lunedì 31 maggio 2010

Il paradiso è giù in città.

Al di là del fiume - del Po - ci vado poco, ma è la parte più imprevedibile della città. Torino. Quel viale alberato, con le panchine di pietra, gli steccati di legno, i piccoli spiazzi di ghiaia che si aprono all'improvviso come grotte urbane a cielo aperto, calde, accoglienti. Un falco che spalanca le ali sganciando da una transenna le zampe nodose e spicca il volo per planare sull'acqua che scorre lenta. Una gara di canottaggio. Farsi avvolgere dalla luce del sole e dal profumo di alberi e vento. Un cane che mi guarda come dire: com'è? Com'è la vita? E io che gli rispondo: bella, caro cane. Se siamo qui, al di là di questo ponte, in mezzo a questa gente che ha voglia di camminare, di correre. Fontanelle di acqua fresca, chioschi di gelati e caffè, campi da tennis, petali di fiori rossi. Qui è il paradiso. Ed è mio!

domenica 30 maggio 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

La tazzina c'è. E non solo: a tuffarcisi allegramente dentro, c'è anche una interessante torta alle fragole di pasta frolla e crema pasticcera (ma questa è un'altra storia...). Quindi ci siamo. Si legge. Oggi vorrei proprio riprendere in mano un libro comprato, aperto, chiuso, riaperto, richiuso e riaperto a oltranza. Non so, forse per la paura che mi piacesse troppo o che non mi piacesse affatto. Mi riferisco a Elizabeth Costello del premio Nobel J.M. Coetzee. E invece adesso voglio proprio rimettermi in contatto con questa vecchia scrittrice (la protagonista), e seguirla nelle sue conferenze. Questa scrittrice preoccupata che alcune copie del suo primo romanzo finissero in biblioteca perché:

"Quello che stava dietro alla mia preoccupazione per le copie destinate alla biblioteca era il desiderio che, se anche fossi finita sotto un autobus il giorno dopo, quel mio primogenito avrebbe avuto una casa dove sonnecchiare, se così avesse decretato il fato, per i successivi cent'anni e dove nessuno sarebbe andato a stuzzicarlo come un bastone per vedere se era ancora vivo".

Mi piace. E poi ci tengo a Coetzee. Come per molti, anche per me è un autore-culto. A una cena in cui tutti i convitati rivevevano in regalo un libro "al buio", a me capitò il suo Diario di un anno difficile. E il caso voleva che in quel momento mi trovassi davvero alla fine di un anno difficile. Così la presi come una strana coincidenza. E da allora comunque l'ho sempre sentito vicino a me, questo scrittore. Mi piace - quando possibile - associare un episodio di vita reale a ogni libro. Mi fa pensare che tutto abbia un senso. La più dolce delle illusioni.

Buona domenica e buona lettura a tutti

:)

giovedì 27 maggio 2010

La bambina.

Una settimana fa vi raccontavo in questo post ciò che mi stava succedendo. Avevo un contratto di lavoro in scadenza e in mente la decisione di reagire a questa cosa. Così mi ero preparata un caffè ed ero uscita per vedere una mostra. La più importante della mia vita. Oggi posso dire che probabilmente il contratto verrà rinnovato - anche se non è ancora definito nulla con precisione. Ma c'è una buona approssimazione. E ne sono felice. Così adesso vi parlo della mostra.

Sono andata qui. Da turista nella mia città. Per poi scoprire che in quella Via Giulio c'ero stata migliaia di volte. In questa piccola e raffinata galleria - Ermanno Tedeschi -
bianca come un confetto ho trovato qualcosa di davvero molto importante per me. Non esagero se vi dico che ho trovato, disegnata ovunque, la mia essenza, per citare Battiato. Ho trovato quella che molti chiamano anima. Se dovessi infatti spiegare con un'immagine chi io sono e cosa sono e come sto e cosa sento o almeno cosa ero fino a poco fa direi proprio: quella bambina. Quella bambina declinata in tutte le bambine della mostra. Che si intitola I wish I was special. Da un verso di Creep dei Radiohead. Quel titolo, quella canzone, quella bambina. Ero così spaesata giovedì. Sì è vero, piena di ottimi intenti. Di essere forte, di essere una leonessa, di affrontare aggressivamente la vita, la scadenza del contratto e mille altre cose. Ma dalla sedia della cucina in realtà si è alzata quella bambina, e in Via Giulio a suonare il campanello della galleria c'era quella bambina. E ancora non ne ero completamente consapevole. Io questa bambina l'ho cercata dappertuttto per tutta la vita. L'ho vista nello specchio per troppo poco tempo. Ho di lei poche fotografie: una in cui è lontanissima e sola sui gradini di una chiesa. Che coincidenza, l'artista che ha dipinto la bambina, che ha ritratto me senza saperlo, lavora in una chiesa sconsacrata. Come se...

Sì, come se anni dopo davanti a quella stessa chiesa lui avesse raccolto quella bambina e non sapendo di chi fosse, poiché io non la trovavo più, se la fosse portata dentro e l'avesse lanciata sulla tela. Ad aspettare me e tutti quelli come me. Ed eccomi lì, ventisei anni dopo, trentenne, che la rivedo. Che ti rivedo piccola noemi di quattro anni. Il fatto è che sono cresciuta poi molto in fretta. Dentro e fuori. Nelle foto successive non mi riconosco più. E l'altro fatto è che prima di rivederla disegnata, prima di questo strano periodo, mi mancava. Era dentro di me ma non la vedevo con chiarezza. Quindi sono rimasta ferma lì. Com'era lei. E guarda che sorpresa: la settimana scorsa l'ho rivista. Adesso che so dov'è, che è al sicuro, posso anche andare avanti. Crescere una volta per tutte come si deve.


E di questa mostra voglio aggiungere l'atmosfera che ho respirato da subito in galleria. Le persone che mi hanno accolta con un sorriso dolce, mi hanno dato le informazioni che ho chiesto, mi hanno stretto la mano. Quello che si sa e che si dice su certi ambienti in quella galleria è completamente smentito. Ho visto giovedì il volto gentile e appassionato dell'arte e dei suoi custodi. Così sono uscita da lì allegra. Io e la bambina ancora negli occhi. Ancora per mano a fare un'ultima passeggiata insieme, come fosse il 1984.

Se potete, O voi torinesi, andate a vedere questa mostra. Fermatevi di fronte a quelle bambine. Mantenete da loro la giusta distanza. Portatevi a casa il loro sguardo.

E qui c'è il sito dell'artista, Valerio Berruti, con tutte le info su di lui.

:)

martedì 25 maggio 2010

Convivendo.net

Con grandissimo piacere oggi ospito un contributo davvero interessante. Magie della rete, perché per caso sono capitata dalle loro parti navigando qua e là. Si tratta della storia di Lui&Lei, una coppia - che io trovo meravigliosa - immersa nella "cangiante Milano" (leggete il loro "chi siamo"), che un bel giorno decide di andare a convivere. E non solo. Decide di aprire un blog (notate la loro tazzina di caffè nell'intestazione: quando si dice, affinità elettive!). E poi questo blog diventa qualcosa di più. Diventa un diario di bordo, un mondo di idee, una miniera d'oro di consigli. E un libro da scaricare. Per tutti i conviventi all'ascolto (ma anche per gli sposati, i single, i dirimpettai, i condomini, gli amici che dividono le spese, e in generale per tutti quelli che si ritrovano prima o poi alle prese con il concetto di "casa", quindi, riassumendo: per tutti e basta), signori e signore, ecco a voi: Convivendo.net. (hemmm, tra l'altro, sono rimasta senza parole per le cose carine che hanno scritto su Tazzina, blushhhh, arrossisco).

L’avventura di Convivendo.net nasce nel 2008 quando eravamo alle prese con un infernale tripudio di lavori di ristrutturazione, consegna dei mobili, accavallamenti e sovrapposizioni di tutti i tipi, ritardi, rinvii. Insomma, quello che viene tecnicamente definito “un periodo incasinato”!



