martedì 30 novembre 2010
lunedì 29 novembre 2010
My Favorite Things.
Il lunedì è tale per cui può servire elencare le proprie cose preferite: bella frase, no? :)
E allora vado:
1) i cd. Ripensandoci: i cd! perché a volte ce li stiamo proprio dimenticando un po' tutti...
2) i pennarelli. Vorrei dire anche gli Uni Posca, ma non ne vedo uno dai primi anni Novanta, esistono ancora?
3) gli scacchi. In particolare: i cavalli e la regina.
4) tutti i super gadget tecnologici che iniziano con la iQualcosa che al momento - ma solo temporaneamente eh! - non mi posso permettere :P
5) le borse di stoffa fashion con il logo dei festival, dei saloni, delle fiere, di quelle belle cose che ti danno senso di appartenenza.
6) Ikea. E tutto ciò che di svedese in essa è contenuto.
7) gli annaffiatoi e le cazzuole (in generale i piccoli utensili per le piantine da appartamento).
8) le agende.
E voi e voi e voi?
Buon lunedì a chi passa da queste parti (sì, anche a te anonimo che sei capitato qui cercando su Google "piumone tigrato", grande!, ti voglio già un po' di bene ^^).
domenica 28 novembre 2010
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
Nevica*! E questo libro (p.s. the tazzina is in) è come un fiocco di neve. Delicato, solitario, bianco, incontaminato.
Si tratta di Guanciale d'erba, pubblicato da Neri Pozza nel 2001. L'autore è Natsume Soseki (1867-1916), giapponese. Scrive questo piccolo gioiello a trent'anni: la storia di una passeggiata in montagna, perfetta per una giornata come oggi.
Partiamo con lui:
"Salivo per un sentiero di montagna, e riflettevo".
E riflettiamo sull'arte, sul ruolo dell'artista tra gli altri uomini, sulla natura, sul tempo, sulla follia, sull'amore, sulla poesia, sulle magie della narrazione, sul racconto. Nel suo risvolto di copertina c'è un paragone calzante con La passeggiata di Robert Walser, (Adelphi) ma a me viene in mente anche Vagabondo in Irlanda di John M. Synge (Mattioli 1885), ovvero un viaggio curioso e temerario nell'ignoto, a occhi aperti e orecchie tese ad ascoltare i suoni e le voci della vita. Ed è affascinante entrare e uscire come da un labirinto nipponico da tutti i tentativi e ragionamenti di questo grande scrittore, camminare con lui per sentieri orientali. Dove le cose si misurano in cho e ken. E osservare tutto accadere come in una rappresentazione di teatro no.
A ventun'anni, quando ho comprato il libro, avevo sottolineato un po' di frasi a effetto, ma adesso, coetanea della voce narrante, sento davvero le parole, come fosse la prima volta:
"Dopo vent'anni di vita ho capito che vale la pena abitare sulla terra. A venticinque anni ho intuito che la luce e l'ombra sono i lati opposti della medesima cosa, che il luogo illuminato di sole viene sempre raggiunto dall'ombra. Ecco ciò che penso ora, a trent'anni: più profonda è la gioia più intensa è la tristezza, più grande è il piacere più acuta anche la sofferenza. Se si tenta di separarli si perde se stessi. Se si prova a disfarsene crolla il mondo".
In una parola: la contraddizione. Non so se questa verità potrà valere per tutti e per sempre. Però adesso penso che in effetti crolla tutto, se perdi le emozioni, anche quelle dolorose, che si vestono di un improvviso senso rivelatore. Che sono una chiave che apre porta dopo porta dopo porta in un'inondazione di luce che non avevo previsto neanche in sogno.
Comunque la passeggiata non è proprio finita, anzi è appena iniziata.
Buona lettura a tutti :)
* neve torinese.
sabato 27 novembre 2010
Wish Tree.
Quindi è ancora sabato, qui a Torino c'è un sole giallissimo e fresco! Capisco che è di nuovo tempo di desiderare, ed ecco allora che scelgo i tre foglietti, la matita e:
1) NIENTE PANICO.
2) desidero essere degna di fiducia.
3) desidero un mondo in cui nello stesso periodo Paul Auster, Ian McEwan, Bret Easton Ellis, Franzen e Murakami pubblicano un libro nuovo di zecca (hey, ma sta succedendo veramente!)
3bis) desidero continuare, come quelle macchine in salita, che sembra sembra, ma poi alla fine ce la fanno.
E i vostri wishes?? Li lego ai rami del tree insieme ai miei.
Volevo dirvi anche che qualcuno si avvera: ed è quello che auguro a chi passa di qui: desideri avverati per il fine settimana :)
giovedì 25 novembre 2010
Caffè.
Pausa caffè e guardo la mia casa, guardo i suoi mini-rumori segreti, a volte penso che il traffico di fuori sia il mare, perché è lento e senza fine come le onde azzurre.
Dove e come si sposta la luce a ogni ora. E come e dove si spostano le costellazioni dentro di me. A ogni ora più o meno corrisponde un pensiero e un desiderio. Ad esempio nel tempo di una tazzina di caffè c'è anche un'esplosione di futuro, come chi costruisce un muretto e vede solo mattoni e poi va in pausa e alza la testa e lo vede formarsi e capisce che quei continui gesti ripetitivi e inutili erano il muretto, erano il suo lavoro. Il senso delle cose qualche volta bisogna ricordarselo, qualche volta è un impegno in agenda come un altro. Qualche altra volta invece è lui stesso, il senso, il significato a entrare di prepotenza dalla tua finestra, ed è una cosa gialla e luminosa. E ti stana, ti punta il dito contro e ti dice: tu, proprio tu, in questo momento preciso tocca a te dire, fare, stancarti ed essere felice.
mercoledì 24 novembre 2010
Light.
