Come promesso, eccomi a raccontarvi della XI edizione del Concorso Letterario Nazionale Lingua Madre. Sono molto legata a questo concorso. E questo è il sito dove potete trovare tutte le informazioni.
La cerimonia - che si è svolta al Lingotto il 16 maggio alle 14 - come ogni anno è stata ospitata tra gli eventi più rilevanti del Salone del Libro, presso lo spazio Arena Piemonte. Il pubblico era attento e numeroso, ed è stato molto toccante ascoltare le voci delle giovanissime scrittrici (e una fotografa) che hanno vinto i premi messi in palio. Nelle loro inflessioni, ad ascoltarlo bene, si sentiva l'eco delle loro terre, mescolato alla loro lingua adottiva. Gli esempi di talento e dolcezza, determinazione e autenticità che rappresentano queste ragazze spero passino un po' in tutti noi che potremo leggere i loro scritti nella raccolta 2016 Lingua Madre.
Ho avuto la possibilità di incontrarle e di porre loro qualche domanda. Comincio a condividere con voi i miei quesiti e le loro risposte. Spero vi colpiranno quanto hanno colpito me.
1) "Rubando" un'espressione
utilizzata anche da Ernesto Ferrero nel suo discorso durante la cerimonia di premiazione, quali
sono le potenzialità e quali i limiti della lingua (sia la vostra lingua
madre che l'italiano)?
2) Una parola, un aggettivo che possa
definire la vostra lingua madre e una che definisca per voi
l'italiano...
3) Quali emozioni vi legano alla
scrittura?
Risponde Jacqueline Nieder, vincitrice del Premio Sezione Speciale Donne Italiane.
1.
La mia lingua è la mia identità, il mio senso di appartenenza. Mi
definisce come parte di un gruppo che non è invece dato da un luogo.
Per
questo il tema dell’identità è così importante per me. Sono
stata cresciuta da una donna croata e ho condiviso tutta la mia vita
con sua figlia, Anna, da quando abbiamo tre anni. Eppure Anna si
sente più italiana di me, è più legata a Parma, la mia città,
più inserita nel contesto sociale e condivide l’indole dei
suoi cittadini.
La
domanda quindi mi è sorta spontanea: è davvero il luogo che ci
genera a determinare la nostra identità? Perché dargli questo
diritto?
La
lingua madre ci rende diversi, è vero. È frustrante, soprattutto
per chi scrive, non riuscire a esprimere esattamente un concetto
perché gli manca lo strumento linguistico.
Ma
è vero anche che a una lingua appartengono determinati immaginari e
sfumature e colori che sono solo di quella specifica lingua.
Rinnegarli è rinnegare una parte di noi.
Credo
sia un grande privilegio per i nati di seconda generazione poter
disporre di due o più sistemi linguistici.
Mio
padre è argentino e mi rammarica il fatto che non mi abbia mai
insegnato lo spagnolo. Dentro di me sento l’aria di Buenos Aires,
l’odore della polvere, ma non può uscire, non può parlare, perché
mi mancano le parole nella sua lingua madre.
2.
Identità.
3.
La scrittura è dolorosa, terapeutica e euforica. È uno strumento
per capire, che sia una dinamica affettiva, un luogo, un sentimento,
un'altra persona. Ed è l’unico modo che conosco per dialogare con
il mondo.
Risponde Michela Mivida Di Meo, terza classificata.
Premetto che le mie
risposte sono sicuramente condizionate dalla mia esperienza personale
quindi da un evento particolare: il trasferimento all’età di
nove anni dalla Grecia all’Italia. Il fatto di essermi trasferita
da piccola mi porta in una posizione in cui nonostante il greco
rimane la lingua madre, mi ritrovo ad essere più fluida e
competente in italiano.
- Per me la lingua sia quella greca sia quella italiana sono legate dalla loro relazione con la presenza; presenza come corpo, voce ma anche paesaggio, volti amici quindi al sentirsi a casa, nel senso ampio del termine. La potenzialità della lingua greca è quella di riportarmi alla mia infanzia, alle mie prime amiche: spesso quando sento la musica attraverso le parole, la voce mi sembra di essere in Grecia nei i luoghi dove sono cresciuta. A questo punto i limiti della lingua madre sono sempre connessi alla questione della presenza perché la distanza geografica connota anche un sentimento di nostalgia, di dolore, solitudine. A volte sento il desiderio di parlare in greco con qualche amica, persona nella città in cui vivo, Venezia e non posso altre invece mi succede di pensare qualche espressione, modi di dire, o anche parola in greco che non trovano una traduzione immediata in italiano: qualcosa si perde.
L’italiano è
sicuramente la lingua che possiedo meglio in termini di competenza
linguistica e con cui posso articolare meglio il mio pensiero,
inoltre è stato proprio il desiderio di imparare bene l’italiano
ad avermi avvicinato alla letteratura. Nonostante questo a volte lo
sento distante a livello emotivo: come se non mi appartenesse mai del
tutto. Una specie di continua ricerca per non sentirmi ospite.
- La prima parola che mi viene in mente quando penso alla lingua madre è “mare” perché sono nata in un isola ma anche perché la mia ninna nanna preferita parla di onde. Poi la lingua madre per me ha sempre un effetto di culla, un suono di pace. Una parola invece che definisce l’italiano è “stupore” questo perché ho in mente la sensazione delle prime volte che sentii l’alfabeto italiano con i suoi suoni ma anche quando il primo giorno d’appello alle elementari rimasi stupita e meravigliata della diversità dei nomi dei miei compagni italiani da quelli in Grecia.
- La scrittura per me nasce per sfidare i limiti del linguaggio, per riuscire a scrivere ciò che altrimenti rimerebbe silente dentro di me. Spesso io scrivo quando, durante il giorno, non sono riuscita a dire determinate cose perché non si ha il tempo o perché gli altri non hanno tempo per ascoltare, altre volte perché si cerca un interlocutore che nella realtà non c’è o è distante, infine a volte durante la quotidianità del lavoro o dei rapporti personali ho la sensazione che tutto sia opaco e meccanico, allora scrivere vuol dire ritrovare l’interiorità.
Non penso che la
scrittura sia all’opposto della lingua orale anzi spesso tracce di
oralità rendono viva alcune scritture, particolarità della
scrittura femminile, semmai il bisogno di scrivere arriva quando per
alcune condizioni non si non può più parlare ma non si vuole
tacere.
Allora sopraggiunge
il desiderio di scrivere: la scrittura diventa una specie di obbligo
verso me stessa, un riscatto della mia presenza nel mondo. In questi
momenti la scrittura è la più bella forma di libertà personale.
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