Otto sta seduto su una panchina del suo quartiere. Scrive su un quaderno.
Un libro-mattone appoggiato accanto. Saranno le undici e mezza di sera: la luce di un lampione gli permette di vedere le sue parole.
Intanto nel parco cittadino si scopre un fatto sorprendente.
Le anatre, che di giorno abitano un laghetto seminascosto tra le piante, la notte si spostano nei più ampi laghi artificiali di cemento, ma molto più puliti. C'è anche qualche papera.
Lì, starnazzano piano tra di loro, come se parlassero e nuotano svelte, si lavano le piume, risalgono sulla terra ferma e poi si tuffano. Qualche volta volano via spiegando le ali. Penso che quello noi umani non lo possiamo fare, però abbiamo inventato gli aerei etc. etc. In fondo c'è una spiegazione per quasi tutto.
Non potrei giurarlo, ma il loro sembra un gioco. Ne percepisco appena l'ombra da lontano, mentre su una panchina, con la bicicletta parcheggiata, il fresco del vento è il nostro premio dopo una giornata troppo estiva.
Di notte qualche volta veniamo qui a trascorrere il tempo dove si sta meglio anche se è un po' artificiale, come le anatre.
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