sabato 27 settembre 2014

Perché mi piace Murakami?

Murakami Haruki, L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi


Per molte ragioni, ma soprattutto perché non svende emozioni a buon mercato.

Ed è disarmante, quando non è onirico, in certe frasi piene di naivete. E di esattezza.

E perché è giapponese, naturalmente: e mi ricorda un mio maestro di arti marziali (ki aikido) all'ombra (alla luce) del quale sono cresciuta fin da bambina per molti anni e che durante le sue lezioni e il suo modo di essere insegnava tutto, come se fosse il despositario della verità. Eppure, contemporaneamente, non ti insegnava un bel niente e ti lasciava lì, nel vuoto, con un palmo di naso, incantata ma arrabbiata: come mai non mi ha rivelato tutto? O almeno qualcosa? E dove se ne va, adesso?

Tzè! Giapponesi!

Ma parliamo di Tsukuru, Tazaki, il trentenne protagonista di questo ennesimo capolavoro di Murakami Haruki. Uscito in Italia nel 2014, questo romanzo è un piccolo scrigno di malinconia e dolore, ma anche di corroborante risveglio: come una perla o un pozzo delle meraviglie dove ci si può dissetare oppure anche solo restarsene lì a contemplare le luci (e le ombre) che si compongono sul suo riflesso.

Insomma, si sarà capito, andiamo nel sublime.

Tazaki Tsukuru è un giovane ingnegnere che progetta stazioni.

La mia testa è fatta per costruire cose concrete, come dice anche il mio nome. Ho una mente piuttosto semplice: tendono a sfuggirmi le complicazioni del cuore umano. In realtà mi sembra di non capire nemmeno come funzioni il mio. Quindi in queste cose spesso mi sbaglio. E allora di solito mi sforzo di non complicare ulterioremente le situazioni.

 Introverso, apparentemente solitario, semplice ma non tanto quanto lui stesso crede di essere, Tsukuru porta una ferita profonda nel cuore e in quell'ingannevole scatola chiusa che chiamiamo memoria. Al punto che, per un lungo periodo della propria vita, addirittura non aveva desiderato far altro che morire. Ma cosa gli è successo? Qual è la sua ferita. La sua è una ferita plurale, legata a un piccolo gruppo di amici, quattro, gli amici del liceo, i cui nomi, forse per un curioso caso, avevano tutti quanti il significato di uno specifico colore. Tranne il suo.

E forse non è stato un caso che proprio lui venisse a un certo punto, senza ragione, estromesso dall'affiatato circolo di inseparabili. Di colpo, lo escludono, se ne allontanano, non lo vogliono più. Misteri che possono capitare. Ed ecco che lui si ritrova solo, e conduce questa solitudine, tra stazioni ferroviarie e una Tokyo rarefatta, per anni. Una musica silenziosa, quella di questo racconto.

La vita è come uno spartito complesso, pensò Tsukuru. Piena di semicrome e biscrome, di segni strani, di annotazioni dal significato oscuro. Decifrarla è un'impresa ardua, e anche saperla trasformare nella musica più bella, non è detto che poi la gente capisca e l'apprezzi nel suo giusto valore. Non è detto che ne riceva felicità. Perché gli esseri umani devono complicarsi la vita fino a questo punto?

Ma come spesso accade, a un certo punto arriva qualcosa, o qualcuno capace di sciogliere i nodi. Qualche volta è l'amore, con la sua capacità unica di decodificare i messaggi vaghi dell'amato, a restituirci qualcosa che sembrava perduto, a cambiare, o nel migliore dei casi ad avvicinare alla (propria) verità.

In questo caso l'amore si chiama Sara, ed è la donna che darà a Tsukuru la spinta a indagare su di sé e su quel misterioso passato. Ed è così che comincia un viaggio di ritorno alle origini e al tempo stesso di esplorazione di un presente allargato, in cui i personaggi tornano in vita e svelano parti dell'enigma. Come in molti romanzi di Murakami, non mancano le stranezze, frutti bizzarri della fantasia e situazioni ai limiti del micidiale, dell'assurdo. 

Ma infine: come non affezionarsi a questo adorabile tizio? 

Andava a vedere le stazioni, come gli altri vanno ai concerti o al cinema, a ballare, allo stadio, o a guardare le vetrine. Quando aveva tempo e non sapeva che fare, o quando aveva qualche pensiero che lo preoccupava, i suoi passi lo portavano quasi automaticamente a una stazione. Al binario, seduto su una panchina, beveva un caffè comprato al chiosco e controllava su un orario in formato ridotto (che teneva nella cartella) l'ora di partenza dei treni: non faceva nient'altro. Poteva passare giornate intere in quel modo.

Insomma, non è che avesse qualcosa che non andava, Tsukuru. Aveva il suo ritmo. Un ritmo che per primo ha dovuto, perché così è la vita, o almeno questa storia, spezzare lo spartito collettivo della micro comunità. Perché prima o poi si cresce, a quanto dicono. E lui è il tipico personaggio di Murakami pensieroso ma al tempo stesso bisognoso di contatti umani. Complicato e lineare insieme, proprio come una stazione ferroviaria. Incolore perché capace forse di riflettere quello degli altri? 

(In questo senso, molto curioso è il personaggio di Midorikawa, un amico di Tsukuru coinvolto in una sorta di incantesimo relativo proprio ai colori e alla luce che emanano le persone... suggestivo). 

Che balsamo, e che sollievo immergersi in queste atmosfere. Questo è l'unico scrittore dell'inquietudine che come lettrice non temo, e che anzi accolgo sempre con uno stato d'animo simile alla felicità.

Ora ad esempio vorrei starmene lì, nel mezzo del nulla, nel mezzo del mistero, a sorseggiare caffè con Tsukuru e ad ascoltare la sua storia, mentre i passanti assonnati salgono sui treni, noi restare invece lì, a guardare tutto passare, in una nuvola di silenzio, di meditazioni, di armonia. 

(Per leggere tutti gli altri miei post su Murakami: cercare il tag, ne appariranno alcuni altri ;). Questo qui sotto è il booktrailer)



2 commenti:

Cristina Malvezzi ha detto...

Sono sempre più curiosa di leggerlo!!Direi che l'avvicinarsi del compleanno potrebbe essere una buona occasione per uno strappo alla regola di non comprare altri libri prima di assottigliare la pila di quelli in attesa di essere letti! ;)

test ha detto...

Di Murakami avevo letto La ragazza dello Sputnik: all'inizio mi aveva preso moltissimo (trovavo il personaggio della ragazza assolutamente affascinante), poi verso la fine mi ha deluso un po'. Forse testi onirici e filosofeggianti come quello non fanno tanto per me, ciononostante, appena avrò un po' di tempo, credo darò una nuova possibilità a Murakami. ;)