La luce di novembre è leggera, è diversa da qualsiasi altra, in giornate come questa in cui le scocche della auto brillano in fila come sorrisi e a sinistra si vedono i picchi delle montagne innevate. Torino sa fare questo, e parla con il suo luminoso silenzio, le sue promesse sicure di freddo protetto da una carta velina di sole, di scintille.
L'amore sboccia un po' alla volta. L'amore per Torino è una cosa quieta e insieme ferma, come scartare un gianduiotto :) E vorrei imparare dalla mia città la calma mentre tutto scorre. E intanto quel vascello, di ieri, l'altro ieri, è sempre lì immerso nel suo mare. Procede caracollando, sferragliando sul cemento. L'amore sboccia piano, e quando succede però è sempre all'improvviso, e la sensazione è chiara come un bicchiere d'acqua quando si ha molta sete.
E Torino è così, in effetti. In giorni come questi è un bicchiere d'acqua cristallina.
martedì 23 novembre 2010
Esercizi di sopravvivenza.
Guardare dalla finestra. Pare che sia una metafora per dire: osservare il mondo. Ma in questo esercizio aggiungerei in realtà: fuori dalla propria finestra. Compiendo forse un balzo logico che fa svaporare lo stretto equilibrio della metafora. Comunque: guardare dalla propria finestra e pensare che, qualsiasi cosa ci sia, è la tua finestra. Ecco tutto questo giro per dire che a volte, se capita di sentirsi svaniti e di domandarsi il senso di sé e delle cose, può essere utile guardare dalla finestra. E scoprire il valore di ciò che si vede.
Quanto a me, vedo questo. Nelle immagini scattate ieri al tramonto. Vedo una specie di vascello urbano che sotto un cielo di fumo rosa prosegue ondeggiando nella sua tortuosa rotta verso mete inesplorate.
lunedì 22 novembre 2010
My Favorite Things.
Ed è di nuovo lunedì! Ritorna la rubrica My Favorite Things.
:)
Ecco cose che mi piacciono questa settimana, alcune sono vive!
Ad esempio:
1) i fiori: ma non tutti i fiori. Solo alcuni. Le rose, perché hanno un nucleo profondo e nascosto. E poi i fiori piccoli che crescono spontanei nelle strade anche di città.
2) le tazzine. Mi danno sicurezza, presuppongono convivialità e mi sembrano il perfetto prolungamento delle mani, come le penne e le matite.
3) i disegni. Ciò che in un disegno si può capire in un istante, quell'effetto che travalica le parole.
4) le parole. Più passa il tempo, più mi accorgo che le parole hanno potere sul corso degli eventi della vita, sono in grado di cambiare lo stato d'animo, e a volte anche il destino delle persone. Fanno bene, fanno male, sono importanti, sono gli strumenti dell'anima, dei sentimenti, del progresso. E mi accorgo anche del valore del loro contrario, cioè del silenzio.
5) i taccuini. Per contenere parole e disegni.
6) i blog. Come per i fiori: non tutti i blog, ma quelli che ti fanno venire voglia di tornarci il giorno dopo per vedere cosa è successo!
7) il piumone: il rumore quando ti giri nel letto.
8) le noci.
E le vostre things?
Buona settimana, spero che sia il più possibile bella per tutti.
domenica 21 novembre 2010
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
Ciao. La tazzina è al suo posto, the little cup is on the book. E vorrei solo dirvi che questo post è dedicato a il pescetto, una blogger che ringrazio tanto per avermi a sua volta dedicato una "bolla" (cliccare per credere) :) perché, come scrive lei stessa, "fare bolle è un'occupazione serissima" e io sono d'accordo!
E ora la lettura. Mi pare che per Miranda July si possano sfoderare le tre S: simpatica, sensuale, serissima (e tutto torna). Ma a volte è più che sensuale: è proprio sexy, ed è forse più che simpatica: è ironica ed è più che seria, è profonda. E, e, e detto ciò: leggendo Tu più di chiunque altro, editore Feltrinelli, vi trovate in un mondo ai confini con il reale, come sembra essere anche la sua autrice, un folletto venuto da chissadove. Di lei però sappiamo che è anche attrice, musicista e regista. Un'artista, come si suol dire, a 360 gradi. Che sono gli stessi su cui vi troverete a roteare in questa raccolta di racconti, dove può succedere davvero di tutto. Questo libro risale al maggio 2007, per me ha, col senno di poi, un significato: comprarlo è stata l'ultima cosa "spensierata" che ho fatto, prima di un periodo particolarmente complicato. Ritrovarlo oggi è stata allora una doppia sorpresa. Il tempo passa, le cose possono migliorare per tutti. Può davvero succedere.
Stava in un angolino e adesso rispunta fuori con cuori e stelline in copertina. Lo vedo come un buon auspicio. E in ogni caso sarà sicuramente, lo spero per chi lo vorrà, una buona lettura!
:)
sabato 20 novembre 2010
Wish Tree.
