Questa parola, "flottare", una volta mi è costata cara. L'ho usata nel tema di maturità e ho pagato con un segnaccio rosso tutto cerchiato intorno e ottocento punti interrogativi. Nonché il voto più basso di tutta la mia carriera scolastica. La professoressa della commissione (non era la mia professoressa di ruolo di ialiano, che adoravo) mi aveva spiegato che questa parola NON ESISTE. Io l'avevo letta in uno dei cinque romanzi di Natalia Ginzburg e scritta da lei mi sembrava suonasse come un flauto incantatore. "Flottare" ah, che dolce parola, che dolcissima sensazione. Trovavo che metterla proprio nel tema della maturità mi avrebbe portato fortuna, ma a dire il vero non ci fu un ragionamento preciso dietro questa impudente scelta. L'ho scritta per benino con la penna stilografica blu e via.
F-l-o-t-t-a-r-e.
Com'ero soddisfatta di questa incisione su carta bianca. Ricordo tuttavia i giorni della maturità come un disastro umano, una disfatta, un suicidio scolastico che lasciava presagire ben altri suicidi e quanto poco sarei stata anche in futuro solidale con me stessa compiendo gesti goffi, avventati, masochisti, incontrollati. Sbagliando, sbagliando e ancora sbagliando. Facendo errori in continuazione, in molte circostanze di lavoro, come a voler negare qualcosa: la mia crescita professionale, le mie vere capacità, la mia vita stessa alla fine.
Però, magra ma piacevole consolazione, oggi sono ancora qui, in piedi e in salute. O meglio: malata di una stupida otite media acuta all'orecchio dx che per la cronaca tarda a guarire ma che mi permette all'improvviso, aprite bene le orecchie, di...FLOTTARE. Sì sì, flottare nella città come un pesce o un gabbiano, flottare piano piano e lentamente nelle piccole cose che ho da fare. Ho aspettato dieci anni ma ce l'ho fatta: mi tappo le orecchie, non ascolto le voci intorno a me, flotto e me ne vanto!
F-l-o-t-t-a-r-e.
Com'ero soddisfatta di questa incisione su carta bianca. Ricordo tuttavia i giorni della maturità come un disastro umano, una disfatta, un suicidio scolastico che lasciava presagire ben altri suicidi e quanto poco sarei stata anche in futuro solidale con me stessa compiendo gesti goffi, avventati, masochisti, incontrollati. Sbagliando, sbagliando e ancora sbagliando. Facendo errori in continuazione, in molte circostanze di lavoro, come a voler negare qualcosa: la mia crescita professionale, le mie vere capacità, la mia vita stessa alla fine.
Però, magra ma piacevole consolazione, oggi sono ancora qui, in piedi e in salute. O meglio: malata di una stupida otite media acuta all'orecchio dx che per la cronaca tarda a guarire ma che mi permette all'improvviso, aprite bene le orecchie, di...FLOTTARE. Sì sì, flottare nella città come un pesce o un gabbiano, flottare piano piano e lentamente nelle piccole cose che ho da fare. Ho aspettato dieci anni ma ce l'ho fatta: mi tappo le orecchie, non ascolto le voci intorno a me, flotto e me ne vanto!
4 commenti:
Un delizioso francesismo..flottare..che mi ricorda un dolce da gran golosoni, l'ile flottante.
Ahhh non conoscevo questo dolce ma ho cercato qualche immagine su google e adesso avrei proprio voglia di assaggiarlo :) grazie.
brava stella mia! mi è piaciuto questo racconto e l'ho pure letto al mio moroso.
sai che ti dico? a flottare bisogna essere capaci, mica tutti possono permetterselo, neppure se sono professori o capi o se ricoprono posizioni importanti.
noi, invece possiamo passare intere giornate flottando!!!
GRAZIE dolce Susy. Sono onorata dalla vostra lettura :)
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