sabato 1 marzo 2014

Ci rivediamo lassù. A Milano, con Pierre Lemaitre.

 Ieri all'incontro con Pierre Lemaitre ho pensato: sono seduta di fianco a un. Non lo so. Un artigiano! Come si definisce lui. Un travailleur! E ha appena vinto il prestigioso Premio Goncourt. Ah. Sì, sono seduta proprio di fianco a un'artigianale scheggia di Storia. Storia della Letteratura. E storia della mia vita. In quel preciso istante di questa immagine qua su, poi, si stava parlando del volto di uno dei protagonisti di Ci rivediamo lassù, un volto che per le ragioni che potete scoprire leggendo il romanzo, si compone di maschere. Maschere, maschere, maschere. Pensavo. E devo dire che è stato un momento decisivo e importante per me, per le cose cui sto pensando ora. Ma questa, come si dice nelle fiabe, è un'altra storia... (Photo di Anna Da Re).

Pierre Lemaitre, Ci rivediamo lassù, Mondadori.

Volevo dire che tutte le volte che vado a questi incontri per blogger cerco dei significati. Cerco epifanie. Cerco ricchezza. Voglio imparare. E questa volta ci sono andata un po' strisciando sui gomiti, con l'influenza, la tosse etc. E mille pensieri per la testa, inutili preoccupazioni, rumori mentali di sottofondo, e un crescente fastidio e risentimento per i treni e i loro ritardi cronici (specie al ritorno, ma perché?). Però, cari miei, ne è valsa la pena. Ed eccolo lì, che dice: "Il lavoro del romanziere si basa sull'ILLUSIONE".  Mentre tutto svaniva e restavano quelle parole musicali, di magica saggezza. "Si basa sul fabbricare emozioni". Ok, ok. "Emozioni come: AMOUR, COLER, TENDRESSE". Provateci voi, ad ascoltarle in francese, quelle parole. Dal tizio che ha scritto il romanzo fluviale che vi ha tenuto svegli tutta la notte. Un romanzo che naturalmente parla di voi. Poi mi dite, va... Intendo dire: garantisco che esistono attimi di pura bellezza, e speranza. Per tutti quanti. E comunque poco dopo s'è passati a discutere della superiorità della letteratura sulla vita, di Borges, della distanza incolmabile tra la scrittore e il lettore, che lui ha tentato di invece colmare con una voce narrante intrusiva, dell'arte come rappresentazione della realtà, dell'identità e l'immagine di sé, dei personaggi femminili del romanzo, e della terra. Sulla terra ho fatto la mia domanda: la prima scena del libro si svolge sotto terra. C'è un soldato sepolto-vivo, e tutte le sue sensazioni. C'è la testa mozzata di un cavallo, e un altro soldato che cerca di salvarlo. La terra ritorna poi molte volte successivamente nella storia, fino al punto di sentirsene pervasi. Gli ho chiesto se questo fosse intenzionale, se volesse magari rappresentarne il potere rigenerativo. Ebbene. Tenetevi forti: NO, non era intenzionale. E io, colei che scrive in questo momento, sono stata la PRIMA seconda persona a farglielo notare. Lascio immaginare il mio ego come ha reagito alla notizia! Contate che la prima vera persona a fargli notare che la terra e i suoi colori entrano nella testa del lettore con insistenza è stato l'artista che sta lavorando alla trasposizione in fumetto del romanzo. Per dire, eh. E poi con non chalance si è giunti a discorrere della costruzione dei personaggi, che devono essere composti di forti contrasti, per far scaturire emozioni.

"Non credo nell'ispirazione, ma nella traspirazione" ha detto a un certo punto. Lasciando che gran parte dell'incontro poi ruotasse attorno a questo concetto. L'ironia lasciava intendere il valore del lavoro, che vince sulla mera posa da scrittore che è proprio il contrario di come si presenta infatti Lemaitre. Una persona sobria, di un'umiltà e lucidità impressionanti. Basti pensare che solo il primo capitolo ha richiesto ventuno versioni. Ventuno revisioni! Al punto che, la domanda è nata spontanea, Gloria Ghioni di Critica Letteraria gli ha domandato che ne avesse fatto dei suoi autografi. Che ridere: ci ha raccontato di aver aperto un blog con moltissimi materiali inediti, ma che questo blog ha ricevuto pochissime visite (forse una?) e il tempo di permamenza non superava i 4 secondi. W i blog!

Comunque, a proposito di blog, c'erano anche gli amici di: Libreriamo, Finzioni e Sul Romanzo. E a proposito dei blogger, Lemaitre si è mostrato illuminato. Ci ha ringraziati e ha sottolineato anche lui l'autorevolezza e l'influenza (nel mio caso proprio letteralmente ;) che ci viene riconosciuta. Questo, bisogna dirlo, lo capiscono molto gli stranieri, possibilmete vincitori di premi letterari importanti. Come mai? Mi si conferma comunque quel vecchio adagio per cui più uno è bravo, più è gentile e consapevole. Al di là dei premi o non premi. Ah, e comunque è particolare che un autore di noir abbia vinto il Goncourt, almeno così si dice in giro. Ma i conti mi son tornati quando gli ho chiesto perché avesse scelto proprio la Prima Guerra Mondiale per ambientarci questa storia. "Perché ho sempre scritto romanzi che parlavano di crimini, e una guerra che ha fatto quaranta milioni di vittime faceva proprio al caso mio".

"Quando non si capisce qualcosa, lo si capisce attraverso le emozioni". Sono sincera. Come in alcuni altri momenti, non sempre mi rendo conto di cosa sta succedendo. Di preciso, intendo. Capita anche a voi ogni tanto di mettere il pilota automatico? Di non sentire un granché? Di arrovellarvi sul nulla. Di dar troppo spazio ai pensieri vani? Di gelarvi il cuore? A me spesso, forse come umano istinto di sopravvivenza, non so mica. Ma ci sono particolari, peculiari istanti in cui di colpo mi pare invece di sentire tutto, come se il mondo si colorasse, si scaldasse. Capisco allora il mondo attraverso le emozioni? Cosa succede? Con buona approssimazione, credo che abbia a che fare con la bellezza delle persone gentili, il lavoro artigianale e sì, senz'altro con l'amore per la letteratura.

Uhm, io non lo so se è legale pubblicare questa foto: in caso contrario preparate le arance da portarmi in prigione, mi prendo questa responsabilità. Comunque questi sono gli appunti di Monsieur Lemaitre!

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