Ciao! Oggi è la Giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. "Per diventare uomini e donne bisogna poter essere prima bambini", lo ha scritto Rita Borsellino. Che ha aderito anche all'iniziativa spontanea su facebook di cambiare la propria immagine del profilo con quella di un cartone animato. Lei ha utilizzato l'immagine* di un cartone tratto dalla vita di suo fratello e di Giovanni Falcone. E poi ha aggiunto in una nota che "i bambini dovrebbero poter guardare il mondo a colori, come in un fumetto, ma purtroppo non è sempre così, e i perché sono sotto i nostri occhi ogni giorno".
Allora pensavo di utilizzare oggi il wish tree per esprimere desideri in favore dei bambini. Prendo tre cartoncini colorati:
1) desidero che i bambini siano rispettati come persone.
2) desidero che i bambini si sentano al sicuro e imparino la fiducia negli altri.
3) desidero che i bambini si sentano liberi di esplorare il mondo intorno a sé, che abbiano i propri spazi, che gli asili specialmente siano per loro luoghi degni e sani.
Ok. Speriamo. Ora li lego ai rametti. E buon sabato a chi passa di qui. E a tutti i bambini che siamo stati.
:)
* questa!
venerdì 19 novembre 2010
Sandro Veronesi su Indie Riviera!
Spero che possiate iniziare il week end con un libro che colpisce con una potenza e una saggezza da lasciarvi proprio stupiti, senza molte parole a disposizione. Si tratta di XY. Di Sandro Veronesi, editore Fandango. Su Indie Riviera trovate i miei pensieri al riguardo.
Dentro XY c'è tutto quello che serve per poter dire: capolavoro! E all'ultima pagina del romanzo, per quanto ne so, potrebbe esplodervi negli occhi un bianco, una felicità, un'intuizione rivitalizzante, lucente.
Buona lettura & fine settimana!
:)
La scatola.
Il mio primo giorno di stage. Che emozione. Sono proprio fortunata: ho un contratto di due anni di prova, dieci ore al giorno, ce la faccio, è la mia grande occasione!
Giorno uno. Ore 8.30. "Si metta pure lì" "Nell'angolino? Ah va bene".
Suspance. Se volete leggere come va a finire, andate qui!
(hehe ma una cosa la svelo: si tratta di Scene di ordinaria follia...in ufficio! Un'iniziativa molto carina per raccontare le bizzarrie vere o immaginarie del mondo del lavoro. E alcuni racconti diventeranno un e-book. A promuoverla è la redazione di Euroffice, la gazzetta di un interessante portale di cancelleria e materiali per ufficio, tra l'altro: molto utile davvero).
Mi fate poi sapere se vi è piaciuto il raccontino?
:)
giovedì 18 novembre 2010
Crystal.
Era molto preoccupata. Forse perché non sapeva bene l'italiano. Ma era sicura che qualcuno avesse inventato fatti mai accaduti sul suo conto. Piangeva per questo. Non sapeva come reagire, si sentiva sconfitta. Trovava il carattere di quelle parole inventate sul suo conto crudele, micidiale e gratuito. Come solo il male più puro e incontaminato. Solo la ferocia delle bestie che sbranano le proprie prede nei documentari l'aveva spaventata a quel modo. In più sapeva che nessuno le avrebbe mai creduto. Chi avrebbe creduto, del resto, a una come Crystal. Il suo nome diceva molto: fragile come il cristallo. Era così evidente. Parte del suo tempo Crystal lo dedicava a pensare a come smentire quelle parole. E a capire il motivo di quegli attacchi, dal momento che lei, invece, aveva mantenuto il riserbo totale, e preferiva più che poteva dire bene degli altri, o non dire affatto. Aveva le prove invece che per alcuni esseri umani o subumani non valeva lo stesso principio. A queste persone pareva giusto, e consentito per diritto, e legittimo dire cose offensive sul suo conto, in sua assenza, o non vere. Non vere, era questo che la ossessionava, mordendosi le labbra. Ma dopo molte riflessioni la sua mente fragile si stancava. Cedeva. Le sue energie di guerra non erano mai potenti come quelle del suo presunto nemico. Perché non riteneva sensato poi avere un nemico. A un certo punto le sfuggiva tutto. E ripensava a quella vecchia frase che le aveva detto non sapeva più chi una volta sull'aereo: "la verità in tutte le sue forme emerge di sicuro, può impiegarci solo molto tempo ma la certezza di tale emersione è assoluta e matematica". Ah ok. Si consolava. Cercava solo un modo per uscire, libera, da quella prigione.
mercoledì 17 novembre 2010
Alfredo.
Cammina con un cappotto nero e una chitarra acustica in Corso Trapani a Torino oggi di prima mattina. Mima il gesto di suonare, ma non suona. Praticamente fa air banding ma con la chitarra. Ha una faccia più che seria, truce. Sembra un po' il menestrello del quartiere, il menestrello grigio del quartiere addormentato. Faccia spessa, coriacea. Capelli compatti e grigi, occhi neri. Espressione concentrata/rassegnata. Un silenzioso figuro di quelli che ti chiedi se li hai visti davvero o se li hai creati tu, in un extramondo che prende vita nello spazio piccolo tra te e la realtà. Alfredo. Dove andavi stamattina? Dove sei adesso? E perché non chiedevi niente, nemmeno l'elemosina?
Tutte domande ovviamente senza risposta.
martedì 16 novembre 2010
Pesci.
