domenica 5 settembre 2010

Letturedomenicali+tazzinadicaffè.

Buongiorno :)

La tazzina c'è. Anzi la tasse à café, perché questa domenica ce ne andiamo insieme a Parigi. Ok? Infatti è proprio nella capitale francese degli anni venti (subito dopo la prima guerra mondiale) che è ambientato questo libro.

Si tratta di Fiesta (The Sun Also Rises). Un tuffo al cuore nel bel mezzo della Lost Generation, tra le parole corpose e affilate del mitico Ernest Hemingway.

Di lui, che dire? Parliamo di un mito. Ma posso solo aggiungere la mia piccola visione. Ho imparato a conoscerlo nel 1995, a quindici anni, dentro la sua casa di Key West in Florida, durante un viaggio a dir poco incredibile, che non dimentico anche se oggi ho il doppio degli anni di allora. Lì in quella villina caldissima e piena di gatti, bevevo succo di anguria e ripensavo al Vecchio e il mare, da poco letto con l'innocenza dei nonancoraventanni, e sognavo a occhi aperti e il mondo era tutto mio e non lo sapevo. E già a quel tempo mi preoccupavo, invano, ma questa è davvero un'altra storia.

Tornando a Fiesta. Oh My God amici, ci vuole tanto amore per il Papa (soprannome di H.), per immergersi di botto in un'atmosfera tanto dissolta, tanto svaporata, tanto grondante di superalcolici a ogni ora. La trama è un po' intricata, inutile che in questo piccolo spazio ve la riassuma proprio io. Seguiamo comunque le (dis)avventure di un gruppo di artisti e lady raffinatissime benché un po' troppo inclini al brandy e allo champagne di qualità - americani espatriati nell'incantevole e notturna Parigi di inizio secolo.

La voce narrante è il giornalista Jake Barnes, ferito di guerra, tanto malinconico quanto sempre pronto a ritrovare un barlume di vita dopo i pesanti traumi bellici. Lui vive in parallelo le sorti della bellissima e confusa Brett, dello scrittore ed ex campione di boxe Robert Cohn, della luminosa e rigida Frances, dell'amico Bill con il quale trascorrerà del tempo di decompressione alla Fiesta di San Fermin a Pamplona (da qui il titolo e le descrizioni della corrida che sono peculiari dell'autore) e di molti altri personaggi, alcuni proprio da applauso.
Il romanzo ebbe un clamoroso successo quando uscì nel 1926, e scatenò anche molto panico nella cerchia di H. perché tutti bramavano di scoprire in quale di questi numerosi e impietosi ritratti potersi identificare, non sempre con soddisfazione (...).

Ma quello che a me colpisce della scrittura di Hemingway sono gli inserti di significato infilati nel suo ritmo serrato, virile, fitto di dialoghi. Perle di consapevolezza inarrivabili e al tempo stesso di una semplicità sospesa, che ti fanno vedere le cose come se fosse la prima volta.

"Senti, Robert, andare in un altro paese non cambia niente. Io ci ho provato. Non puoi sfuggire a te stesso spostandoti da un luogo all'altro. Non serve".

Buona letturaaa!

:)


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