martedì 30 settembre 2014

Classici e contemporanei italiani, con vino buono!

Comincia una nuova avventura...

"Chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria..."

Questa estate ho bevuto letto e lavorato moltissimo! E tra i risultati c'è un nuovo progetto che è nato grazie a un'idea di ALMA TV. 

ALMA TV è la web tv di ALMA edizioni, una casa editrice che da anni diffonde e insegna la cultura e la lingua italiana all'estero, in poche parole, amici: siamo in mondovisione!

Oltre agli esercizi di lingua, potete allora gustarvi parecchie rubriche divertenti (e utili), tra le mie preferite, senz'altro la mitica serie di video-lezioni Grammatica caffè.

E insomma dicevo di aver bevuto molto, perché, insieme al prode e saggio regista Gino Dell'Aera, ho preparato per ALMA TV una serie di video sulla letteratura italiana. Alternando un grande classico a un autore contemporaneo: potete vedere da oggi i miei consigli letterari. 

La curiosità è che a ogni libro ho associato un calice di buon vino italiano, per celebrare la nostra cultura insieme agli stranieri (e non) che spero usufruiranno anche di questi video per conoscerci meglio.

Qui la prima puntata, sul Barone rampante di Italo Calvino.
Un grazie grandissimo a Marco Dominici che mi ha permesso di far parte di questa bella avventura!

E a chi passa di qua: buona visione!



sabato 27 settembre 2014

Perché mi piace Murakami?

Murakami Haruki, L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi


Per molte ragioni, ma soprattutto perché non svende emozioni a buon mercato.

Ed è disarmante, quando non è onirico, in certe frasi piene di naivete. E di esattezza.

E perché è giapponese, naturalmente: e mi ricorda un mio maestro di arti marziali (ki aikido) all'ombra (alla luce) del quale sono cresciuta fin da bambina per molti anni e che durante le sue lezioni e il suo modo di essere insegnava tutto, come se fosse il despositario della verità. Eppure, contemporaneamente, non ti insegnava un bel niente e ti lasciava lì, nel vuoto, con un palmo di naso, incantata ma arrabbiata: come mai non mi ha rivelato tutto? O almeno qualcosa? E dove se ne va, adesso?

Tzè! Giapponesi!

Ma parliamo di Tsukuru, Tazaki, il trentenne protagonista di questo ennesimo capolavoro di Murakami Haruki. Uscito in Italia nel 2014, questo romanzo è un piccolo scrigno di malinconia e dolore, ma anche di corroborante risveglio: come una perla o un pozzo delle meraviglie dove ci si può dissetare oppure anche solo restarsene lì a contemplare le luci (e le ombre) che si compongono sul suo riflesso.

Insomma, si sarà capito, andiamo nel sublime.

Tazaki Tsukuru è un giovane ingnegnere che progetta stazioni.

La mia testa è fatta per costruire cose concrete, come dice anche il mio nome. Ho una mente piuttosto semplice: tendono a sfuggirmi le complicazioni del cuore umano. In realtà mi sembra di non capire nemmeno come funzioni il mio. Quindi in queste cose spesso mi sbaglio. E allora di solito mi sforzo di non complicare ulterioremente le situazioni.

 Introverso, apparentemente solitario, semplice ma non tanto quanto lui stesso crede di essere, Tsukuru porta una ferita profonda nel cuore e in quell'ingannevole scatola chiusa che chiamiamo memoria. Al punto che, per un lungo periodo della propria vita, addirittura non aveva desiderato far altro che morire. Ma cosa gli è successo? Qual è la sua ferita. La sua è una ferita plurale, legata a un piccolo gruppo di amici, quattro, gli amici del liceo, i cui nomi, forse per un curioso caso, avevano tutti quanti il significato di uno specifico colore. Tranne il suo.

E forse non è stato un caso che proprio lui venisse a un certo punto, senza ragione, estromesso dall'affiatato circolo di inseparabili. Di colpo, lo escludono, se ne allontanano, non lo vogliono più. Misteri che possono capitare. Ed ecco che lui si ritrova solo, e conduce questa solitudine, tra stazioni ferroviarie e una Tokyo rarefatta, per anni. Una musica silenziosa, quella di questo racconto.

