James Joyce, Gente di Dublino, Einaudi |
Ed ecco il mio consiglio di lettura per questi ultimi giorni di vacanze natalizie. Quest'anno c'è un ponte incredibilmente lungo con questa grazia di due giorni più pieni di ferie che vanno senz'altro onorati con qualche buona pagina.
La grazia è anche proprio il titolo di uno dei quindici racconti raccolti in questo libro che è tanto famoso e su cui a me piace spesso ritornare, su questa mia copia costata Lire millecinquecento e che ho ereditato.
A me ricorda i tempi della scuola superiore e devo dire che tutte le volte in cui penso all'Epifania mi viene in mente proprio questo libro. Avevo una professoressa di inglese meravigliosa al liceo, australiana, che ci insegnò, con lungimiranza, qualcosa di Joyce e non potrò mai scordare la lezione sulle epifanie contenute in queste storie.
In poche e brevissime (e riduttive, perdonatemi) parole, nella maggioranza di queste storie, scritte tutte nei primi anni del Novecento e pubblicate nel 1914, i personaggi - abitanti, come dice il titolo, tutti della città di Dublino - nell'eterna lotta tra il restare e il partire, tra il grigio della quotidianità, con le sue sicurezze, e le promesse di un altrove, con le sue paure allegate, vivono una sorta di "paralisi" psicologica e qualche volta anche fisica e di tanto in tanto sperimentano delle epifanie.
Letteralmente, l'epifania è l'apparizione del divino ma qui la parola assume una valenza più intima e "modernista", nel senso che si inseriscono, queste epifanie, all'interno del lavorio interiore dei personaggi, incarnato dalla tecnica dello stream of consciousness, ovvero del flusso di pensieri del personaggio stesso.
Un esempio su tutti è quello di Eveline in cui la giovane protagonista è combattuta fino all'ultimo tra il restare a gestire una famiglia disgregata e, si direbbe oggi, molto disfunzionale, tra lutti e maltrattamenti, o partire per Buenos Aires con un soldato. Nel momento della drammatica decisione improvvisa di restare, al porto, mentre lui è sulla nave, si sente un grido ed è l'epifania di Eveline, la consapevolezza intuitiva che qualcosa di profondamente doloroso le era appena successo.
E via così. Da allora, dai tempi dei miei studi lieceali, sono spesso ritornata con la memoria a queste epifania. E all'ultimo e al più noto e amato di questi racconti, I morti, in cui alla fine scende sulla città una memorabile nevicata che esprime tutta la purezza e la speranza del mondo.
Insomma, una lettura (o, per i dotti all'ascolto, una rilettura) che consiglio di cuore in questa giornata di Epifania, in cui si aspetta la neve e forse anche qualche speranza.
Tanti auguri a tutti e che sia tutto sereno.
1 commento:
Joyce ha fatto parte del mio esame di maturità e, da lì, non l'ho più ripreso.
Dovrei rimediare!
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