lunedì 28 novembre 2016

Café au lait - siamo tutti #Robinson


Per la rubrica sulle letture alternative, libri da paesi lontani, editoria indipendente, bibliodiversità, digitale e in generale tutto quello che ti fa dire olè! - ho deciso di dire la mia, casomai ne sentivate l'esigenza, su un nuovo inserto culturale. Parto però da una piccola premessa.

Ho sempre avuto la sindrome del "l'hanno fatto prima di te". Similmente a molti, ho passato tanti anni a proporre idee per articoli e rubriche a giornali ed editori, come ogni buon giovane aspirante scrittore! 

Qualche volta queste idee sono state usate, magari tempo dopo e non da me, però almeno ho avuto la riprova che erano belle. Altre volte erano idee senza valore, ed  stato giusto che non trovassero spazi. Qualche altra volta ancora ho scritto per un po' presso qualche testata e collaborato con qualche editore.

Molto, molto, molto più spesso mi è stato risposto semplicemente: "siamo già pieni", "non c'è budget", "non ci interessa", "abbiamo già i nostri collaboratori". Un classico che in molti si sentono ripetere, ci sta, è normale.

Anche per questo motivo (oltre a mille altre ragioni) quasi nove anni fa ho aperto questo blog. Per avvicinarmi a fare qualcosa che volevo, come volevo, ogni giorno in un non-luogo dove potessi avere io stessa l'autorità di decidere delle mie parole, senza che ci fosse qualcuno assunto prima di me, eternamente più potente di me.

Così fu che, in un panorama web-editoriale in cui si parlava di libri associandoli alle immagini in vettoriale delle copertine, nel 2008 o giù di lì ho pensato di fare un passetto in un'altra direzione, un po' un salto nel buio, e di fotografare direttamente con i miei mezzi i libri che avevo a casa abbinandoli a tazzine di caffè e all'occorrenza altri oggetti domestici. Avevo tratto ispirazione per questa idea dai foodblog che già si comportavano così con il cibo. 

L'unicità ovviamente sta in ciò che si dice, prima ancora che sul come, eppure quella nuova formula: tazzine + libri + pensieri liberi sulla lettura, mi servì a comunicare profondamente con molte persone e a raggiungere tanti lettori ed editori. A oggi, sono ancora parecchie le persone che mi mandano i propri scritti chiedendomi una recensione o una valutazione: ne approfitto per scusarmi per i ritardi mostruosi nelle risposte, sto cercando soluzioni a questa cosa e nell'anno nuovo (marzo circa) ve le racconterò.

Dovete sapere inoltre che in quei giorni a fare questa cosa specifica in rete o sui giornali non c'era nessuno e che da lì in avanti è nata invece la moda di farlo.  Ho la presunzione sensazione (non la certezza per carità) di aver, nel mio piccolo, ispirato molti (sento già la vocina del "fuori i nomi" ma non posso farlo perché ne ho perso il conto, sono troppi, giacché le mode funzionano così e non è che ci sia uno che ha un merito in particolare, non è questo che voglio dire) e per la prima volta comunque ho sperimentato cosa vuol dire fare qualcosa per prima o tra i primi. Fine della sindrome "lo hanno fatto già prima di te", inizio della sindrome "lo fanno dopo di te ma meglio e ci guadagnano".

Così ultimamente me ne sto tranquilla a osservare cosa accade nel mondo, e ad aspettare che nascano nuove idee di modo che io stessa possa ispirarmi agli altri, magari al contrario funziona di più. 

Insomma il mood era questo fino a che domenica in edicola anche io ho comprato l'inserto culturale di Repubblica. Ero curiosa di scoprire qualcosa di nuovo.

Per temi e contenuti, Robinson mi ha dato una grande lezione. Di vita, prima ancora che di scrittura. Ho capito che non importa se qualcuno fa qualcosa prima, dopo o durante te. La cosa importante è fare. La notizia dunque è che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.

Ah, già, qualcuno nel 1764 aveva già avuto un'ideuzza su libri e caffeina...