La vita è come uno spartito complesso, pensò Tsukuru. Piena di semicrome e biscrome, di segni strani, di annotazioni dal significato oscuro. Decifrarla è un'impresa ardua, e anche saperla trasformare nella musica più bella, non è detto che poi la gente capisca e l'apprezzi nel suo giusto valore. Non è detto che ne riceva felicità. Perché gli esseri umani devono complicarsi la vita fino a questo punto?

Ma come spesso accade, a un certo punto arriva qualcosa, o qualcuno capace di sciogliere i nodi. Qualche volta è l'amore, con la sua capacità unica di decodificare i messaggi vaghi dell'amato, a restituirci qualcosa che sembrava perduto, a cambiare, o nel migliore dei casi ad avvicinare alla (propria) verità.

In questo caso l'amore si chiama Sara, ed è la donna che darà a Tsukuru la spinta a indagare su di sé e su quel misterioso passato. Ed è così che comincia un viaggio di ritorno alle origini e al tempo stesso di esplorazione di un presente allargato, in cui i personaggi tornano in vita e svelano parti dell'enigma. Come in molti romanzi di Murakami, non mancano le stranezze, frutti bizzarri della fantasia e situazioni ai limiti del micidiale, dell'assurdo. 

Ma infine: come non affezionarsi a questo adorabile tizio? 

Andava a vedere le stazioni, come gli altri vanno ai concerti o al cinema, a ballare, allo stadio, o a guardare le vetrine. Quando aveva tempo e non sapeva che fare, o quando aveva qualche pensiero che lo preoccupava, i suoi passi lo portavano quasi automaticamente a una stazione. Al binario, seduto su una panchina, beveva un caffè comprato al chiosco e controllava su un orario in formato ridotto (che teneva nella cartella) l'ora di partenza dei treni: non faceva nient'altro. Poteva passare giornate intere in quel modo.

Insomma, non è che avesse qualcosa che non andava, Tsukuru. Aveva il suo ritmo. Un ritmo che per primo ha dovuto, perché così è la vita, o almeno questa storia, spezzare lo spartito collettivo della micro comunità. Perché prima o poi si cresce, a quanto dicono. E lui è il tipico personaggio di Murakami pensieroso ma al tempo stesso bisognoso di contatti umani. Complicato e lineare insieme, proprio come una stazione ferroviaria. Incolore perché capace forse di riflettere quello degli altri? 

(In questo senso, molto curioso è il personaggio di Midorikawa, un amico di Tsukuru coinvolto in una sorta di incantesimo relativo proprio ai colori e alla luce che emanano le persone... suggestivo). 

Che balsamo, e che sollievo immergersi in queste atmosfere. Questo è l'unico scrittore dell'inquietudine che come lettrice non temo, e che anzi accolgo sempre con uno stato d'animo simile alla felicità.

Ora ad esempio vorrei starmene lì, nel mezzo del nulla, nel mezzo del mistero, a sorseggiare caffè con Tsukuru e ad ascoltare la sua storia, mentre i passanti assonnati salgono sui treni, noi restare invece lì, a guardare tutto passare, in una nuvola di silenzio, di meditazioni, di armonia. 

(Per leggere tutti gli altri miei post su Murakami: cercare il tag, ne appariranno alcuni altri ;). Questo qui sotto è il booktrailer)



mercoledì 24 settembre 2014

Lunedì a Pordenonelegge!

Oh sì, questa foto è di lunedì. Sembra un'eternità, ma era l'altro ieri. A Pordenonelegge.
 Su Piacerebbe a Calvino, il mio tumblr ho messo qualche impressione dell'ultimo giorno, ma qui voglio dire qualcosa di più, che è questo. Un ringraziamento sincero alla organizzazione di Pordenonelegge per l'ospitalità in queste giornate di festival. Mettere in questo modo i blogger in condizioni ottimali per svolgere la propria attività è un gesto sapiente, e molto apprezzato. 

Ho fatto del mio meglio, specialmente su twitter, per coprire la comunicazione live dell'evento. Ed è stata una ventata di aria fresca per me. Avevo proprio voglia di un'esperienza simile, e se sono stata anche utile nel raccontarla, l'affare è fatto!

Partecipare a un festival così fresco (settembrino) ed entusiasta, così attento ai temi e agli autori, capace di valorizzare molto pubblici diversi, è stato un bel modo per cominciare l'anno.

