venerdì 5 dicembre 2008

Rocky!

Oggi mi sentivo straniera e clandestina nella mia stessa città. Inquilina nella mia stessa casa, sconosciuta ai miei stessi occhi. Gli scheletri neri degli alberi mi guardavano in silenzio, quando ho deciso di sedermi su una panchina ai giardinetti. Non c'era nessuno: le altalene dondolavano da sole al vento leggero dicembrino. L'aria pungeva la faccia e il profumo di inverno mi faceva tornare alla memoria quando ero piccola e mia mamma mi portava a giocare con i miei amici e correvo a perdifiato sulla neve torinese e non avevo mai freddo e lei era sempre lì alla fine che mi sorrideva e mi abbracciava con le sue grance rosse. Oggi mi sentivo lontana dalla mia stessa vita, buttata fuori dai miei stessi ricordi che mi tenevano a dovuta distanza, li spiavo come dietro a un vetro inaccessibile. Ero sola, con le mie scarpe vecchie, il cellulare scarico, il naso gelato e la vista annebbiata. Quando a un certo punto è arrivato lui. Un cagnetto grigio, grosso come una pantegana esagitata. Indossava un cappottino anch'esso grigio e stringeva con palpabile fatica una consunta palletta da tennis tra le fauci. Non molto distante, la sua padrona l'ha chiamato a gran voce: Rocky!!!
Cavoli: ho pensato. Rocky! Lui e la sua padrona, una donnetta piccola e insignificante come il suo cagnetto, come me e i miei piccoli pensieri, le mille paure che mi affollano la testa e a contarle sono più dei miei stessi capelli.

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