Di inserti culturali dunque ne sono sempre esistiti, ne esistono altri, ne nasceranno altrettanti. Eppure, nasce Robinson. Non so se mi spiego, voglio dire che le possibilità di scrittura, di arte, di argomenti, un po' come si dice delle cose buone come l'amore, si moltiplicano, nascono e rinascono e "il libro degli eventi è sempre aperto a metà". Cito la Szymborska non a caso perché ci sono articoli molto belli su di lei. E c'è un fantastico racconto inedito di Murakami. 

In ogni caso, avevamo fame. Anzi, per l'esattezza, ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico, quella era la sensazione. 

Questo l'incipit stupendo e se siete della mia generazione vi ci ritrovete senz'altro. La fame. Non solo quella fisica, di cui nel mondo soffrono veramente le persone, ma anche la fame di spazi, di saperi, di novità, di approfondimento, di lavoro vero. 

In effetti, siamo tutti e sempre e ogni giorno e ancora dei Robinson su un'isola sconosciuta. Stuck in the middle of nothing. E ci tocca, come diceva qualcuno, restare affamati. Ed è quello che farò nel mio piccolo anche io.

E ringrazio le occasioni di apprendimento come questa, molto forti e belle. 

Infine, nell'era del "siamo tutti qualcosa", sento di affermare: "siamo tutti Robinson Crusoe". 
Ops, anche questo l'ha già detto qualcuno prima di me... (qui).

 Qui invece il video in cui Mario Calabresi, il direttore di Repubblica, racconta Robinson in una location a me molto cara, la libreria Luxemburg di Torino. Buona lettura!

8 commenti:

Appunti di carta ha detto...

Mi domando spesso cosa avrei saputo e potuto fare, io *di una certa età*, se *allora* avessi avuto a disposizione certi strumenti, o se il pubblico fosse stato, *ai tempi*, più poroso rispetto a certe questioni, e l'editoria un po' più lungimirante. Forse sono solo discorsi da vecchia bacucca quale sono io (non TU :D) ma va detto che lo spirito pionieristico non era certo ciò di cui difettavamo - e che forse (almeno, parlo per me) dovrei recuperare in qualche modo. Insomma, non so se si è capito ma nella terra dei LIT-blogger da un po' di tempo mi sento vicina ai protagonisti di Space Cowboys, per dirla pensando al cinema.

A proposito va detta anche un'altra cosa, sulla quale non voglio assolutamente chiedere tuo consenso, anzi, dato che mi permetto di entrare a casa tua e scriverti qui sopra, ti prego di prendere le distanze appena appena tu ne senta la necessità: sto parlando della *competenza*. E' una riflessione che faccio da un po', collegata a quello che per me va di pari passo con la *web reputation* e all'immagine che di sé si offre sulla rete e poi, di conseguenza, anche fuori dalla rete se si riesce a fare il salto dal di là al di qua dello schermo.
Io non sono molto d'accordo con quello che scrivi riguardo all'importanza di fare qualcosa indipendentemente da chi la fa. Credo molto, forse troppo, alla proprietà intellettuale: e non perché si tratti di ricette magiche e segrete da custodire in cassaforte come la composizione chimica della CocaCola, ma perché, da classicista quale sono, ho sempre avuto una fissa metodologica e a i limiti del paranoico per la questione delle fonti. Per me tutto il possibile va citato, documentato, riferito, classificato, e va fatto sempre, quando si riesce: in primo luogo per dar merito a chi tra noi lo ha fatto per primo (magari meno bene, ci sta, ma comunque per PRIMO), in secondo luogo per offrire al pubblico un excursus affidabile sulle conoscenze, le esperienze e il curriculum di ciascuno. Perché senza fonti tutto può essere considerato buono, affidabile, credibile, giusto, imitabile, valido, reale, concreto ecc ecc e nessuno ci può più metter becco.

Il problema è che, almeno a me così pare, per ora (come giustamente scrivi tu, le mode sono mode) va molto il "di pancia" e una certa spettacolarizzazione del risultato, che passa innegabilmente dal desiderio, più o meno puro, più o meno giustificato o motivato, di un certo desiderio di protagonismo. Di conseguenza tutto va più veloce, scrivere un post sul blog diventa faticoso e quindi è meglio affidarsi a youtube perché su un post devi scrivere, linkare, annotare, suggerire approfondimenti mentre a video te la puoi anche cavare con molta meno fatica (ah, a proposito, anche questa storia di youtube AVEVI FATTO TU PER PRIMA, e mi permetto di dire con risultati decisamente migliori rispetto a certi ultimi esperimenti che ho visto il rete, poi se vuoi andiamo nel dettaglio ;) ), quel che conta sono i followers (fa niente se poi la metà sono fake porno, ma chi va a controllare?) e l'impatto emotivo.