L’idea di partenza era raccontare una storia: la nostra! Una sorta di rotocalco di ciò che ci stava accadendo e provare a fornire qualche consiglio agli sventurati che si fossero trovati a breve nella stessa situazione.


Poi, come spesso capita, da cosa nasce cosa! E ci siamo trovati a scrivere di tutto un po’, soprattutto sul rapporto di coppia, sulla gestione pratica di un sacco di cose, quali le spese, la condivisione degli impegni e dei doveri, l’organizzazione delle piccole e grandi cose, la spartizione dei compiti. In poche parole, la gestione della vita di coppia.
Convivendo.net ormai ha un bel gruzzoletto di lettori e lettrici fedelissime che ci seguono nelle nostre mirabolanti (ossia, normalissime!) avventure, che si iscrivono alla nostra newsletter, che lasciano commenti (pochi, perché forse sono un po’ timidi!), che scaricano i nostri documenti.



Eh sì, perché alla fine ci siamo accorti che poteva essere utile fornire qualche documento pratico. Così ci siamo inventati la Lista di Convivenza, ossia il corrispettivo della lista nozze, un modulo tascabile in cui inserire tutto ciò che devi comprare prima di andare a convivere e che ti serve per organizzare gli acquisti prima dell’ingresso in casa. Ad oggi l’hanno scaricata circa 300 volte nei suoi diversi formati! E non è male! :-)


E poi, lo scorso gennaio abbiamo realizzato il nostro primo e-book: “Ristrutturare casa. La guida per Principianti”, una sorta di Bibbia dei disperati che devono ristrutturare casa per la prima volta nella loro vita, utilissima per ridurre i danni e provare a risparmiare soldi, rabbia, denunce per aggressioni agli operai.

Insomma questo è il piccolo, grande mondo di Convivendo.net che ormai rappresenta per noi una sorta di specchio della nostra storia e della nostra convivenza, un modo per fermarci, osservarla da fuori e renderla più comprensibile!

Programmi per il futuro? Tanti!

Prima di tutto vorremmo ospitare molte più esperienze dei nostri lettori, raccontare come loro vivono la propria convivenza, come rileggono gli aspetti fondamentali del vivere insieme (che noi stessi trattiamo nel nostro blog) alla luce della propria esperienza diretta. Troviamo che raccogliere questo tipo di racconti ed esperienze sia fondamentale per affrontare questa scelta: vivere insieme a un’altra persona (matrimonio o convivenza che sia) è un viaggio sempre unico nel suo genere.



Poi, ci piacerebbe estendere lo scambio che abbiamo avuto finora con lettrici e lettori che ci chiedevano un parere sulla loro esperienza, quasi come fosse una posta del cuore! E’ stupendo questo tipo di scambio!

Infine, non è detto che a breve Convivendo.net esca dalla rete per entrare nella vita reale. Ma non vogliamo anticipare troppe cose!!!

Nel ringraziarti per questo spazio e nel farti i complimenti per il tuo blog (adoriamo come scrivi e come tratti gli argomenti in modo fresco e brillante!), ti aspettiamo su Convivendo.net.

Ah! Ovviamente, aspettiamo tutti i tuoi lettori e le tue lettrici ai quali vorremmo estendere l'invito di inviarci le loro storie e di raccontarci il loro personalissimo modo di vivere (o aspettare) la convivenza, con la speranza di ospitare prestissimo anche la storia di una specialissima tazzina di caffè!

A prestissimo,

Lui & Lei
www.convivendo.net

lunedì 24 maggio 2010

Bici.

Girare in bici per Torino. Mi accorgo che ogni mio muscolo ricorda le sensazioni legate a ogni singolo angolo di città. Il mio quartiere, le vie recenti che sanno di nuovo come giocattoli appena comprati. E la paura di non poterli mai usare. La Crocetta, dove c'è un passato prossimo congelato. Via Cernaia: un otorino che mia ha guarita da mesi di preoccupazioni con una piccola scatola di vitamine. Via Bertola, tornavo dal servizio civile, mi sono sfracellata un piede con gli infradito, 24 anni appena compiuti. I Murazzi, ballare nelle estati calde piene di zanzare, birra, cocci, tutto scorre come il fiume. Qui ho visto per la prima volta il Po, avevo 2 anni. La faccia già preoccupata, persa nel vuoto. Una ruga di pensiero sulla fronte. Piazza Vittorio, ventanni, i capelli corti, non sapere ancora niente. Poi un mondo sconosciuto che si apre, sembra campagna, ci sono due capre, le fontane, le panchine, un tizio con un occhio chiuso, una ragazza che piange, tantissimi bambini, altre bici. L'aria profuma. Tutto è troppo bello, penso di essere all'estero. Tengo continuamente le mani sui freni. Sono ancora insicura, si nota anche dalle piccole cose. Arriva uno che fa jogging, inchiodo per farlo passare. "Guidare" non è facile, in tutti i sensi della parola...

domenica 23 maggio 2010

Tazzina-movies.

E per finire in genialità la settimana, ecco questo monologo di Woody Allen. Da Hannah e le sue sorelle. Chi più di lui ha saputo ritrarre crudamente la realtà e ridere della realtà e scongiurare la realtà e immergersi dentro la realtà senza mentire mai?

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Chi subisce una violenza, come la protagonista di questo romanzo, è possibile che dopo si senta come divisa in due. Quasi come spartire con quella presenza inventata un po' del dolore, del trauma, dell'ineluttabilità della cosa. E infatti questa è la storia di Faith, sedicenne sovrappeso che dopo l'aggressione a una festa degli ex alunni, a un certo punto si sdoppia e si ritrova a tu per tu con il suo alter ego. Una cicciona che le ricorda quello che lei era stata e non riesce a dimenticare...

Questo libro - Mi chiedo quando ti mancherò - di Amanda Davis, edizioni Terre di Mezzo, richiede forse più di una tazzina di caffè. Vi propongo un caffè americano, un tè verde, del vino rosso magari anche. Per farvi un'idea della scrittrice, per chi vuole conoscere la sua storia, ecco qui un link alla pagina di Minimum Fax dove ci sono alcuni suggestivi ricordi di lei. Perché Amanda ci ha lasciati giovanissima nel 2003, morendo in un incidente aereo. Ci ha lasciati fisicamente ma ha lasciato grandi testimonianze di sé, di una vitalità fuori dal comune, di un talento letterario superiore, di un cospicuo progetto artistico e di molti amici. Segnalo da leggere nel link il pezzo di Jonathan Lethem - che ne dici, Giuliana sotto la Mole? :D

"Amanda creò la nostra amicizia, e fu una grande amicizia. Fummo inseparabili per un paio di anni. Lei era la persona a cui telefonavo o mandavo e-mail cinque volte al giorno, ogni volta che desideravo che il mondo riconoscesse la mia esistenza".

Se potete, entrate in apnea in questo romanzo. Respirate solo col respiro di Amanda. Immedesimatevi nel personaggio. Capitelo, ascoltatelo, attraversate le sue esperienze. Così si costruisce qualcosa tra l'altro. Per dire, anche nella vita.

Buona letturadomenicale (wow, addirittura in pole position nel sondaggio!)

sabato 22 maggio 2010

Sole.

Giornata di sole: che si posa sulle teste di tutti. Che fa socchiudere gli occhi. Giro i miei pensieri come un cucchiaino nel caffè. Penso ad andare avanti. Come un aereo che trafigge il sole, che non fa fermate. Quando sei bambina e ti dicono: non ascoltare i giudizi della gente! E tu fai sì con la testolina, non capisci il significato di quelle parole. Quali giudizi? Quale gente? Poi in un battere di ciglia hai quasi 30 anni. Tanta gente. Tantissimi giudizi. Ed ecco che ti accorgi che non hai mai seguito il consiglio. Li hai ascoltati tutti. Hai cambiato ogni singolo centimetro di te a seconda di ogni singolo "giudizio della gente". E ora hai nell'armadio una grande valigia aperta piena di maschere e patetici travestimenti. Che mettevi all'occorrenza.

Oggi quella valigia sarà scaraventata giù dalla finestra. Oggi è il mio Capodanno Napoletano. Scaglio via la roba vecchia. Ahi però: mi accorgo che non ho più facce né vestiti.

