Due donne arabe sulla quarantina sovraccariche di borse della spesa, da sfamare almeno dieci persone, si siedono vicino a me sul tram. Sono molto arrabbiate e parlano fitto. Mi schiacciano contro un tizio piccolo in gessato che non smette di starnutire.
E una coppia di torinesi di mezza età con un bambino di sei anni, Marco, cui ripetono: siediti siediti siediti siediti. E poi gli dicono: devi dire alla zia che siamo in ritardo perché tu non avevi finito il temino per lei, ricordati che lei ti regala i soldi, ti coccola, la vedi due volte l'anno, la devi trattare bene, hai capito? E siediti. Lui non ha capito o ha capito ma comunque non si siede e canta una canzoncina.
Di colpo entrano due zingari con lo sguardo di tenebra e due strumenti ingombranti e usurati. Si piantano a gambe larghe di fronte a noi. Suonano una melodia troppo più che straziante, orribilmente dolorosa. Il mio abitacolo ora è sempre più stretto, c'è pochissimo spazio per i miei insistenti pensieri per le mie solite tormentose domande: perché perché perché perché. Ci sono i pollini. Mi lacrimano gli occhi. Ma non è nulla o è soltanto poco più di nulla.
Nessun commento:
Posta un commento