A Roma per Librinnovando questa volta non c'ero, e se c'ero, però, non dormivo :)
A differenza dell'edizione di novembre a Milano, qui, questa volta non sono stata presente fisicamente, ma ho seguito la maggior parte degli interventi, su twitter e in streaming qui. E soprattutto sto leggendo gli storify molto accurati di Marta Traverso, ad esempio: qui.
A essere sincera, è stato davvero quasi come esserci. E questo è il mio primo pensiero: le invenzioni tecnologiche sono preziose. Lo dicevano in molti su twitter: "che bello seguire l'evento da casa"!
Si è parlato moltissimo (e a tinte fortissime) di nuove tecnologie legate alla lettura e all'editoria. Direi che è proprio il tema del momento; i tempi sono già più maturi di qualche mese addietro. E dopo questa esperienza di "spettatrice a distanza" non posso che essere ancora più amica di tutto ciò che può favorire il sapere, che può ampliare l'esperienza. Senza questi aggeggi, una banale bronchite mi avrebbe precluso qualcosa. E qualcosa, secondo me, di importante.
Dunque seppure dal Piemonte, ho potuto ascoltare e conoscere in tempo reale gli argomenti trattati in Lazio. Certo, per entrare nel vivo, mi sono mancate percezioni di alcuni dei cinque sensi come i profumi (s'è citata ad esempio l'"alienazione del formaggio": ahhh, cosa mi sono persa??!!), i rumori di sottofondo, l'emozione dell'attesa e poi la festa, la convivialità, il reading, le facce stanche, e quell'atmosfera corroborante e frizzantina simile all'effetto di un buon caffè mattutino che accompagna convegni e cose varie a proposito di ciò che ti piace, e soprattutto ROMA.
Sì, questo è mancato davvero. Un po' come all'ebook manca il famigerato odore della carta e l'impatto immediato della copertina (criterio secondo cui moltissime persone scelgono di acquistare un libro in libreria).
Però la mia opinione non ha fatto altro che rafforzarsi ascoltando il convegno: l'ebook, il libro "elettronico" è una ricchezza in più, non in meno. Tra il non andare a Roma, e l'esserci solo in parte, meglio comunque la seconda. E non c'è polemica, non c'è scontro per quanto mi riguarda. Se nella vita personale o nel lavoro bisogna fare delle scelte continuamente, non così è nella lettura: c'è la libertà, la fortuna di non dover per forza scegliere tra carta o ereader. E quella voglia stucchevole delle fazioni, del nemico, delle faide stile "mortadella-prosciutto crudo" qui decade, non è richiesta, non ha senso, è una paranoia che ci creiamo di fronte alla atavica paura delle novità.
Se solo gli scettici scoprissero che non si è costretti ad abbandonare come un animale domestico sul ciglio della strada il caro vecchio cartaceo in favore dell'elettricità spavalda e futurista, saremmo già in un mondo più sereno. In fondo, nulla si crea e nulla si distrugge, giusto? Dunque anche tutti i timori (talvolta declinati in insofferenza) degli editori, andranno un pochino ridimensionati! Calma, tutto andrà bene, we can work it out.
La mia esperienza recente ad esempio a #libroincorso, qui a Torino, mi ha confermato oltretutto l'idea e la quasi-certezza che addirittura, una volta scoperto l'ebook, la quantità di libri comprati, pagati al giusto prezzo e letti aumenta e non decresce affatto.
Altra questione controversa è stata poi quella del self-publishing. Questo sconosciuto. Cos'è, cosa non è? Perché fa paura agli editori? Ho avvertito un mix esplosivo di terrore e insieme di disprezzo (ma chi disprezza compra?) per questa ancora un po' misteriosa congerie di ambiguità che sembra essere, appunto, il self-publishing oggigiorno.
Il primo aspetto che si è cercato di chiarire dunque è la sua natura: consiste forse in piattaforme promosse dagli stessi editori? E come ha fatto Amazon? E perché? Questa cosa è filantropica o a scopi di lucro? Twittare o avere un blog è self-publishing? I blogger sono degli sfigati?
Eccola là. L'eterno problema di questi nostri tempi editoriali.
Provo a dire la mia.
Premessa: a me piace scrivere, mi piace tanto e da sempre, ho questo blog, ma negli anni e nei mesi passati ho pubblicato i miei racconti anche su riviste cartacee. Vorrei pubblicare un romanzo, una raccolta di racconti, o entrambi, ho tante storie da raccontare e tante parole in mente, ma non ho intenzione, al momento, di praticare il self-publishing.
Detto questo, però, mi dichiaro favorevole al suo utilizzo.
Tutti sanno, e se non lo sanno è perché non sono del mestiere, che le ragioni per le quali uno scrittore riesce infatti a ottenere un contratto editoriale per pubblicare il suo libro sono molteplici. Complesse. Credo che sia giusto affermare che chi è veramente bravo prima o poi ce la farà (cit.), ma non è vero il contrario, ovvero che chi ce la fa è sempre realmente bravo. Mi pare cosa risaputa il fatto che il mercato editoriale sia saturo di scrittori (tra cui si annoverano i raccomandati, le cricche, i ricchi, gli appartenenti a classi sociali-culturali elevate, i vip della televisione, del cinema o dello sport, quelli che hanno un carattere forte, molto forte e tenace, molto tenace, quelli che si sanno promuovere - vabè, è chiaro, categorie applicabili in vero a qualsiasi settore).
Ora, il self-publishing potrebbe aprire una porta a tutti gli altri, nel legittimo dubbio che tra essi ci sia un bravo vero. Anche qui: è una cosa in più, non una in meno. Mi spiego: tutte le altre categorie rimarranno sempre (chi in tutta onestà ha ancora trovato un rimedio?) ma se ne potrebbero scoprire, creare di nuove. Che tra questi altri nuovi sia pieno comunque di sfigati (cit.) è sicuro. Ma di nuovo non è vero il contrario, cioè che siano sfigati tutti quelli che non sono riusciti a pubblicare ancora con un editore tradizionale e su carta. Ci sono tante, tante, tantissime variabili nella vita delle persone e degli scrittori. Non sempre, anche se sovente, è una questione di merito. A volte è una questione di personalità, di opportunità, di buona stella.
Con ciò non voglio affermare che, con certezza, le tecnologie elettroniche e il self-publishing scoveranno i nuovi Carver o i nuovi Kafka nel Mar dei Sargassi della sfiga, ma per lo meno saranno utili a rimescolare le carte del gioco. Poi, restiamo pur sempre tutti individui, soggetti a cose umane, troppo umane.
(Lo dico: la giocosa curiosità di sapere che percorso avrebbe intrapreso Kafka se pubblicato in vita, che effetto avrebbero fatto i suoi lavori a un vasto pubblico di contemporanei, quella, lo ammetto, un po' ce l'ho... :P Ma si fa per scherzare, e per assurdo, naturalmente).
Una cosa è certa, un convegno come Librinnovando è un'occasione che si sta rendendo imprescindibile per discutere di questi temi - ci sono state domande provocatorie ai relatori, interventi ricchi di informazioni, altri molto suggestivi. Se volete leggerne di più, vi rimando a tutti i link che ho messo sopra per approfondimenti. Nel frattempo, sono sempre più impaziente di sapere come cambieranno le regole del mondo editoriale, quali saranno le novità dei prossimi anni e come si evolveranno la scrittura e la lettura day by day.
c\_/