Ero in piscina poco fa. A nuotare e a ritrovare qualcosa tipo un senso alla vita o similari. A un certo punto, mi sono sentita debole. Ma non proprio sconfitta o completamente schiappa. Solo debole, da ogni punto di vista. In quel preciso momento, non sapendo come risolvere la situazione, in un angolino, mi sono messa a osservare la tizia che era con me nella vasca. Una ragazza che avrà avuto la mia età o giù di lì. Lei nuotava come un pesce. Non sto scherzando, non sto usando un'abusata metafora che si usa coi bambini per compiacerli nei loro progressi al corso di nuoto. Lei era davvero un pesce. Una specie di delfina, col costume grigio-azzurro. Si vedeva a malapena la faccia, perché non si fermava quasi mai. Tagliava le sue vasche come la lama fredda di un coltello d'argento, serena, corretta, imperturbabile. A quel punto mi sono risvegliata dal mio sonno. E ho cominciato a starle dietro. Poi si è liberata una vasca, e mi ci sono messa. Così avevamo ognuna il suo spazio. Ed è stato lì che ho capito che ce la potevo fare anche io a portare a termine le mie vasche, nel numero esatto che mi ero prefissata. E così è stato. Quindi grazie Delfina, perché è anche con il silenzioso esempio che ci aiutiamo tra esseri umani e qualche volta anche tra pesci.
lunedì 15 novembre 2010
My favorite things.
Ed è lunedì.
Pensavo, ieri, a chi, come me, risente un po' del sunday blues e poi di quella malinconia-stordimento del primo giorno della settimana.
Così è per voi cari sundaybluesers o mondaybluesers che ho deciso di inaugurare una nuova rubrica di tazzina-di-caffè, che si potrebbe piazzare a pieno titolo proprio al lunedì. Si chiama My favorite things. Che ne dite?
Poiché è già il titolo di un pezzo stupendo di John Coltrane, nonché sigla di Fahrenheit di Radio 3 e di chissà quante altre cose, mi pare un'entità così ben collaudata da potermi dare penso il giusto sostegno musicale in questa simpatica avventura blogghica.
Si tratterebbe quindi di raccontarvi con estrema non chalance quali sono le mie favorite things, le cose che preferisco, le mie cose preferite. Sembra una cosa da niente, ma non so voi, io non ci penso mai, quasi mai. Perché forse sono una di quelle persone che si lasciano un po' travolgere dalle preoccupazioni, che tira avanti la carretta e trascura le cose invece che le piacciono davvero. Di quelle che si annullano e si mortificano, che si buttano un po' via a volte, quindi oddio no, è meglio correre ai ripari.
Allora:
1) I libri. Vabé questa è facile. Ma non tutti i libri indistintamente, benché me ne piacciano molti. Alcuni libri, quelli che mi svelano qualcosa di prezioso, come si scrive e di cosa, che mi mettono a parte di un qualche segreto, o di un modo di essere che non sapevo. Non sono una fanatica, invece, delle copertine. O almeno fino a ora non lo sono stata, poi chissà.
2) I cibi. Ad esempio le bottiglie di latte fresco, le uova, i broccoli, le mele, la farina, la pasta.
3) Penne e matite che si trovano in cartoleria (un classico, penso).
4) Gli elettrodomestici da cucina, minipimer, frullatori, fruste, bilance, macchine per il pane, tostapane, cucchiai di legno.
E le vostre cose?
Bè, partiamo dalle cose, ma poi magari si arriva alle sensazioni, le emozioni, le persone, i posti, le scoperte scientifiche, i film, non precludiamoci nulla ^^
E buon lunedì, per così dire.
domenica 14 novembre 2010
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
Eccomi qua: ieri mi trovavo precisamente a Milano. La romantica Milano. Ho accompagnato il mio fidanzato a un convegno. Molto intenso, da un punto di vista emotivo, tanto che poi alla sera ci siamo fiondati in un fantasticomilanesissmo locale-aperitivo a base di sushi, sushi e ancora sushi senza soluzione di continuità e insospettabilmente low cost e cocktail fresco buono di frutta. Più un magico giro notturno per la città dei sogni, luccicante di sabato sera in questa dolce estate di san martino.
Tornando al convegno, è lì che ho trovato la letturadomenicale di oggi. Si è trattato del terzo incontro nazionale della rete italiana uditori di voci, e il libro si intitola Vivere con le voci, casa editrice Mimesis. (Il mio fidanzato lavora nell'ambito della psichiatria e spesso si trova a contatto con pazienti che letteralmente "sentono le voci").
Vivere con le voci - 50 storie di guarigione, di Marius Romme e Sandra Escher (presenti al convegno - davvero molto esaustivi e interessanti ho trovato i loro interventi, pur da profana della materia), racconta, come introduce il sottotitolo, storie vere di guarigione. Di recovery, anzi. Che non è proprio una guarigione in senso miracolistico, bensì una conquista della propria vita, un tornare (o entrarci per la prima volta) in possesso della propria libertà da questa dolorosa prigione.
Preferisco non entrare nel merito delle questioni tecniche, perché non è il mio mestiere e non vorrei sbagliare. Posso però dire che da queste storie si imparano così tante cose e si rimane sorpresi e sbalorditi. Aggiungo solo che spesso, come altre patologie, questa degli uditori di voci può insorgere anche come conseguenza di alcuni traumi infantili, e ciò a me fa rabbia perché, sempre da profani, viene da pensare a cose banali tipo "oltre al danno la beffa" e tragicamente qualche volta funziona proprio così. Allora riconfermo tra le mie convinzioni quanto l'infanzia sia un universo fragilissimo, quanto i bambini meritino sempre rispetto e attenzioni! E vi voglio anche rassicurare sul fatto che da questo libro emerge parallelamente una forza, una speranza, una guerra contro le cose brutte e queste persone saltano letteralmente fuori dal libro, ti prendono per mano, ti fanno passare la paura e ti mostrano anche come si fa a uscirne fuori e l'idea è: l'essere umano ha risorse molto preziose che può utilizzare a ogni età e in moltissime circostanze.
