Saranno state le quattro del pomeriggio. Celeste aveva suonato al suo citofono due volte e aspettato tranquillamente la risposta.
- Si?
- Sono Celeste Michelangelo.
- Primo piano.
La porta alta di legno chiaro non aveva lo spioncino. Meglio, così non l'avrebbe vista affaticata dopo solo una rampa di scale. La canicola dei primi giorni di agosto peggiorava la situazione. Si è dovuta appoggiare anche al corrimano, come spesso capitava negli ultimi tempi. Aveva iniziato a soffrire di piccoli sporadici capogiri, ma non ci pensava mai e se ne ricordava solo quando capitavano, rinviando così continuamente la visita dal dottore. In quel momento sperava solo che Filippo aprisse e che il cuore smettesse di battere troppo veloce.
Allo scroscio della chiave nella toppa, la porta aveva indietreggiato di circa dieci centimetri, rivelando uno spicchio nero di oscurità. Rimasta immobile per qualche secondo, si era poi aperta lentamente rivelando la figura intera di Filippo. Era avvolto in una nuvola di fumo e calore giallastro visibile.
- Piacere Filippo.
- Celeste.
Filippo aveva la mano sudata, ma Celeste non aveva avuto il coraggio di pulire la propria sulla gonna. C'era un cattivo odore nell'aria. Come di almeno due o tre sacchetti dell'immondizia sistemati a cuore aperto nelle vicinanze. Dal piccolo ingresso, Celeste e Filippo si vedevano riflessi nello specchio opaco e sporco di un mobile laccato di verde. Dalla cucina proveniva un suono prima indistinto e poi sempre più chiaro: una vecchia canzone dei REM, forse del 2002. La televisione era sintonizzata su MTV, nonostante fosse passato poco più di un decennio, era già tempo di revival dei primi anni del Duemila. Un pensiero cui Celeste si stava aggrappando per proteggersi dal quell'improvvisa sensazione di disagio, anzi di paura di quell'uomo ancora sconosciuto.
[Continua...]
- Si?
- Sono Celeste Michelangelo.
- Primo piano.
La porta alta di legno chiaro non aveva lo spioncino. Meglio, così non l'avrebbe vista affaticata dopo solo una rampa di scale. La canicola dei primi giorni di agosto peggiorava la situazione. Si è dovuta appoggiare anche al corrimano, come spesso capitava negli ultimi tempi. Aveva iniziato a soffrire di piccoli sporadici capogiri, ma non ci pensava mai e se ne ricordava solo quando capitavano, rinviando così continuamente la visita dal dottore. In quel momento sperava solo che Filippo aprisse e che il cuore smettesse di battere troppo veloce.
Allo scroscio della chiave nella toppa, la porta aveva indietreggiato di circa dieci centimetri, rivelando uno spicchio nero di oscurità. Rimasta immobile per qualche secondo, si era poi aperta lentamente rivelando la figura intera di Filippo. Era avvolto in una nuvola di fumo e calore giallastro visibile.
- Piacere Filippo.
- Celeste.
Filippo aveva la mano sudata, ma Celeste non aveva avuto il coraggio di pulire la propria sulla gonna. C'era un cattivo odore nell'aria. Come di almeno due o tre sacchetti dell'immondizia sistemati a cuore aperto nelle vicinanze. Dal piccolo ingresso, Celeste e Filippo si vedevano riflessi nello specchio opaco e sporco di un mobile laccato di verde. Dalla cucina proveniva un suono prima indistinto e poi sempre più chiaro: una vecchia canzone dei REM, forse del 2002. La televisione era sintonizzata su MTV, nonostante fosse passato poco più di un decennio, era già tempo di revival dei primi anni del Duemila. Un pensiero cui Celeste si stava aggrappando per proteggersi dal quell'improvvisa sensazione di disagio, anzi di paura di quell'uomo ancora sconosciuto.
[Continua...]
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