mercoledì 27 febbraio 2013

Taccuino di caffè.




Questo taccuino per me è diventato come, non lo so, qualcosa di rassicurante. 

Torino è nella morsa del gelo. Come il mio cuore. Non nel senso che sono triste. In un senso diverso. Ci sono momenti in cui ritengo sia necessario ghiacciarsi il cuore. Lo penso da sempre. Una cosa adattiva, tipo i camaleonti o i grilli che si mimetizzano.

Il gelo nel cuore.

Perché a volte c'è poco da sapere. C'è un tale casino. Bisogna solo fare, fare, senza pensare e aspettare, in qualsiasi circostanza della vita voi siate, non ditemi che non vi è successo almeno una volta.

Imparato questo, ghiacciarsi il cuore è un attimo. E ti uniformi ai cristalli, ai picchi innevati, al bianco del cielo. Non c'è niente da comprendere, solo agire. 

Poi arriva anche il momento di sciogliersi. Del sole. Del calore, della dolcezza. Ma prima, quando non ci capisci più niente, se ghiacci un pochino il cuore, secondo me non sbagli. 

Dev'essere stato, tra l'altro, il ragionamento di Walt Disney quando si è fatto ibernare. 

Walt Disney. Dunque se l'ha fatto lui, possiamo gelarci l'anima anche noi ogni tanto, male non fa. Credo. Spero.


Dunque dunque. E che si dice in giro di bello e di esaltante in questi giorni?


1) Tra le righe. A saper leggere tra le righe si scoprono tante cose belle. Si scopre quanto è complessa la vita, e quanto è semplice. E si scopre un festiva letterario che ha avuto vita dal 22 al 24 febbraio, che è stato bellissimo, e che spero ritornerà per poterci andare di persona la prossima volta. Cercatelo qui!!

2) Sad Books Make Me Happy. In alternativa a gelarvi il cuore, potete leggervi un sad book. Badate bene che sono tutti metodi per la felicità, anche se le apparenze potrebbero ingannarvi. In questa idea c'è il sabaudo ingegno di @leugeniolibri (su twitter), una brillante mente che ha pensato questa cosa qua. Lascio a voi la sublime tristezza di scoprire di cosa si tratta.

3) La colazione dei personaggi. Amando molto i romanzi, mi sono resa conto negli ultimi tempi di quanto sia importante il cibo. Cosa mangiano, ma soprattutto cosa non mangiano i personaggi. E così, ho trovato questo interessante post proprio sull'argomento. In cui, tra le altre cose, ho scoperto che anche in Moby Dick ci si beveva un sacco di caffè.


E quindi? Che altro aggiungere. No, non starò a sottolineare che in questo preciso istante tutto è incerto per tutti e non sappiamo come saremo domani. Governo, Papa e tante altre cose. Punti interrogativi. Non so, a me comunque sotto sotto non dispiace. Certo, non vedo l'ora di avere qualche sicurezza in più, come è normale. Però, nel mentre, mi gelo un po' il cuore, c'è un divertente anche in questo. C'è una sua bellezza. 

Musica per tutto questo? Una delle mie canzoni preferite. 


lunedì 25 febbraio 2013

Simonetta Agnello Hornby - Il veleno dell'oleandro.

Simonetta Agnello Hornby, Il veleno dell'oleandro, Feltrinelli.


In questo bel lunedì, pieno di incognite per tutto il mondo, io dovevo essere in un posto fantastico a Milano, chiamato Antica Focacceria di San Francesco, che già dal nome non poteva non evocare bontà totale e generalizzata per tutti, e pranzare beatamente, lietamente, con bella gente e soprattutto conoscere Simonetta Agnello Hornby!

Lei voi la conoscerete tutti, perché è una signora famosa e meravigliosa, inutile forse che ve la presenti. Ma per quei pochi che ancora non sapessero, eccola qui.

(E intanto ringrazio Feltrinelli per queste idee sempre belle).

Quelle cose che a dirle ad alta voce ti fanno pensare che il mondo sia anche un posto migliore qualche volta.

Perché quesa scrittrice, tra l'atro, io la inseguo già da un po'. Avevo tentato di partecipare a un pranzo con lei al Festival di Mantova, perché lei è un'immensa esperta di cibi e di cucina e spiega le cose da rimanerne incantati per secoli: pensate un po' come me la sono persa: arrivando in ritardo, non ricordo bene perché.

(Ricordo benissimo, ma mi vergogno a morte delle mie azioni, come tutti i ritardatari cronici).

