Quando si dice, tempismo perfetto. Lui usciva dal portone, verso le nove, io passavo, puntuale senza ombrello ma con quella pioggia-vapore che imperla la giacca e i capelli. Lui con la sigaretta, io con il croissant. Lui lento, io veloce. Ah. Non se l'aspettava. L'altra volta mi aveva guardata male. Come per dire "cambia strada", ma, certo, in senso metaforico, perché in realtà non ci siamo scambiati che una parola in tutto questo tempo. O meglio io gli ho detto solo una parola in ormai più di due anni, cioè buongiorno, e basta. Aveva il cappello infeltrito da baseball oggi, ma era in camicia: con questo freddo, lui si accontenta della camicia a quadrettoni bianchi e grigi. E poi i mocassini. Che ho scoperto essere un mix tra scarpe e pantofole, le ciabatte-mocassino (!). E cosa c'era da guardare oggi? Niente. Un cane che tirava al guinzaglio, una tata peruviana con il passeggino, gente che correva al lavoro distrattamente, calcando il cemento rivestito di foglie. Lui ancora e sempre lì, a presidiare il portone. Continuo a pensare che questo signore sia diverso da tutti gli altri. Ha una luce negli occhi, sulla pelle, che lo rende simile a un elemento della natura, mi fa l'effetto di un fiume o di una pianta di arance.
4 commenti:
Pensa se il signore di Corso Trapani ti legge qui nel tuo angolino virtuale?? E magari sta pensando "...ma sono io? Sta parlando di me???".
Baci baci
@Elena: hehe sai che ci ho pensato tante volte? E quando lo vedo mi sembra che "sappia" ma ovviamente è suggestione!!!
Le descrizioni del Signore di Corso Trapani mi riscaldano proprio. Un giorno o l'altro passerò di lì apposta per vedere se lo riconosco. ;)
hehe Marta, grazie :) secondo me anche lui sarebbe felice di conoscerti ^_^
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