Vabè, meglio: fa molto caldo, non ne ho più bisogno :)


Buon sabato eh!

venerdì 21 maggio 2010

Animal Instinct.

Nel post "Credenze" qui sotto vi raccontavo che ieri facevo così e cosà e che oggi invece faccio così e cosà...

Allora andiamo avanti. Ieri, in momenti delicati della mia vita - ad esempio la scadenza di un contratto di lavoro, un errore commesso, un torto subito, una malattia, una lunga attesa o robe simili, robe che possono capitare a tutti - ieri questi momenti non li sapevo affrontare. La mia reazione era, come si suol dire, chiudermi in casa, piangere. Mentre scrivere, leggere o cucinare diventava letteralmente IMPOSSIBILE. Ma anche solo lavarmi il viso con il sapone poteva trasformarsi in un'impresa faticosissima. Tanto che dovevo poi riposarmi dopo ogni piccola azione quotidiana, come ad esempio alzarmi dal letto. Cioè mi riposavo dopo aver dormito. Non so se si capisce l'intensità e la potenza di questa brutta condizione. Così tutto crollava dentro e fuori di me. Così moriva ogni volta qualcosa, come le vite di un gatto. E solo una buona notizia poteva risollevarmi. E sono stata fortunata perché qualche cosa poi alla fine è sempre successa e mi ha ricacciata inevitabilmente fuori da quello stato depressivo. Ma quali sarebbero stati gli esiti di un tale comportamento se mai nulla di buono fosse accaduto? Credo nefasti.

Ora, rieccomi oggi in uno di quei momenti a rischio che vi ho elencato (hemm il primo della lista...). Purtroppo mi scade un contratto di lavoro tra una settimana. E non so nulla, cioè non so se verrà riconfermato oppure no. Poverina! Direte voi. E invece no! E non sto per niente delirando: certo ho fatto tutto quello che si deve fare in questi casi: impegnarmi, chiedere delucidazioni sul mio immediato futuro, mandare il cv, predispormi ad altri colloqui, fare e cercare altri lavori che mi piacessero ecc ecc. Quindi ora non mi resta che aspettare e soprattutto ritrovarmi faccia a faccia con il mio umore. Fare i conti cioè con quella cascata di eventi di cui vi dicevo (immobilità, pianto, paura). Ma niente di tutto questo avverrà oggi. Non mi affiderò proprio a nessuna buona notizia. Non mi chiuderò affatto in casa, né verserò una lacrima, né smetterò di leggere, scrivere o tantomeno cucinare. Anzi. Ho deciso di mandare all'aria tutti i miei "piani di autodistruzione individuale". Di affilare piuttosto nuove armi. Di mettermi in guerra contro di me. E di vincere ovviamente. Perché ho scoperto a un certo punto di avere dei diritti e tra questi, il diritto a stare bene e a costruirmi in qualche modo la mia vita. Come tutti. Proprio come tutti :) Rido perché per me non era così scontato, l'ho dovuto apprendere, come si apprendono le tabelline a scuola. Quindi cosa ho fatto ultimamente? Tante cose, ma in particolare a un certo punto mi sono preparata un caffè bollente e poi sono uscita per andare a visitare la mostra d'arte forse più importante della mia vita. Credetemi. Ben presto ve ne renderò ampiamente conto qui su Tazzina. Solo il tempo di organizzare le idee. Perché mi è proprio piaciuta. Ma "piaciuta" è riduttivo.

E per quanto riguarda il resto, che altro posso aggiungere? Ah sì: se avete voglia incrociate genericamente le dita per me (anche quelle dei piedi, grazie) e io le incrocio per voi. Sono certa che andrà bene anche questa volta. E che non c'è davvero limite al meglio. E non sto scherzando eh!

Colonna sonora fine anni Novanta di tutto ciò: Animal Instinct dei Cranberries.
Perché quello che sento adesso è proprio un vero spietato aggressivo istinto animale di sopravvivenza.

So please stay tuned :)

giovedì 20 maggio 2010

Sondaggino.

Cari amici, parenti, collaterali, affini, amanti del caffè, lettori occasionali, sostenitori, nemici giurati e anche tu, sì proprio tu che ieri sei giunto su questo blog cercando su google (o gogol?) le parole: "morire bevendo acido muriatico", o anche tu che invece più saggiamente cercavi delucidazioni sul prosaico invito: "vai a stendere". Cari voi, tutti voi, nessuno escluso, volevo dirvi che nonostante tutto la vita è bella, piena di sorprese ed è per questo che ho pensato a un bel sondaggio (io ne sentivo la mancanza, e voi?). Lo trovate qui di lato a destra "scrollando" O_o un po' col mouse.

Mi chiedevo infatti quale fosse la rubrica più sensata qui di Tazzina-di-caffè. Quella che vorreste apparisse più spesso o quella più interessante/divertente. Per migliorare un po' il blog. Perché vorrei proprio che passare di qui sia per chi legge più o meno come bersi davvero una buona tazzina di caffè bollente come si deve. Come una vera pausa, un momento di distensione. Ma non per questo necessariamente vuoto o superficiale. Anzi: a volte è proprio nelle pause che vengono le idee migliori. Quindi vorrei ardentemente raggiungere questo obiettivo. E, dannazione, se è vero che mi chiamo Noemi, dovesse costarmi un vita intera, i o c e l a f a r ò! He he ;) Allora buon sondaggio. E da brava scrutatrice quale io sono, tra 36 giorni esatti vi farò sapere quale rubrica avete scelto! Votate votate votate.

mercoledì 19 maggio 2010

Radio-Tazzina: Alright

Hmmm, pronto? Sì, sono Noemi, ho xyzkw£$%&/** ove anni e chiamo da Torino. Dedico questo video a tutti quelli che mi conoscono. Uhhh scusate, sono emozionatissima. Ciao :)


Credenze.

Ieri credevo nella magia, nel caso, nella fortuna, nell'invisibile, nella telepatia.

Oggi credo nelle piantine sul davanzale, nel telefono, nella raccolta differenziata e nel caffè.

Ieri credevo nel perdono, nel sorriso a 32 denti, nell'agitazione, nell'inferiorità.

Oggi credo nell'Amuchina, nella lavatrice, nella puntualità, nella massima concentrazione.

Ieri ero in ritardo, ero sola, abbassavo la testa, avevo un piede in tre scarpe.

Oggi sono normale, fallibile, realista e a certi amici dico i miei segreti.

Ieri pensavo a scomparire, a compiacere, a compatire.

Oggi penso a riempire il frigo, a rispettare, al paradosso della verità e a fare pure un po' quello che mi pare e piace senza timore delle conseguenze.

lunedì 17 maggio 2010

Per tutti i bambini all'ascolto (ma anche i grandi).

Giacomo & Scaglia. E la paura della piscina...

Oggi è l'ultimo giorno di Salone del Libro di Torino: amici, se riuscite cercatelo già adesso allo stand della casa editrice Adnav Edizioni (oppure in libreria da domani!). Regalatelo ai vostri bimbi o ai bimbi di vostri amici e parenti. Questo è proprio un bel libro illustrato dalla bravissima Ilaria Urbinati, qui il suo blog nuovo di zecca. La storia, dell'autrice Daniela Barbato, racconta del piccolo Giacomo (il suo sguardo è vivo e vi cattura da subito, le sue espressioni del volto sono davvero spiazzanti, è un bambino vero lui!) e della paura della piscina, nonostante i suoi genitori siano entrambi grandi nuotatori. Sarà il suo inseparabile amico Scaglia a suggerirgli semplicemente un modo nuovo per tuffarsi. Al fondo del libro si trovano anche alcuni consigli per i genitori e testimonianze diverse sul valore dello sport e del nuoto in particolare. Molto incisiva la quarta di copertina del campione di Stile Libero, Federico Cappellazzo. Lo consiglio perché mi è piaciuto molto, ma anche qualcosa di più. Questo libro ha scovato tra i miei ricordi e le mie sensazioni di bambina e ha stanato certe antiche paure, non solo di nuotare. E poi mi ha teso una mano e mi ha aiutata a trovare il coraggio e la fiducia che mi mancavano o che forse avevo dimenticato. E poi ho pensato: se è successo questo a me, che ho quasi trent'anni, chissà quanto può essere utile a un bambino piccolo, che quelle paure le vive sul momento, in presa diretta...