Questa volta mi hanno tamponato sul taxi, che ho preso per fare più in fretta. Sto bene eh, per carità, e non vi tedierò con i miei pur appassionanti "drammi medicali", perché da ipocondriaca e da persona qualche volta anche ragionevole conosco la vera sofferenza, e non è questo il caso, anzi, non mi lamenterò lo giuro.

Però ecco la saletta verdina e triste che mi accoglierà per la seconda volta tra poco, e non mi sono fatta neanche niente ma è solo burocrazia, per quanto rinomato spunto di riflessioni e mementi vari per tutti noi, non è senz'altro paragonabile alla: Focacceria di San Francesco...

Ma va bene, dai.

Pensavo comunque che non tutto il male viene per nuocere. E che il destino esiste e vuole dirci qualche cosa, sempre, che sta a noi capire.

Ad esempio a me è capitato di lasciare che i fiori cominciassero a fare parte nella mia vita.

Non li ho mai amati, né capiti, né accuditi con particolare amore prima di adesso, poi invece hanno incominciato a entrare nella mia esistenza e tra le parole del mio cervello in modo decisivo.

(Ma questa è un'altra storia, che vi racconterò molto presto...).

Però è vero che quando ho visto la copertina, ho pensato che questo libro avesse qualcosa in più da raccontarmi, un significato in più per me. D'altro canto, non è vero che tutti quanti scegliamo le cose che si intonano di più con ciò che abbiamo in testa, con i nostri sogni, con i nostri misteriosissimi percorsi mentali e del cuore?

Quindi avevo cominciato a leggerlo un po' di corsa per prepararmi all'incontro, e mi è andata bene.

E vi anticipo che questo mi pare un romanzo corposo, forte, dentro una solennità emotiva particolarissima, di quelle cose che o lasci perdere perché è troppo, o ti ci immergi del tutto, e stappi una bottiglia, dato che non posso pranzare con la scrittrice, pasteggio però anche io con un bicchiere da casa, in territorio sabaudo, tanto la vita è strana e bisogna celebrarla appena si può.

Dunque adesso sono qui che aspetto gli eventi, e ci ho abbinato un calice di rosso anziché la mia solita tazzina di caffè.

Perché va così, qualche volta. Si deve festeggiare con un sorriso la scrittura e le idee, e i destini incrociati, e quelli che non si incrociano mai, e le sensazioni di certi romanzi, ed è quasi un piccolo e dolce dovere per me.

 Si entra in un libro, in un habitat (che qui ha il nome di Pedrara, in Sicilia, e lo capiamo subito dal linguaggio, dalle primissime righe), in un mondo, in una villa al capezzale di Zia Anna, personaggio fantastico e si cade subito dentro, nella testa dei personaggi, si sente subito una voce netta, personale,  diversa e l'unica cosa da fare è appunto brindare a loro, alle storie che raccontano e ai segreti che ti stanno per svelare.

E mi pare che in questo romanzo siano tanti.

Dunque ora rosicchio tempo al Tempo e mi "mangio" ancora qualche pagina, come se fossi lì con la scrittrice, in attesa di un'altra occasione. Di nuove occasioni. Cosa che auguro a tutti, qualsiasi siano i vostri desideri.




mercoledì 20 febbraio 2013

Taccuino di caffè.


Caffè concerto. Mmmmmh. State sognando un po' anche voi?

Mi piace questa idea del Taccuino di caffè monotematico.

Sarà per il benefico influsso della canzone-Mononota di Elio e le Storie Tese?

Può essere, può essere.


Quindi oggi (che per me è ancora martedì ma per voi sarà più probabilmente mercoledì mattina, come si conviene a chi è dotato, ed è senz'altro il vostro caso, di normali ritmi sonno-veglia. Nel mio di caso ultimamente invece tutto slitta verso le due di notte ultimamente, anche più tardi, non mi va di dormire, non so perché). 

Un mesetto fa, mi è capitato di fare una gita di lavoro, di cui avrei sempre voluto parlarvi.

Ho conosciuto questa compagnia teatrale, qui a Torino. Si chiama Accademia dei folli. Li ho conosciuti proprio nel senso che sono entrata nel loro ufficio e ho visto dove provano e dove lavorano, ci ho parlato.

Non capita tutti i giorni di parlare con degli attori. Attori veri. Non so a voi, ma a me non capita mai. Sono persone speciali. Ovvero, vivono diversamente dai comuni mortali. Credo che abbiano il cervello anche differente, certe aree più sviluppate, chissà, non possiamo saperlo. 