E poi: una nota di colore. Arriviamo al banchetto dei libri in vendita, tipico dei convegni, e leggo un foglio con la scritta: tazzina. Con un prezzo vicino. Bè, ho pensato, va bene essere una bloggher celebre e acclamata da pubblico e critica, ma addirittura quotata? A mente fredda ho poi realizzato che si trattava invece di una vera tazzina: un piccolo oggetto di design, molto carino, con dentro incisa la scritta recovery is possible. Mi è parso un messaggio positivo e chiaro. Così: eccoli qui, libro e tazzina, immersi nella piena atmosfera domenicale-pomeridiana-autunnale.
Ed essendo ora di merenda, buona giornata a tutti :)
venerdì 12 novembre 2010
Wish Tree.
Siccome forse domani sarò in giro :), pensavo di esprimere già adesso i miei desideri "del sabato". Allora se siete d'accordo prendo tre foglietti-origami, una matita e scrivo:
1) desidero la serenità mentale.
2) desidero di poter "migliorare" la qualità della mia scrittura, qualsiasi cosa ciò significhi (cioè diciamo per lo più di dare un senso a tutto quanto, il più possibile, per quanto la vita possa averne etc. etc. vabè ---> desiderio un po' confused).
3) e desidero libri, quei libri in cui trovi una frase nel bel mezzo e ti senti trafiggere gli occhi e la fronte e dici: questo l'ha scritto un essere umano come me, allora la vita vale la pena.
Quindi adesso tiro fuori tre cordini di lino dal cassetto e a uno a uno li lego ai rami del wish tree virtual di tazzina-di-caffè, dove, come gli altri sabati, anche i vostri preziosi desideri sono ovviamente i benvenuti.
Ah, e poi, desiderio 3bis), un buon week end a tutti!
giovedì 11 novembre 2010
Un pomeriggio in biblioteca.
Un altro pomeriggio in biblioteca!
Dietrich Bonhoeffer. Pastore e teologo tedesco - prese parte alla resistenza antinazista.
A lui è intitolata questa biblioteca. Così oggi ci sono andata. Ero un po' tuonata e il piccolo viaggio sul tram 10 mi ha fatto bene. Peccato che sono scesa alla fermata sbagliata, proprio in the middle of nothing. Ignara del fatto che l'atmosfera lunare mi avrebbe accompagnata poi per tutto il tempo. Chiedendo indicazioni a facce rassicuranti, ho tuttavia raggiunto la mia meta.
Spazi vasti e lattescenti di periferia, in una luce chiara sotto un cielo azzurro che si faceva giallo contando sui più pallidi e autunnali raggi di sole del mondo. E quindi ecco la biblioteca, rifugiata alla perfezione nel suddetto nulla tra alberi in pieno splendore, case alte ed edifici scomposti, grandi, alcuni anche tondeggianti, di cui uno sembra la schiena di un elefante grigio. Eccola.
Sembra una base spaziale sulla luna. Il panorama è un po' quello di un altro pianeta. Entro e le giornate sono così corte che mi sembra già sera. Sarà forse l'aria calda e gli scaffali accoglienti di libri. In primo piano ci sono le riviste. Salendo le scale, si arriva alla sala audiovisivi, passando da un ingresso ovale dove c'è una piccola mostra d'arte. Alla fine cerco e trovo un posto e mi metto lì, in un tavolo tutto per me. A una rapida occhiata, gli altri sono quasi tutti universitari.
Poi a un certo punto da una borsa abbandonata su una sedia squilla un cellulare con la melodia di Mission Impossible al massimo volume: ciò squassa il silenzio e infrange la riservatezza: ci guardiamo tutti e scoppiamo a ridere. Quando smette la musica, mi guardo un po' intorno. E mi accorgo che siamo negli anni Settanta. Le tende, forse, contribuiscono all'atmosfera. Cemento e vetro, più tutta la carta dei libri, mi circondano e mi proteggono, mantenendo al tempo stesso le dovute distanze. Questa biblioteca è austera.
Allora vado via, rimmergendomi nel deserto famigliare della periferia torinese, gli occhi che si acclimatano all'infinito, i lampioni doppi per illuminare di più, la luna che sale e si mette a brillare lontana. Mi infilo nel pullman 14 dopo una lunga attesa insieme a tre adolescenti che fumano e sputano. Il pullman acceso ondeggia e sfila nel nero come una carovana lenta. Mi sento parte di qualcosa che non so definire.
Signore di Corso Trapani.
Di nuovo. Ancora. Lo vedo da lontano, in rilievo sfumato come le oasi nel deserto, come una cariatide o un simpatico gargoyle. Portone, portone, bar, moto, Signore di Corso Trapani, panetteria, semaforo. Comunque è un grande. Pensavo a come si è ripreso mesi fa dal suo intervento. E alla sua tenacia. Lui e la pianta di fronte, stessa consistenza. Finalmente si è coperto con un giacchettino smanicato. Va bene fare gli eroi, ma fa freddo per tutti. Io un po' mi aggrappo a lui al mattino, alla sua presenza, questo è proprio vero. Il contrasto tra lo sguardo-più-innocente-del-mondo, più sperduto, e la sigaretta, e l'incrollabilità della sua posa, e il bastone, e il fatto che sta lì a presidiare la fortezza sotto ogni avversità, mi colpisce, mi convince a credere in lui. Nel senso della sua vita. A questo punto spero che quel "buongiorno" detto tempo fa e ricambiato dal suo cenno della fronte, rimanga davvero l'unica parola tra noi. Meglio il silenzio. Per me il silenzio è parte fondamentale di tutto, lo conosco, l'ho addomesticato, lo utilizzo per il mio equilibrio, il mio new balance. Signore silenzioso di Corso Trapani, thank you, thank you silence.
mercoledì 10 novembre 2010
Mai raccontare i sogni/20.
