mercoledì 30 marzo 2011
Dorina.
martedì 29 marzo 2011
Voglio diventare un carciofo.
lunedì 28 marzo 2011
Fa' la cosa giusta!
sabato 26 marzo 2011
Wish Tree.
venerdì 25 marzo 2011
Dente/2.
giovedì 24 marzo 2011
Post a ca**o.
mercoledì 23 marzo 2011
Aperitivo-IsbnEdizioni-vino-libri e altre cose che vorrei fare ancora.
lunedì 21 marzo 2011
My Favorite Things.
domenica 20 marzo 2011
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
Ero la bambina dei rosa all’asilo. Con il caschetto. I capelli castani. Quella con le scarpe blu e le calze bianche che si arrotolavano sempre sulle caviglie. E il grembiule rosa, inevitabilmente.
Era il 1984. Io ero una bambina con pochi sentimenti. Forse ti ricordi di quella fascia bianca sul mio braccio sinistro. Dove adesso ho una cicatrice. Di quel pomeriggio in cui ci siamo arrampicati tutti sugli alberi e le maestre impazzivano. Che sono caduta ma non mi ha visto nessuno. Tranne Floriana, la bambina bella con i capelli biondi. E il giorno dopo sono tornata con la garza e tu hai guardato per un secondo il braccio e sei tornato a giocare con gli altri.
Ti chiamavi Marco. Eri un bambino silenzioso, con gli occhi castani. Ti guardavi intorno e avevi una macchinina preferita che tua mamma ti lasciava nella tasca del grembiule giallo. La macchinina era rossa. Avrei voluto proporti di giocare ma non osavo, mi agitavo, preferivo non parlarti nemmeno.
Un giorno le maestre ci hanno messi in fila e ci siamo dati la mano. Mi ricordo che la tua mano piccola da bambino era delicata, però da maschio. Poi è arrivata mia madre a prendermi, alle quattro, ed è stato come se un destino ci allontanasse.
A quattro anni c’è già il destino, ed è spietato.
Non sapevo ancora niente di amore. E ancora oggi è così. Ma per me, pur non comprendendone le ragioni, era sempre importante che tu ci fossi all’asilo. E i giorni in cui mancavi me ne accorgevo e scendeva dentro quelle mura colorate un’ombra di tristezza.
Ti cercavo con lo sguardo, e vederti colorare con i pennarelli o usare il pongo era un segno che le cose andavano per il verso giusto. Cercavo di sedermi a due bambini di distanza da te alla mensa. Ti pensavo. Come pensavo a giocare, a bere il succo di frutta, a tentare di andare in bici senza rotelle e a vivere. Era tutto amalgamato insieme, e aveva un senso normale.
Tu eri come tutte le persone che ho amato. Qualsiasi parola sarebbe stata inutile.
La bambina dei rosa.
sabato 19 marzo 2011
Wish Tree.
venerdì 18 marzo 2011
Giorno di silenzio per il Giappone.
giovedì 17 marzo 2011
150° anniversario Unità d'Italia.
mercoledì 16 marzo 2011
Ombrello arancione.
martedì 15 marzo 2011
Domande ai lettori.
lunedì 14 marzo 2011
My Favorite Things.
domenica 13 marzo 2011
Letturedomenicali+tazzinadicaffè.
sabato 12 marzo 2011
Wish Tree.
venerdì 11 marzo 2011
Giappone.
giovedì 10 marzo 2011
Sylvia e Julia.
mercoledì 9 marzo 2011
Racconto.
Ciao! Ieri, come forse avrete letto, mi sentivo una sfigata! Non che oggi, hemm, sia cambiato qualcosa (anche perché successivamente al post ho scoperto di aver perso anche a un altro concorso di racconti cui tenevo altrettanto: e ahia, che dolore. Bingo!). Tuttavia nottetempo ho riflettuto. Un po' mi vergognavo di questa cosa, di queste sconfitte, ma pensandoci bene "perdere" non significa che ciò che si è fatto non abbia un valore in assoluto. O perlomeno non sempre c'è una corrispondenza biunivoca. In più, a questo tipo di concorsi partecipano sempre in tanti e di bravi scrittori ce ne sono molti: non credo sia facile scegliere. Così ho rimuginato un po' e ho deciso una cosa.
Premessa: poiché voi mi scrivete delle cose belle, che mi colpiscono, leggete questo blog con un affetto incredibile che non so nemmeno se lo merito, che mi migliora davvero la vita e non lo dico così per dire. Ecco ho pensato di regalarvi il racconto.
(Il primo concorso al quale mi riferivo ieri era quello di Isbn Edizioni, qui, una casa editrice davvero interessante e bella. Il tema aveva come unico limite quello di ispirarsi al romanzo Io sono Febbraio, che personalmente ho adorato: qui ci sono le prove !! E raccontare quindi di un febbraio-inverno che non finisce mai).
Spero che a qualcuno di voi possa incuriosire il mio racconto. In fondo è quello che mi piace fare e non so fare molto altro e ho fatto del mio meglio e oggi evidentemente mi piace il verbo fare!
Maggio. Intervista.