Comunque sono stata in questo posto magico. C'è un'aria misteriosa, seria, concentrata e spaziosa. Sembra di entrare in un'altra dimensione. Altrove. Che poi è la stessa del teatro. A me il teatro spezza il cuore. Ci vado poco, perché un po' soffro, adesso meno, ma un tempo pativo proprio per gli attori. E se sbagliano? Mi chiedevo. E poi tutta quella vicinanza mi intimoriva. 

Adesso ho capito che il bello è anche sbagliare. Che c'è qualcosa di bello anche addirittura negli errori. E nella vicinanza.

Detto questo, i Folli non sbagliano mai, beninteso, e vorrei proprio andarli a vedere.

 (E sul sito che ho linkato sopra trovate tutte le informazioni sulla compagnia, la scuola, le produzioni anche musicali etc. etc.).

Detto ciò, il taccuino era per segnalare ai sabaudi (e non) che da ieri sera fino al 21, al Gobetti, loro portano in scena Il bugiardo, di Goldoni. 

L'avete mai letto un copione teatrale?

A me sta capitando, ultimamente, di leggere questi copioni teatrali. Dico che è davvero interessante.  Specie per chi ama scrivere. Un'esperienza da fare, almeno una volta nella vita.

Musica per tutto questo: Altrove.

















sabato 16 febbraio 2013

A.A.A. Amici: Il diario fantastico di Antonelli, architetto.


Fabio Geda, Marco Magnone, Ilaria Urbinati, A.A.A. Il diario fantastico di Antonelli, architetto, Espress Edizioni.



Buongiorno buongiorno! 

Per sabaudi ma anche non, che passassero alle 18 alla Libreria Coop di Piazza Castello a Torino, c'è una cosa bella e questo appello è per voi. 

Vi ricordate per caso questo annuncio

Vi raccontavo di un'idea nata insieme agli amici della libreria, ovvero quella di presentare di tanto in tanto, al sabato, autori torinesi. Avevamo cominciato lo scorso anno, e adesso si riparte.

Il fatto che questa avventura, per il 2013, inizi proprio con questi tre autori, poi, è tutta fortuna e un po' di destino.

Come dirvi infatti che, con mio sommo piacere, potrò chiacchierare con Ilaria Urbinati e Marco Magnone (Fabio Geda è con noi mentalmente, perché è in viaggio, ma lo ringraziamo per il supporto) del loro A.A.A. Il diario fantastico di Antonelli, architetto

Questi autori e questo libro non hanno bisogno di tante presentazioni a dire il vero. A.A.A. oltre che in libreria, è uscito insieme alla Stampa, ha toccato già molti cuori, e le illustrazioni di Ilaria sono anche state proiettate proprio sulla Mole, che è il progetto più noto del protagonista di questo fantastico libro, durante le celebrazioni dei 150 anni dalla firma del contratto per la costruzione dell'edificio simbolo di questa città. Qui c'è qualche notizia in più. 

Loro dunque sono ormai abituati a raccontare di Alessandro Antonelli, di questa magia che gli gira intorno. 

Quindi a me non resta che fare da tramite, continuare a osservarli portare questo incantesimo in giro per il mondo. 

Se lo avete già letto, sapete che è perfetto, delicato e sublime. Prende la storia di un personaggio controverso, geniale e terribile come dev'essere stato Antonelli e, con un espediente narrativo molto bello, ne ricostruisce la vita e le opere. La ricostruzione storica è impeccabile, e sobria si nasconde dietro un'immediatezza narrativa meravigliosa e soave.

Se continuo a scrivere, mi commuovo perché in un certo senso prima da vicino poi un po' più da lontano ho seguito con particolare affetto la nascita di questa storia. So che è stato davvero un sogno a occhi aperti un po' per tutti loro. 

D'altra parte, la vicenda è quella di un grandissimo sognatore.

Mi piacciono la sua furia e la sua dolcezza, il suo desiderio di andare oltre i limiti, di fare cose importanti, scontrandosi con le avversità, con la fatica, rincorrendo ovunque la bellezza. Riconosco queste caratteristiche anche in Ilaria, che, tra i tre, è quella che conosco meglio, e che lo ha ritratto con un talento straordinario.

La poesia, l'ironia e la scrupolosità della scrittura accompagnano le immagini, e viceversa, come se tutto questo fosse stato già lì da sempre. E invece c'è un gran lavoro dietro, una grande dedizione. 

Con la testa piena di meraviglia non si può dormire, dice spesso dunque questo ingegnoso personaggio.

Infatti, è vero, se potete, non dormite e passate oggi a trovarci!


mercoledì 13 febbraio 2013

Taccuino di caffè - Special edition - Melting Plot.


Oggi desidero dedicare tutto il mio taccuino del mercoledì sulle cose belle della rete a questo progetto che supera i confini della rete stessa, compresi quelli geografici. Mi piace pensare alle cose belle. Credo che al netto di una vita questo possa portare fortuna e soprattutto metterti in contatto con le idee migliori dell'Universo. 

Infatti, in mezzo allo scorrere molto, molto misterioso della vita, mi è capitata questa fortuna. Ovvero quella di conoscere colei che ha pensato e ideato nel 2006 questo progetto per la Scuola Holden e che se ne occupa, ora, per la direziona artistica. 

Lei si chiama Alessandra Minervini, se siete esperti di libri ed editoria e affini saprete già che scrive, fa la editor e collabora per l'appunto con la Scuola Holden e con LiberAria Editrice, ed è semplicemente un genio visionario!

Melting Plot: Storytelling in Europe è un'idea bellissima, multiculturale, spalanca gli orizzonti ma è anche molto concreta; e che comincia questa primavera. 

Tre città. Madrid, Torino e Vienna. 

Sei eventi e nove artisti. Scrittori, Musicisti e Visual Artist: questa chiamata è per voi.

Se guardate qui ci sono tutte le informazioni dettagliate che vi servono, e il bando da scaricare per partecipare, ci sono dei criteri e una selezione: in palio, 1.500 euro e un'esperienza artistica molto bella, molto bella davvero.

Qui in inglese per eventuali amici stranieri. E qui ulteriori utili informazioni sul progetto, molto ispiranti.

Si comincia a Torino il 12 e 13 aprile e in ogni città, durante ogni evento, un ensemble di tre atristi realizzerà un reading unico dedicato alla città che li ospita. Ogni artista sarà coinvolto in due eventi diversi e due differenti città.

Questa è un'idea corroborante, galvanizzante ed energizzante, che mi mette di buon umore solo a pensarci. 

C'è il concetto di prendere e uscire di casa, la consapevolezza che essere artisti possa significare qualcosa di nuovo, anche viaggiare con gli altri, respirare aria nuova, unire le forze e le menti con differenti persone, creare qualcosa di nuovo e insieme, qualcosa di legato agli spazi che abitiamo, alle città, quindi guardare dove sei, capire cosa ti circonda. Sono quelle esperienze di vita e culturali che ti restano nella circolazione sanguigna, nei ricordi più felici. 

Avete idea? Quali e quante emozioni e sensazioni e creazioni può scatenare una simile possibilità? 
E ultimo ma non ultimo: guadagnare anche dei soldi. 

In questi tempi sciagurati etc. etc. Riuscite a immaginare niente di meglio?

Fossi in voi, parteciperei numerosi!

Musica per tutto questo? Se mi perdonate il gioco di parole con il caffè, ho pensato a Trans Europe Espresso (che oggi offro io, naturalmente). 

E buon proseguimento di settimana. 






martedì 12 febbraio 2013

Lettera 22, Felicità, radio, libri.




Felicità.

Talmente presto che fuori è quasi ancora buio.
Sto alla finestra con il caffè
E le solite cose della mattina presto
Che passano per pensieri.

A un tratto vedo il ragazzo e il suo amico
Venire su per la strada
Per consegnare il giornale.

Portano il berretto e il maglione
E uno la borsa a tracolla.

Sono così felici
Che non dicono niente, questi ragazzi.
Mi sa che se potessero, si prenderebbero sottobraccio.
Il mattino è appena sorto
E stanno facendo questa cosa insieme.
Avanzano lentamente.
Il mattino si fa più luminoso,
anche se la luna pende ancora pallida sul mare.

Una tale bellezza che per un attimo
La morte e l'ambizione perfino l'amore
Non riescono a intaccarla.
Felicità. Arriva
Inaspettata. E va al di là, davvero,
di qualsiasi chiacchiera mattutina sull'argomento.

Raymond Carver


Ieri sera ero qui, in questa bella radio torinese. Alla trasmissione Lettera 22. La conduttrice si chiama Claretta Caroppo ed è bravissima, oltre che molto giovane. 

Devo dire che è stata un'emozione proprio meravigliosa. 

