"Non ti fidare del governo, di nessun governo. E abbraccia gli esseri umani. Nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica. Approva nella natura ciò che non capisci e loda quest'ignoranza, perché ciò che l'uomo non ha razionalizzato non ha distrutto. Fai le domande che non hanno risposta. Investi nel millennio. Pianta sequoie. Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai piantato e che non vivrai per raccogliere. Afferma che le foglie quando si decompongono diventano fertilità. Chiama questo "profitto". Una profezia così si avvera sepre. Poni la tua fiducia nei 5 centimetri di humus che si formeranno sotto gli alberi ogni mille anni".
giovedì 30 aprile 2009
A volte.
A volte dimentico le mie personali difficoltà. Scordo quanto è dura ad esempio lavorare e specialmente quanto è spaventoso, pericoloso non lavorare. Dimentico quanto estenuante sia l'attesa, scordo quanto umiliante sia la richiesta. A volte dimentico quanto valgono i soldi. Scordo quante cose possono comprare, quanta pace potrebbero comprare. Dimentico che esiste un futuro, dove non so come vivrò, precisamente con che lavoro, con che denaro. Scordo i doveri e il dovere di avere doveri. Dimentico tutti gli errori che ho fatto. Scordo quanto mi sono costati. Dimentico tutte le ingiustizie. Scordo quanto mi sono danneggiata con le mie mani e con i miei pensieri. Dimentico quanto sconfinata sia la mia paura di vivere. Scordo quanto mi spaventa l'idea di perdere le poche cose che ho da un momento all'altro senza potermi prepare. Dimentico il male che ho sentito con le mie orecchie, le cattiverie gratuite che ho ascoltato, poiché semplicemente la felicità si paga, la tristezza per quanto ne so è gratis. Scordo i tradimenti che hanno modificato il corso della mia esistenza come incidenti irreversibili. Dimentico la mia fuga continua. Scordo le pressioni a diventare la persona che non sarò, dimentico la disdetta di essere chi non avrei mai dovuto essere. Dimentico le povere illusioni da contare, numerare e ricordare ogni mattina a colazione, scordo l'inadeguatezza dei miei stessi strumenti per stare al mondo. Scordo quanto temo di non raggiungere mai ciò che desidero, dimentico la via d'accesso a ciò che desidero. Dimentico di soffrire, scordo di stare all'erta. Dimentico, scordo, dimentico e scordo.
E cosa vedo? Vedo la vera Primavera che si apre come un fiore bianco sotto i miei occhi. Vedo un panorama senza fine di azzurro e di vento infinito. Vedo scie continue delicate di colori aggrovigliarsi come musica argentata intorno a me. A ogni mio passo si distende un tappeto di profumi gialli, dolci, leggeri. Sono io stessa leggera come una nuvola schiarita dal più immenso dei cieli di maggio. E aspetto qualcosa che non so nominare. E tocco con le dita questo accumulo inesplorato di promesse, come se le mie dita stesse fossero simili alle antenne di una lumaca. Come un animaletto, non mi chiedo più nulla. Mi limito a camminare, con le brutte scarpe che ho, con i brutti vestiti che ho. A volte penso: qualcosa ancora succederà, troverò il modo di vivere il tempo che mi resta.
E cosa vedo? Vedo la vera Primavera che si apre come un fiore bianco sotto i miei occhi. Vedo un panorama senza fine di azzurro e di vento infinito. Vedo scie continue delicate di colori aggrovigliarsi come musica argentata intorno a me. A ogni mio passo si distende un tappeto di profumi gialli, dolci, leggeri. Sono io stessa leggera come una nuvola schiarita dal più immenso dei cieli di maggio. E aspetto qualcosa che non so nominare. E tocco con le dita questo accumulo inesplorato di promesse, come se le mie dita stesse fossero simili alle antenne di una lumaca. Come un animaletto, non mi chiedo più nulla. Mi limito a camminare, con le brutte scarpe che ho, con i brutti vestiti che ho. A volte penso: qualcosa ancora succederà, troverò il modo di vivere il tempo che mi resta.
mercoledì 29 aprile 2009
Ecco a voi: i demolitori di entusiasmi.
