venerdì 15 aprile 2016

Il libro del mese. Numero undici di Jonathan Coe.


Jonathan Coe, Numero undici, Feltrinelli
A Jonathan Coe sono legata da questo ricordo qui. Un incontro, in occasione dell'uscita, nel 2013, del suo Expo 58, organizzato da Feltrinelli, che ringrazio per avermi inviato anche questo romanzo. 

Come sempre, premettendo che siete sul mio blog, sarò un po' autoreferenziale: Jonathan Coe in quell'occasione, dopo le interviste di tutti i giornalisti e blogger, mi disse: Ah, vuoi fare la scrittrice? Beh, allora tra cinque anni sarai al posto mio, circondata da blogger e giornalisti, a rispondere alle domande sul tuo libro

Da quel momento sono passati tre anni, ne ho ancora due di tempo per far avverare la profezia di Coe, dite che ce la faccio? 

Ma tornando a noi. Possiamo passare allo scopo vero di questo post: ovvero, il libro del mese!

Numero undici vuol dire che è il suo undicesimo romanzo. Ma non solo: è un numero-guida che ritorna in tutte i blocchi narrativi, o lunghi racconti, di cui si compone la storia. Sono racconti singoli, che però hanno in comune i personaggi principali - Rachel e Alison - e uno stile di scrittura che i lettori di Coe più accaniti dicono essere un grande "ritorno" dopo alcuni romanzi, compreso Expo 58, in cui l'autore aveva sperimentato stili diversi, meno corposi forse. Senz'altro c'è il ritorno della famiglia Winshaw, protagonista della gran parte dei libri di Coe.

Rachel non era mai stata a un banco alimentare. Aveva letto degli articoli che ne parlavano, in rete o sui giornali. Ma non ci era mai entrata. Il banco era stato istituito in quello che, negli altri giorni della settimana, doveva essere un caffè, situato in una strada stretta che si distaccava dalla via principale. A ognuno dei tavolini di metallo era seduto un gruppo familiare, i cui membri non avevano davanti a sé alcuna consumazione, ma stringevano in mano dei voucher in attesa che i loro pacchi fossero pronti. Nessuno portava su di sé i segni esteriori della povertà. 

E, mi viene da dire, è su quei "segni esteriori" che Coe si mette a lavorare in una delle linee narrative più interessanti del romanzo.
Questa è una storia che va a stanare le principali problematiche della nostra contemporaneità. Da un uso dissennato di social network come Twitter alla "nuova" povertà cittadina, a forti dosi di politica con tutte le sue ingannevoli illusioni - viste da un punto di osservazione specificamente inglese: la Gran Bretagna come lo specchio dei cambiamenti di oggi. In particolare, si concentra su un drammatico fatto di cronaca: il suicidio di David Kelly, l'uomo che aveva scoperto alcune grossolane bugie di Tony Blair a proposito della guerra in Iraq. 

A me è parso un libro di "lavoro", un romanzo sul lavoro, sui diversi lavori del giornalismo, sulle istituzioni, sulla polizia, sul cinema e sul carcere e sulle loro astruse dinamiche. Qualcuno potrebbe definirlo un'opera-mondo. Chi lo legge da sempre potrebbe definirla un'opera-Coe. Mentre per me, che sono sua lettrice da poco, è stata un'esperienza di lettura molto divertente e insieme impegnativa, nel senso migliore della parola.
 

2 commenti:

Amarillys ha detto...

io di Coe ho letto la pioggia prima che cada ed expo58 e devo dire che non mi sono piaciuti molto, invece la famiglia Winshaw lo considero un capolavoro!seguirò il tuo consiglio e metto il suo nuovo romanzo tra le mie prossime letture.

noemi ha detto...

Grazie Amarillys, tienimi aggiornata sulle tue letture!