Domani è un altro giorno di scuola.

E finalmente capita l'occasione di rispolverare questa rubrica sulla scuola - in collaborazione con la mia amica Rossella, alla quale tengo molto (alla rubrica e a Rossella ovviamente:). Questo piccolo spazio libero si mette al servizio del mondo della scuola, perché è chiaramente lì che affonda le radici il nostro futuro.

Ricevo e pubblico integralmente e senza cambiare una virgola questa lettera aperta indirizzata ai presidi da parte del CPS Napoli (Coordinamento Precari Scuola).

E aggiungo un link di informazioni e di progetti utili. Qui.

Lettera ai presidi del CPS Napoli

08/05/2010 - 07:03
inviato da Brunello Arborio - Illustrissimi Dirigenti, Illustrissimi Superiori, non c'è ironia né sarcasmo nei termini con cui Vi appelliamo, ma solo la presa d'atto di una conversione che avete unanimemente intrapreso e condotto a termine senza opporre resistenze e senza resipiscenze. Si tratta del passaggio "iniziatico" dal ruolo di fautori e garanti di processi culturali e formativi al ruolo di promoter, gestori di fondi e procacciatori d'affari dell' "azienda-scuola".
Non vogliamo innescare una sterile e retorica contrapposizione tra alti "valori umanistici" e vili "assiomi mercantilistici": vogliamo solo contestare - avallati dalle esperienze vissute e dall'evidente regresso registrato a tutti i livelli dell'attività scolastica a partire dalla stagione della "autonomia" - l'applicazione impropria ed indebita di tali idealità e pratiche alla scuola, che presenta peculiarità relazionali e statutarie tali da escludere aprioristicamente ogni appiattimento sul modello del "servizio" da rendere, con conseguente valutazione dell'impatto economico in entrata e in uscita, soddisfazione dell' "utenza" e gratifica per i sottoposti "meritevoli", cioè per quelli che abbiano meglio saputo prosternarsi di fronte alle pretese del cliente.
Inutile cercare di raggirarci o di persuaderci che sono la nostra scarsa preparazione, il nostro presunto "passatismo" o la nostra altrettanto presunta ignavia ad acuire la sensazione di allarme: è sotto gli occhi di tutti, infatti, che la scuola si è ridotta a un diplomificio squallido e livellante perché è stata costretta a mutare radicalmente le sue priorità, ponendo al vertice delle sue preoccupazioni non più l'educazione e l'istruzione libera e seria dei giovani, ma la capacità di far quadrare i conti e risparmiare soldi pubblici.
Virtuosa, prima dell'autonomia, sia pur con tutti i suoi limiti, era la scuola capace di selezionare su base culturale studenti di tutte le classi sociali e di proiettarli nella dimensione di quel pensiero critico stucchevolmente richiamato ad ogni pie' sospinto dalle recenti circolari ministeriali, ma de facto vilipeso e annichilito.
Oggi, invece, la scuola "virtuosa" è quella che, entrando ansiosamente in competizione con le altre "agenzie formative" sappia allettare il maggior numero possibile di studenti con la promessa di promozioni facili e la proposta di attività devolute allo scopo di radicare nel sentire dei nostri viziosi e viziati rampolli l'idea che lavoro e impegno sono per i fessi, i poveri e gli immigrati e che la loro "preziosità" consiste semplicemente nell'esistere in quanto fattore economico che stabilizza un sistema perverso, non in quanto individui che si preparino a dare il loro contributo.
Bullismo e violenza, sessismo e desensibilizzazione morale, indisciplina e ignoranza abissale, sgomento e impotenza crescenti nel corpo docente, mortificato ed esautorato, sono il prodotto di quest'esiziale politica scolastica, di questa vergognosa equiparazione del processo di crescita intellettuale e umana al vantaggioso piazzamento di una merce avariata, spacciata per buona, sul grande
mercato che ci fagocita.
Redigiamo il presente documento perché vorremmo comprendere le ragioni che hanno indotto Voi Dirigenti ad una tanto pavida pronità nei confronti di una proposta capace di evellere tutti gli
statuti pedagogici e deontologici contemplati e ritenuti imprescindibili dalla scuola quando non era ancora stata degradata a "servizio", quando era ancora una nobile "istituzione".
Leggiamo stupefatti e indignati, nelle bacheche delle nostre scuole, documenti da Voi emessi che trionfalisticamente inneggiano al passaggio della scuola "dalla logica dell'adempimento a un sistema di organizzazione devoluto all'erogazione di un servizio nell'ottica della rendicontabilità sociale".
Tali espressioni ci appaiono ridicole e deliranti. Ancor più delirante troviamo sia la spudorata pretesa di presentare come confortante ed esaltante salto di qualità una transizione che agli occhi di chiunque abbia senno appare come un mostruoso regresso.
Come avete potuto abbandonare l'ottica dell'adempimento, cioè del dovere morale, civile e culturale di costruire e dotare le menti delle generazioni future, per abbracciare quella, spregevole e fintamente adiafora, della "rendicontabilità sociale"?
Luciano Canfora ha individuato nella cooptazione a livello ideologico-propagandistico dei docenti di Lettere Classiche la ragione principale del facile proselitismo del regime fascista. Il becero riuso funzionale del passato imperiale di Roma, infatti, faceva sì che questi cultori di lingue "morte" si sentissero detentori di un sapere che, finalmente, con la dittatura, entrava nel circuito del potere.
A noi docenti pare che la storia si stia ripetendo, solo che stavolta siete Voi ad essere stati ammaliati dalle sirene del potere politico, il quale, senza difficoltà, Vi ha indotto a ritenere che è più qualificante essere "manager" che intellettuali, che è meglio vessare che ascoltare, meglio imporre che collaborare, meglio blandire e raggirare che dialogare.
Noi ravvisiamo, in questo trapasso, il segno di una grave defezione etica e professionale.
Vogliamo che Vi assumiate la responsabilità di ammettere che Vi siete lasciati sedurre da un modello autocratico e verticistico di gestione della scuola, che avete sacrificato la professionalità dei docenti, la "tenuta culturale" della società, la continuità del dialogo inter e intragenerazionale, sull'altare del marketing e di un'inammissibile "competitività", convinti o persuasi che nell'adozione di quello
stolido formulario che scimmiotta malamente il lessico della finanza fosse la chiave della "modernizzazione" del Vostro ruolo.
Avete traghettato la scuola dal dovere morale al profitto economico, dalla crescita spirituale alla partita doppia, dall'amore alla prostituzione. La scuola era un riequilibratore sociale: è ridotta, ora, ad un setaccio a maglie larghe, dove passa solo la crusca dell'arroganza, dello snobismo, dell'opulenza ottusa, ostentata o millantata.
Vi invitiamo, ora che la misura è colma, ora che le vite stesse di centinaia di docenti appassionati e propositivi vengono cancellate con un colpo di spugna; ora che le famiglie sono chiamate a procurare le suppellettili e i materiali scolastici; ora che la corrività del sistema si è ritorta contro la società, a dirci chiaramente DA CHE PARTE STATE e, eventualmente, a pronunciare un PRIMO secco e coraggioso "NO!" alle nuove, folli disposizioni ministeriali, tese a smantellare la scuola pubblica e a sancirne la definitiva cancellazione.
E non tirate fuori il vieto argomento dell' "obbedienza agli ordini che vengono dall'alto". I gerarchi nazisti usarono e usano ancora lo stesso sordido alibi ad ogni processo per i passati eccidi compiuti. Non funziona. Non Vi giustifica. Non basterà ad assolvervi.

sabato 15 maggio 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Anche se è sabato, la tazzina di caffè - oggi tiepida - è pronta per il consueto appuntamento con la nostra letturadomenicale (domani sarò, come si suol dire, "fuori Torino" tutto il giorno quindi anticipiamo!).

