Per la rubrica dedicata alla letteratura orientale, oggi proseguo e concludo un percorso cominciato qui.
A maggio, a ridosso del Salonbe del Libro, ho avuto l'opportunità di incontrare e intervistare le vincitrici dell'edizione 2016 del premio letterario più importante dedicato alla scrittura femminile e nello specifico ai racconti di donne straniere in Italia. Ho un legame di lunga data con questo premio, dal momento che sono stata madrina anche a una premiazione relativa alle tesi di Laurea dedicate al premio stesso: per saperne di più, ecco qui.
Oggi, a proposito di Oriente, vi propongo allora le risposte di Luisa Zhou, vincitrice del Premio Speciale Slow Food-Terra Madre 2016 con il racconto (S)corri nelle mie vene. Sottopelle.
Luisa è un'autrice cinese giovanissima, classe 1995. Queste sono le motivazioni per il premio:
Luisa è riuscita a raccontare le difficoltà legate all’appartenenza a un luogo per chi è nato/a lontano dalle proprie radici. Gli ostacoli incontrati nella ricerca del “sentire” un’identità, quando si è sospesi tra due mondi, sono descritti con grande limpidità e maturità dall’autrice
Queste sono le domande che ho rivolto a lei e alle altre premiate:
1) "Rubando" un'espressione utilizzata anche da Ernesto Ferrero nel suo discorso durante la cerimonia di premiazione, quali sono le potenzialità e quali i limiti della lingua (sia la vostra lingua madre che l'italiano)?
2) Una parola, un aggettivo che possa
definire la vostra lingua madre e una che definisca per voi
l'italiano...
3) Quali emozioni vi legano alla
scrittura?
Ed ecco le risposte di Luisa (cui faccio il mio "in bocca al lupo" per il suo futuro da scrittrice):
1) Ho sempre immaginato la lingua come un ponte o una galleria, qualcosa capace di comunicare e - soprattutto - di far comunicare. Una delle sue tante potenzialità, infatti, risiede nel fatto che, per "funzionare" davvero, ci debba essere un altro - che sia un altro fatto di carne e ossa o un altro riflesso della stessa persona. Spesso anche il silenzio può essere un ottimo interlocutore e le parole lanciate contro il suo muro trovano eco nel profondo. Ma ciò che più sorprende è il potere creativo della lingua, in grado di dare un nome alle più svariate sensazioni umane. In grado di intrecciare fili su fili e dipingere quadri e ritratti incredibili.
La mia lingua madre è l'italiano, e non credo possa esserci un'altra lingua capace di rappresentarmi tanto. Il cinese è qualcosa che ho appreso più recentemente e, pur avendo una grandissima forza espressiva e una poesia senza eguali, non è la lingua che sceglierei per raccontarmi.
I limiti del linguaggio? Credo coincidano con i limiti che uno si pone.
2) Italiano, intensità.
Cinese, musicale.
3) La scrittura è sempre stato un rifugio speciale, ma soprattutto un modo per affacciarmi alla vita senza troppi timori. Ciò che mi lega alla pagina scritta sono sensazioni di amore, odio, rabbia, gioia, sospensione - tutto si riversa lì, fra una virgola e l'altra. Scrivo perché alcune storie non riescono a rimanere sopite e gridano a squarciagola il loro diritto di essere raccontate. Scrivo per dare un ordine al groviglio di emozioni che sento, giorno per giorno. Scrivo per smuovere le mie certezze e rendere caotici i miei "sono sicura che". Scrivo per conoscere, conoscermi, scavare, scoprire. Ricordare.
Scrivo perché le mie dita non riescono a fermarsi e continuano a danzare sulle note di una vita che è.
1) Ho sempre immaginato la lingua come un ponte o una galleria, qualcosa capace di comunicare e - soprattutto - di far comunicare. Una delle sue tante potenzialità, infatti, risiede nel fatto che, per "funzionare" davvero, ci debba essere un altro - che sia un altro fatto di carne e ossa o un altro riflesso della stessa persona. Spesso anche il silenzio può essere un ottimo interlocutore e le parole lanciate contro il suo muro trovano eco nel profondo. Ma ciò che più sorprende è il potere creativo della lingua, in grado di dare un nome alle più svariate sensazioni umane. In grado di intrecciare fili su fili e dipingere quadri e ritratti incredibili.
La mia lingua madre è l'italiano, e non credo possa esserci un'altra lingua capace di rappresentarmi tanto. Il cinese è qualcosa che ho appreso più recentemente e, pur avendo una grandissima forza espressiva e una poesia senza eguali, non è la lingua che sceglierei per raccontarmi.
I limiti del linguaggio? Credo coincidano con i limiti che uno si pone.
2) Italiano, intensità.
Cinese, musicale.
3) La scrittura è sempre stato un rifugio speciale, ma soprattutto un modo per affacciarmi alla vita senza troppi timori. Ciò che mi lega alla pagina scritta sono sensazioni di amore, odio, rabbia, gioia, sospensione - tutto si riversa lì, fra una virgola e l'altra. Scrivo perché alcune storie non riescono a rimanere sopite e gridano a squarciagola il loro diritto di essere raccontate. Scrivo per dare un ordine al groviglio di emozioni che sento, giorno per giorno. Scrivo per smuovere le mie certezze e rendere caotici i miei "sono sicura che". Scrivo per conoscere, conoscermi, scavare, scoprire. Ricordare.
Scrivo perché le mie dita non riescono a fermarsi e continuano a danzare sulle note di una vita che è.
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