C'era un'attrice fantastica, Alba Porto, che ha letto un racconto di Carver, Sogni, stupendo e la sua poesia che trovate qua su. E poi: un mio raccontino sul caffè! E abbiamo riso quando Claretta ha detto: abbiamo letto testi di Carver e di Noemi Cuffia. 

Questo lo farò sentire ai miei nipotini in loop quando la vita sembrerà loro troppo triste o faticosa. Ricordate che poi nel mezzo accadono anche cose belle.


Sì è parlato di caffè, in tutte le sue forme, come ad esempio il caffè sospeso. 

E di maggio, di LiberAria, di romanzi e di scrittura.

Claretta ha scelto una playlist molto bella, sognante e con molta caffeina. E abbiamo parlato di questo blog. Mi ha fatto notare che è pieno di foto di albe, fin dall'inizio. Non ci avevo fatto caso, mi piace molto questa cosa. Mi sono commossa perché esistono persone come Claretta. Davvero, ci tengo a dirlo, giovani e pieni di energia e competenze. Tutte le volte che parlo con persone un po' più giovani di me, la prima cosa che mi viene da dire è: non ascoltare quelli che ti smontano.

Ieri sera ho visto questa radio bellissima. I ragazzi erano tutti ultra esperti, e sereni. Studiano, lavorano, hanno idee. Questa gioventù è liquida, ce la fa, come mi ha fatto notare il gentile accompagnatore trentenne che era lì con me. 

Mi piacciono un sacco.

Vabè, non che io sia già una vegliarda eh. Però ieri mi sono accorta che questo blog esiste da un bel po' di anni, e c'è sempre qualcuno nuovo che lo legge con un tale affetto da colpirmi completamente dritto al cuore. 

Quindi questo post è per ringraziare Claretta, per farle in bocca al lupo, sperando di rivederci ancora presto.




lunedì 11 febbraio 2013

Nessuno sa di noi.



Simona Sparaco, Nessuno sa di noi, Giunti





"Ma scrivere, più di qualsiasi altra cosa nella vita, ora mi risulta impossibile".

"Scrivere, rispondere a una qualunque delle lettere che ricevo, mi sembra un gesto privo di significato. La mia voce che si aggiunge ad altre mille voci fino a formare un frastuono insopportabile. Di colpo mi volto indietro, rileggo mentalmente tutte le storie che ho ricevuto, e mi sembra di non essere mai riuscita a trovare una sola risposta che avesse un senso".

Scrivere questa storia non dev'essere stato facile. Non è una storia qualunque. O meglio, lo è. 

Una storia come tantissime, più di quanto pensiamo. E al tempo stesso, una storia unica e irripetibile e piena di buio, di male, e di luce, di bene.

Ho finito di leggere questo libro questa notte alle 3. 

Non potevo staccarmi. Un tempo avevo paura a leggere libri che contenessero dolore prima di dormire. La vita è già abbastanza difficile, pensavo. Adesso non è più così. Adesso ho preso coraggio, e leggo tutto a qualsiasi ora. 

L'esperimento è riuscito, perché mi sono svegliata pensando al libro, ma con una buona sensazione. Sarà la neve, ma sentivo dentro quella stessa luce che c'è in queste pagine.

Luce è proprio il nome della protagonista e la luce illumina tutto, anche quando le scene più faticose e terrorizzanti corrono sotto gli occhi. Lei è una giornalista che risponde alle lettere dei lettori su una sua rubrica, e come spesso accade nei nostri tempi, per diversi casi della vita, qualche volta per necessità, qualche volta per scelta, tarda, come molti, nella scelta di avere un bambino.

Dunque un po' oltre i trenta e dopo gli estentuanti tentativi cui molte coppie si sottopongono, finalmente scopre di essere incinta. 

C'è il bellissimo personaggio di Pietro, il fidanzato, che mi ha subito molto colpita. Un uomo. Un bell'uomo. Imprevedibile e prevedibile insieme. Come tanti, e come nessuno.

Il dramma si consuma quando loro scoprono che il bimbo soffre di una grave malformazione. E sono già oltre i limiti di legge italiani per un aborto terapeutico.

Nessuno sa di noi significa proprio che di queste storie non si parla mai. E Luce si ritrova a cercare informazioni e conforto in rete.

"Tuttavia, ancora una volta, è la rete a venirmi incontro. A rompere il silenzio omertoso della mia vita e a mostrarmi che da qualche parte esisto".

La rete può fare questo, qualche volta, è giusto dirlo, ricordarlo, sapere quanto aiuto può offrire a chiunque, oltre a tutto il marcio, che pure la permea.

