lunedì 17 maggio 2010

Domani è un altro giorno di scuola.

E finalmente capita l'occasione di rispolverare questa rubrica sulla scuola - in collaborazione con la mia amica Rossella, alla quale tengo molto (alla rubrica e a Rossella ovviamente:). Questo piccolo spazio libero si mette al servizio del mondo della scuola, perché è chiaramente lì che affonda le radici il nostro futuro.

Ricevo e pubblico integralmente e senza cambiare una virgola questa lettera aperta indirizzata ai presidi da parte del CPS Napoli (Coordinamento Precari Scuola).

E aggiungo un link di informazioni e di progetti utili. Qui.

Lettera ai presidi del CPS Napoli

08/05/2010 - 07:03
inviato da Brunello Arborio - Illustrissimi Dirigenti, Illustrissimi Superiori, non c'è ironia né sarcasmo nei termini con cui Vi appelliamo, ma solo la presa d'atto di una conversione che avete unanimemente intrapreso e condotto a termine senza opporre resistenze e senza resipiscenze. Si tratta del passaggio "iniziatico" dal ruolo di fautori e garanti di processi culturali e formativi al ruolo di promoter, gestori di fondi e procacciatori d'affari dell' "azienda-scuola".
Non vogliamo innescare una sterile e retorica contrapposizione tra alti "valori umanistici" e vili "assiomi mercantilistici": vogliamo solo contestare - avallati dalle esperienze vissute e dall'evidente regresso registrato a tutti i livelli dell'attività scolastica a partire dalla stagione della "autonomia" - l'applicazione impropria ed indebita di tali idealità e pratiche alla scuola, che presenta peculiarità relazionali e statutarie tali da escludere aprioristicamente ogni appiattimento sul modello del "servizio" da rendere, con conseguente valutazione dell'impatto economico in entrata e in uscita, soddisfazione dell' "utenza" e gratifica per i sottoposti "meritevoli", cioè per quelli che abbiano meglio saputo prosternarsi di fronte alle pretese del cliente.
Inutile cercare di raggirarci o di persuaderci che sono la nostra scarsa preparazione, il nostro presunto "passatismo" o la nostra altrettanto presunta ignavia ad acuire la sensazione di allarme: è sotto gli occhi di tutti, infatti, che la scuola si è ridotta a un diplomificio squallido e livellante perché è stata costretta a mutare radicalmente le sue priorità, ponendo al vertice delle sue preoccupazioni non più l'educazione e l'istruzione libera e seria dei giovani, ma la capacità di far quadrare i conti e risparmiare soldi pubblici.
Virtuosa, prima dell'autonomia, sia pur con tutti i suoi limiti, era la scuola capace di selezionare su base culturale studenti di tutte le classi sociali e di proiettarli nella dimensione di quel pensiero critico stucchevolmente richiamato ad ogni pie' sospinto dalle recenti circolari ministeriali, ma de facto vilipeso e annichilito.
Oggi, invece, la scuola "virtuosa" è quella che, entrando ansiosamente in competizione con le altre "agenzie formative" sappia allettare il maggior numero possibile di studenti con la promessa di promozioni facili e la proposta di attività devolute allo scopo di radicare nel sentire dei nostri viziosi e viziati rampolli l'idea che lavoro e impegno sono per i fessi, i poveri e gli immigrati e che la loro "preziosità" consiste semplicemente nell'esistere in quanto fattore economico che stabilizza un sistema perverso, non in quanto individui che si preparino a dare il loro contributo.
Bullismo e violenza, sessismo e desensibilizzazione morale, indisciplina e ignoranza abissale, sgomento e impotenza crescenti nel corpo docente, mortificato ed esautorato, sono il prodotto di quest'esiziale politica scolastica, di questa vergognosa equiparazione del processo di crescita intellettuale e umana al vantaggioso piazzamento di una merce avariata, spacciata per buona, sul grande
mercato che ci fagocita.