"Non è semplice trovare motivi di felicità. Ma c’è un piccolo espediente per sopravvivere alla sfiga. Avvicinate il libro all’orecchio che ve lo dico: diserbare dalla vostra vita i DEMOLITORI DI ENTUSIASMI. Io li chiamo così. I demolitori di entusiasmi sono quelli che di mestiere entrano nella tua vita a piedi uniti e ti distruggono quel micron di felicità che ancora ti resta. Quelli che di professione fanno i trovatori di peli nell’uovo, categoria A freschissimo. Ma non facciamo l’errore di confonderli con i pessimisti. No, perché il pessimista una visione del mondo ce l’ha. Urenda, ma ce l’ha. Nera come un dark di notte ma ce l’ha. Il pessimista è uno che parte per una vacanza alle Mauritius e ha paura che arrivando là non troverà parcheggio. Il demolitore di entusiasmi, invece, è molto peggio perché non ha convinzioni. E siccome non ne ha, distrugge le tue. Il suo motto è: non preoccuparti, arriveranno tempi peggiori. E’ quello che ti dice: “Che bello questo nuovo taglio di capelli… peccato che non riuscirai mai a pettinartelo da sola”. Oppure, vedendoti carica di sacchi di umido, carta e vetro differenziati, ti sorride pietoso e sospirando ti fa: “Ancora ci credi? Beata ingenuità”. Che distillato di odio. Una circostanza in cui il DDE è particolarmente pernicioso è la questione casa.
Per far vedere la casa nuova a un demolitore di entusiasmi è meglio prima tracannarsi mezza bottiglia di Pampero, perché in uno stato di semiubriachezza gli strali fanno meno male. Lo schifosone parte sempre con un apparente complimento: “Bello…”, ma basta contare fino a tre che arriva la mazzata. Uno, due… e tre: “Peccato che…”. E parte l’elenco: la facciata è orrenda, la scala è ripida, l’ascensore è soffocante, il tetto è fradicio di amianto, la cantina è umida, sotto il pavimento circolano fiumi di radon e il muro maestro c’ha una bella crepa. Sottile, per adesso, e sottolineo per adesso."
(Luciana Littizzetto)
(Luciana Littizzetto)
Sala d'attesa.
Ieri nella sala d'attesa dello studio del dott. S. c'era Lyn (nome di fantasia), la ragazza del ristorante cinese. Con la sua borsetta Louis Vuitton, gli occhialoni da sole, il trench blu scuro e la maglietta a righe mi ha salutata e mi ha chiesto come stava mia mamma. Nel suo ristorante infatti siamo stati spesso e abbiamo anche festeggiato il suo primo compleanno dopo l'ospedale, con una torta e luci spente più musica cinese a sorpresa. Lì fanno dei regalini ai clienti più affezionati, ad esempio un set di scatoline di paglia. Dopo i saluti, ci siamo messe a leggere in silenzio Oggi e Vanity Fair come due vere madamine torinesi.
martedì 28 aprile 2009
Notizie dalla clinica occupata.
Questo freddo che non vuole finire non aiuta gli abitanti della clinica occupata di Borgo San Paolo. E' l'anno più ingrato in cui sbarcare in Italia da terre lontane e calde come rifugiati politici. Ormai loro hanno le loro abitudini ma continua l'emergenza. Di tanto in tanto arriva la Croce Rossa e ne porta via qualcuno. Queste persone, per lo più giovani, sono confuse e arrabbiatie. Molti girano in infradito e giacca a vento.
Geometrie piovose.
Sul pullman guardo il finestrone e vedo che questa pioggerella londinese scende dal cielo grigio senza sosta. Le gocce di pioggia si posano sul vetro assecondando un disegno geometrico casuale e preciso al tempo stesso. Le palline di acqua all'atterraggio verticale si trasformano in asticelle di diverse dimensioni che si attaccano equidistanti e compongono una specie di trama simile alla scrittura di un elemento chimico. Guardo guardo e capisco che la natura provvede a informare il mondo di schemi, di procedure, di cicli perfetti nella loro sconvolgente imperfezione.
domenica 26 aprile 2009
Buon 26 aprile!
Affinché le riflessioni e i sentimenti di ieri proseguano anche oggi e domani e dopo domani ecc. ecc.
sabato 25 aprile 2009
25 aprile.
