Mia nonna Alfonsina faceva la stiratrice di mestiere. Per lei stirare era tutto. Era brava, era precisa, era seria, era energica. So quanto soffriva, negli anni Novanta, per l'avvento della moda grunge. Tutti quegli strappi nei jeans, quelle maglie larghe e lise abbinate a quelle scarpone goffe: non le capiva, non le concepiva. Ora la capisco, capisco la sua ostinazione nell'aggiustare i vestiti e gli oggetti. Adesso quando stiro penso sempre a lei, a renderla orgogliosa nel mio impegno nello stirare, nella fatica dello schiacciare il ferro sulla stoffa. Nello spruzzare l'acqua profumata sui colletti.
Penso a come sapeva trasformare certe magliette mie di pessima qualità in indumenti decorosi e puliti. Stirava anche le lenzuola e i pigiami. Faceva la piega a qualsiasi pantalone, anche a quello della tuta. Povera nonna mia, se mi sentisse adesso le chiederei una mano. Non solo le chiederei consigli su come stirare. Ma su come si vive fino a tanti anni con dignità, su come si affrontano certi momenti così difficili, così tanto difficili. Come si diventa adulti davvero, non solo all'anagrafe. Come si sopporta il dolore.
Penso a come sapeva trasformare certe magliette mie di pessima qualità in indumenti decorosi e puliti. Stirava anche le lenzuola e i pigiami. Faceva la piega a qualsiasi pantalone, anche a quello della tuta. Povera nonna mia, se mi sentisse adesso le chiederei una mano. Non solo le chiederei consigli su come stirare. Ma su come si vive fino a tanti anni con dignità, su come si affrontano certi momenti così difficili, così tanto difficili. Come si diventa adulti davvero, non solo all'anagrafe. Come si sopporta il dolore.
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