mercoledì 9 aprile 2014

Bella mia e pensieri sul terremoto.

Donatella Di Pietrantonio, Bella mia, Elliot Edizioni

Ma sulla collina di fronte si può ammirare un borgo distrutto dal capriccio della scossa, e in direzione opposta, giù in fondo, quella macchia indistinta è L'Aquila. Potrebbe ancora essere la città leggendaria delle novantanove chiese e delle novantanove fontane, vista da qui. Potrei darmi appuntamento con qualcuno alla Fontana Luminosa, stasera, e dopo un film al Rex tirare tardi in una birreria del centro. Alle sette di domattina mi svegliavano le campane di San Pietro e andavo al lavoro a piedi tagliando per i soliti vicoli.

I soliti vicoli, il bisogno che abbiamo tutti, o quasi, di abitudini, anche piccole, anche solo visive. La mia città, il mio paese. Parole che, non si sa perché, a qualcuno tocca di non pronunciare più, di colpo, senza volerlo, da un momento all'altro. Capire cosa ci chiama a questo destino, è un mistero. Tentare di arginare il dolore, è ciò che poi fa scorrere fiumi di inchiostro.

E qualche volta questo fiume di inchiostro prende forme bellissime, e diventa letteratura vera, seria, di valore. Donatella Di Pietrantonio di fiumi se ne intende, dato che è la stessa autrice di Mia madre è un fiume. Se ne intende anche di madri.

Dio ha soccorso mia madre fin dal primo momento, è entrato dentro di lei con la potenza della sua voce a suggerire un senso allo strazio.

 Visto che qui, in questo splendido, imprescindibile romanzo si parla anche di una inusuale, quanto sorprendente forma di maternità forzata.

Non riesco ad amarlo tutto, questo ragazzo. Alto, secco, un corpo di linee spezzate e mai curve, una debolezza improvvisa nel disegno delle gambe, appena sotto il ginocchio. La nonna lo tratta sempre da bambino, non so come regolarmi, io. 

Io è la protagonista di questa storia, la voce narrante. Una donna che porta su di sé l'onere dell'essere sopravvissuta alla incantevole e perfetta sorella gemella Olivia, che aveva un figlio adolescente, Marco e ora le tocca prendere il posto della madre, in qualche modo.

Era il 6 aprile del 2009. Una di quelle date che un italiano non potrà più scordare. Il terremoto più feroce degli ultimi tempi, che ha fatto crollare case e non poche certezze per troppe vittime. Questo è un romanzo che parla di quei fatti con onestà, con dignità, con pudore ma senza sconti. Senza segreti, solo dolore, poesia, manifestazione pura dell'amore. 

Non avevamo bisogno del terremoto. Ognuno possedeva già i suoi dolori.

Ecco: penso che questa storia sia proprio questo. L'amore che si manifesta nelle conseguenza di una disgrazia. La bellezza che suscita dalle macerie. La vera bellezza. Quella cui tutti, da sempre, girano intorno. E provano a immortalare. 

Donatella Di Pietrantonio, che è dentista pediatrico di professione, ha scritto una storia che fa rima con il suo mestiere. Si è presa cura di qualcosa di fragile, e di molto delicato. Ha messo le mani, la mente, il cuore, se stessa e il suo talento al servizio di quei luoghi, quelle emozioni, dove il dolore può essere potenzialmente il peggiore di tutti. Il terremoto che in un qualche modo assomiglia, moltiplicato per mille, al crollo dei denti. A qualcosa che lascia distrutti, e senza parole. Lei è lì che è andata a incidere. A riparare.


A latere, ma volentieri, segnalo anche un altro bel libro proprio sull'argomento del terremoto. Una raccolta di racconti, con prefazione di Valeria Parrella, della benemerita Neo Edizioni, Trema la terra. Ringrazio entrambi gli editori per avermi fornito i libri citati in questo post. Sono state letture molto importanti, che consiglio a chiunque volesse tornare sull'argoment con la grazia di scritture di pregio e umanità. Li ho citati entrambi oggi durante la trasmissione radiofonica La Trattoria Delle Parole, su Radio Banda Larga. 

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