domenica 26 settembre 2010

Letturedomenicali+tazzinadicaffè.

Era il 2000, e avevo appena compiuto 20 anni. Tondi e nuovi di zecca, come la tazzina di caffè che ho qui pronta da bere per accompagnare questo libro.

Ero sul tram numero 9. Me lo ricordo perché su quel mezzo non so per quale ragione non ci sono mai più salita nei successivi dieci anni. Era un giorno come oggi, né caldo né freddo, ma non saprei dire di quale stagione, autunno o primavera. Questa piccola raccolta di tre racconti in un sacchetto della libreria Zanaboni, qui di Torino. Ho preso posto e l'ho sfilata fuori per guardare meglio. In basso a destra della quarta di copertina: il prezzo sia in lire (10.000) che in euro (5,16). Era quel periodo di transizione, di promesse totali, di futuro che pressava alle porte di inizio secolo & millennio. Una copertina chiara, con un tizio, disegnato da Gianluigi Toccafondo, che si tuffa in piscina. Prefazione di Fernanda Pivano, traduzione di Marco Papi. Editore Fandango.

Questo piccolo libro poi me lo sono portato dietro di casa in casa, di scaffale in scaffale, di anno in anno, come si fa con gli oggetti che ormai ci appartengono, che ci definiscono, su cui si è depositata parte della nostra stessa sostanza, granelli delle persone che siamo diventati.
E riaprirlo oggi, il nuotatore di John Cheever, è come rivedere quel tempo a distanza e ritrovarne lo spirito.

Hmmm, non male. La vita. Sapevo, quel pomeriggio, sferragliando sul 9 con la città che transitava elegante dal finestrino, che avrebbe riservato certe sorprese. Ho odiato quelle brutte. Ma rimango adesso stupida di quelle belle. (Siamo ancora simili, ad esempio, io e quella ventenne con i capelli spettinati. C'è qualcosa in me di lei che è rimasto vivo, e questo libro ne è testimone).

La trama del primo racconto, che offre il titolo alla raccolta, aveva acceso come una luce abbagliante la mia fantasia in un modo unico, come poi nessun'altra con la stessa gradazione. Come quegli orecchini, magari i più piccoli dello scrigno, di oro bianco, che alla fine metti e non togli quasi più.

Neddy Merrill, un bel tipo di mezza età della ancor più bella borghesia americana, in una domenica di mezza estate, dopo una festa a casa Westerhazy, decide - perché lo vede ben nitido nella mente "con un occhio da cartografo" - di fare ritorno alla propria abitazione seguendo un tragitto diverso dal solito. Si tratterebbe di tornarci a nuoto, immergendosi in un corso d'acqua, anzi un vero e proprio fiume, che chiama con il nome della moglie, Lucinda. La peculiarità è che questo fiume consiste nella moltitudine di piscine presenti nelle ville della contea.

Il bello è che Neddy "non era uno che amava particolarmente gli scherzi, né era un buffone, ma era volutamente originale, e si considerava in generale, e modestamente, un personaggio leggendario". E in effetti lui parte convinto per questa leggendaria avventura, fino a esiti che non svelo, per non togliere la curiosità della lettura.
Dico solo una cosa che mi ha colpita. Quello di Ned non sarà un viaggio qualsiasi, né una trovata fine a se stessa. Si rivelerà un'esperienza anche dolente, faticosa. E non tutti i padroni di casa inoltre si mostreranno pronti a capire lui e il senso del suo proposito. Perché poi questo senso è tutto nelle nostre mani di lettori, come una metafora espansa, un diamante sfaccettato.

Ecco. E nell'augurarvi come ogni domenica una buona lettura, oggi voglio anche regalarvi una cosa che ho visto poco fa dal mio balcone. Spero vi piaccia e vi rallegri il week end.

:)




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