E naturalmente, si aprono questioni etiche, morali, legali, psicologiche, affettive, sanitarie, famigliari e fisiche. 

E si pone la domanda che, ormai è chiaro, interessa tutti noi, anche nelle emergenze, anche nell'affanno, sempre: che cos'è l'amore? Come si comporta?

Qui c'è una buona risposta. Una risposta che ho sentito sincera, perché mi ha commossa fino alle lacrime, nel cuore della notte. E ne ho un ricordo ancora fresco, se ci penso, è stato un momento forte per me, nel silenzio ovattato del mio cuscino.

Questo è un romanzo perfettamente costruito, poi. Incastrato come un ingranaggio che funziona bene. Come un griglia, entro la quale prendono forma le emozioni, prendono vita. Piano, con la lentezza della vita e con la sua esplosività. 

Scrivendo, mi accorgo che questo è un romanzo di contrasti. 

Complesso e semplice insieme, come una vera opera d'arte. E adesso, che ho capito, e sto imparando (e vi dirò) quanto impegno richieda la scrittura di un romanzo, al di là dei risultati, e quanto rispetto per se stessi e per gli eventuali lettori, e quanta fiducia e quanta dedizione, non posso che prestare ancora più attenzione alle storie, alla letteratura e amarla e stimare chi ci lavora. Qui, in particolare, ho notato moltissime idee e molto ben sviluppate e uno stile limpido, luminoso, e insieme personale e al grado zero e forte, come spinto proprio dalla semplice, antica e universale necessità di raccontare. 

C'è proprio l'urgenza che deve esserci, ma c'è anche una voce delicata che porta per mano negli spazi lasciati scoperti dalla rassicurante e felice  (privilegiata) serenità di una coppia come tante.

Infine, per tornare alle citazioni dell'inizio, c'è una cosa che mi ha interessata in modo particolare. La riassumo con un concetto che conosciamo tutti subito: quanto siamo fragili. E quanto siamo resistenti.

Se anche a voi è capitato di sentirvi di colpo fuori dal mondo. Improvisamente incapaci. Inetti. Soli. Sbagliati. Abbandonati dalle vostre stesse energie. Leggetelo, con cautela, sapendo che si soffre. Ma sapendo anche che si resiste. Si sopporta. Si rinasce. Si ritorna anche alla vita. Ritorna la speranza.

Se vi è capitato di perdere le parole. Di non saper più che fare. Come uscirne. Scoprirete, potere dei romanzi, che è capitato anche ad altri. Ne saprete di più grazie alla precisione da entomologa di questa scrittrice. Vedrete che è capitato anche ai personaggi di questa storia, ad esempio. 

Libri come questo rendono possibile svegliarsi con una buona sensazione al mattino, nonostante tutto, senza sapere il perché.


mercoledì 6 febbraio 2013

Taccuino di caffè.


Oggi c'è il vento. E, non so perché, ho la sensazione che le parole, molto spesso, siano completamente inutili.

Pare strano dirlo proprio scrivendo, ovvero utilizzandole.

E comunque personalmente le amo molto, e le rispetto. Però non so.

Mi accorgo sempre di più che nella vita, nel bene e nel male, conta poi dell'altro che non è dicibile.


Né scrivibile. Tuttavia. Quando una cosa è impossibile, è proprio arrivato il momento di farla.

Qundi userò nuove parole, o sempre le stesse combinate diversamente, per capire e raccontarvi cosa ho trovato in rete di curioso negli ultimi giorni.

Ma anche voi vi sentite un po' strani? Alle prese con qualcosa di incomprensibile?
Comunque cominciamo.

1) Gli introversi. Questa TED Talk l'avevo già vista tempo fa, ma mi piace molto e ve la segnalo. Se anche voi è tutta la vita che lottate contro la timidezza, finendo per diventare finti spavaldi ed esponendovi a svariate montagne russe emotive, ecco che questa cosa sarà un balsamo per il vostro cuore. Qui.

2) Talenti. Sto osservando da un po' questa giovane cantante. Lei è una youtuber e non posso che empatizzare con questo mondo un po' bizzarro, con questo modo fragile di comunicare col mondo. In alcuni video proprio mi commuove, in altri penso sia un vero talento. Qui il suo canale. 

3) Non parole. Quindi, senza parole oggi, vago per la rete e vedo questo post che inizia così: "Music is both a universal joy (it's a cliché because it's true) and a seething map of tribal frontiers across which we stray at our peril". Cercatelo qui, vi incanterà. 