Anyway, ai posteri l'ardua sentenza, come disse quello là.
ps. Mi sta piacendo molto il lavoro di nicchia che sta facendo una certa persona a noi vicina (a te specialmente, dato che siete conterranei) e credo che sia quella una delle strade che anche tu e io potremmo percorrere.

Ho scritto troppo.
Un bacio.
ADC

noemi ha detto...

Carissima Appunti, ti rispondo a - punti hhehe

- beh, grazie di essere presente in modo così attento e gentile, ci seguiamo da anni e non è così scontato, la continuità è tanto difficile in qualsiasi ambito della vita!

- In realtà, la pensiamo allo stesso modo sulla proprietà intellettuale: stavo considerando ad esempio, per restare nella mia amata autoreferenzialità, quanto sarei ricca oggi se la Siae potesse mai tutelare l'idea originaria, ovvero la formula di questo blog, ma ahimé ciò non credo sia possibile. E sono tornata con i piedi per terra! D'altro canto, la rete, come la vita, è una giungla e le dinamiche sono "bipolari": il mondo dei libri, contrariamente alla patina "morale" di cui si ammanta, è tremendo, talvolta violento. La cosa che mi sono sentita ripetere più spesso è: non sei abbastanza squalo, non ce la farai mai. Squalo!! Ma ti pare? E fin da subito, molto prima del blog, ti parlo dei primi anni 2000. Avrei preferito: non sei abbastanza brava. E me lo hanno anche detto: gli stessi che poi mi hanno chiesto le recensioni ai propri lavori: saranno giudizi obiettivi? O pura prevaricazione? O semplice mancanza di umanità? Non so, fatto sta che ai tempi ci ho creduto e sono andata in crisi...

- Il panorama di oggi è quello che è, ed è vero: ho cominciato anche con i video su you tube, grazie del ricordo, lo apprezzo tanto. Poi li ho tolti dal web perché non pensavo fossero abbastanza interessanti, infine è arrivata l'ondata di booktubers che naturalente adesso sono molto amati da autori ed editori cui interessano gioco-forza, numeri e cifre e non hanno molta affezione profonda, soprattutto quello che sento mancare è il "crescere insieme" nel bene e nel male: i tempi editoriali sono troppo stretti e se non fai vendere tanto e in fretta sei morto (metaforicamente). Nessuno considera che magari non fai vendere oggi però puoi farlo domani di cui l'unica cosa che considerano è che non v'è certezza: l'editoria vive del "qui e ora" in un senso però per lo più deteriore. Che Dio conservi tuttavia i classicisti come te :) Ma tornando agli youtuber (per tacere degli snapchatter) alcuni mi piacciono, ma potrebbe anche quella essere una moda passeggera come lo sono stati i nostri blog.

(- non ho capito chi è il sabaudo o sabauda a cui ti riferisci ma te lo chiederò prima o poi a voce :)

- In conclusione: ogni tanto mi sento triste per questo strano percorso che sta facendo il mio blog e la mia "carriera", altre volte sono più fatalista e penso che andrà tutto per il meglio. Lo spero per me e per te e in generale per chi opera in buona fede!

- Dulcis in fundo: la competenza!! Ahi ahi questa sconosciuta. O per meglio dire: la competenza second me spesso c'è ma non basta. I meccanismi di inclusione, rispetto, avallo da parte di lettori ed editori seguono trame talmente aleatorie che ho smesso di arrovellarmi sul comprenderle. Spesso incidono troppe variabili (molte psicologiche) e il "carattere" conta più di qualsiasi altra cosa. Un certo tipo di carattere. Oltre a mille altre cose. Un po' come quando scoppia una guerra... le concause sono numerose. Dunque sì la competenza quando manca magari c'è altro. E quando c'è, da sola, non è sufficiente a permettere a una persona, pur dotata e competente, di lavorare o essere credibile e apprezzata. Insomma, un gran mar dei sargassi.