Si tratta di un piccolo libricino che ho acquistato ieri al Salone del Libro in cambio di un bicchiere di Montepulciano doc. (vedi ultimo post...). Non conoscevo la casa editrice, né tanto meno i suoi titoli. Me ne stavo lì imbambolata e zac, hanno forse capito il soggetto e mi hanno convinta non solo a comprare ma anche ad avvinazzarmi per benino a digiuno :)

Stamane però mi sono detta: vediamo un po' quanto vale un bicchiere di vino. E ho iniziato a leggere.
Onde, farfalla e aroma di caffè, casa editrice Edizioni Estemporanee, è una raccolta di racconti di scrittrici dominicane - l'editore pubblica tutti autori ispanoamericani. Ne ho letto solo uno per il momento, ma ho intenzione senza dubbio di proseguire. Il racconto mi è davvero piaciuto. Una scrittura corposa ma netta, contemporanea, ironica. Poi giro il volumetto molto ben curato (ottima carta, bella copertina) e leggo la quarta:

"Storie raccontate da narratrici dominicane di oggi, che hanno spesso per protagoniste donne dell'isola. Con uno sguardo specialissimo sul mondo. Al tepore silenzioso del primo caffè del mattino, quando uomini e bambini dormono ancora. Il mare oltre la cucina. Il volo della farfalla oltre il fiore."


Ahh. E quindi mi ha catturata: questo libro parla proprio con me. Ne è valsa completamente la pena! Quando si dice, serendipity.

Buona domenica e buona lettura a tutti :)

venerdì 14 maggio 2010

Salone del Libro/2.

E anche oggi un giretto al Salone. Cosa ho notato di bello?

1) Presentazione del libro L'uomo verticale di Davide Longo, con Daria Bignardi. Ottima intervista: intensa, divertente, concentrata. Lo scrittore di persona mi è parso come dire "una faccia pulita" dentro il clima teso e smaliziato che aleggia in genere al Salone. E come lui quelli di Fandango. Bravi! Durante la presentazione ho riflettuto molto su alcuni concetti. Longo diceva di aver esplorato nel suo libro uno scenario del futuro catastrofico allo scopo di presagire cosa potrebbe accadere se certe modalità sbagliate del presente proseguissero senza correzione anche nel domani. Abitudine abbastanza diffusa negli autori anglofoni, molto poco praticata invece in Italia. Dove viviamo così, come se esistesse solo oggi, solo adesso: scacciando le paure anziché rappresentarle e prenderne in tal modo le distanze. Peccato che le paure lavorino sotterraneamente, danneggiando la salute (di un Paese, come di una singola persona). Cavoli. Spiegata così da me non so se si capisce, ma le parole di Longo sono davvero incisive, nella loro disarmante sobrietà. E che brava la Bignardi! A un certo punto mi sono anche commossa. Certo però che ho proprio le lacrime in tasca. Mi ha salvata un prodigioso caffè gratis al Caffè Letterario Lavazza. Viva gli omaggi e tutti i gadget possibili e immaginabili :)

2) I bambini. Perché molti genitori s'impuntano a sgridarli sbraitando come scimmie? Fermiamoli!

3) Quanti personaggi incalliti che ti guardano come per dire: tu non t'immagini chi sono io! Mentre quelli che davvero fanno qualcosa di bello hanno lo sguardo disponibile e gentile. E vabè, ci si fa l'abitudine anche a questo.

4) Perché ho comprato un libro in cambio di un bicchiere di Montepulciano doc? Perché?

5) Perché ho mangiato - pur senza avere fame - sei micidiali polpettine indiane piccanti (Paese ospite di questa edizione) al self service al solo scopo di sedermi tra i tavoli e origliare i discorsi della gente? Qual è esattamente il mio problema?

6) Sono mortalmente felice in mezzo ai libri, e a chi ci lavora: è giusto ricordarlo.

7) A un certo punto mi è parso di aver visto Pannella, ma dubito che ciò sia possibile.

8) La proverbiale "festa di Minimum Fax": è un classico del Salone da sempre, ci vanno in tanti, immagino sia parecchio divertente ma io non so perché non ci sono mai andata, me la perdo senza ragione tutti gli anni, come anche il Festival di Mantova. A questo punto la devo considerare una mia tradizione al contrario: uh, come passa il tempo, è già ora di NON andare alla "festa di Minimum Fax!"

9) Hemm, appello a tutte le fluorent adolescents del Salone: ragazze, ieri era l'Induismo antico, e posso ancora capire. Ma oggi vi ritrovo a saltellare con gli occhi spiritati all'inseguimento di un qualche pensatore astruso, spelacchiato, complicatissimo e anziano per farvi fare l'autografo. Non so. Per carità, la vita è vostra, però...

10) E dulcis in fundo: eccomi lì, alle 21.30 suonate, con i piedi al posto del cervello, beatamente appollaiata su una morbida poltroncina bianca allo stand Einaudi. Ignara del futuro, ma pronta quanto prima a seguire il suggerimento di Davide Longo e a configurare mentalmente scenari da fine del mondo per come lo conosciamo. Guardo la gente che sfoglia i libri, che si trascina, che parla senza pietà e annuisce senza tregua, che corre, che guarda l'orologio e che non sa che io non mi perdo neanche un particolare delle loro facce, delle loro espressioni, dei loro tic, dei colori dei loro vestiti.

In quel momento sono completamente sola. Non conosco nessuno. Eppure è proprio lì che io mi sento al sicuro.




Buonanotte e buon week end :)

giovedì 13 maggio 2010

Salone del Libro.

Salone del Libro di Torino 2010. Primo pomeriggio. Impressioni sparse (l'immagine qui a sx è il simbolo di questa edizione dal suggestivo titolo: La memoria, svelata.)


1) All'inzio si chiamava Salone del Libro. Poi all'improvviso: Fiera del Libro, faceva di certo più international. Anni e anni passati a memorizzare questa ostica novità con importanti sforzi intellettivi: "Quest'anno ci vai al Salo...hmmm scusa: alla Fiera del Libro?"
Un lungo periodo di consolidamento: "Sei in Fiera?" E poi adesso di nuovo: Salone. Così, come se niente fosse. E vabè. Sarebbe comunque interessante scoprire chi è il genio che si diverte con queste parole in libertà. Mr. Marinetti dei nostri giorni: si decida però eh?!

2) Gruppuscoli di adolescenti. Ne scopro due o tre, tutte femmine, ammassate e febbricitanti presso uno stand. Una esclama, al culmine dell'euforia: "Guardate, un volume sull'Induismo antico!". (giuro). Solo al Salone del Libro di Torino queste bizzarre creature possono dare finalmente il meglio di sé. Ragazze: però qui non si tratta più di essere nerd, mi pare che si sia oltrepassato ogni limite consentito. Con tutto il rispetto per l'Induismo antico, per punizione questa sera a letto senza Meridiano Mondadori e sottolineatura a matita di almeno 10 pagine di vampiri e tre metri sopra il cielo.

3) Le poltroncine. Ne ho viste più degli altri anni. Molti stand si sono dotati di queste piccole e invitanti sedute morbide. E io dico: bravi! Mi piace che esistano. Fanno sognare. Immaginare dialoghi, prospettare mondi paralleli che prendono vita dentro lo stand stesso. Al confine interstellare tra la semplice realtà e le migliaia di parole non ancora dette.