Cominciarlo con desiderio e qualcosa di nuovo da ricordare, davvero una bella congiuntura. Vedere i ragazzi all'opera, con le ali stampate sulla maglietta, e conoscere una città così operosa e bella, mi ha fatto venire voglia di vivere. Lunedì è stato un giorno da turiste, con la mia amica Sara. Tra i momenti indimenticabili, la visita al Duomo di San Marco. E la mostra per il centenario di Spoon River alla Biblioteca Civica. Oltre che apprezzare la buona tavola friulana. 












For You!



Ristorante al Cenacolo.



Biblioteca Civica. (Con una baretto delizioso dentro e scaffale con libri IN OMAGGIO degli anni '30 e '40: io mi sono presa un Diario di campagna di una signora inglese che mi darà molte soddisfazioni!)

Copia da cui spunta una macchiolina tonda di caffè! Delizia.

Posti vuoti da riempire il prossimo anno! #pnlegge2015

martedì 23 settembre 2014

Pordenonelegge, domenica, domenica!

Foto scattata in verità di lunedì, ma si sa che i blogger son creativi ;)


La giornata di domenica a Pordenonelegge comincia con una scoperta. Sono curiosa di tutto ciò che collega il territorio (cibo, bevande, animali etc.) e la narrazione. E così ho ascoltato un pezzetto finale dell'incontro con Marzia Verona. Una blogger di... pascoli. Non Giovanni, proprio i pascoli delle pecore e le mucche. Vi dico che è bellissimo, si chiama Storie di pascolo vagante.

Perché c'è un ritorno delle nuove generazioni alla cura del territorio, alla terra. Per necessità ma anche per vocazione e scelta. Ricordo che la cronaca di tutti questi incontri, e le mie impressioni, la trovate su twitter: @tazzinadi!


Il secondo appuntamento. Piccolo. Non per valore, ma per via del cognome dell'autore di Il desiderio di essere come TUTTI. Un romanzo autobiografico o per meglio dire una auto-fiction molto spassosa. Che ha pure vinto il Premio Strega. Piccolo fa molto ridere, ad ascoltarlo dal vivo: è il classico mattatore sobrio, che tiene la tensione sempre a un buon punto e lascia sempre qualche pensiero da fare sul nostro paese. Ha raccontato ad esempio come lui da ragazzo è diventato "comunista" nonostante un padre "fascista" e diverse altre italiche amenità. Spassoso.


Quello del pomerigggio è stato un appuntamento particolarmente atteso, con la caraibica Jamaica Kincaid. Di lei avevo letto un libro dal titolo molto bello: Autobiografia di mia madre. Lo avevo citato nella mia tesi di laurea sui memoir e scritture autobiografiche: un'autrice che sognavo prima o poi di vedere dal vivo. In effetti, è stato emozionante. Ha raccontato del suo ultimo romanzo Vedi adesso allora, che parla di matrimonio. Mi hanno colpita molte delle cose che ha raccontato. Di come è diventata scrittrice: costretta a rinunciare al suo sogno di fare l'insegnante perché spedita dalla famiglia troppo povera a fare la baby sitter presso un'altra famiglia, si è messa a leggere e ha cominciato a costruire storie. Ed ecco che torna quella bella frase di Jenet che ha citato Fois l'altro giorno "non esiste per la bellezza altra origine che la ferita". Anche se non sono d'accordo con il concetto (si può non essere d'accordo con illustri autori del passato??), ovvero penso che la bellezza, come la felicità, siano possibili anche senza il dolore, la frase è così sublime.

Spettacolo La musica provata, con Erri Del Luca e super musicisti!

E poi la sera... non sono mai stata una lettrice di De Luca. Ma ne ho un ricordo di un istante felice in cui ho ascoltato leggere le sue poesie in montagna così bene che sono diventata sua fan. Quindi eccomi lì, in prima fila con la mia amica Giovanna Tinunin (@platipuszen su twitter). Ad ascoltare questo poeta. Mi ero ripromessa di non piangere, se non strettamente necessario. Ma quando ha letto le poesie del suo amico Izet Sarajilc, di cui una ne ho trascritta su Piacerebbe a Calvino (uei, sì il mio tumblrrrr), e in particolare quando nel silenzio della sala ha ripetuto tante volte, guardando in un punto impreciso, la frase: Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia, mi sono commossa davvero.

Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia

Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia

Almeno, in questa poesia.

 E insomma dopodiché è venuto il diluvio universale, e furono fulmini e saette. Ma che fulmini avete in Friuli Venezia Giulia? Questa era la domanda che ponevo alla gente del posto, riparata come me sotto il Cinema Zero dopo lo spettacolo di De Luca, serrando fiduciosa tra le mani l'ombrellino giallo (manco a dirlo) che mi ha regalato e non lo rivedrà più imprestato la mia amica portogruarese Giovanna. Il cielo si illuminava a giorno, una cosa che non avevo mai visto tranne la notte di un capodanno che ho passato a Napoli, ma lì erano i botti, qui era Dio in persona che voleva annunciarci qualcosa, amici, se foste stati lì con me non avreste avuto dubbi: l'Apocalisse. 

Scherzi a parte. L'indomani è andato tutto bene, e ho visitato anche il Duomo (segue post turistico), quindi possiamo stare tranquilli che, come diceva Piccolo, non è proprio il caso di annullare il futuro con la paura e la lamentela, perché il futuro è adesso, ed è costruire cose belle insieme. 


Duomo dedicato a San Marco.



domenica 21 settembre 2014

Giornata di tutto rispetto a Pordenonelegge!



Di fronte alla Libreria della Poesia
Il primo appuntamento del mattino di ieri è stato con la poesia. Nel centenario di Spoon River, qui a Pordenone c'è una mostra per celebrare il capolavoro di Edgar Lee Masters. Se siete da queste parti, potrebbe essere una nuona tappa. Ieri ho ascoltato il pezzo finale di un incontro dedicato proprio a Spoon River, con Luca Briasco e Marco Fazzini, e poi un secondo appuntamento per intero che riguardava una bella rivista poetica e letteraria (che non conoscevo) in auge soprattutto negli anni Novanta, che si chiama Versodove. Ne è scaturito un dialogo sulle riviste letterarie in Italia e letture di poesie, da Auden a Sanguineti. Molto bello, specie come primo evento del giorno.

Questo è l'anno delle selfie, ne ho scattata una con una famosa poetessa...

Spoon River

Ricorre anche in cinquantenario della "Bianca" dell'Einaudi.
 Pomeriggio.
Dopodiché al pomeriggio: Margaret Atwood. Presentata da Tullio Avoledo, che è esilarante e ha intrattenuto il pubblico da maestro. Esordendo con una canzone, ovvero cantando proprio una canzone. Se non ricordo male: l'inno dei Giardinieri di Dio. Chi sono costoro? Per scoprirlo vi toccherà leggere i romanzi della Atwood e penso che ne varrà la pena. Non avevo mai letto nulla di lei, ma ho subito posto rimedio con l'inizio di una trilogia di romanzi.

Ricordo che per la cronaca live di tutti questi eventi potete trovarmi qui: @tazzinadi

La Atwood mi ha colpita per la sua grazia. Come non adorare una scrittrice che ha inventato un mondo del futuro, tanto distopico quanto illuminato, in cui, a detta di Avoledo, una volta entrati non se ne esce più? Mi hanno colpita i temi ecologisti (questa setta di giardinieri biologici del domani che se la cantano e adorano le creature della natura mi ha conquistata), mi ha colpita la costruzione di una realtà possibile ("non metto mai nulla nei miei libri che non esista in natura"), la vita social di questa autrice (su twitter conduce campagne di salvaguardia degli avvoltoi, per dirne una) non più giovane nel corpo, ma ancora molto nello spirito evidentemente.

Quando, con la sua camiciola rosa, ha intonato la canzone della talpa (reperibile in cd) ho pensato: uau, tutto questo è reale e sta succedendo proprio davanti ai miei occhi.


Vi pare riuscito il mio tentativo di fare una faccia inquietante? 

Dopo tutto questo, ci stava del buon vino. E infatti, eccoci all'incontro Le parole del vino. Con Sandro Sangiorgi introdotto da Paola Coccolo. "Il vino è poesia imbottigliata". Oh, che bella questa cosa. Mi interessa questo tema, come si vede dagli altri post. La narrazione del cibo e del vino, molto di moda oggi, è in verità un'arte antica.