Musica per tutto questo: inevitabilmente, laconicamente questa!

domenica 3 febbraio 2013

Quando l'imperatore era un dio, di Julie Otsuka.


Julie Otsuka, Quando l'imperatore era un dio, Bollati Boringhieri

Se potete, prendetevi qualche minuto e leggete:


"Si asciugò le mani sul corpetto del vestito e si avvicinò alla gabbia. Sollevò il panno verde e aprì il gancio dello sportello. 'Vieni fuori' disse. L'uccello le salì con cautela sulla mano e la guardò. 'Sono io', disse la donna. L'uccello batté le palpebre. Aveva gli occhi neri e bulbosi, privi di centro. 'Vieni qui' disse l'uccello, 'vieni qui, adesso'. Le sembrò di sentire suo marito. Se avesse chiuso gli occhi avrebbe potuto immaginarlo lì con lei. La donna non chiuse gli occhi. Sapeva benissimo dov'era suo marito. 

(...)

Lo immaginò sdraiato, con un braccio sopra gli occhi, poi baciò l'uccello sulla testa. 'Sono qui', disse. 'Sono qui, adesso'. Gli diede un seme di girasole, che l'uccello ruppe con il becco. 'Vieni qui', ripeté. La donna aprì la finestra e posò l'uccello sul davanzale. 'Tu sei in gamba' le disse. La donna lo accarezzò sotto il mento e lui chiuse gli occhi. 'Sciocco pennuto' gli sussurrò. Poi chiuse la finestra. Adesso l'uccello era fuori, dall'altra parte del vetro. Bussò tre volte con la zampa e disse qualcosa che lei non capì. Non lo sentiva più. Picchiò anche lei sul vetro. 'Va'' disse. L'uccello batté le ali e volò sull'acero. La donna prese la scopa da dietro il fornello e andò fuori a scuotere i rami dell'albero. Spruzzi d'acqua caddero dalle foglie. 'Va'' gridò. 'Vattene via da qui'. L'uccello aprì le ali e volò via nella notte".


Spero perdonerete il piccolo gusto un po' adolescenziale di copiare parti di libri, come se questa fosse un'agenda, un vero diario di bordo delle letture, cosa che in effetti però è. 

Ma è nel ripetere più volte certe parole che ne capisco di più il significato. Alcune volte la mente rallenta, non so perché, e bisogna ripetere e ritornare piano sulle cose. 

Vi avevo già raccontato di questa meravigliosa scrittrice, qui. Nonché delle mie personali antiche correlazioni con il Giappone e del perché mi interessa così tanto. Dopo il penultimo post su 1Q84, rieccoci dunque ad avere a che fare con questa gente, questa cultura, questo mondo bellissimo. 

A pochi giorni dalla Giornata della Memoria, poi, mi pare una lettura anche interessante da un punto di vista storico, perché qui si racconta di una deportazione. Seguito di Venivamo tutte per mare, questo romanzo descrive proprio cosa accade nei primi anni Quaranta quando a Berkeley il giovane padre di origine giapponese di una famigliola come tante, apparentemente ben integrate nella società americana, viene catturato e arrestato. 

Dopo l'attacco a Pearl Harbour, i cittadini nati in Giappone, con quei tratti somatici lì, sono diventati sospetti e, di colpo, potenziali nemici. La moglie, rimasta sola con due bambini, deve quindi scegliere le poche cose da portare via con sé e partire per un lungo viaggio in treno. Destinazione: il deserto dello Utah e un villaggio di baracche recintato, senza ombra, pieno di polvere, minato di regole e restrizioni, dove resterà confinata per tre anni. 

In questo contesto di angoscia, la voce narrante, le voci anzi perché l'autrice, che qui attinge a ricordi famigliari anche, non rinuncia al respiro corale del primo romanzo, è di una grazia gentile,  malinconica, calma. 

"'Non toccarmi' disse la bambina. 'Voglio star male da sola'. 'Impossibile' disse sua madre. Continuò a strofinarle la schiena, e la bambina non la respinse'".

C'è una sorta di mondo, più sottile ma non meno struggente, che si crea nel villaggio e che mi ha ricordato La vita è bella di Benigni, perché questa madre, cui man mano finiscono i rossetti, le creme, i profumi e resta spoglia, con le sue rughe, con le sue mani che accarezzano le fronti, con i suoi sguardi stanchi e vigili, tuttavia mette le energie che le restano per occuparsi di loro, per vedere un futuro anche nell'orrore. 

