Paolo Cognetti, Le otto montagne (copertina di Nicola Magrin), Einaudi - Primo Levi, Opere I, Einaudi |
Ieri sera sono stata al grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino per ascoltare una delle commemorazioni per il trentennale dalla scomparsa di Primo Levi. Leggeva Fabrizio Gifuni che avevo già potuto ascoltare con interesse nel suo spettacolo su Gadda e il teatro a pordenonelegge qualche anno fa e ho trovato dentro la parte in modo magistrale.
Quale parte? Quella della voce più significativa del secolo scorso a proposito di alcuni temi fondamentali per la nostra cultura internazionale: la Shoah prima di tutto (si definiva "scrittore d'occasione" in tal senso, come ha ricordato nell'introduzione all'evento Domenico Scarpa) e il lavoro, proponendo ai lettori il capolavoro più dettagliato che si possa leggere sull'argomento, ovvero La chiave a stella, di cui Gifuni ieri sera ha letto un brano.
Primo Levi ha una voce che molti conoscete e che ieri sera attraverso l'interpretazione di Gifuni ha divertito e incantato tante persone e continua a farlo mentre il tempo passa e sono trenta gli anni dalla sua morte. Ascoltare le parole del protagonista del libro, Libertino Faussone, battilastra originario delle valli del Canavese, a me personalmente ha riportato anche indietro alla mia infanzia.
Vengo da quelle valli lì e mi è parso di ascoltare le storie dei miei antenati. Un tuffo nel passato intimo e in quello collettivo dove l'attaccamento al mestiere e all'ironia sottotono ma a tratti folle tipica dei piemontesi rende la vita degna di essere vissuta.
Gifuni ha anche letto alcuni brani estratti da Il sistema periodico. Idrogeno e Titanio in particolare.
Ma la mia mente in verità è andata a Ferro perché ci ho visto, e non sono l'unica, netti riferimenti in un libro contemporaneo che sto leggendo da mesi (seppur breve) e che oggi ho finito accumulando un importante ritardo sul resto del mondo - ma c'è da dire, a chi fosse interessato alla faccenda, che nel mio sito ho esposto personali teorie sulla lentezza libresca e dunque sono giustificata - per gli stolti che se lo fossero perso, eccolo qui.
In Le otto montagne di Paolo Cognetti c'è tanto del racconto Ferro di Primo Levi, in modo dichiarato, come omaggio, per quel che ne so dai racconti di amici che hanno ascoltato le presentazioni dell'autore.
Ci sono quindi due storie semplici di amici che si dividono tra la montagna e le diverse aspirazioni secondo la leggenda delle otto montagne che un trasportatore di galline nepalese nella valle dell'Everest racconta a uno dei protagonisti.
In sintesi, c'è chi nella vita attraversa i diversi paesaggi belli o impervi di otto montagne senza mai poter tornare indietro e chi invece sale su un unico monte altissimo, il Sumeru. E la domanda è: quale dei due ha imparato di più?
In entrambi i racconti ci sono coppie di amici che seguono i due percorsi diversi: le peregrinazioni della città con le sue fascinazioni e ambizioni talvolta tradite e la salita impervia e solitaria di una vita tutta incentrata su un unico luogo e obiettivo, per quanto talvolta disatteso.
Bruno e Pietro, come Sandro e Primo alle prese con la crisi economica e valoriale di oggi a confronto con il fascismo e le leggi razziali di allora. Amici che lottano contro una società dura, aspra. E la montagna equanime.
Mi piacerebbe poter scrivere di più ma rimando alla lettura dei testi e al documentarvi in prima persona su questi lavori in modi diversi così puliti. Mi limito a consigliarveli, senza paura del tempo lento che, al pari di una salita in montagna, richiedono.
[Grazie a Stilema per l'invito a partecipare a questo evento]
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