No, scusate. E comunque il titolo stesso di questa rubrica vi fa capire che non è sempre il caso di raccontare i sogni, per me ad esempio è complicato, perché questi sogni sono sempre così confusi e intraducibili in lingua-da-svegli. Però il sogno di questa notte aveva un nonsoche di narrativo/horror che non posso tenerlo solo per me, sento la necessità di coinvolgervi.
Dunque era composto di due parti: vi racconto, per quanto possibile, la seconda. Allora arrivo in un hotel e qualcuno mi spiega che il letto in cui dormiremo noi è il letto di Matrix. Ok, va bene.
Così mentre il mio fidanzato si addormenta tranquillo e beato, ecco che invece per me inizia un traumatico sogno nel sogno. E vabè. Quindi mi alzo e scopro che tutti gli altri clienti dell'albergo sono in realtà i miei vecchi compagni di scuola (un classico) e che questo albergo è molto tecnologico. Infatti mi accorgo che a ogni bottone, tasto, pulsante, corrisponde qualcosa di fantasmagorico e tutti ovviamente sanno fare tutto tranne me (!?)
Schiaccio qualcosa che non dovrei e va via la luce. Qualcuno si arrabbia nell'oscurità (O_O). Dopodiché arriva un bambino al massimo seienne cui chiedo improvvisi consigli sull'iPad (che non ho) e lui sa tutto, ma quando mi avvicino a questo enorme iPad, l'oggetto scivola via e il bambino ci rimane male e mi rimprovera (sic.) Così penso che è meglio fare uno spuntino.
Il frigo è un mondo parallelo dove trovo pasterelle della domenica. Mi avvicino e scopro che sotto la gelatina di questi solo all'apparenza gustosi pasticcini, anziché le solite fragole-kiwi-mirtilli-lamponi, ci sono le verdure. Zucchine, carote etc. Penso che questi qui dell'albergo sono molto avanti, ma lascio perdere lo spuntino. E vengo di colpo sorpresa da un tizio preoccupante, che è l'incrocio facciale di tutti i miei suddetti vecchi compagni di scuola (!), e che mi dice che volendo tutti quei gadget potrebbe recapitarmeli a casa, ma in cambio di cifre esorbitanti a mille zeri. In conclusione gli rispondo balbettando: hemmm, no grazie, non li voglio, non che non mi piacciano eh, ma qui, Matrix, non so se è tutto vero, eccetera eccetera, comunque gentilissimo, ma no, no, grazie eh, alla prossima.
Allora sogni d'oro a tutti eh. Alla prossima, eh!
:P
martedì 9 novembre 2010
Signore di Corso Trapani.
Quando si dice, tempismo perfetto. Lui usciva dal portone, verso le nove, io passavo, puntuale senza ombrello ma con quella pioggia-vapore che imperla la giacca e i capelli. Lui con la sigaretta, io con il croissant. Lui lento, io veloce. Ah. Non se l'aspettava. L'altra volta mi aveva guardata male. Come per dire "cambia strada", ma, certo, in senso metaforico, perché in realtà non ci siamo scambiati che una parola in tutto questo tempo. O meglio io gli ho detto solo una parola in ormai più di due anni, cioè buongiorno, e basta. Aveva il cappello infeltrito da baseball oggi, ma era in camicia: con questo freddo, lui si accontenta della camicia a quadrettoni bianchi e grigi. E poi i mocassini. Che ho scoperto essere un mix tra scarpe e pantofole, le ciabatte-mocassino (!). E cosa c'era da guardare oggi? Niente. Un cane che tirava al guinzaglio, una tata peruviana con il passeggino, gente che correva al lavoro distrattamente, calcando il cemento rivestito di foglie. Lui ancora e sempre lì, a presidiare il portone. Continuo a pensare che questo signore sia diverso da tutti gli altri. Ha una luce negli occhi, sulla pelle, che lo rende simile a un elemento della natura, mi fa l'effetto di un fiume o di una pianta di arance.
lunedì 8 novembre 2010
New Balance.
New Balance, è una marca di scarpe*, ma oggi per me
è
anche un'idea di vita, una necessità, un desiderio e un auspicio. Più o meno si può tradurre con "nuovo equilibrio", ed è quello di cui ho bisogno e che sento a ondate arrivare nella mia esistenza - ma certo proprio come navigando sulle onde qualche volta ancora mi sembra di cadere.
Comunque la premessa è che le mie vecchie scarpe da ginnastica risalgono al lontano boh non me lo ricordo neanche più. Un paio di Nike belle ma che ormai avevano perso anche parte della suola. E siccome questa estate la novità è che mi sono messa a correre, più che una jogger sembravo una pattinatrice sul ghiaccio, per quanto le suole erano ormai lisce e lise. E così, dopo mesi di corse su corse, inizio a reggere e a stramazzare al suolo sempre meno. E quindi ecco il premio: mi sono comprata un paio di scarpe nuovissime (e in super offerta da Decathlon).