Nella scena che ho trascritto tutto deve ancora compiersi. Ma lei si sta pian piano liberando delle cose, delle creature, che non potrà portare nel viaggio. In questo caso un uccellino parlante. 

Se anche nell'intimità segreta delle vostre vite vi è capitato qualcosa di vagamente analogo, potete capire cosa può significare separarsi anche dalle piccole cose care, non solo dalle grandi, dagli animali. Se conoscete questa ferita, leggerete con le vostre lenti abituate, ma anche se non vi è mai successo, è un'esperienza da capire. Da sapere.

Come anche si manifesta l'attaccamento alle proprie minuzie e attività quotidiane mentre gli eventi macroscopici del mondo provano a distruggere tutto, destabilizzando.

Siamo sul treno:

"La bambina disegnò un grande borsalino nero con una minuscola piuma infilata nel nastro. Era molto brava a disegnare. Due anni prima aveva vinto il primo premio alla Lincoln Elementary School per il disegno di una pigna. Si era semplicemente concentrata nel vedere la pigna, senza quasi mai guardare la matita, e il disegno si era fatto da sé".

Cose piccole, ma che determinano a comporre la vita di persone normali e speciali insieme. Ed è questo che continuiamo a non capire: come questo tipo di eventi storici, e se ne conoscono infiniti, possa andare a devastare proprio lì dove c'è l'innocenza. Questa è la domanda che pone il libro. Privandoci naturalmente della risposta, che nessuno ha. 

C'è solo un capitolo per così dire un po' più espressionista e vivido. Quello che dà il titolo al libro.

Quando l'imperatore era un dio.

"Era il 1942. Nello Utah. Sul finire dell'estate. Una città di baracche rivestite di carta catramata dentro una recinzione di filo spinato, su un polveroso altopiano alcalino nel deserto. Soffiava un vento caldo e secco e pioveva di rado, e il bambino lo vedeva ovunque guardasse: papà, babbo, padre, Oto-san. Perché era vero, si somigliavano tutti".

Questo padre però non c'è mai, e si manifesta solo tramite lettere che si infilano negli interstizi della narrazione, ad accrescerne l'emozione, lo strazio.

Strazio che si ripresenta al ritorno a casa, quando tutto è cambiato e, come si sa, questo tipo di esperienze sono impossibili da cancellare. 

L'ultimo capitolo, infine, dal titolo Confessione, è disarmante e lo lascio a voi, alle vostre conclusioni, che però vi anticipo non sono facili e si rimane in silenzio. Ad assimilare questa storia come un nutrimento amaro eppure inspiegabilmente nutriente.

Buona lettura.







venerdì 1 febbraio 2013

Taccuino di caffè.

Slitta a oggi, venerdì 1° febbraio, il vostro taccuino preferito!

Perché, in effetti, se la nostra mente può, volendo, scegliersi un punto nel mondo, e restarci quanto vuole, e fare come la brina che non è altro che la rugiada che diventa cristalli di ghiaccio; quante cose si scoprono a uscire di casa la mattina. 

Dunque, se noi possiamo fare questo, loro invece no. Esse sono sempre in movimento, always on the move, sfrecciano come rondini in viaggio ultrarapido per paesi lontani. 

E con esse intendo loro. Le novità della rete della settimana.


1) Ohhhh. Come posso commentare questa TED talk? C'era una volta un bambino che si è inventato un'idea e questa idea era geniale e ha trovato lo spazio e il modo di diffonderla nel mondo. O meglio è riuscito a invitare il mondo a giocare con lui. Splendido, guardate qui!

2) No al razzismo. Cosa succede quando un critico letterario non ne può più del razzismo, ma come dargli torto, lo dico così col cuore, è davvero incredibile, ma molto reale, ciò che accade di continuo ovunque, in Italia, sugli spalti dei campi da calcio ad esempio e altrove. Insomma, c'è chi tenta soluzioni, magari piccole, ma sincere e significative. Guardate cosa ha fatto il tedesco Denis Scheck (per riconsiderare la scrittura di libri per bambini). Qui.

3) Moments of cooking. La rete è piena di sinestesie. Io ad esempio Virginia Woolf la immagino intenta in mille contemplazioni, dolori e illuminazioni, ma difficilmente dietro ai fornelli. E invece, notate un po' qua cosa ci racconta il Guardian in proposito. Buon appetito!


Musica per tutto questo: potere della mente! E buon venerdì!