Ieri sera eravamo lì nella semioscurità del parco, insieme ad altri corridori sparsi, gente che passandoci vicino lasciava una scia di profumo, gente col cappellino di lana e l'iPod, sembrava comunque la setta dei poeti estinti.
Il fiume, il Po, che è vivo, nero. L'acqua che si muoveva poco e sentire il bisogno di stare lì, a respirare il suo alito invernale, a guardare qualcosa che fa paura ma che è più forte di te.
Io non penso a niente. Penso a correre. Guardo dritto, le luci piccole come candele o punte di spilli luminosi per dare una forma nuova e teatrale alla sera, al vestito della sera, al vento di febbraio. Due oche bianche guardano fuori dal loro recinto, tonde, chiare scontornate nel buio, il becco giallo, arancione. Gli alberi in silenzio che dicono: tra un po' tocca a noi, diventiamo verdi. Ma non ancora, non ancora. E hai paura che non succeda più, poi invece succede.
E io non penso a niente. Non voglio pensare. In quel momento non mi interessa altro che le mie ginocchia. E i miei guanti rossi.
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