Buona Festa della Liberazione a tutti. Oggi vorrei pensare molto e ricordare intensamente i racconti di guerra e di pace degli anziani che resistono e di quelli che non ci sono più. Teniamoli vivi dentro di noi e nelle nostre parole.
venerdì 24 aprile 2009
Esercizi di sopravvivenza/4.
Poiché le cose ampie del mondo tutto sommato mi spaventano. Poiché se alzo gli occhi vedo una folta nebbia, una densa savana di cui non conosco le regole e in cui sono smarriti i punti cardinali, mi rifugio spesso e volentieri nell'infinitamente piccolo. Nel rifugiarmi nelle minuzie, che sento simili a me, ho piantato un quadrifoglio sul davanzale. Questo quadrifoglio non sembrava darmi soddisfazioni. Mi ricordava tanto quei semini di anguria o di albicocca che provavo a piantare da bambina e che non crescevano mai, come se la terra se li risucchiasse tutti nei suoi abissi per dispetto alla mia ingenuità e alla sfida alle sue leggi.
Invece questo quadrifoglio, dopo circa un mese di false speranze, oggi è nato.
Non è proprio nato, come si potrebbe immaginare. Non è spuntato un filo verde chiaro con le belle quattro foglie aperte. Si tratta piuttosto di una specie di pezzo di radice biancastra più simile a un verme che a un arbusto. Una presenza disordinata e disarticolata che ha scombussolato gli equilibri del piccolissimo vaso marrone poggiato su un piattino da caffé. Tuttavia è nato, è successo, vuol dire qualcosa.
giovedì 23 aprile 2009
Smontare la paura.
Ho sempre avuto paura dei figuranti che si insinuano nelle città a "coinvolgere" i passanti, dei pupazzi a misura d'uomo, dei trampolieri, dei pagliacci, delle mascotte, degli artisti di strada e più di ogni altra cosa dei mimi bianchi che se ne stanno tutto il giorno fermi immobili. Mi sembravano una folata gelida proveniente dall'aldilà. Un inequivocabile anticipo di morte. E invece poi ieri alle 15 spaccate nel centro di piazza castello ho visto uno di loro che si preparava. Era un ragazzo giovane con i jeans larghi e una magliettona a righe. Stava accovacciato per terra e intingeva il dito dentro una boccetta di colore bianco. Si dipingeva accuratamente la faccia che si riempiva di questa vernice sempre di più a ogni ditata. Lo guardava insieme a me anche un bambinetto piccolo che si è messo proprio di fronte a lui. Visto così, non mi faceva più paura. E ho solo pensato: speriamo che non si sciolga al sole.
mercoledì 22 aprile 2009
Sala d'attesa.
La sala d'attesa può essere l'anticamera della felicità oppure della disperazione. Non conosco altri luoghi più importanti e decisivi di questo. Qui si formano i destini, qui è la fabbrica del domani.
Ieri vado lì, in attesa di parlare con il dottor S. e prima di entrare in sala sento un inedito vociare. Incredula, mi sporgo e vedo che c'è una bambina con la sua mamma. Qui non si è mai vista una bambina: solo anziani sbofonchianti o finti giovani apprensivi (come me). Questa bambina invece ha 4 anni e legge a modo suo tutti gli opuscoli informativi: da Cosa fare per evitare gli incidenti domestici? a Parliamo di Stipsi! E poi conclude: Da grande voglio fare la dottoressa per guarire il cuore delle persone.
Ieri vado lì, in attesa di parlare con il dottor S. e prima di entrare in sala sento un inedito vociare. Incredula, mi sporgo e vedo che c'è una bambina con la sua mamma. Qui non si è mai vista una bambina: solo anziani sbofonchianti o finti giovani apprensivi (come me). Questa bambina invece ha 4 anni e legge a modo suo tutti gli opuscoli informativi: da Cosa fare per evitare gli incidenti domestici? a Parliamo di Stipsi! E poi conclude: Da grande voglio fare la dottoressa per guarire il cuore delle persone.
Ipocondria ipocondria.
La mia ipocondria mi ucciderà! Detto questo, mi dichiaro sollevata dallo scoprire che siamo in tanti.
