
"Il silenzio della neve, pensava l'uomo seduto dietro l'autista del pullman. Se questo fosse stato l'inizio di una poesia, avrebbe chiamato 'silenzio della neve' ciò che sentiva dentro".
Questo è uno dei miei incipit preferiti in assoluto. Uno di quelli in cui mi sento - come lettrice - chiamata, descritta, accolta e invitata a leggere tutto, da parte dell'autore. Ma il libro mi ha definitivamente avvinghiata a pagina 25: "Ka era uno di quei moralisti convinti che non fare nulla per la propria felicità sia la più grande felicità".
Aiuto. Quando si dice: imparare dai libri... Con questo libro ho imparato a sentire la neve, il silenzio della neve, il bianco della neve, la tregua della neve, nelle ossa, nei muscoli e infine nell'anima, tra i pensieri che altrimenti si aggrovigliano sempre uguali. E ho imparato che sarebbe meglio fare meno i moralisti. E fare qualcosa per la propria felicità mi appare oggi un consiglio buono più che un tabù o un'utopia.
Ah. Dimenticavo: benvenuti al consueto nonché molto appassionante appuntamento domenicale con le letture di Tazzina-di-caffè. La tazzina c'è. Una tazzina blu trasparente. La lettura anche. La neve poi, fuori dalla finestra, che scende qui a Torino da ore, non accenna a smettere e, come dice la quarta di copertina della mia edizione Einaudi Supercoralli: "indifferente ai complotti, agli omicidi, all'odio e alle altre passioni umane, continua a cadere"! Buona giornata a tutti.
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