A Palazzo Klefisch.
 Dopodiché correndo da una parte all'altre come se ci fosse un domani, perché se non ci fosse ce ne staremmo tutti lieti a non fare niente, ecco che incontro Bergonzoni che avvince una folla di lettori in previsione dell'incontro della sera in teatro. Teatro Verdi gremito e lui puntuale che alle nove arriva. Sapete quando ascolti qualcuno che inanella una serie di battute o frasi illuminanti o divertenti e non te ne ricordi neanche mezza. Ebbene, tutto questo con twitter è un lontano ricordo. Perché lì ne ho segnate un bel po' in presa diretta. Bergonzoni presentava il suo libro di poesie L'amorte.

Colpisce di lui sempre la capacità di dire qualcosa di profondo, ma non sai bene cosa. Sai solo che in quell'insalata di parole, oltre a reperire perle di puro genio, ci trovi anche delle emozioni autentiche.

E dopo un salto in altro, i dieci demandamanti e la bomba anatomica ero molto fiera di aver ascoltato - e capito - tutto quanto.


Dulcis in fundo: Carnediromanzo. A quanto pare questa è una tradizione del festival. Una serata, a dire poco partecipata poiché c'era gente fuori in piedi che neanche a un concerto di Vasco, o dei One Direction, in cui Natalino Balasso e Massimo Cirri scrivono insieme al pubblico l'incipi di un romanzo. Dico che è stato uno spasso. Le persone non vedevano l'ora di intervenire. Applausi e risate per due ore secche, se non di più. Il risultato micidiale è una storia che s'intitola Colazione da Amplifon. E inizia così: - Acufene, chi era costui? - Ehh? (immaginate questo ehh pronunciato alla Balasso). Ecco insomma forse i critici non sposterà i destini della storia della letteratura nazionale, ma ce la siamo goduta in tanti. Uno spettacolo comico/narrativo di qualità.



Che dire: io ora, puntuale come un orologio svizzero, corro ad ascoltare una blogger di pastorizia, Mrzia Verona. Sono piuttosto curiosa, vi dirò, vi dirò.

sabato 20 settembre 2014

Cose che succedono a Pordenonelegge. Day two.


La giornata di ieri comincia con un caffè doppio e l'oroscopo del giorno by l'hotel. 

Considerate le gioie e i dolori dell'essere del segno del leone, il primo appuntamento qui a Pordenonelegge è stato con Marcello Fois. 

Fois.
Il suo intervento faceva parte del ciclo di incontri Mappe dei Sentimenti, e a lui competeva parlare dell'Inquietudine. In verità, la sua si è rivelata una straordinaria lectio magistralis di cui ho fatto un parziale resoconto su twitter, come @tazzinadi. Dico parziale, perché ieri mattima ho sperimentato, ascoltando questo scrittore parlare, un senso di ineffabile legato all'incanto dell'ascolto di qualcosa di importante e profondo. Quella che in gergo si potrebbe definire "intwittabilità". C'è un punto in cui in effetti in certi momenti si rimane a bocca a perta, e le energie sono tutte concentrate ad ascoltare e ad apprendere, non c'è possibilità di digitare tutto. In effetti, è stata una lezione piena di grazia. 

Fois ha citato, per la gioia di tutti, anche Calvino. Considerando che il noto concetto da lui introdotto di leggerezza, in verità rivelava un profondo senso di fatica, di inquietudine, che però dalle pagine di Calvino scompare completamente, dal momento che lui sta sul foglio, diceva Fois, come Yuri Chechi sugli anelli. Spaziando da Conrad a Kafka a Pirandello, ha regalato spunti di saggezza e uno sguardo tondo sugli scrittori contemporanei, e la loro presunzione. Inoltrandosi in una critica pertinente all'uso troppo narcisistico dell'autofiction, a dispetto della tradizione e del respiro che spetterebbe al romanzo e alle sue valenze. "Dovremmo" diceva "pretendere dallo scrittore la stessa competenza che chiediamo al nostro cardiologo". A ben pensarci, ha proprio ragione. E considerare che a contare non sono 15 minuti di notorietà, ma 15 secoli di valore. Noi non sappiamo chi sarà davvero rilevante per la storia della letteratura, non possiamo saperlo davvero. Sappiamo solo che se si rinuncia a cambiare il mondo si rinuncia alla scrittura.



