Vladimir Nabokov, speak, memory, Vintage International - Maxim Biller, taci, memoria, L'orma editore |
Torna la rubrica dedicata alle mie (personalissime) comparazioni letterarie. Spero che vi divertirete a leggere questi due libri, proprio come è successo a me. Provo un vero gusto infatti nel proporvi questi chicchi di caffè e queste chicche letterarie che possono allietare le vostre ore di lettura e riempiendole di ironia, talvolta sarcasmo oppure malinconiche - appunto - memorie altrui e collettive.
Il primo dei due libri che vedete nella foto per me ha un significato particolare. Ho letto Parla, ricordo per la mia tesi di laurea, un tot di anni fa, incentrata sulle autobiografie in particolare nella letteratura angloamericana. Nabokov con il suo memoir ci rientra a pieno, essendo per eccellenza il russo naturalizzato negli USA, e soprattutto la sua autobiografia è una pietra miliare di quel genere.
La mia copia è americana ma se lo volete in italiano, Adelphi lo ha pubblicato con una copertina secondo me di pregio.
The cradle rocks above an abyss, and common sense tells us that our existence is but a brief crack of light between two eternities of darkness.
[La culla dondola sopra l'abisso, e il buon senso ci dice che la nostra esistenza non è altro che una piccola crepa di luce tra due infinite oscurità]
Spero mi perdonerete la traduzione un po' artigianale, ma è per trasmettervi il senso. Questo era l'incipit dell'autobiografia di Vladimir Nabokov: un'apertura di quella crepa di luce che lascia spazio alla memoria della sua vita la quale, attraverso immagini e parole, prende corpo in questo libro.
Con un esplicito rimando a quel titolo, ecco apparire nelle nostre librerie nel dicembre 2015 un libro creato appositamente per il pubblico di lettori italiani, per la casa editrice L'orma editore (benemerita promotrice negli ultimi tempi di interessanti pubblicazioni e che ringrazio per avermi spedito il libro, su mia richiesta) che invita quella stessa magnifica e pericolosissima funzione del cervello umano, ossia la memoria, a tacere, anziché parlare.
E il libro in questione è allora taci, memoria, del pirotecnico scrittore tedesco, di origine ceca, classe 1960, Maxim Biller.
Nella curata traduzione di Marco Federici Solari e con la bella copertina di Antonio Almeida, in cui campeggia un autoritratto di Bruno Schulz, questa raccolta di racconti appare in una collana che coltiva l'ingegno dei lettori anche attraverso un gioco finale in cui ogni libro della collana stessa, che si chiama Kreuzville, e questo è il dodicesimo, si trasforma in una piccola ricodificazione grafica in chiave scacchistica: davvero un'idea piacevole: merita avere il libro già solo per questo (trovate il gioco nelle ultime pagine).
Ma tornando al libro: si tratta di una serie di nove racconti di cui uno prende il titolo dell'intero libro. Sono tutte storie in cui la memoria dell'Olocausto si intreccia con un presente talvolta delirante e soprattutto molto, molto letterario (vi risparmio il name dropping ma gli autori e le citazioni sono innumerevoli). Colpisce, tra tutti, l'ultimo: Nella testa di Bruno Schulz che, come intuibile, mette al centro la figura dell'autore polacco delle Botteghe color cannella - qui colto nell'atto di scrivere una commovente e rivelatrice lettera al suo mentore Thomas Mann.
"Esimio, stimatissimo, caro signor Thomas Mann", scrisse con una grafia lenta e scrupolosa in un giorno d'autunno sorpendentemente caldo nel novembre 1938 un omino serio e sottile nel suo taccuino - e subito depennò la frase.
E in questo, come in tutti i racconti di Biller inclusi nella raccolta, la proverbiale ironia ebraica si compenetra con il confronto costante e inestinguibile con un passato che assurge a collante e al contempo ponte levatoio tra generazioni. In taci, memoria, ma anche in Un figlio triste per Pollok ci sono padri e figli a confronto nella dialettica classica della poetica ebraica che però ci tocca tutti da vicino: che fare del passato? Come relazionarsi con i padri? Come superarlo e valorizzarlo, rispettarlo e al contempo tenere fede all'unico arduo compito del presente che è quello - a conti fatti - di progettare il futuro?
Vi lascio questo link musicale che si intona con l'incipit nabokoviano! E buona lettura.
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