Questo libro nasce da un progetto molto curioso, e bello. E vale la pena raccontarlo. Lo scrittore torinese Marco Magnone (nativo di Asti) ha abitato, durante l'estate 2013, nel mese di agosto, in Valle Gesso. La sua è stata una vera e propria "residenza" da scrittore. Ovvero il suo compito lì era quello di ascoltare e trovare, fuori e dentro la sua mente, storie da scrivere.
Il progetto si chiama
Narrare il Territorio e rientra nel più ampio circuito di iniziative di
Fermenti Musei, una rete composta da undici Enti pubblici nell'area del cuneese nata per valorizzare e gestire i beni culturali del territorio.
Uau.
Questa per me è un'idea di valore, ed è stata l'occasione finalmente con calma di leggere il libro di un amico, con la forse più bella copertina di libri io abbia visto negli ultimi tempi in circolazione.
La storia è in breve questa: il fitto dialogo tra Lei e Lui, intervallato da introduzioni in prose descrittive del passare del tempo e dell'ambiente (montano) circostante.
Quel che colpisce è il contrasto, anche grafico, tra il dialogo dal suono molto easy, che dipana però storie e racconti che vanno in profondità, e lo stile raffinato e pulito dei brevi testi introduttivi. Fare i dialoghi è peggio che scalare una montagna. E questi sono curatissimi e non ti lasciano un momento di tregua, devi leggerli. Quindi, come in tutte le opere serie di questo mondo, il mestiere che c'è dietro scompare, in virtù di un'immediatezza felice.
Una coperta troppo corta nasce quindi dalla volontà di tenere vivi i territori di estrema bellezza che altrimenti rischierebbero la solitudine, da un punto di vista culturale. Questo genere di residenze, lo si nota leggendo il risultato - che è come anche un ringraziamento dell'autore ai luoghi che lo hanno tenuto a balia per quel periodo - sono poi sempre molto proficue.
Avevo partecipato anche a una brevissima residenza in montagna, di tutt'altro genere,
qui. Con Davide Longo. Ed era stata molto importante per me, per la scrittura.
Questo mi faceva riflettere oggi sull'importanza di spostarsi. Del movimento. Ieri alla presentazione di
Non fate troppi pettegolezzi di Demetrio Paolin, lui diceva che il suo capo, quando faceva il giornalista di nera, gli ricordava che bisogna "scrivere coi piedi". Che non è un invito alla trascuratezza, è il contrario. Un invito ad andare quando possibile nei posti. Fisicamente. E la trovo una sublime metafora dell'agilità. Inteso anche come agilità mentale, e del cuore. Quanto è difficile, qualche volta. Ma a questo servono le sfide.
Infatti, la scrittura di qualità, quella di cui si può avvertire la stoffa buona, risente proprio di questa disponibilità al movimento, alla fatica bella del fare le cose, della stanchezza, della ricompensa.