Come raccontavo qui, ecco il mio pensiero per le 99 colombe.
Il mio pensiero è questo: un risveglio. Il sogno di un risveglio tranquillo. Un passaggio gentile dal sonno alla veglia. Sognavo di guidare un'auto comoda - cosa strana per me che non guido dal 1999! - e con l'auto passavo davanti a cose che volevo dimenticare. Poi la luce che filtrava dalla finestra e 3 piantine - rosa, ancora più rosa e poi arancione - che spuntano come il sole di aprile. In cucina c'è la colomba di ieri, la colomba delle Sorelle Nurzia. Arriva da L'Aquila, lei, e arriva qui a "nutrire" noi, nonostante tutto ha la forza di volare fino a Torino. La colazione con questa colomba vuol dire molto, rappresenta la vita che prosegue dopo il terremoto. Così preparo il caffè. Per me il caffè è veramente importantissimo. Parto da lontano: sono sempre stata più grande della mia età. Intendo dire da un punto di vista fisico: da bambina sono cresciuta a un certo punto molto in fretta. Oggi non si direbbe, perché sono del tutto "normale". Ma verso la fine degli anni Ottanta ero un piccolo gigante. Giraffa, grattacielo, king kong erano i soprannomi che ricevevo, perché gli altri bambini, pur trovandomi anche simpatica, faticavano a vedermi, per loro era più semplice dialogare con il mio ombelico :) Perché allora il caffè? Perché un bel giorno, avevo dieci anni, ne dimostravo quindici, è arrivato proprio il momento del caffè. Il giorno in cui mi sono bevuta in pace il mio primo caffè. Quella tazzina era lì a dirmi: finalmente sei grande davvero. A tutti gli effetti. Prima soffrivo: ero una bambina come le altre, rinchiusa però in quel grande corpo. Dalle maestre un po' tagliate con l'accetta ricevevo compiti di responsabilità e di cura verso gli altri bimbi, come fossi una sorella maggiore, una maestra aggiunta. Ma dentro ero piccola anche io, come quel bambino che dovevo accompagnare al bagno, come quell'altro che dovevo soccorrere perché non stava bene. E via così. Invece il caffè, ecco che arrivava a offrirmi una via d'uscita. Il dentro e il fuori iniziavano a coincidere. Potevo sentirmi padrona della mia vita.
Così ancora oggi la caffettiera e la tazzina di caffè significano questo, e molto altro che si è aggiunto nel tempo. Significano il pensiero. Come un piccolo carburante per pensare. Significano la compagnia: "prendiamoci un caffè"! Significano un profumo buono che si sparge nella mia casa la mattina. Il mio caffè, preparato da me, per affrontare la mia giornata. Diciamo, un modo di esistere. Un senso di esistere che è arrivato insieme agli anni che passavano e io ne ero ben contenta. Il sogno di essere adulta, che diventa realtà, ogni giorno di più. Nessun rimpianto per un'infanzia lontana, solo curiosità e stupore per un presente vivo e denso e saporito come una tazzina di caffè. Così, per le Sorelle Nurzia, ritrovo queste importanti sensazioni. Anzi questo vero sentimento per il caffè, per la mia stessa vita. Grazie allora, cara colomba, creatura solo all'apparenza fragile, capace di volare percorrendo l'Italia, capace di una insperata rinascita, di un bel domani all'orizzonte.
Il mio pensiero è questo: un risveglio. Il sogno di un risveglio tranquillo. Un passaggio gentile dal sonno alla veglia. Sognavo di guidare un'auto comoda - cosa strana per me che non guido dal 1999! - e con l'auto passavo davanti a cose che volevo dimenticare. Poi la luce che filtrava dalla finestra e 3 piantine - rosa, ancora più rosa e poi arancione - che spuntano come il sole di aprile. In cucina c'è la colomba di ieri, la colomba delle Sorelle Nurzia. Arriva da L'Aquila, lei, e arriva qui a "nutrire" noi, nonostante tutto ha la forza di volare fino a Torino. La colazione con questa colomba vuol dire molto, rappresenta la vita che prosegue dopo il terremoto. Così preparo il caffè. Per me il caffè è veramente importantissimo. Parto da lontano: sono sempre stata più grande della mia età. Intendo dire da un punto di vista fisico: da bambina sono cresciuta a un certo punto molto in fretta. Oggi non si direbbe, perché sono del tutto "normale". Ma verso la fine degli anni Ottanta ero un piccolo gigante. Giraffa, grattacielo, king kong erano i soprannomi che ricevevo, perché gli altri bambini, pur trovandomi anche simpatica, faticavano a vedermi, per loro era più semplice dialogare con il mio ombelico :) Perché allora il caffè? Perché un bel giorno, avevo dieci anni, ne dimostravo quindici, è arrivato proprio il momento del caffè. Il giorno in cui mi sono bevuta in pace il mio primo caffè. Quella tazzina era lì a dirmi: finalmente sei grande davvero. A tutti gli effetti. Prima soffrivo: ero una bambina come le altre, rinchiusa però in quel grande corpo. Dalle maestre un po' tagliate con l'accetta ricevevo compiti di responsabilità e di cura verso gli altri bimbi, come fossi una sorella maggiore, una maestra aggiunta. Ma dentro ero piccola anche io, come quel bambino che dovevo accompagnare al bagno, come quell'altro che dovevo soccorrere perché non stava bene. E via così. Invece il caffè, ecco che arrivava a offrirmi una via d'uscita. Il dentro e il fuori iniziavano a coincidere. Potevo sentirmi padrona della mia vita.
Così ancora oggi la caffettiera e la tazzina di caffè significano questo, e molto altro che si è aggiunto nel tempo. Significano il pensiero. Come un piccolo carburante per pensare. Significano la compagnia: "prendiamoci un caffè"! Significano un profumo buono che si sparge nella mia casa la mattina. Il mio caffè, preparato da me, per affrontare la mia giornata. Diciamo, un modo di esistere. Un senso di esistere che è arrivato insieme agli anni che passavano e io ne ero ben contenta. Il sogno di essere adulta, che diventa realtà, ogni giorno di più. Nessun rimpianto per un'infanzia lontana, solo curiosità e stupore per un presente vivo e denso e saporito come una tazzina di caffè. Così, per le Sorelle Nurzia, ritrovo queste importanti sensazioni. Anzi questo vero sentimento per il caffè, per la mia stessa vita. Grazie allora, cara colomba, creatura solo all'apparenza fragile, capace di volare percorrendo l'Italia, capace di una insperata rinascita, di un bel domani all'orizzonte.
4 commenti:
Ciao e piacere di conoscerti!
Questo tuo racconto di vita personale mi ha toccato il cuore; non conta la bellezza fisica ed esteriore di una persona, come non conta come si veste o di come si porta i capelli...quello che veramente conta per me è la bellezza interiore, quella della propria anima e il suo splendore...
...ed io credo che tu sei riuscita ad esserlo nonostante tutto!
Buon volo di colombe tazzina di caffè :)!!!
Grazie Carla! E piacere mio di conoscerti! E di leggere il tuo blog :)
In effetti da quella piccola "diversità" della mia infanzia non è stato semplice uscire, soprattutto perché queste cose rischiano proprio di influenzare gli stati d'animo e le idee su di sé e sul mondo... ora che dimostro perfettamente la mia età sono molto più contenta e quando vedo quelle "bambinone" in giro cerco sempre di metterle a proprio agio :) mi fanno molta tenerezza!
Un post scritto a "cuore aperto", ti ho letta tutta d'un fiato! Buona serata Lauradv
Grazie mille Lauradv!! E piacere di conoscerti :)
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