Sul mio sito hanno sbagliato la data di nascita: 8 febbraio. Ma non del 1987. Sono nata nel 1988. Sì, ma non importa. Hanno anche scritto che mi piace tanto la musica classica, ma non è proprio vero. Sì, l’ascolto, ma più per il lavoro, per le gare. Sì, mi alleno qui. Al Palazzetto. Al Polifunzionale. Sì tutta l’estate. Tutto l’autunno. Tutta la primavera. Per il Programma Libero, per le competizioni invernali, sì mi alleno tutto l’anno. Sì è vero. È divertente? Non so. Non tanto. Dovrei dire di sì. Ma non sarei onesta. Però mi piace gareggiare, anche se sono tanto giovane, questo ormai è il mio lavoro. La mia passione. Sì, la mia vita. Mi piace l’Italia? Sì, ci sono nata, non ci vivrei nel futuro, ma fino alle Olimpiadi starò qui. L’amore? Sì, sono innamorata. Ma è difficile e complicato vedersi, per via degli allenamenti. Sì, per gli allenamenti. Sorriso.
Giugno. Programma Libero. Allenamenti.
Prima di iniziare, la pista sembra un lago fermo, durante l’esibizione, con il buio, sembra un lago di mercurio. Io sono qui, di fronte a questa lastra di ghiaccio, mentre tutti i miei compagni di scuola sono al mare. Mentre tutti sono al sole, è vero, io sto qui. Salgo. Mi piace la polvere che faccio con le lame dei pattini bianchi. Questi li adoro, li uso nell’allenamento. Mi piace stare sola, senza pubblico. Ad esempio so che quando faccio la sequenza di passi in linea retta, verso la fine della gara, la gente applaude. Ok. È bello. Vuol dire che è andata bene. Ma prima, nella massima concentrazione, non li sopporto. Mi sembra di sentire tutti. Quasi ascolto i loro stupidi pensieri, il battere di ciglia. Il respiro. Ne ho paura. Ho gli attacchi di panico. Gli attacchi di panico arrivano senza una ragione. Ma se c’è il pubblico è più probabile. Di solito cado. Devo fermarmi, uscire dalla pista. Non lo auguro a nessuno. Ti sembra di morire. Hai le ginocchia ghiacciate. Oggi per tutti è già estate. Per me è sempre inverno.
Luglio. Programma libero. Allenamenti.
Le spirali mi piacciono. Il triplo flip anche. Il doppio axel sì. Mi piace. Il tolup è doveroso farlo bene. All’ultima gara ho fatto un flip semplice, non il triplo, non ce l’ho fatta, ho avuto paura. Al cambio filo mi sento più leggera. Mi piace alzare le braccia, muovere le braccia come una farfalla che vola. Lì mi sento una ballerina. Ma per la maggior parte del tempo mi sento una pattinatrice e basta. Una che rischia di farsi male davvero. Una che cade. Piena di lividi. Il freddo del livido è nelle mie ossa. Ho il sangue blu. Per me non finisce mai. Il mio ragazzo è in vacanza. In Sardegna. Sì. Io sono qui. Devo stringermi la caviglia tra le mani, tenere la gamba tesa. Girare su me stessa. Per sei secondi. Di più. Mi piace fare i cerchi sul ghiaccio con le lame. Mi piace. Sì. La polvere del ghiaccio. Quel rumore sia leggero che compatto. Mi sento una principessa, questo è vero. Nell’allenamento tengo i pantaloni, non mi piace la gonna a tutti i costi. A volte mi sento in un recinto, come un animale in gabbia. La mia famiglia viene a trovarmi. Poi vanno al mare anche loro, questo sì. Io mangio poco.
Agosto. Programma libero. Allenamenti.
Lup. Lup. Il lup lo farei in eterno. È tra i miei preferiti. La parte bella anche del mio sport è questa cosa del camminare all’indietro. La mia vocazione è nata così. Quando ho iniziato a scivolare all’indietro era qualcosa che gli altri non sapevano fare. Sentirmi forte e veloce. Unica. Scappare anche, ma farlo bene. Saltare, ma in una direzione sconosciuta. Scappare dagli attacchi di panico ad esempio. Vincere dei premi così prestigiosi mi ha aiutata, certo. Ma non tanto con gli attacchi di panico. Per un periodo veniva qui una psicologa. Mi ha aiutata. A volte sembra che il freddo mi entri nei pensieri. E poi gli attacchi di panico si ripetevano sempre uguali. E scivolare, correre scivolando e i giri, otto giri su me stessa, cose fondamentali per me, ma possono anche spaventare.
Settembre. Programma libero. Allenamenti.
Ricordarsi di sorridere. Sorridere prima del salto. E non dopo il salto. È molto importante. Prima. Negli attacchi di panico, ad esempio, si gioca tutto nel prima. Se riesci ad anticiparlo, l’attacco è lieve, lo tieni sotto controllo, più o meno, ti ricordi che tu sei così, sei fragile. Ma se perdi il momento, l’attacco, come nel salto, ti ha in pugno. Quindi ricordarsi di sorridere prima. Prima, prima, prima. Questo colpirà i giudici. Il pubblico sentirà che sto bene. Che sono in forma. Che mi sono ripresa dalla caduta. Quando cado sento il ghiaccio sotto le mani. Quando cado respiro la polvere del ghiaccio, che mi entra nei polmoni. Io in quel momento sono di ghiaccio, sono il ghiaccio, sono ghiaccio. Mi devo rialzare nel più breve tempo possibile. Uso molto le braccia. Mi piace l’odore che c’è al Palazzetto. Mi piace la felpa bianca che metto dopo l’allenamento.