San Francesco.

Cestini di cuori.
 Dopo un pranzo a dire poco interessante, dal momento che una mia cara amica, per salvarmi la vita da una vespa si è sbilanciata dalla sedia crollando quasi tra le braccia di un notissimo autore italiano contemporaneo (no, amici, non è questa la sede per il gossip editoriale, non farò nomi né cognomi).

Il secondo incontro, puntualissimo come tutti qui a Pordenone è stato con:
Andrea Carandini. 
Questo compunto signore di verde vestito è il presidente del FAI - Fondo Ambiente Italiano. 
Presentato dal giornalista Paolo Conti, Carandini, prendendo spunto dal ibro Tutta questa bellezza di Renato Bazzoni sul temi della tutela del patrimonio artistico e naturale, ha spaziato raccontando la sua esperienza al FAI. Anche di questo ho raccontato su twitter in diretta. Posso solo aggiungere che questa ora fitta di parole è stata illuminante per una indagine sul presente, sui problemi e le risorse della cura del territorio italiano e sulle prospettive future. Serio, fulminante.



Terzo appuntamento, sempre nel Convento di San Francesco, è stato con:
Valeria Parrella. 
Lei ha letto un suo racconto, in relazione al tema dell'amore. L'Amore. La gente era visibilmente in attesa di qualcosa. Una risposta sul tema dell'amore. Invece lei si è messa lì e ha letto integralmente il racconto, senza commentarlo. Una scelta coraggiosa, ardita. Ne ho colto le intenzioni. E in effetti il racconto ha incantato tutti. Quanto a me, mi sono anche commossa fino alle lacrime, per una certa identificazione con la protagonista. Però, però... avrei preferito qualche parola alla fine. Il racconto non parlava da solo, non era di quelli di Flannery O'Connor ad esempio - che probabilmente era Dio in persona a dettarglieli e non hanno bisogno di altro. Questo racconto invece era un po' più terreno, e avrei apprezzato una considerazione in più. Essendo molto spiritoso in alcuni punti, si prestava alla chiacchierata con il publico. 


 Infine. Amici, non so come dirvi di questa serata, ma faccio del mio meglio.
Fabrizio Gifuni.

Ha proposto una lezione/spettacolo su Gadda. Stralci di un suo lungo e articolato lavoro di ricerca di analogie tra Gadda e il personaggio di Amleto. Ha letto, ha recitato e ha spiegato con una generosità e un talento fuori dal comune. Letture dolorosissime. Dai Diari di guerra e di prigionia, da Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana e altro ancora. Gifuni diventava Gadda, nella voce, nello spirtito. Da tempo lo studia e se ne occupa. Gadda che si vestiva sempre di scuro, che chiedeva sempre scusa a tutti. Gadda esilarante in un racconto giovanile che si intitola Teatro e ha fatto morire tutti dalle risate, Gadda pieno di rabbia, di nervoso. Gadda teso, Gadda timido. Un link interessante, che ha citato lo stesso Gifuni sul palco, è qui. Ma c'è stato tanto altro, tanto davvero. La gente in piedi ad applaudire. Vorrei poter raccontare di più, ma scappo a un appuntamento su Spoon River, che sono già in ritardo. Oh yea. 



venerdì 19 settembre 2014

Comincia l'avventura di Pordenonelegge.




Pordenonelegge alla sua quindicesima edizione.

Ed è un festival ricco e sobrio (non è un ossimoro, a volte accade davvero!) e mi sta conquistando. Sono qui a fare la blogger e, nonostante tutti i miei tentativi per vedere i lati peggiori della vita, questo è senza dubbio un bel privilegio, e una fortuna. Non sono sola qui, ma con due amiche che a loro volta, sui propri canali, stanno raccontando l'esperienza. Vi invito a seguirle, perché oltre ad amiche mie (che a voi può interessare come no) sono soprattutto due interessanti autrici e professioniste. Anche se non hanno bisogno di presentazioni, eccole qua: Sara Bauducco e Gloria Ghioni. Le trovate ai link indicati ma anche sul loro account facebook e twitter e in diverse realtà digitali, consiglio davvero di leggerle.

