere tutto quello proprio come se fosse la prima volta. E vi dico che è magico, e terribile.

E quindi penso a Judith, che è arrivata nella mia vita proprio in questo periodo. Avrà un senso. Judith che ripete le sue frasi magiche per tenersi in equilibrio, che compie i suoi miracoli per rendere la terra quel posto che lei crede debba essere. Senza mezze misure, un posto più bello. 

Non è semplice. Molto, molto complicato.

Questo libro, infine, mi ha sgelato il cuore perché a un cero punto dice:

"Ed ecco come ho scoperto che tutto è possibile, in ogni momento e in ogni luogo e per ogni sorta di persone. Se pensate di no è perché non riuscite a vedere quanto ci siete vicini, quanto avete bisogno solo di una piccola cosa perché tutto venga a voi".


Ed è vero. Era vero. 

Bastava solo un piccola cosa. Può essere un libro. Un pensiero. O anche molto meno perché avvenga un miracolo. A me è successo, il mio miracolo è che, bene o male, senza sapere cosa accadrà domani, mi sono scaraventata nel mondo. 

E mi manca da morire la solitudine. Non sapete quanto.

Però trovo fantastico stare in questo mondo vero e non soltanto in quello della mia immaginazione, dove però torno appena posso, e dove, soprattutto, da oggi, troverò anche sempre la piccola Judith, ospite d'onore, ad aspettarmi, a tenermi finalmente compagnia.


* Nella foto vedete un terrazzino, dei fiori. Si tratta di teaser. Promesso, vi dirò nei prossimi mesi...