In attesa di riemergere da questo delirio, ti mando un grande abbraccio e un GRAZIE di cuore

noemi ha detto...

p.s. ai nostri tempi (3-4 anni fa nemmeno nella preistoria) la "competenza" la chiamavano la "credibilità" e io ricordo di essermi dovuta difendere più volte in occasioni anche pubbliche (convegni, festival etc.) per il fatto che gli editori mi spedivano i libri e questo pareva poco "credibile" (nessuno si premurava di tener presente il mio percorso universitario, con master etc.). Pensa adesso invece cosa sta succedendo?

Al netto di tante energie spese a proteggermi ed evitare gli strali, potevo starmene più serena :)

Appunti di carta ha detto...

(riscrivo, perché ho premuto invio ma tutto si è cancellato...)

:D eccerto che dovevi startene serena! Tempo fa parlai con un "insider" di questa cosa degli invii gratuiti: cose che voi umani... (e che ti racconterò a voce!).

Il papiro era per dirti che di meteore in questi anni ne ho viste tante, ma un po' perché come te non sono squalo, un po' perché avevo altro da fare, mi sono limitata e mi limito tutt'ora a osservare, dopo essermi scansata di lato.
Per tanto tempo mi sono stupita per la popolarità quasi immediata (*): aumento esponenziale di followers e di impegni, presentazioni, articoli sui giornali, proposte di "interviste"... pensavo "ah, qui stai sbagliando qualcosa!". Poi, con l'osservazione, ho capito una cosa che, tu non ci crederai, ACCADE SEMPRE: la questione è che prima o poi il conto arriva, nel senso letterale del termine! Simili ritmi infatti (centimigliaia di Twitts al giorno, viaggi, acquisto di libri e materiale etc) necessitano prima o poi di somme ingenti di denaro per essere sostenuti, e viene un momento in cui la semplice marketta a caso non paga più. E quindi delle due l'una: o ti abbassi al peggio del peggio (e ne ho visti, di peggissimi) perdendo in credibilità oppure finisce che ti senti anche un po' preso per il *** e molli la presa.
Quindi, o hai un sacco di soldi tuoi, oppure a un certo punto, quelli che hai finiscono. E finisce anche il tempo che hai a disposizione (per leggere tutti i libri che ti mandano, o per andare dove ti "invitano") perché magari c'è caso che devi andare a lavorare, per vivere.
Come sappiamo infatti, l'attività di blogger non è regolamentata e il concetto di volontariato culturale è ancora in attesa di una norma, ma anche giustamente eh.
Hai letto "Guida bionda per influencer"? Io l'ho trovato illuminante.

(*) piccola postilla: tempo fa ho dovuto mettere dei disclaimer e bloccare con un html il copia-incolla sul blog, oltre che chiedere a Twitter la verifica su alcuni account, perché c'era gente che si serviva a piene mani di post, idee, twitts e poi se le rivendeva come proprie... ma questo è un altro discorso.

Morale della storia: io penso che le mode più che i device interessino gli account: ora va la youtuber che ti racconta Anna Karenina in 1 minuto, o quello che fa l'impegnato a 20 anni, o l'atmosfera alla Pinterest... domani, chi lo sa.
Io vado avanti per la mia strada, che è sostanzialmente quella del "battitore libero" (la definizione non è mia, ma di un ex collega di Mondadori), coi pro e i contro. Ho sempre un occhio alla formazione e cerco di stare "updated" come si dice, sono soddisfatta dei riscontri che ho, specie per quanto riguarda i miei followers. E poi si vedrà...

Baci

noemi ha detto...

