giovedì 18 novembre 2010

Crystal.

Era molto preoccupata. Forse perché non sapeva bene l'italiano. Ma era sicura che qualcuno avesse inventato fatti mai accaduti sul suo conto. Piangeva per questo. Non sapeva come reagire, si sentiva sconfitta. Trovava il carattere di quelle parole inventate sul suo conto crudele, micidiale e gratuito. Come solo il male più puro e incontaminato. Solo la ferocia delle bestie che sbranano le proprie prede nei documentari l'aveva spaventata a quel modo. In più sapeva che nessuno le avrebbe mai creduto. Chi avrebbe creduto, del resto, a una come Crystal. Il suo nome diceva molto: fragile come il cristallo. Era così evidente. Parte del suo tempo Crystal lo dedicava a pensare a come smentire quelle parole. E a capire il motivo di quegli attacchi, dal momento che lei, invece, aveva mantenuto il riserbo totale, e preferiva più che poteva dire bene degli altri, o non dire affatto. Aveva le prove invece che per alcuni esseri umani o subumani non valeva lo stesso principio. A queste persone pareva giusto, e consentito per diritto, e legittimo dire cose offensive sul suo conto, in sua assenza, o non vere. Non vere, era questo che la ossessionava, mordendosi le labbra. Ma dopo molte riflessioni la sua mente fragile si stancava. Cedeva. Le sue energie di guerra non erano mai potenti come quelle del suo presunto nemico. Perché non riteneva sensato poi avere un nemico. A un certo punto le sfuggiva tutto. E ripensava a quella vecchia frase che le aveva detto non sapeva più chi una volta sull'aereo: "la verità in tutte le sue forme emerge di sicuro, può impiegarci solo molto tempo ma la certezza di tale emersione è assoluta e matematica". Ah ok. Si consolava. Cercava solo un modo per uscire, libera, da quella prigione.

Nessun commento: