lunedì 2 maggio 2016

Chicchi di caffè.

Tommaso Pincio, Panorama, NNE - Gary Shteyngart, Storia d'amore vera e supertriste, Guanda

Come da qualche mese a questa parte, ecco che torna anche la mia rubrica mensile sui percorsi tematici. Questa volta ho notato una certa affinità tra due romanzi usciti in Italia a distanza di cinque anni, molto diversi in realtà per vari aspetti, eppure vicini per un sentire secondo me comune. 

Ho avuto modo di leggere e premiare Panorama per il Premio Sinbad (che ha vinto), mentre ho acquistato Storia d'amore vera e supertriste nel 2010, quando è uscito.

Innanzitutto, cominciano entrambi con un mai:

 1° GIUGNO Roma - New York

Carissimo diario, oggi ho preso una decisione fondamentale: io non morirò mai. Morirà la gente intorno a me. Verranno annullati. Della loro personalità non resterà niente. Si spegneranno le luci. A segnare il loro passaggio, la loro vita, ci saranno lapidi di marmo lustro con epitaffi fasulli ("la sua stella brillò luminosa", "non ti dimenticheremo mai", "amava il jazz"), e poi anche le lapidi verranno spazzate via da un'inondazione oppure fatte a pezzi da qualche tacchino avveniristico geneticamente modificato.

 Così ha inizio la Storia d'amore vera e supertriste. Mentre Panorama

Mai, la parola chiave è mai. Il resto può discutersi, ma quanto al punto nodale, al nocciolo, un fatto è pacifico: in quei quattro anni Ottavio Tondi non ha mai incontrato Ligeia Tissot. Mai, neppure una volta. L'ha vista in foto, questo sì, in molte foto. 

In entrambi c'è Roma, che non ha bisogno di altro. Roma è Roma e quando decide di entrare in un romanzo lo fa a gamba tesa. 

Di buono i due romanzi hanno anche un concetto similare relativo alle copertine. La scelta è un manufatto artistico di qualità. Un'opera dello stesso Pincio, per Panorama e un bel disegno di Guido Scarabottolo per il romanzo di Shteyngart. 

Entrambe le storie, poi, sono storie d'amore. Amori improbabili. Ottavio Tondi e la virtuale e misteriosa Ligeia Tissot non si incontrano nella realtà e i loro unici contatti hanno a che vedere con un distopico social network (che può richiamare anche il Cerchio di Dave Eggers) che si chiama proprio Panorama e consente un accesso pericoloso alle vite di tutti. 

Quanto a Lenny Abramov, protagonista indimenticabile della storia supertriste, invece, le comunicazioni con l'amata e sfuggente giovane Eunice Park si svolgono, come per tutti in questa società assurda e futuribile, attraverso avveniristici "apparat", device e dispositivi simili ai nostri smarphone, perennemente accesi e accessibili a tutti e per tutto. 

La lotta alla fine è sempre tra l'autenticità delle esperienze sane e reali e la morbosità di certe aree virtuali ma soprattutto malsane o per lo meno opache. In ultima analisi, la contrapposizione è tra gli assoluti del bene e del male, del giusto e dello sbagliato, passando attraverso le mille sfaccettature di un presente e di un immediato futuro da costruire e da osservare senza giudizi, ma con bussole ben orientate.

E se Panorama è un'opera squisitamente novecentesca nello stile linguisitico e nella definizione di un personaggio classicamente "inetto", la cui identità sociale si compone attorno a un gesto intimo (il leggere sul divano) che si trasforma in dominio pubblico sbirciabile, spiabile da chiunque; la Storia d'amore vera e supertriste è un capolavoro americano, sovrabbondante nel linguaggio multiforme, tra i più riusciti degli anni Dieci. Una curiosità su quest'ultimo: nel 2017 potrebbe diventare una serie TV con Ben Stiller, per i particolari qui.

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