Per la rubrica sulle letture alternative, libri da paesi lontani, editoria
indipendente, bibliodiversità, digitale e in generale tutto quello che
ti fa dire olè! - ho deciso di dire la mia, casomai ne sentivate l'esigenza, su un nuovo inserto culturale. Parto però da una piccola premessa.
Ho sempre avuto la sindrome del "l'hanno fatto prima di te". Similmente a molti, ho passato tanti anni a proporre idee per articoli e rubriche a giornali ed editori, come ogni buon giovane aspirante scrittore!
Qualche volta queste idee sono state usate, magari tempo dopo e non da me, però almeno ho avuto la riprova che erano belle. Altre volte erano idee senza valore, ed stato giusto che non trovassero spazi. Qualche altra volta ancora ho scritto per un po' presso qualche testata e collaborato con qualche editore.
Molto, molto, molto più spesso mi è stato risposto semplicemente: "siamo già pieni", "non c'è budget", "non ci interessa", "abbiamo già i nostri collaboratori". Un classico che in molti si sentono ripetere, ci sta, è normale.
Anche per questo motivo (oltre a mille altre ragioni) quasi nove anni fa ho aperto questo blog. Per avvicinarmi a fare qualcosa che volevo, come volevo, ogni giorno in un non-luogo dove potessi avere io stessa l'autorità di decidere delle mie parole, senza che ci fosse qualcuno assunto prima di me, eternamente più potente di me.
Così fu che, in un panorama web-editoriale in cui si parlava di libri associandoli alle immagini in vettoriale delle copertine, nel 2008 o giù di lì ho pensato di fare un passetto in un'altra direzione, un po' un salto nel buio, e di fotografare direttamente con i miei mezzi i libri che avevo a casa abbinandoli a tazzine di caffè e all'occorrenza altri oggetti domestici. Avevo tratto ispirazione per questa idea dai foodblog che già si comportavano così con il cibo.
L'unicità ovviamente sta in ciò che si dice, prima ancora che sul come, eppure quella nuova formula: tazzine + libri + pensieri liberi sulla lettura, mi servì a comunicare profondamente con molte persone e a raggiungere tanti lettori ed editori. A oggi, sono ancora parecchie le persone che mi mandano i propri scritti chiedendomi una recensione o una valutazione: ne approfitto per scusarmi per i ritardi mostruosi nelle risposte, sto cercando soluzioni a questa cosa e nell'anno nuovo (marzo circa) ve le racconterò.
Dovete sapere inoltre che in quei giorni a fare questa cosa specifica in rete o sui giornali non c'era nessuno e che da lì in avanti è nata invece la moda di farlo. Ho la presunzione sensazione (non la certezza per carità) di aver, nel mio piccolo, ispirato molti (sento già la vocina del "fuori i nomi" ma non posso farlo perché ne ho perso il conto, sono troppi, giacché le mode funzionano così e non è che ci sia uno che ha un merito in particolare, non è questo che voglio dire) e per la prima volta comunque ho sperimentato cosa vuol dire fare qualcosa per prima o tra i primi. Fine della sindrome "lo hanno fatto già prima di te", inizio della sindrome "lo fanno dopo di te ma meglio e ci guadagnano".
Così ultimamente me ne sto tranquilla a osservare cosa accade nel mondo, e ad aspettare che nascano nuove idee di modo che io stessa possa ispirarmi agli altri, magari al contrario funziona di più.
Insomma il mood era questo fino a che domenica in edicola anche io ho comprato l'inserto culturale di Repubblica. Ero curiosa di scoprire qualcosa di nuovo.
Per temi e contenuti, Robinson mi ha dato una grande lezione. Di vita, prima ancora che di scrittura. Ho capito che non importa se qualcuno fa qualcosa prima, dopo o durante te. La cosa importante è fare. La notizia dunque è che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Ah, già, qualcuno nel 1764 aveva già avuto un'ideuzza su libri e caffeina...
Ah, già, qualcuno nel 1764 aveva già avuto un'ideuzza su libri e caffeina...
Di inserti culturali dunque ne sono sempre esistiti, ne esistono altri, ne nasceranno altrettanti. Eppure, nasce Robinson. Non so se mi spiego, voglio dire che le possibilità di scrittura, di arte, di argomenti, un po' come si dice delle cose buone come l'amore, si moltiplicano, nascono e rinascono e "il libro degli eventi è sempre aperto a metà". Cito la Szymborska non a caso perché ci sono articoli molto belli su di lei. E c'è un fantastico racconto inedito di Murakami.
In ogni caso, avevamo fame. Anzi, per l'esattezza, ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico, quella era la sensazione.
Questo l'incipit stupendo e se siete della mia generazione vi ci ritrovete senz'altro. La fame. Non solo quella fisica, di cui nel mondo soffrono veramente le persone, ma anche la fame di spazi, di saperi, di novità, di approfondimento, di lavoro vero.
In effetti, siamo tutti e sempre e ogni giorno e ancora dei Robinson su un'isola sconosciuta. Stuck in the middle of nothing. E ci tocca, come diceva qualcuno, restare affamati. Ed è quello che farò nel mio piccolo anche io.
E ringrazio le occasioni di apprendimento come questa, molto forti e belle.
Infine, nell'era del "siamo tutti qualcosa", sento di affermare: "siamo tutti Robinson Crusoe".