Agli ipocondriaci consiglio la visione del film "Questioni di cuore" di Francesca Archibugi in presenza di un adulto.
Al cinema, dopo le prime inequivocabili immagini, ero infatti sul punto di alzarmi e fuggire a gambe levate. Tanto più che di questioni di cuore ormai me ne intendo e che di scene simili, ma più drammatiche, ne ho vissute in quantità. E così sono rimasta, pensando proprio a questo, al fatto che la mia realtà aveva già superato quella infausta fantasia. Ma, a sorpresa, ci ha pensato un "collega" di malattie immaginarie a movimentare un po' la serata.
Al grido di "C'è un medico in sala?!", ecco che scatta il panico. E sullo schermo corrono le peggiori fasi del film: quelle ospedaliere. Che coincidenza: il tizio si è sentito male proprio in quel momento.
Fortuna che dopo pochi minuti il soggetto pare essere miracolosamente guarito e tutti abbiamo potuto riprendere la visione del bel lungometraggio, stanchi ma felici.
Agli ipocondriaci consiglio la visione del film "Questioni di cuore" di Francesca Archibugi in presenza di un adulto.
Al cinema, dopo le prime inequivocabili immagini, ero infatti sul punto di alzarmi e fuggire a gambe levate. Tanto più che di questioni di cuore ormai me ne intendo e che di scene simili, ma più drammatiche, ne ho vissute in quantità. E così sono rimasta, pensando proprio a questo, al fatto che la mia realtà aveva già superato quella infausta fantasia. Ma, a sorpresa, ci ha pensato un "collega" di malattie immaginarie a movimentare un po' la serata.
Al grido di "C'è un medico in sala?!", ecco che scatta il panico. E sullo schermo corrono le peggiori fasi del film: quelle ospedaliere. Che coincidenza: il tizio si è sentito male proprio in quel momento.
Fortuna che dopo pochi minuti il soggetto pare essere miracolosamente guarito e tutti abbiamo potuto riprendere la visione del bel lungometraggio, stanchi ma felici.
domenica 19 aprile 2009
"A Dio piacendo".
Su una TV privata c'è il programma del cuoco Guerrino. Mio papà lo guarda e, a suo dire, impara le cose base. Anche se, dico io, non ha molto da imparare essendo mio papà da sempre un ottimo cuoco. Comunque questo cuoco Guerrino pare sia molto ruspante, non proprio un damerino. E si congeda dai suoi affezionati telespettatori con un bonario "A Dio piacendo, ci vediamo la prossima puntata!". Bello sognare Alain Ducasse, in questi giorni in Piemonte per un premio, o fantasticare sulle ricette di Ferran Adrià, o favoleggiare sulle ricette di Gualtiero Marchesi. Per non parlare del divino Paul Bocuse. Però lunga vita anche al bravo cuoco Guerrino.
venerdì 17 aprile 2009
Gioia trionfale.
"La prima testimonianza di gioia, addirittura di gioia trionfale secondo certi psicanalisti, il bambino la esprime davanti al volto umano. Ed è il sorriso".
Scene della Torino inquietante/6.
Questa mattina ho rivisto la donna con i lunghi capelli che fruga nell'immondizia. Questa volta si trovava in Via Monginevro, impegnata nel cassonetto di fronte al parrucchiere. Vedo che ha tirato fuori una macchinina per bambini celeste, di quelle un po' grosse che si trovano nelle uova di Pasqua. La guardava attentamente e la montava e smontava, probabilmente pensando al suo bambino, che oggi però non c'era, e a quando lui ci avrebbe giocato facendola correre su chissà quale pavimento.
martedì 14 aprile 2009
Pane e tulipano.
Vado a comprare il pane e torno a casa da mia mamma dove vedo sul tavolo della cucina, infilato in una bottiglia del latte di vetro mezza piena d'acqua, un grande tulipano bianco intento nell'aprirsi tutto verso la luce del mattino. Che bello, che bianco, che dolce!
Faber.
Consiglio a chi può di visitare la mostra dedicata a Fabrizio De Andrè allestita a Palazzo Ducale a Genova fino al 3 maggio.