Redigiamo il presente documento perché vorremmo comprendere le ragioni che hanno indotto Voi Dirigenti ad una tanto pavida pronità nei confronti di una proposta capace di evellere tutti gli
statuti pedagogici e deontologici contemplati e ritenuti imprescindibili dalla scuola quando non era ancora stata degradata a "servizio", quando era ancora una nobile "istituzione".
Leggiamo stupefatti e indignati, nelle bacheche delle nostre scuole, documenti da Voi emessi che trionfalisticamente inneggiano al passaggio della scuola "dalla logica dell'adempimento a un sistema di organizzazione devoluto all'erogazione di un servizio nell'ottica della rendicontabilità sociale".
Tali espressioni ci appaiono ridicole e deliranti. Ancor più delirante troviamo sia la spudorata pretesa di presentare come confortante ed esaltante salto di qualità una transizione che agli occhi di chiunque abbia senno appare come un mostruoso regresso.
Come avete potuto abbandonare l'ottica dell'adempimento, cioè del dovere morale, civile e culturale di costruire e dotare le menti delle generazioni future, per abbracciare quella, spregevole e fintamente adiafora, della "rendicontabilità sociale"?
Luciano Canfora ha individuato nella cooptazione a livello ideologico-propagandistico dei docenti di Lettere Classiche la ragione principale del facile proselitismo del regime fascista. Il becero riuso funzionale del passato imperiale di Roma, infatti, faceva sì che questi cultori di lingue "morte" si sentissero detentori di un sapere che, finalmente, con la dittatura, entrava nel circuito del potere.
A noi docenti pare che la storia si stia ripetendo, solo che stavolta siete Voi ad essere stati ammaliati dalle sirene del potere politico, il quale, senza difficoltà, Vi ha indotto a ritenere che è più qualificante essere "manager" che intellettuali, che è meglio vessare che ascoltare, meglio imporre che collaborare, meglio blandire e raggirare che dialogare.
Noi ravvisiamo, in questo trapasso, il segno di una grave defezione etica e professionale.
Vogliamo che Vi assumiate la responsabilità di ammettere che Vi siete lasciati sedurre da un modello autocratico e verticistico di gestione della scuola, che avete sacrificato la professionalità dei docenti, la "tenuta culturale" della società, la continuità del dialogo inter e intragenerazionale, sull'altare del marketing e di un'inammissibile "competitività", convinti o persuasi che nell'adozione di quello
stolido formulario che scimmiotta malamente il lessico della finanza fosse la chiave della "modernizzazione" del Vostro ruolo.
Avete traghettato la scuola dal dovere morale al profitto economico, dalla crescita spirituale alla partita doppia, dall'amore alla prostituzione. La scuola era un riequilibratore sociale: è ridotta, ora, ad un setaccio a maglie larghe, dove passa solo la crusca dell'arroganza, dello snobismo, dell'opulenza ottusa, ostentata o millantata.
Vi invitiamo, ora che la misura è colma, ora che le vite stesse di centinaia di docenti appassionati e propositivi vengono cancellate con un colpo di spugna; ora che le famiglie sono chiamate a procurare le suppellettili e i materiali scolastici; ora che la corrività del sistema si è ritorta contro la società, a dirci chiaramente DA CHE PARTE STATE e, eventualmente, a pronunciare un PRIMO secco e coraggioso "NO!" alle nuove, folli disposizioni ministeriali, tese a smantellare la scuola pubblica e a sancirne la definitiva cancellazione.
E non tirate fuori il vieto argomento dell' "obbedienza agli ordini che vengono dall'alto". I gerarchi nazisti usarono e usano ancora lo stesso sordido alibi ad ogni processo per i passati eccidi compiuti. Non funziona. Non Vi giustifica. Non basterà ad assolvervi.

2 commenti:

rossella ha detto...

Grazie Noemi, sei preziosa.

Un abbraccio grande,
Rossella

La parola di oggi è: unetabat

noemi ha detto...

Grazie a te Amica :)