Si può voler bene a una scarpa? Non so, comunque sembra di volare. Profumano di nuovo e plastica. Di plastica nuova. E sono talmente comode.
Così ieri sera al Valentino, al buio dei lampioni, sotto una leggerissima pioggia londinese, la corsa sembrava più una nuotata in un'aria così fresca, buona, decisa e diversa. Le foglie gialle cadevano rincorrendosi fino al cemento umido, il fiume nero scorreva lento, illuminato dalle luci accese dei ristoranti e dei locali, le panchine solitarie, gli altri che correvano, i cani nel loro habitat naturale.
Sembrava un mondo inesplorato, da conoscere. E un nuovo nuovissimo balance da conquistare.
*non è una pubblicità occulta!!
domenica 7 novembre 2010
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
Caos calmo in questa domenica di novembre. La tazzina è lì, simbolo a sua volta di caos e di calma, perché in effetti è quello che succede quando la bevi. Ti svegli, ti agiti ma al tempo stesso ti serve per ritrovare la calma, la concentrazione che ti mancava. Ed è un po' quello che mi era successo leggendo questo straordinario, superbo, ironico, sublime, ricco romanzo: Caos Calmo, di Sandro Veronesi, editore Bompiani. Uscito nel 2005, nel 2006 ha vinto il Premio Strega (e molti altri riconoscimenti).
L'ho letto subito, in quell'estate lì, l'ho amato tanto. Quando l'ho iniziato, per coincidenza, mi trovavo proprio su una spiaggia in Toscana, un luogo in tutto simile a quello in cui inizia la storia. Quello in cui il protagonista, Pietro Paladini, che ormai nella mia testa e penso in quella di molti è: Nanni Moretti, con suo fratello Carlo, che è il bellissimo: Alessandro Gassman (questo per via del celebre film tratto dal romanzo), salva la vita a una donna che rischiava l'annegamento. Da lì parte tutto. Forse lo ricordate, perché il libro ha avuto un grande successo, ma in breve: muore all'improvviso la moglie di Pietro, che rimane solo con la figlia di dieci anni, Claudia. Così lui non riesce più a tornare al suo super-lavoro in un network televisivo, e per parecchio tempo decide-senza-deciderlo-di passare le sue giornate accanto alla scuola di Claudia. Su una panchina, in macchina, al bar, nel parchetto. Qui reimpara la vita, ristruttura le emozioni, i pensieri. Come se vedesse le persone, anche le più vicine, con occhi completamente nuovi, capisce molte cose, la maggioranza delle quali sarà proprio la figlia a insegnargliele.
Ma leggetelo, per capire come finisce e soprattutto per ascoltare la voce dello scrittore, Sandro Veronesi, che è così energica, argentina e forte che vi lega, vi avvinghia ma in un modo buono: inevitabilmente conquista tutta la fiducia a vostra disposizione, come le cose migliori e sane e reali della vita. Convince, rassicura, accompagna e poi alla fine lascia liberi. Questo scrittore rasenta la perfezione, e nelle sue stesse imperfezioni poi risiede la grandezza. Credo che sia tra i migliori attualmente in vita. Tra i più ironici, umani, scoperti e affidabili.
Adesso io sto leggendo il suo ultimo, veramente necessario e assoluto XY. (questa volta non mi trovo in un paesino sperduto di montagna, dove è ambientato il libro, ma in effetti il freddo, il bianco e la paura stanno iniziando a estendersi in uno scambio continuo tra la fiction e la realtà, ho come la certezza che ne uscirò cambiata, come minimo). E mi ha aiutata rientrare nell'atmosfera di Caos Calmo, fare un balzo indietro di quattro-cinque anni. Nell'estate, nei miei 25, in un tempo in cui sapevo-e-non-sapevo. Ora so. Ma non tutto, ovviamente. E voglio saperne ancora di più, svelare le incognite, dare un nome alle cose che mancano. O almeno ci provo.
Allora buona lettura e buon fine week end!
:)
sabato 6 novembre 2010
Wish Tree.
venerdì 5 novembre 2010
Mattia.
Lavora in un bar del centro. Ha gli occhiali bianchi, i capelli rasati, una camicia azzurra. Sta quasi sempre in silenzio e risponde con piccoli cenni della fronte o delle sopracciglia. Molto raramente, dice qualcosa e quando lo dice è gentile, fragile. Ha un amico, che adesso è dall'altra parte del banco a prendersi il caffè con due colleghi di lavoro, un uomo e una donna sulla quarantina. Mattia invece avrà vent'anni. L'amico di Mattia ha la fronte corrugata e non ride a nessuna battuta dei suoi colleghi. Poi si stacca dal piccolo gruppo e bisbiglia verso Mattia: "Oggi ti hanno fatto arrabbiare?" Mattia risponde con il suo caratteristico segno della fronte, per dire "no". E ricomincia a spremere l'arancia per me. Così l'amico sembra rassicurato e accenna anche un sorriso rivolto ai colleghi. Poi, distesa anche l'ultima ruga di preoccupazione, paga e offre la colazione ai due, che rimangono sorpresi.
giovedì 4 novembre 2010
Lego.
Ciao. Sono una mini-Lego. Vivo su questo tavolino giallo. Coltivo fiori, che ogni tanto applico sui capelli. Ho un mezzo di trasporto in cui c'è una faccina gialla che sorride, vivo in una casa rosa e per amico ho un cavallo bianco.