Provilegiando una logica di lentezza e concentrazione, altrimenti si tratterebbe di correre da mille parti e non seguire molto, cercherò di aggiornarvi sui pochi ma spero buoni incontri che ho deciso di ascoltare. Ieri sono arrivata dopo un viaggio lungo e mi sono acclimatata in questa città che è deliziosa. Mi hanno colpita le architetture creative, e ho raccontato per immagini le mie sensazioni, come preannunciato, sul tumblr Piacerebbe a Calvino. E continuerò ad aggiornarlo quotidianamente.

E così è accaduto su twitter, con il mio account @tazzinadi. Lì ho fatto il mio solito live twitting, salvo quando i dispositivi muoiono, che ha sempre un che di simbolico, del tipo: eddai fermati!

Il primo incontro cui ho assistito ieri riguardava un libro: Abyss, di Simone Regazzoni, Longanesi. Un "romanzo filosofico" dai tratti pop e, a quanto sembra, piuttosto avvincenti. Non l'ho letto, dunque non so, ma pareva interessante. Quel che notavo è che parecchi incontri riguardano la filosofia, in questa edizione (per me la prima). E di filosofia discuteva l'autore con il relatore Giulio Giorello. Come sapete, l'attività di blogging, specialmente live, impone ragionevoli limiti di approfondimento, quindi, al solito, non mi metto ad articolare i temi trattati. Ma ho saputo, perché sono andata via prima della fine, a proposito di buone intenzioni... ma avevo un altro appuntamento da sentire che mi incuriosiva, insomma ho saputo che la presentazione alla fine è stata poi piuttosto animata e si sono sollevati temi forti, con un fitto dialogo dal pubblico. Avevo seguito i primi tre quarti d'ora, che invece erano stati illustrativi dei temi e un po' della trama del libro, che raccontanle vicende di un giovane insegnante di filosofia. 

Che il tema fosse acceso, l'ho notato su twitter, perché ho ricevuto alcuni spunti di riflessione mentre facevo la cronaca da lì. Questo è interessante, perché è evidente che la filosofia oggi sa scatenare dubbi e domande e questioni importanti. Che questo si ricongiunga, con nuovi romanzi e prospettive, anche alla letteratura mi pare un ottimo segno e una questione aperta e da studiare. Quindi viva Abyss e viva gli stramaledetti abissi che ci abitano, in quanto esseri umani.

Nonostante i buoni propositi, poi alla fine sono andata via prima da questo incontro (ma non ricapiterà!) perché ne volevo seguire almeno in parte anche un altro. Drammone dei festival è che non si può fare tutto. Come dite? Come nella vita? Cavoli, è vero.

Quindi sono corsa al Centro Culturale Casa A. Zanussi, una struttura affascinante, ad ascoltare Slawka G. Scarso che parlava di storytelling dell'enogastronomia. Perché? Perché quel mondo mi incuriosisce parecchio. Presenti in sala, i "Curiosi del Territorio" che per un bel po' ho pensato si trattasse di un modo spiritoso della relatrice di appellarsi al pubblico, e invece erano produttori e operatori turistico culturali proventienti da diverse parti del mondo. 

Quel che mi interessa di questo tema è la possibilità di combinazione tra vigne, olio, formaggio, prodotti alimentari e narrazione. Il discorso si è orientato molto sui social network, ma naturalmente il raccontare è un gesto antico, almeno quanto il nutrirsi. Ed è bello sapere che la comunicazione si stia dirigendo sempre più sul raccontare anziché sulla freddezza di esposizioni senza emozioni. Poi certo questo impone questioni etiche, e di gusto, di cui pure si è trattato. Per darvi un'idea, ecco il video che hanno proiettato in sala. 


Tra poco invece vado ad ascoltare Marcello Fois. L'incontro fa parte del progetto: Mappa dei Sentimenti. Chi di noi non ne vorrebbe una, mi chiedo? Comunque sono stati invitati otto scrittori a lavorare su un sentimento ciascuno. A Fois è toccata l'Inquietudine. Sono molto curiosa, e vado, che è tra un quarto d'ora. Restate collegati :) 

Casa dello studente.


Il palazzo giallo.

I gadget!!

Cum grano salis!