lunedì 5 maggio 2014

Vandana Shiva - Le guerre dell'acqua.


Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, Feltrinelli


«Questo libro è dedicato alla popolazione di Tehri e della valle di Bhagirathi, le cui case stanno per essere sommerse dalla diga di Tehri, che annullerà così anche la penitenza di Bhagirath».
Questa è la dedica in apertura di Le guerra dell’acqua, di Vandana Shiva, attivista e ambientalista indiana. L’edizione è Feltrinelli, ed è un piccolo libro che fa grande chiarezza sul tema dell’insufficienza idrica in numerosi paesi del mondo. E sul fatto che le nuove guerre saranno sempre più spesso combattute per il possesso dell’oro liquido, che oggi – insieme al petrolio – è proprio l’acqua.

L’idea alla base del libro è semplice, e riprende il messaggio di Gandhi: «La terra ha abbastanza per le necessità di tutti, ma non per l’avidità di pochi». Parte dalla sua terra, dall’India, l’analisi di Vandana Shiva (anche lei indiana), per spiegare come la crisi dell’acqua sia «la dimensione più grave e meno visibile della devastazione ecologica della terra» – il libro è del 2002, negli ultimi dieci anni la situazione è anche peggiorata.

L’acqua è da sempre un bene prezioso. Ma nell’ultimo secolo lo è diventato ancora di più. I potenti, progressivamente, se ne ne sono appropriati, per poi in molti casi “mascherare” le guerre dell’acqua, facendole apparire come guerre etniche o religiose. Guerre paradigmatiche –che vedono contrapposte una cultura dell’acqua come bene di tutti a una cultura mercificata dell’acqua in bottiglia – e guerre vere e proprie, combattute a tutti i livelli.

L’acqua è sempre più diventata una merce, e così viene quotidianamente gestita (l’avete visto il video sulla storia dell’acqua in bottiglia? Rimediate subito).

Il libro di Vandana Shiva ha il merito di metterci di fronte al dilemma legato alla sua gestione: l’acqua deve essere privatizzata o è soltanto un bene pubblico? Quanto ne spetta all’uomo liberamente, e quanta alle aziende?
Progressivamente, le necessità delle popolazioni sono aumentate, ma i loro diritti all’accesso all’acqua diminuite. Eppure, il diritto all’acqua dovrebbe essere concesso a tutti i popoli, perché acqua è sinonimo di vita.

Eppure... eppure sempre più persone hanno problemi di accesso all’acqua, cosa che per noi occidentali è impensabile. E sempre di più l’intervento dell’uomo ha compromesso falde acquifere, pensiamo soltanto a quello che accade anche in molte zone del nostro paese. In ogni caso mentre in occidente e in generale nei paesi industrializzati si abbia spesso abbondanza di risorse idriche, e anzi si parli molto spesso di sprechi legati all’acqua, nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo per quello che riguarda le infrastrutture idriche siamo ancora a livelli molto sotto la sufficienza.

Ad esempio in molti Paesi in via di sviluppo l’accesso all’acqua potabile è decisamente insufficiente – a causa della struttura morfologica e geografica del territorio, dell’alta densità della popolazione. Stiamo parlando di stati come Israele, Cina, Bolivia, Messico, Ghana, e ovviamente l’India, lo stato di Vandana Shiva.

La lettura di questo libro permette di aprire meglio gli occhi, e di avere uno sguardo d’insieme su un problema spesso celato, sul quale non abbiamo modo – o tempo – di interrogarci. E pone al centro della riflessione un concetto molto importante: la mano dell’uomo – con i suoi interessi economici e politici – spesso rovina o compromette quello che la natura ha creato. Dobbiamo impegnarci sempre di più, e dobbiamo farlo tutti, per limitarne i danni, e resistere.



Grazie Antonio per questo post, spero possa incuriosire e aprire nuove prospettive ai lettori che passano da queste parti. 



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