Sottoscrivo parola per parola: a me quel conto (anche corrente) la vita lo ha presentato circa tre anni fa quando mi sono resa appunto conto che si era creata un'"illusione" attorno non tanto a me come indivuduo quanto alla moda del blog fatto in questo modo (personale, con foto di tazze, emozioni private, foto di se stessi con li libro e la tazza insomma questa roba qui etc. :)) e mi sono sentita un po' "sfruttata" ma certo vale il detto: "chi pecora si fa il lupo la mangia" nel senso che essendo una persona adulta (e vaccinata) toccava a me capire che l'interesse non era proprio per la mia scrittura bensì per la speranza di una possibile vetrina a costo zero in tempi di crisi in cui è difficile vivere di letteratura. Tu dici che questa prova della verità accade a tutti? A me ricordo la domanda pressante del "ti pagano?" veniva rivolta quotidianamente e ora mi chiedo se altri attori nuovi della "scena" editoriale siano retribuiti. Ho avuto nel tempo alcune piccole offerte di lavoro ma il mondo del lavoro editoriale è nevrotico, prima ti vuole poi non più poi sì poi no e tutti sono convinti di pagare il giusto mentre ahimé le paghe non sono realistiche specie per le partite iva. Non voglio fare però la vittima e pensare che i soldi non ci siano stati solo per me... Insomma è dura per tutti emergere in questo ambito ma credo che la sola cosa che conta è quella che dici tu ovvero l'autenticità dei fini e dello spirito fondativo del proprio lavoro. Per quanto mi riguarda tutto pre-esiste alla nascita di questo blog, i miei primi scritti li ho pubblicati negli anni Novanta sul giornalino della scuola e volevo fare questo mestiere fin da bambina... :D E tra alti e bassi conto di continuare a scrivere tutta la vita. Quanto al "copiare" a piene mani, me ne sto facendo una ragione. Anche io mi sono ispirata al lavoro altrui per cui posso capire che ci si influenzi a vicenda, quando però, come mi racconti, si tratta di copia-incolla beceri o di omettere semplicemente l'ispirazione (che è brutto e questo mi capita spesso) il discorso camhia, è davvero sgradevole.

Il discorso degli invii di libri sai che invece io non l'ho ancora mica capito in tutti questi anni? Il criterio mi è oscuro. Ho cominciato pian piano a chiedere io qualche titolo, ma solo ultimamente e vedo che forse è la cosa migliore. Sui criteri di invio credo influiscano calcoli di views e amicizia o peggio simpatia, entrambi elementi aleatori, in alcuni casi irrazionali, per cui non saprei come interpretare il fenomeno. Continuo a ricevere tantissimi libri (molti li ho donati a una libreria): li accetto volentieri e parecchi li leggo ma non riesco assolutamente a parlarne sul blog se non molto di rado. Poi ci sono tremila altre dinamiche in ballo e su tutto questo io sospendo il giudizio: troppo complicato! E hai ragione, quando ci si rende conto che questo meccanismo è a fondo perduto, ci si spaventa, si resta soli e ci si dedica per forza di cose a provare a lavorare in modo retribuito che non è certo un vezzo bensì l'unico modo per vivere (a meno che non si sia ricchi di famiglia).

Appunti di carta ha detto...

Penso che sia davvero come dicono gli americani: che bisogna seguire la strada tracciata dal denaro, se vuoi raccapezzarti in certe questioni che sembrano complicate.
La spiegazione più semplice sarebbe effettivamente quella che tra i mezzi di promozione occorre annoverare oggi anche la vetrina che un account on line potrebbe offrire, e questo è quanto.
Se a una mummy-blogger chiedono di testare un biberon anticolica, a una "lit" invieranno il libro...

Per quanto riguarda il criterio secondo cui i testi vengono inviati, a me è stato spiegato di come (almeno per le persone con cui ho parlato) non sia quasi mai tirato a caso. A parte le copie che vengono inviate a giornalisti e operatori VERAMENTE di settore (e lì occorre stare attenti, come ufficio stampa, a QUANDO E IN CHE FORMATO i testi sono inviati: sai che il mondo editoriale è capriccioso e ci si incavola pure se io l'ho ricevuto in ebook e tizio invece in cartaceo) è tutto un lavorare su database più o meno artigianali: il blog che si occupa di scifi, quello romance, (i più quotati), o la vlogger che al momento sta spaccando con le visualizzazioni ecc ecc.

La questione più spinosa ovviamente è quando ci si chiede se l'invio sia pilotato, nel senso di "lo mando a quello perché so che gli fa un bell'articolo/video sopra". Le risposte che ho avuto sono state varie e mi è parso di capire che ognuno operi un po' come vuole e come può.

Appunti di carta ha detto...