Forse un po' troppi i feticci superflui, ad esempio un'impietosa pagella dove si vede che a scuola non andava bene anzi era scarso, con buona pace dei professori e sospiri di sollievo degli adolescenti accorsi in massa il giorno di Pasquetta. Bella invece la sala con la sua biografia scritta sulle pareti. Dove ho scoperto, nella mia immane ignoranza non lo sapevo o forse lo avevo dimenticato, che il grande Faber era di origini piemontesi, papà torinese e mamma non ricordo più ma anche lei di qui. Ho scoperto che era cresciuto nell'astigiano e che i primi tempi a Genova si sentiva parecchio il suo pesante accento sabaudo. Avevo passato le ore prima della visita a rimproverare mestamente e mentalmente la mia nobile terra di non aver saputo produrre un grande artista come lui, e invece...
Comunque: una mostra molto istruttiva su un periodo storico vicino ma dimenticato, su un panorama musicale ricchissimo e fondamentale per tutti noi che siamo nati troppo tardi, negli anni ottanta, e che al momento della sua morte ci affacciavamo appena appena alla vera vita adulta. Per tutti noi che eravamo lì a Genova nell'oscurità, nel brusio infinito, nelle canzoni che ormai ci stanno dentro come fossero sacchetti supplementari di sangue, come organi interni, come muscoli inutilizzati che tuttavia si riattivano quando ne abbiamo bisogno e nella trama fitta delle sue amare corde vocali che risuonavano da ogni punto cardinale del museo, per noi che lì seduti per terra a naso in sù a sentirlo parlare della guerra e degli ultimi ci siamo sentiti per un secondo delle povere piccole privilegiate anime salve.
domenica 12 aprile 2009
Buona Pasqua.
La Pasqua è un momento felice di riflessione e di rinascita. Ripensando al suo senso più profondo, auguro a chi legge serenità e una giornata ricca di affetto.
Scacco Matto.
Eccomi qua, una faccia sfocata
un riccio senza spine, un bocciolo
senza rosa.
Eccomi qui, contro il muro freddo,
ecco il cavallo a elle
ecco l'altro a elle rovesciata
lo sento fiatare e sbuffare sul mio collo
senza problemi.
Ecco l'alfiere che mi punta al fianco
e mi trafiggerà, ecco suo fratello che mi uccide.
Ecco le torri gemelle che mi crollano sulla testa.
Ecco la regina. Che come sempre vince lei vince lei vince lei.
E poi eccolo lì, il pedone, il PAWN, il pavido
che anche lui nel suo nulla mischiato col niente
mi saprà mangiare come vuole.
Sono il re femmina della fine.
sabato 11 aprile 2009
Scene della Torino inquietante.
L'altro giorno verso le undici del mattino in corso Trapani una donna dalla lunga treccia castana frugava in un cassonetto dell'immondizia. Smistava i rifiuti per capire cosa potesse servirle. Poco distante stava il suo bambino. Avrà avuto quattro o cinque anni e la guardava impalato e paziente. E lei spulciava e spulciava e il tempo era dilatato e non passava più. E il mio sguardo rapidissimo, la mia occhiata di meno di un secondo mi è sembrata eterna per la vergogna che ho provato per lei e per la colpa del mio sguardo che violava la miserabile segretezza della sua esigenza del procurarsi qualcosa lì dentro che neanche lei sapeva bene cosa. E a vedere quel bambino ho pensato: Ah è questo l'amore per una mamma. L'amore incondizionato, la religiosa attesa della mamma. L'attesa della mamma e dei suoi operosi indaffarati impegni quotidiani. Mi sono ricordata in quel momento di quando la mia di mamma mi preparava il purè o la pasta al pomodoro. O al negozio di scarpe Bamby mi comprava i mocassini o le paperine o le scarpette da ginnastica. Mentre la donna con la treccia raccattava bucce e soprammobili sporchi di quartordine. Non voglio arrivare a nessuna conclusione, dire niente di significativo, esprimere nessun concetto degno di essere commentato o contestato, non cerco nessuna risposta, nessuna polemica, nessun giudizio particolare o educativo. Ho solo voluto raccontare ciò che ho visto l'altro giorno con i miei occhi e poi cosa ho anche visto nella scatola nera dei miei ricordi. Niente di più niente di meno.
martedì 7 aprile 2009
Conoscere l'Endometriosi.