4) La gente la gente la gente. Gente del Salone del Libro di Torino: siete inconfondibili, proverbiali, irriducibili. Ci sono i brutti ma bravi. Poi i belli ma scarsi. E infine i belli e bravi. Lo stesso dicasi ovviamente per le donne. Ci sono i defilati, arrovellati e arzigogolati, spesso si accompagnano a persone cui devono costantemente "spiegare" cosa succede intorno, ad esempio figli o mogli/mariti che stanno "fuori dal giro". C'è Mr. Occhiali da Sole che si aggira elegantissimo e occhialuto con la speranza vana di ammaliare qualche donna "accecata" forse dal suo uso originale degli accessori. Ci sono le Miss e Mrs. so tutto, sono importante, sono il centro dell'universo e voi non siete un ... vestite benissimo, truccate così così, fulminatrici con lo sguardo, super profumate, mi fanno un po' impressione da sempre. Ci sono gli anziani incalliti che ti urtano e spintonano nella gara eterna a chi fa prima lo scontrino per il caffè. Ci sono i miei preferiti: i romani. Fantastici, intrattengono un rapporto perpetuo di amore-odio con Torino e i suoi abitanti (neh), di cui mal sopportano l'indole quieta ma al tempo stesso ne sono attratti in un modo oscuro anche a loro stessi e quando vanno d'accordo il mix è esplosivo. A loro carpisco sempre qualche brandello di conversazione: "Nella vita 'n ze sa mmai!?" "Ao, ma che tte fregaa?" Quindi ci sono i telefonatori selvaggi: "Sì sì, sono alla Fier...al Salone. Ah sì? Ti ha chiesto l'amicizia fu facebook? E tu? Gliel'hai data?". Ci sono i famosi, che ti guardano dritti negli occhi e ti senti un po' a disagio perché dopo tutto... non so, fa sempre effetto. Ci sono poi chiaramente quelli del settore col cartellino: lo adoro il cartellino! Poi le coppiette appena formate, gli stranieri, i prelati, i volantinatori compulsivi e qualche Emo che fa simpatia. E infine ci sono io. Una tazzina in un oceano di caffè. Ma tutto sommato son stata bene anche questa volta. E la spinacina (versione bio della rustichella all'Autogrill interno) più un bellissimo acquisto librario di cui renderò presto conto in una letturadomenicale hanno reso questa mia prima perlustrazione alquanto leggera e confortevole. Non mi lamento.

5) I tappeti. Rossi, blu, verdi, gialli, ampi, vellutati, sgargianti. Avevo sentito dire che sono strategici. Cioè voluti per gratificare i clienti perché chi ci cammina si sente importante. Confermo. Gli innamorati sembrano più innamorati. Gli scrittori più scrittori, i libri più libri e la vita decisamente più vita.

6) I libri. Tutti quei libri, al loro giusto posto. Tranquilli, beati, a fare quel che devono fare. Cioè mostrarsi in tutto il loro splendore e passare di mano in mano, come qualcosa di bello, di utile, di attraente, di nutriente, di sano. Succede di tutto, gli anni passano, molte cose cambiano per sempre, ma loro lì, in quella stessa location che non cambia mai e tuttavia si trasforma, continuano a compiere questo bel miracolo luccicante, annuale, rituale. Fiera, Salone o che dir si voglia, Torino in questi giorni per me diventa qualcosa di più di una semplice città. Diventa lo scenario di un mondo leggero come la carta dove voglio restare, dove sono cresciuta, dove si sono formati i miei ricordi, nonché gran parte delle mie fantasticherie sul futuro.

A domani :)


martedì 11 maggio 2010

Il signore delle due tazzine.

Chi è costui? Eh non lo so. Si tratta di un'altra simpatica provenienza a base di caffè da Google su questo blog. Beh comunque io questo signore me lo immagino come un personaggio di Lewis Carroll.

Vestito di bianco, con due tazzine sempre in tasca, pronto a offrire un caffè a un amico appena gliene si presenta l'occasione. Peccato che questo caffè sia magico e quando lo bevi chissà cosa succede.
Oppure alla Tim Burton, con due tazzine al posto delle mani: poverino :(
Oppure alla Vittorio De Sica: due tazzine sono tutto ciò che gli rimane: poverino!

E via così...

Senza titolo.

Ho scoperto qualche tempo fa questo bel libro di Mario Calabresi: La fortuna non esiste, editore Mondadori. Colpita ovviamente dal titolo e colpita da lui, dall'autore e dalla sua storia personale.

E leggo poi di sua nonna. Nata a Torino, in via Pier Carlo Boggio 134 (cavoli: a un passo da casa mia).
Nata "morta", difficile a credersi, assurdo ossimoro. E sopravvissuta grazie esclusivamente alla tenacia di un medico, che a differenza di altri, non si è dato per vinto - avevano già appoggiato in un angolo la bambina in attesa di seppellirla - e ha provato a rianimarla, allestendo addirittura una sorta di rudimentale incubatrice ante litteram.

"Ero un piccolo pollo che non aveva neppure la forza di piangere, ma sono arrivata fino a qui perché ho incontrato un uomo che aveva voglia di scommettere sulla vita, che ebbe il coraggio di assumersi un rischio, di pensare con la sua testa e di non arrendersi quando gli altri mi davano per morta. Ho vissuto 94 anni, ma alla fine l'unica lezione che mi porto dentro è che non bisogna mollare mai. Mai arrendersi: bisogna essere curiosi, ambiziosi e artefici del proprio destino".

Sarà la vicinanza geografica, ma penso spesso a questa nonnetta. A questa bambina. E penso a tutte le bambine e i bambini che in qualche modo se la sono vista brutta e ciononostante eccoli ancora vivi, ancora forti, ancora svegli. E penso, dovete proprio saperlo, con vero orgoglio torinese (he he) a quante persone valorose come quel medico anche oggi abitano le solo apparentemente quiete vie di questa città silenziosa. E che lavorano per migliorare le cose. E a volte ci riescono anche!

domenica 9 maggio 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Con una tazzina espresso, in una domenica di corse, vorrei però ricavarmi qualche minuto prezioso per un consiglio di lettura. L'apparenza inganna: questo è un libro che si mostra sottile, piccolo, delicato e leggero. La realtà è che però dentro contiene - come uno scrigno i suoi tesori - un mondo denso e molto profondo. Il tema dell'amore perduto. Declinato in almeno due modi, in Io l'amavo la bravissima Anna Gavalda porta alla luce la fine dell'amore che si infiltra nelle zone scoperte della vita quotidiana e si diffonde ottusamente come tutte quelle materie quasi invisibili che però fanno male, non so, come il fumo, la polvere, la malinconia.
In copertina c'è una foglia, e un cuore trasparente. Come dire: sono proprio quelle cose fragili e semitrasparenti - cuore, foglie...- a muovere l'esistenza. E quando si inceppa un meccanismo da quelle parti...

Tuttavia, questo romanzo, che nella scrittura zampilla come un ruscello di montagna o meglio come una fontanella cittadina e parigina (l'autrice è giovane e francese), dimostra anche come i momenti più aspri possano offrire grandi occasioni di scoperte varie: primo, il fatto che in certi silenzi di certe persone si possono nascondere storie incredibili e lontane nel tempo e nello spazio, secondo come tuttosommato quasi tutti i nostri comportamenti abbiano un senso, delle conseguenze, delle spiegazioni. Sembra infatti proprio la storia di uno svelamento, di una formula matematica che poi alla fine ha una specie di soluzione. E la soluzione è: non rinunciare a vivere come si vuole, perché questa rinuncia costa cara e non sempre ce la si può permettere.

Preferisco non dire niente sulla trama, perché questo è più che altro un libro dove è bello ascoltare cosa si dicono i personaggi. Non succede molto all'apparenza. Ma, come vi dicevo all'inizio, l'apparenza inganna sempre. E infatti in questo ruscello di parole, prende forma un disegno molto vasto, un tragitto, un fiume.
Io l'amavo
ha avuto grande successo in Francia, e capisco che certi successi sono proprio meritati!


Grazie Ilaria per avermi fatto conoscere questa scrittrice.

Buona domenica.

sabato 8 maggio 2010

Ins.

