Non ricordavo o forse non ci avevo mai fatto caso ma Torino in questi giorni di agosto è un deserto. Una terra dura e desolata. Sono scappati via tutti, restano poche anime e queste poche anime sono afflitte da piccole o grandi preoccupazioni. Qualcuno è qui per lavorare, la maggioranza perché non ha abbastanza soldi per andare in vacanza. Ad esempio, gli abitanti delle clinica San Paolo, molti ancora in attesa, immagino, di trasferimento nel più altolocato quartiere Borgo Po, se ne stanno gran parte della giornata appollaiati sulle pensiline di Corso Peschiera a guardare il muro della clinica e il rado e lentissimo via vai di autobus e poche automobili. Qualcuno si spinge fino al tabaccaio. E mentre allunga la mano per pagare si vedono le cicatrici grosse e massicce di chissà quali torture subite in Darfur. Altri vanno a lavarsi nei bagni pubblici di Via Luserna di Rorà. E poi si siedono alla fermata del 42 e del 33. Molti salgono sull'autobus, non so dove sono diretti.
Oltre a loro ci sono ben pochi negozianti costretti ai lavori forzati, escono in strada a fumare una sigaretta sbigottiti e avvolti in un sonno che dura tutta la giornata. Qualche gatto randagio e spennacchiati piccioni arrostiti dal sole. La luce intensa mostra tutta la città nelle sue più vaste proporzioni, ne illumina gli angoli più oscuri. Il caldo opprimente appiattisce i cuori e le coscienze. Sembra proprio un incubo dal quale risvegliarsi. Il privilegio di assistere in silenzio al silenzio dei luoghi abbandonati.
Oltre a loro ci sono ben pochi negozianti costretti ai lavori forzati, escono in strada a fumare una sigaretta sbigottiti e avvolti in un sonno che dura tutta la giornata. Qualche gatto randagio e spennacchiati piccioni arrostiti dal sole. La luce intensa mostra tutta la città nelle sue più vaste proporzioni, ne illumina gli angoli più oscuri. Il caldo opprimente appiattisce i cuori e le coscienze. Sembra proprio un incubo dal quale risvegliarsi. Il privilegio di assistere in silenzio al silenzio dei luoghi abbandonati.
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