Ho scritto Endometriosi in maiuscolo perché si tratta di una malattia quasi sconosciuta cui bisogna invece dare molta importanza. L'ENDOMETRIOSI colpisce molte donne che combattono contro di lei in silenzio per la vita. Metto questo link in favore di chi vorrà saperne di più. Vi prego, leggetelo.
http://www.deltanews.it/primopiano/aprile09/010409.htm
lunedì 6 aprile 2009
Lutto.
La tragedia del terremoto in Abruzzo è grave e le vittime sono cresciute a dismisura in queste ore. Non ci sono altre parole, solo silenzio. L'unica speranza: la bambina che è nata in ambulanza proprio questa notte durante le scosse.
Terremoto in Abruzzo.
Questa mattina mi è crollata in testa la struttura intera della piccola doccia di casa. Tutti i bracci che reggono la tenda, la tenda stessa e pezzi di muro bianchi e rossi: tutto sulla mia testa, senza una ragione precisa. Contemporaneamente è finita l'acqua calda. Così mi sono ritrovata a fare la doccia gelida in mezzo a quelle che nella mia idiozia mi sembravano piccole macerie domestiche. Ho provato disagio e fastidio e sono uscita di casa con questa brutta sensazione. Quando poi ho visto la tragedia che ha colpito l'Abruzzo questa notte sono rimasta senza parole. La mia disavventura mi è sembrata una grazia ricevuta e il cuore mi si è riempito di angoscia e di pena per tutte le vittime del terremoto. In questi momenti si cerca di capire come poterli aiutare e poi non si può far altro che pregare per loro.
venerdì 3 aprile 2009
"Amore mio infinito".
Iniziano le commemorazioni per il decennale della morte di Giulio Einaudi. Dichiaro qui pubblicamente il mio amore totale, infinito, spassionato per tutti i suoi libri. Un amore eterno, che non ricordo più quando è iniziato e non voglio sapere se finirà. Un amore coltivato in segreto, nelle infinite ore di lettura. Negli infiniti riverberi della luce bianca di gran parte delle copertine.
giovedì 2 aprile 2009
Che bello!
Che bello: qualcuno è arrivato a questo blog grazie alla chiave di ricerca :"scene inquietanti"...cosa posso chiedere di più dalla vita?
All'ospedale/2.
Uscite caracollando fuori da ostetricia e ginecologia, decidiamo di prenderci un toast al bar dell'ospedale. Tutto illuminato, colorato e brulicante di camici bianchi e celesti: mette allegria. Al tavolino di fianco a noi ci sono due donne: una con il velo, l'altra senza. Guardano un'ecografia: una delle due aspetta un bambino. A un'occhiata più attenta vedo che quella con il velo è un po' più grande, potrebbe essere la sorella maggiore o la mamma dell'altra, quindi è quella senza velo a essere incinta. Questa giovane donna incinta ha le guance rosa e dei capelli neri bellissimi. Un sorriso costante sulla faccia, i jeans nuovi e una borsa a tracolla Jansport. La donna con il velo è al telefono: scherza e ride continuamente nella sua lingua. La ragazza incinta mi dice:
- "E sono quasi più contenti loro di me!"
Quando si alza ha proprio una pancia grossa e se ne vanno sorridendo e camminando vicinissime e veloci.
Restiamo mia mamma e io, perse nella spremuta d'arancia a guardare le gocciolone di pioggia che rigano le grosse finestre del bar. Poi ce ne andiamo anche da lì. Schivando i lettini di anziani signori con le flebo e le coperte di lana tirate su fino al mento. Vicino alla fermata dell'autobus c'è un praticello dove i passerotti, quelli piccolissimi beige, saltellano vicino a certi funghi maturi che verrebbe voglia di raccogliere. Al capolinea, un ragazzetto slavato con i colpi di sole ascolta a volume altissimo "Le cose che non ho" dei Subsonica.
- "E sono quasi più contenti loro di me!"
Quando si alza ha proprio una pancia grossa e se ne vanno sorridendo e camminando vicinissime e veloci.