Il problema semmai, almeno secondo me, sta nel fatto che tra i bloggers (vloggers ecc ecc) c'è poca consapevolezza di tutto questo processo - basti pensare (non le hai mai notate?) a quelle paginette di certi blog specie di nicchia in cui c'è il link alle varie "COLLABORAZIONI". Già questo fatto dimostra l'abissale ignoranza (nel senso buono, proprio di INCONSAPEVOLEZZA) di persone che si immaginano già "collaboratrici" di case editrici e intimamente connesse col mondo dell'editoria quando invece la questione è da porre sotto tutt'altra luce. Peggio ancora quando si parla di rubrichette dal titolo "domani in libreria" che spesso si risolvono unicamente nella pubblicazione dei vari comunicati stampa copioincollati.

Io ho scelto la strada di quella "dura e pura" ma non so se sia profittevole o no, sinceramente (ehrm NO sicuramente, per il solo fatto che così spendo un sacco di soldi...).
Mi è capitato di fare delle riflessioni recentemente, si trattava di "The Girls" di Emma Cline. Ne hanno parlato tutti per tutta estate, e sembrava, e ne ho scritto anche on line, che io fossi l'unica a NON aver ricevuto la copia omaggio. Ce l'avevano tutti!
Onestamente mi sarebbe bastata una email per averlo sull'ebook. Invece me lo sono comperato. L'ho letto ...e l'ho clamorosamente stroncato sul blog perché proprio non mi è piaciuto.
Ma se l'avessi richiesto e me l'avessero mandato, avrei avuto lo stesso coraggio e la stessa libertà? Sai che davvero me lo chiedo, perché non lo so?

Non se hai mai letto on line la discussione di Giovanni Turi sul suo blog e su Nazione Indiana, qui c'è il link:
https://www.nazioneindiana.com/2014/12/21/perche-nessuno-stronca-i-libri-brutti/
io avevo messo un post sul suo blog
e c'era anche un altro bel post su Medium sul data journalism
https://medium.com/dataninja/il-fallimento-del-data-journalism-italiano-94092937f167#.2vvfebn69

Insomma, di persone scettiche su questo sistema di promozione culturale ce n'è, e non sono poche. Io spero che non si debba finire per forza in uno "io sto da una parte e tu dall'altra" perché secondo me, leggendo i vari interventi qui e lì, c'è margine per mettere insieme un progetto di "volontariato culturale" che segua logiche precise e idee condivise.

Penso comunque che tu sia una figura un po' a parte, in tal siffatto panorama: penso che le copie che ricevi siano frutto non tanto di biechi calcoli commerciali (tanto lo sanno che non ti pieghi al "questo è il libro dell'anno"!!) ma della qualità della tua immagine on e off line. Quel che si dice, quando la web reputation paga ;)

noemi ha detto...

Beh, non ho parole, sono onorata da ciò che scrivi di me, contrccambio ma soprattutto le tue parole arrivano in un momento particolarissimo del mio percorso nel quale sto profondamente lavorando sull'autenticità di ciò che scrivo e che sono.

Da quendo rifletto su questi temi, ho messo in conto di perdere tanto in termini di "popolarità" ma devo dire che le tue parole mi ricambiano di questa piccola-grande fatica personale. Penso di aver fatto quello che hai fatto anche tu, ovvero ho piantato il seme, per lo meno questa è l'intenzione, dell'onestà intellettuale per cui qualsiasi cosa io faccia ha un senso vero per me e rientra in una scala di valori.

Agire così è rischioso perché il pericolo è di isolarsi, invece mi accorgo che ciò che resta di tanti fronzoli in effetti è reale, ad esempio uno scambio come questo.

Quanto agli hype del momento, ribadisco il mio parere: sono mode temporanee, come forse lo sono stata pure io chissà, ma la strada è ancora lunga per tutti noi, finché siamo vivi!

Sì, ho ben presente la "capricciosità" dell'ambiente editoriale e in effetti forse da certe dinamiche è meglio restarne un po' fuori, preservando la propria serenità. D'altra parte io credo (voglio crederci anche nei momenti più bui) che ci sia spazio lavorativo per tutti (e lo affermo in un momento arduo per me, è la riprova che ne sono convinta) e che le cose belle si moltiplicano anziché dividere...

Ti abbraccio forte e mi vado a leggere i link che mi hai consigliato!