Insegnante? Insicurezza? No, no: mi riferisco a quell'apparentemente innocuo tasto sopra al canc o corrispondente allo zero in basso alla vostra destra sulla tastiera. Ricordo bene la mia paura dell'Ins. Quando ancora non sapevo che esistesse e quale fosse la sua funzione. Semplicemente scrivendo, all'improvviso qualcosa, qualcosa di molto potente e implacabile, si mangiava le parole, le faceva scomparire proprio mentre digitavo. E più scrivevo e mi arrabattavo, e più le parole scomparivano. E così anche in altri momenti... Più ci si arrovella, più si prova, si cerca, si dibatte e più una forza oscura sembra voler vanificare tutto, e riportarci sempre al punto di partenza, cioè alla pagina bianca, come su una giostra senza inizio e senza fine. E poi invece un bel giorno ho scoperto che era tutta colpa dell'Ins. Piccolo subdolo tasto che, se toccato per sbaglio, agisce nel silenzio e nell'ombra e non si sa più come neutralizzarlo. Oltre a proporre pubblicamente una petizione per abolirlo dalle tastiere del futuro, mi chiedo quanto sarebbe tutto più facile a volte scoprire la causa che - come il terribile Ins. - origina certe difficoltà che ci lasciano magari senza parole, o per lo meno quelle giuste per reagire, per cavarsela. L'Ins. ho imparato alla fine che basta rischiacciarlo e il suo potere si annulla in un attimo. A volte anche certi tasti nascosti dentro di noi, basta allora scovarli, sfidarli e sconfiggerli una volta per tutte. Non è facilissimo come con l'Ins. (oddio: ci ho messo comunque anni a capirlo o_o), ma di certo possibile!

Buon week end a tutti da parte mia!

:)

venerdì 7 maggio 2010

Da sfortuna a fortuna.

Solo una piccola riflessione al volo e di corsa. Ma certamente questo è un tema da approfondire. Ci sono persone (come me -_-) che in certi momenti della vita o sempre si sono sentite o si sentono sfortunate. Anche i loro amici cominciano pertanto a considerarli sfortunati. E sfortuna vuole che le sfortune capitino proprio agli sfortunati suddetti. Poverini. Ora, sarà banale dirlo, ma io sento che il meccanismo è subdolo, si fatica a isolarlo e identificarlo, eppure c'è e merita di essere scovato ed estirpato come un'erbaccia. La sfortuna pertanto non esiste. Siamo noi a crearla. Lo dicono in tanti. Questo è vero, è sicuro, ed è dolorosamente chiaro ai miei occhi.

E ora, consultiamo l'oracolo wikipedia - scherzo eh :D - in proposito:

Probabilmente la "sfortuna" potrebbe anche essere considerata un particolare atteggiamento dei soggetti. Ovvero uno stato mentale e/o comportamenti quali, "valutazioni superficiali","scarsa attenzione" per l'ambiente circostante, "errata percezione" di fenomeni o un modus operandi inadeguato per una certa circostanza, tale da aumentare di molto la probabilità che un evento negativo si verifichi. Ad esempio, "passare sotto una scala" non porta sfortuna di per sé, ma rispetto al passare lontano da essa, aumenta la possibilità che cada in testa allo "sfortunato" passante, qualche oggetto, specialmente se è distratto.

Alla base di tutto questo, all'apparenza semplicissimo, vibrano in realtà e ribollono concetti e ragionamenti vastissimi, che andrebbero trattati da ogni sfortunato poco alla volta e con serietà e impegno. E se riescono a farlo: ecco già apparire la loro brand new fortuna nuova di zecca ovvero quella di capire in tempo la propria situazione e cambiare con cautela le cose!

:)

mercoledì 5 maggio 2010

How to...

Yummmmy: è giunto un lettore su questo blog ponendo la richiesta su Google: "Tazzina di caffè in piscina". Ora, caro lettore, non sono certo Miss Google in persona ma proverò a dare risposta ai tuoi interrogativi.

[Come bere una] tazzina di caffè in piscina?

1) Armarsi di Santa Pazienza, poiché un po' di caffè fuoriuscirà inevitabilmente dalla tazzina, ma ne varrà la pena perché dopo una bevuta di caffè in piscina finirete su you tube.

2) Con la mano dx tenere la tazzina, con la sx incrociare le dita affinché tutto fili liscio.

3) Indossare una cuffia con la scritta: coffee lover! Fa nerd. Il che non guasta mai.

4) Imparare a slegare i movimenti delle gambe dal resto del corpo, che dovrà restare immobile.

5) Tuffarsi mantenendo la mano con la tazzina fuori dall'acqua.

6) Muovere forsennatamente le gambe sott'acqua e rimanere immobili nel resto del corpo (vedi punto 4).

7) Sorseggiare il caffè sollevando il mignolo dal manico: dimostrete al mondo che siete biecamente snob anche in situazioni estreme.

8) Esclamare: Ahhh, ci voleva un buon caffè!

9) Poggiare la tazzina a bordo vasca.

10) Iniziare il proprio allenamento con una marcia in più!

:)

Il cambio di stagione?

Annuncio agli allievi del vecchio corso di Economia Domestica. La lezione dal titolo: Cambio di Stagione, perché mai? Sarà rinviata a data da destinarsi, causa maltempo. Ma non soppressa. Perciò: state all'erta. ;)

Segue al suo posto un rapido ripasso sullo stendere e introduzione al tema: Come stendere in tempi di umidità.
Forza, forza, vi sono mancata in versione maestrina? Allora. Come tutti sanno, abbiamo visto in questi giorni un anticipo di quel che sarà il 2012.

Nubi di cenere. Alluvioni. Cieli oscurati e sere nere. Ma quel che più angustia noi massaie e massai del 2000 è un quesito la cui soluzione i nostri avi avrebbero dovuto tramandarci e invece niente, hanno omesso deliberatamente poiché si era negli anni Ottanta e tutto sembrava facile e divertente e ora noi siamo qui a chiederci: "Come Eyjafjallajokull (non è una parolaccia) si stende in giorni di estrema umidità ? "

Ebbene, in realtà volete sapere una cosa: la risposta non ce l'ho. E penso nemmeno voi. Il risultato è che io, personalmente, sono uscita stamane con gonna, calze e maglioncino natalizio di lana mentre tutti, ma dico tutti gli abiti primaverili di casa sostano aggrovigliati come serpi dentro a sformate bacinelle azzurre in attesa del proprio turno sullo stendino, turno che ho motivo di credere non arriverà mai. Poiché lo stendino suddetto è momentaneamente occupato. Da cosa? Dall'involucro del Piumone Ikea, che ingenuamente ho rimosso dal letto e sigillato in un nylon e nascosto chissà dove in quegl'ingannevoli giorni di sole ormai lontani in aprile. E ora mi ritrovo qui in compagnia dell'enorme copripiumone che avanza come il Nulla ne La Storia Infinita. Che dire, cari allievi. Qui la vostra maestra, come di fronte ai più remoti misteri della vita, si arresta e lascia a voi le soluzioni. Ormai siete maturi per spiccare il volo.


Raccon-tiny. Piccoli racconti.

"Il ricordo di un ricordo..." Questa canzone che diceva questa frase continuamente alla radio ricordava a Rebecca la propria stessa condizione di persona in cerca del ricordo di un ricordo che non voleva riaffiorare alla memoria. "Impazzirò". Pensava. Perché in effetti è terribile quella condizione in cui non si ricorda più una cosa che però sembrerebbe proprio fondamentale ricordare.
Affettava la cipolla, levando prima la buccia che sembra carta velina infeltrita e poi sminuzzando quella verdura così bianca, così apparentemente innocua eppure letale, perché capace di far piangere e di restare appiccicata sulle mani anche per giorni nonostante i ripetuti lavaggi.

"Il ricordo di un ricordo..."

Lavava il sedano, per fare un brodo vegetale. Che sarebbe servito per un risotto tranquillo per due persone. Tagliava le foglie in cima, le gettava nella pattumiera. Levava a uno a uno gli strati fino ad arrivare al cuore del sedano. Quei piccoli gambi più chiari, che Rebecca ogni volta conservava per sé, per sgranocchiarli cucinando, pelando le carote. Levava strati, a uno a uno. E così sperava di fare con la propria memoria. Ma niente. Il suo cevello vibrava come uno strumento scordato. E "scordato" era la parola giusta. Questo ricordo scordato che non veniva a galla. Proprio come un sasso, che gettato nell'acqua rimane lì sul fondo. Sembra sparito eppure pesa, toglie spazio. "Togliersi un sassolino dalla scarpa". Pensava Rebecca. "Forse devo rievocare questo ricordo con frasi di questo tipo". Ma niente. Forse quel ricordo era più di un sassolino. Era un macigno, ma niente, sparito, svanito nel fiume lento della vita quotidiana. Nel getto scrosciante del lavandino della cucina.

