Che nottata. Alle quattro ero sveglia, che mi interrogavo sulla mia vita. Non era un bel vedere. Fissavo il muro, mi trascinavo per la casa in infradito, guardavo l'orologio, oddio le quattro, guardavo lo specchio: oh my god. Le quattro: il traffico rallentato che già ricomincia a gonfiarsi di rumore, il cielo viola che non sa se considerarsi mattina o notte fonda. In quel limbo mi chiedevo il senso di tutto quanto. Della paura del restare in una specie di stagno anziché finalmente nuotare in mare aperto. Tutto questo anche perché è da pochissimo finito giugno, un mese violento, spietato, che entra a gambe tese, senza bussare, nel susseguirsi delle stagioni. Ha un compito ingrato, quello di spingere (spintonare?) verso l'estate piena. Mi ricorda quelli che quando esiti a tuffarti sul trampolino ti danno una manata sulla schiena anziché aspettare il tuo tempo. Perché a volte la natura è anche aggressiva, c'è qualcosa di aggressivo che a me proprio non convince. Non so. Oggi penso che come abbiamo domato le belve feroci domeremo anche il mese di giugno. Sarà tra i miei propositi dell'anno prossimo, non arrivarci più così impreparata.
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