Restiamo mia mamma e io, perse nella spremuta d'arancia a guardare le gocciolone di pioggia che rigano le grosse finestre del bar. Poi ce ne andiamo anche da lì. Schivando i lettini di anziani signori con le flebo e le coperte di lana tirate su fino al mento. Vicino alla fermata dell'autobus c'è un praticello dove i passerotti, quelli piccolissimi beige, saltellano vicino a certi funghi maturi che verrebbe voglia di raccogliere. Al capolinea, un ragazzetto slavato con i colpi di sole ascolta a volume altissimo "Le cose che non ho" dei Subsonica.
All'ospedale/1.
Siamo in un noto ospedale cittadino per una visita fisiatrica di routine. Dopo la visita, già con le giacche e le sciarpe legate al collo, scopriamo di avere bisogno di cercare una toilette e così capitiamo per caso nel primo reparto comodo: ginecologia e ostetricia. Terminate le nostre operazioni velocemente, mia mamma e io percorriamo in fretta il corridoio, perché già ci era stata aperta la porta con riluttanza e in via eccezionale e solo a causa della reale emergenza. Nella nostra folle corsa a testa bassa abbiamo però il tempo di vedere una giovane coppia camminare al nostro fianco. Lei ha un velo marrone in testa e la panciona che sbuca dal piumino abbottonato a fatica. Lui è un uomo molto alto. A un certo punto li ferma un'infermiera e chiede:
- "Cosa ci fate voi qui? Vestiti? Perché la signora ha la giacca per uscire?"
- "Andiamo via"
Risponde lui.
- "Ma chi ve l'ha detto?"
- "Nessuno"
- "La signora deve essere ancora visitata"
- "Io ho deciso che andiamo via"
Mah, noi ci siamo fermate per un istante a guardarli impalate e non abbiamo capito. Ad esempio io non ho capito se la coppia avesse paura di qualcosa in particolare, forse di essere denunciata dai medici. Ma ciò non era possibile, perché all'ingresso del reparto c'era un bel cartello scritto grande e in rosso che diceva che gli operatori di quel reparto non avrebbero mai denunciato gli stranieri.
- "Cosa ci fate voi qui? Vestiti? Perché la signora ha la giacca per uscire?"
- "Andiamo via"
Risponde lui.
- "Ma chi ve l'ha detto?"
- "Nessuno"
- "La signora deve essere ancora visitata"
- "Io ho deciso che andiamo via"
Mah, noi ci siamo fermate per un istante a guardarli impalate e non abbiamo capito. Ad esempio io non ho capito se la coppia avesse paura di qualcosa in particolare, forse di essere denunciata dai medici. Ma ciò non era possibile, perché all'ingresso del reparto c'era un bel cartello scritto grande e in rosso che diceva che gli operatori di quel reparto non avrebbero mai denunciato gli stranieri.
Era una notte buia e tempestosa.
- Era una notte buia e tempestosa...
...
...
- Il mio nuovo romanzo va male.
(Snoopy)
...
...
- Il mio nuovo romanzo va male.
(Snoopy)
mercoledì 1 aprile 2009
MIMO.
Alla benemerita Fondazione che si occupa delle persone afasiche e che si prende cura della mia famiglia da più di un anno, c'è da qualche settimana un corso di MIMO che mia mamma e io frequentiamo con profitto! Dopo la iniziale diffidenza ho capito quanto sia divertente il mimo. Tutto merito del maestro, che è anche un grande clown. Inutile dire che tutti ridiventiamo bambini. Anche la signora S. che oggi festeggia 87 anni.
Passettini.
Quando ero adolescente mi chiedevo svagatamente tra una cosa e l'altra fatta in fretta e male perché gli anziani, specialmente le nonne, camminassero a passettini strisciando le pantofole. Oggi lo sto capendo. Vago per la casa con i miei crocs dozzinali comprati al mercatino di Finale Ligure per 5 euro e capisco il significato dei passettini. Per prendere la scopa e la paletta sul balcone dopo mangiato ad esempio devo fare dei piccoli passettini scansando il tappetino, lo stenditore perennemente sovraffollato e la pianta d'appartamento. Per tirare fuori i panni dalla lavatrice devo incastrarmi tra il frigo e il lavandino e servono piccoli passi contati. Per rifare il letto infilandosi nello spazio vuoto del comodino servono piccoli passi misurati. Mi avvicino a grandi falcate alla terza età!
Iscriviti a:
Post (Atom)