Mah. "Il ricordo del ricordo..." E pelava anche una patata perché così il brodo era più saporito e dopo avrebbero mangiato le verdure in insalata.
"Magari non era niente di importante", ha pensato alla fine sconsolata. E puntando il timer a 12 minuti: la cottura del riso. "Magari invece era una cosa importante. E io non me la ricordo. Mi sento un criceto in una gabbia per criceti. Una trottola che gira sempre nello stesso punto". Diceva e diceva Rebecca e non sapeva invece che entro 12 minuti avrebbe ricordato, e sarebbe andata bene, e si sarebbe sentita molto più leggera.

martedì 4 maggio 2010

Emo.

Pensavo agli Emo. Non credo di conoscerne personalmente neanche uno. Mannaggia. Peccato. A Torino ce ne sono? Penso proprio di sì. He he, che personaggini. Al di là della filosofia che ignoro, trovo interessante il ciuffo. Hmmm. Ci faccio un pensierino: basta frangetta, sì al ciuffo Emo. E dopo questo inutilissimo delirio di mezzanotte: sogni d'oro :)

Sfide.

Sfide. Un programma televisivo (che sto guardando in questo momento). Sfide. Un momento della mia vita. Questo. Fatto di sfide.

1) Sfida per essere una ventinovenne felice.

(e basterebbe questa O_o)

2) Sfida per il lavoro. Per lavorare sempre con passione e insieme a persone interessanti.

3) Sfida per fare meno errori in generale.

4) Sfida per amare e rispettare le persone che mi vogliono bene, ricambiate. E per farmi amare e rispettare ecc ecc.

5) Sfida per accettare e affrontare e depotenziare i brutti ricordi.

6) Sfida per tenere a posto la casa. Arghhhh. Impossibile.

7) Sfida per avere sempre qualche soldo nel portafoglio. E andare sempre al cinema.

8) Sfida per volare a Catania dalla mia amica Rossella quante più volte possibile nella vita.


9) Sfida per leggere i miei libri. Tutti dal primo all'ultimo. Sfida per entrare nella mente dei personaggi. Sfida per trovare sempre il libro giusto da leggere, quello che mi cambia, che mi aiuta, che mi aggiusta o che mi diverte e basta.

10) Sfida per scrivere le cose che ho da dire. Averne il coraggio. Per conoscerle, per raccontarle nel modo giusto.

11) Sfida per diventare un giorno una brava mamma, per costruire una famiglia solida, accogliente. Forse la più difficile, ce la farò mai?

12) Sfida per essere dolce, per essere forte, per essere fortissima come una leonessa. Roar.

13) Sfida per dire qualcosa di intelligente a chi ne ha eventualmente bisogno.

14) Sfida per le verdure di stagione.

15) Sfida per avere gli occhi aperti, se necessario gli occhiali. Se necessario il binocolo.

16) Sfida per il computer: merita che metta a posto i file e le foto sparse in giro.

17) Sfida per questo blog. Ti voglio bene Tazzina :)

18) Sfida per i pensieri, per pensare cose che abbiano un senso.

19) Sfida per Torino, per stare bene nella mia città neh.

20) Sfida per "quel pizzico di fortuna" che serve.

21) Sfidaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. Ecco.

lunedì 3 maggio 2010

Piangere.

Ero lì al bar che aspettavo il mio panino riscaldato al microonde e così ho deciso di aprire il libro che avevo in borsa e leggerne qualche pagina. La storia era già nel vivo anzi quasi alla fine. Era così fitta la trama e la svolta della vita di un personaggio così fortunata e imprevista che mi sono messa a piangere, come si suol dire, di gioia. O_O Non a dirotto o singhiozzando, mi è scesa semplicemente una lacrima per occhio. In totale due lacrime. Che ho prontamente asciugato senza che se ne accorgesse nessuno. Ma insomma, ho pensato. Cavoli, non mi capitava da anni. Forse l'ultima volta è stato con Canto di Natale di Dickens, nella preistoria della mia vita. Uh ma che mi succede? E soprattutto: quanto può arrivare in profondità un romanzo scritto bene? Scritto davvero, scritto come si deve? E poi: che coincidenza, l'altro giorno mi sono detta: "vorrei piangere di gioia", non lo faccio mai. Magari mi commuvo, ma proprio piangere no. Invece oggi. Quanto in fretta si può realizzare un desiderio!

:) Buon lunedì a tutti!

domenica 2 maggio 2010

Letture domenicali+tazzinadicaffè.

Questo romanzo, Non ti voglio vicino, di Barbara Garlaschelli, editore Frassinelli, è illuminante. Perché illuminante? Perché mentre lo leggo qui accanto alla mia tazzina di caffè pomeridiana e mentre fuori piove e fa freddo capisco meglio il funzionamento della mente umana. Non della mente umana in generale, bensì della mente e del comportamento di una persona, una bambina - Lena - protagonista della storia, che è molto intelligente, molto bella fin da piccola, ma che si trova a subire una violenza inaudita. Leggendo si scoprono poi tutte le conseguenze di questa offesa primordiale, mischiata a un terreno culturale e famigliare già compromesso. E si osserva poi cosa succede a Lena come donna e come madre. Ed è dolorosissimo e insieme istruttivo. Come guardare a occhi aperti il disagio e il turbamento senza scappare e senza negarlo. E prendere nota della vulnerabilità dei bambini e della responsabilità degli adulti, sempre e in ogni luogo. Tutto questo sullo sfondo di una Milano prima schiacciata sotto la seconda guerra mondiale e poi in continuo mutamento; e di una storia d'amore più che sofferta della protagonista con un personaggio molto interessante di nome Lorenzo. Con un respiro preciso e riflessivo, questo romanzo mi sta accompagnado a ogni pagina verso una consapevolezza in più, quella che deriva dallo studio e dall'ascolto incondizionato della vita di un individuo alle prese con la sua esperienza di vita, benché letteraria. Potere straordinario della scrittura. Mi sbilancio e dico che non mi dispiacerebbe se l'autrice vincesse il Premio Strega, dal momento che si trova tra i finalisti.

Buona lettura domenicale :)

sabato 1 maggio 2010

1° maggio.

Buongiorno :) La macchina del pane è di là che gira e impasta. La caffettiera filtra e gorgoglia e fuma il suo aroma buonissimo nella casa. Certi germogli stanno spingendo per la definitiva trasformazione in foglia. Qualcuno prende appunti su un libro di carta, qualcun altro (come me) sta al computer a scrivere. Ma non dovrebbe essere la festa dei lavoratori? Cioè la festa in cui NON si lavora? Sì, ma questo che sento intorno a me è il lavoro della vita quotidiana, il rumore della vita quotidiana che si muove.

Flash back. Ieri ero al supermercato e vedevo la maggioranza delle facce seccate e infastidite. E anche io ero tutta concentrata sulla spesa: uff la spesa. E poi pensavo a non spendere troppo, a trascinare il carrello, a schivare le altre facce seccate. A un certo punto ho detto: eh no. Così non funziona. A me piace vivere. Mi piace fare la spesa, mi piace anche questo goffo carrello. Mi piace uscire di casa o restarci dentro. Mi piace il rumore della macchina del pane, quello della caffettiera. Mi piacciono le cose che vedo alla finestra, mi piacciono le persone con cui scelgo di trascorrere il mio tempo. E mi piace leggere e scrivere. E mi piace lavorare. Così oggi voglio proprio celebrare tra me e me e poi insieme agli altri l'importanza del lavoro. Perché la ricompensa del lavoro, qualsiasi lavoro, è la vita stessa. E a me piace la vita. E non mi piace trascinarla come un carrello troppo pesante, mi piace magari scivolarci dentro, scartando le cose nocive e cogliendo al volo tutte le altre. Così tra una confezione di cereali e una ricarica di sapone liquido ho capito cosa dovevo fare e adesso proverò fortemente a farlo ogni giorno!

Buon primo maggio a tutti :)