No, ecco, è tutto un giro di parole per dire che - come a molti ex bambini o attuali bambini - mi piacciono i Lego. E così oggi ho ritrovato questi, che non appartengono però alla mia infanzia bensì a un'epoca più recente e per varie ragioni li avevo comprati ma adesso stavano in una scatola rosa. Allora, non per fare la filosofia dei Lego, però i colori accesi, rassicuranti, le minuzie e gli arredi di un minimondo che per quanto spigoloso in realtà sembra così morbido, così accogliente, confortevole, mi hanno portata ad alcune riflessioni. Ad esempio sulla possibilità, partendo dai celeberrimi mattoncini, di creare qualcosa che prima non c'era, oggetti, ma anche concetti, piccole opere d'arte o anche solo un cubo disordinato. Ed è così che in molti abbiamo iniziato a costruirci la vita. Anche se il risultato magari era un informe para-cubo-semovente con dentro uno smile, quello era il nostro cubo, il nostro progetto, la nostra idea primordiale.
Dory.
Ha tremila treccine arancioni in testa, tutte insieme sembrano un grande gomitolo di lana o un cappello. Una giacchetta bianca con piccoli inserti leopardati, gli orecchini d'oro, le unghie perfette, una pelle così liscia che di prima mattina impressiona. Prende il pullman con me ma scende due fermate prima. Scende con altre ragazze, se ho capito bene lavorano in una scuola elementare. Dory è africana ma vive a Torino da quando era piccola e sorride sempre durante gli interminabili discorsi con le amiche, alcune più grandi e più severe di lei. Dory invece è gentile, dolce, mite. Anche se ogni tanto si immerge poi in una invisibile bolla di malinconia, quando nessuno la guarda. Tutto nell'arco di pochi minuti. E poi subito dopo riprova a essere decisa, determinata. Dice sempre alle altre quando bisogna scendere, a quale fermata, non so perché non se lo ricordano mai.
mercoledì 3 novembre 2010
Giulia Blasi su Indie Riviera.
Ciao! Oggi su: Indie Riviera vi racconto - se volete leggere - di un libro molto carino. Solo una nota personale, anzi personalissima: leggendo questo romanzo di Giulia Blasi, Il mondo prima che arrivassi tu, poco dopo l'inizio, prima ancora della metà, mi è esplosa dentro una specie di improvvisa, nascosta felicità. Non so perché, se per il libro, l'idea cioè di potermi concedere la lettura di un libro così nuovo, così vicino, o se per altre cose che comunque al momento ignoro.
Mi ha fatto l'effetto di quando da bambini ti regalano un giocattolo che ti piace. Ho sentito quel profumo lì, rimasto depositato chissà come nella memoria, quel senso di attesa, miglioramento, sicurezza e speranze varie. Great expectations.
Allora buona lettura :)
martedì 2 novembre 2010
Nanowrimo.
Nanowrimo: cos'è? Aha è una cosa che sembra divertente. Si tratta del National Novel Writing Month. Una specie di esperimento letterario che consiste nello scrivere forsennatamente un romanzo nell'arco di tempo che va dal 1° al 30 novembre (il "month" del titolo). In breve: è un gioco! Dove l'unica cosa che conta - come dice il regolamento - è il risultato, l'output. E la quantità (sic.)
Alla fine del mese - mezzanotte ora locale - ogni partecipante dovrà aver prodotto 50.000 parole. Il premio è, se ho capito bene, una medaglia virtuale ovvero un piccolo badge e ovviamente la gloria imperitura. Motivo per il quale: ebbene sì, partecipo anch'io.
Così voi sapete che lo sto scrivendo, magari metto qualche pezzetto qui sul blog. Tra l'altro negli anni scorsi (tutto ebbe inizio nel lontano 1999) hanno partecipato, pare, migliaia di persone che si dichiarano tutte soddisfatte.
Mi sembra una cosa carina. Proviamo. E, come dice ancora il regolamento di questa bizzarria 2.0: "Win or lose, you rock for even trying"!
Quindi vi anticipo che il mio Nanowrimo novel - che ancora non so dove andrà a finire, né perché - inizia con un frigo aperto, davanti al quale c'è un tizio di circa trent'anni, verso la prima metà di ottobre del 2010. Il tizio è agitato, sono le due di notte, non riesce più a dormire, cerca nel primo ripiano del frigo, tra un uovo lì da troppo tempo e un ciuffo di rosmarino, la boccetta della valeriana in pillole. Non gli servirà a niente.
Buon Nanowrimo allora.
Esercizi di sopravvivenza.
Dunque se vi sentite un po' così, un po' spaventati, vagamente demoralizzati* e ve la passate non tanto bene magari per faccende di lavoro o chissachealtro, chiedendovi spesso: ma che sta succedendo?
E in più se avete: 1) parecchie lampadine fulminate (in senso letterale) 2) gli spifferi in casa perché il coso antispifferi dell'anno scorso si è disintegrato senza ragione durante un tentativo di lavaggio in lavatrice 3) la sveglia senza pile 4) bisogno estremo di novità.
Questo di oggi è l'esercizio giusto.
Si compone di quattro mosse:
1) svitate le meste lampadine rotte e polverose, recatevi al ferramenta e compratene di nuove. avvitate quelle nuove. Luce!
2) comprate un allegro paraspifferi nuovo.
3) mettete una pila nuova alla sveglietta.
4) comprate dei melograni e spremeteli come fossero arance, bevete la spremuta. (l'ho visto fare alla Prova del Cuoco).
Ecco. Come dire: aggiustare e aggiustare, proteggere le proprie cose e applicare il metodo a tutto il resto - good luck.
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