mercoledì 30 maggio 2012

Siria.


Avrei un sacco di post in arretrato, di libri da raccontare e fotografare con tazzine e altre cose, ma non è proprio possibile perché ciò che è successo in Siria, la cosiddetta "strage di Hula", ha sovvertito le priorità. E volevo almeno scrivere due righe.

Si dice che le cose ci colpiscono solo quando ci toccano da vicino, e infatti anche in questo caso, un po' per me è stato così.


Proprio nel week end ho conosciuto degli amici del mio fidanzato. Uno di questi ha origini siriane e la cosa, parlandone in un'atmosfera di relativa calma e spensieratezza, ha preso toni curiosi: ci ha raccontato, nel breve tempo a disposizione, abitudini alimentari, modi di bere il caffè, espressioni tipiche, cose che volevano essere normali e rassicuranti. Mai avrei pensato neanche lontanamente proprio al concetto di "Siria" nella mia vita. A stento sapevo identificarla sul mappamondo. Circa dalle parti della Turchia, giusto? Insomma, a questi livelli. Quelle cartine che studi a scuola e poi per qualcuno, tipo me, svaniscono senza pietà.


Immagine proveniente da qui

Ma le cose qualche volta ti arrivano così, senza alcuna macchinazione, ragione o predeterminazione. Arrivano e tu le puoi guardare e capire per quello che sono. 

E domenica ho aperto il giornale e letto di Hula. A quel punto non poteva lasciarmi indifferente, come invece capita per il 50% delle notizie che (non) leggo quotidianamente.

Ho cercato di rendermi dunque conto di quello che è successo davvero in quel posto lontano. Sulla carta il fatto prende il nome di "strage di bambini" e non mi sembrava possibile. Ci sono eventi sconvolgenti, come il terremoto, molto dolorosi. Ma le stragi di innocenti perpetrate dall'uomo sull'uomo non lasciano pensare ad altro che al degrado più atroce e all'orrore. 

Per chi volesse saperne di più, metto il semplice link (uno dei tanti reperibili in rete) alla notizia, qui


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