venerdì 31 ottobre 2008
Dolcetto o Scherzetto?
Esercizi di sopravvivenza/1.
Primo esercizio:
Universo Bimbo.
E' un supermercato ma anzichè la frutta e la verdura, ci sono tutte le cose che servono alle mamme e ai bambini piccoli. Da quando stanno ancora nella pancia a quando hanno, all'incirca, tre quattro anni. Io vado lì e nessuno mi chiede niente. Nessuno si insospettisce, perché è un posto aperto anche alle zie, alle sorelle, alle amiche di mamme. Potrei essere lì per fare un regalo, ad esempio. E invece ci vado per sopravvivenza, ma questo nessuno lo sa. Faccio il giro come in un vero supermercato, ordinatamente, percorro a uno a uno i corridoi a S, come se stessi visitando una mostra. E' la mostra della vita che nasce, che mi trasmette vita che nasce. Ci sono i lettini rosa, celesti, verde chiaro, arancioni o di legno. Ci sono le culle bianche, di vimini. Ci sono tutti gli ordini di animaletti che la mente umana può concepire. Ci sono le carrozzine superergonomiche, i passeggini per due o tre gemelli. Di tutti i colori. Ci sono i giocattoli teneri, musicali. Ci sono le creme per la pelle, le pappe, il latte in polvere. I girelli, le "palestrine", la biancheria delicata e profumata. Ci sono le scarpine, i costumi da bagno minuscoli, i baby pullman! Lì è il grado zero della vita. Quando esco da lì ho energia per molti altri giorni. Vedo le mamme e i papà imbambolati di fronte ai loro bambini, uno dei due tiene il bambino con amore, l'altro genitore trotta tra i prodotti e si consultano e scelgono insieme. E io li osservo senza farmi accorgere. Da loro prendo un po' di vita che mi manca e me la porto a casa.
Raccontare.
"Chi tenta di raccontare, tenta di dare un ordine, dunque di cancellare".
(Mario Desiati, Il paese delle spose infelici, Mondadori, Milano 2008)
giovedì 30 ottobre 2008
Come si fa?
Il medico.
"Il medico si occupa (a differenza del naturalista)...di un singolo organismo, il soggetto umano, cercando di conservarne l'identità in circostanze avverse".
(Ivy McKenzie)
Notizie dalla clinica occupata.
mercoledì 29 ottobre 2008
Testa vuota.
E solo una stupida canzoncina che gironzolava occupando lo spazio lasciato dai neuroni in vacanza:
Gnammy.... Gnammy Gnammy Ah Ah le gommose più golose.
Ma che diavolo è? Immagino una pubblicità di caramelle degli anni Novanta. Conto tuttavia di ritornare seria nel prossimo quarto d'ora.
martedì 28 ottobre 2008
Porte chiuse.
lunedì 27 ottobre 2008
Filippo/7.
- ah.
Era riuscita a dire Celeste. Ma Filippo aveva preso dalla tasca un boccetto simile a quelli di un profumo da viaggio, un campioncino, e aveva spruzzato una sostanza acida nei suoi occhi. In un momento che non finiva mai, sono rimasti in silenzio a guardarsi.
Celeste aveva la nausea e non capiva più bene dove si trovasse. Filippo aveva nello sguardo il vuoto scuro di chi esegue un semplice lavoretto come fosse al tempo stesso molto importante e di nessun peso. Con precisione e indifferenza. Con professionalità seriale e noia estrema. MTV proseguiva la sua estenuante rotazione estiva. Nessuno in strada si accorgeva di nulla.
Mai raccontare i sogni/2.
domenica 26 ottobre 2008
Buco nero.
(Dopo la morte di mia nonna abbiamo dovuto cambiare casa qui a Torino: la nuova casa, quella in cui vivo adesso con i miei genitori, è così piccola che la casa di Cuceglio ci è servita negli anni per respirare un po', per stare un po' più larghi. Qui a Torino non c'è il divano. Lì c'è. Qui a Torino non c'è la vasca da bagno ma solo la doccia. Lì c'è. In più l'aria era buona. Così come l'acqua.)
Ma la malattia di mia mamma ha interrotto tutto questo. Da due anni non mettevamo piede in quella casa. Oggi è capitato ed è stato brutto. L'edera si sta espandendo ovunque e le sue liane magre come zampe di ragno giganti entrano nelle finestre delle stanze. Le tre rose canine sono diventate enormi e annerite, spuntano in steli troppo lunghi, troppo sporgenti. Il sole ha cotto la tenda sul cortile. Uccellacci neri, tanti, almeno venti, svolazzano rumorosamente per le scale. Ragni morti si sono depositati nei lavandini e nella vasca da bagno. L'umidità fa pizzicare la gola. La muffa si è formata sugli oggetti da cucina. Un piatto comprato a Londra tanti anni fa è caduto a terra in mille pezzi. I vestiti si sono impregnati di un odore cattivo. Le mie foto da bambina ricoperte di polvere marrone. Ragnatele nella dispensa. Sedie e tovaglia mangiate dalle termiti. Posta arretrata di mesi. Muschio che cresce sotto al cemento. Asciugamani sporchi senza essere stati usati. Luce fioca, getto dell'acqua gorgogliante, insufficiente. Scatoloni chiusi rigonfi, spezzati in due dal peso di altri scatoloni.
Due anni. Un buco nero. Di fronte a quello scenario ho pensato che non riesco a controllare le cose. Ho paura di fare una brutta fine. Di non farcela con i soldi e con le energie. Che il disordine, il caos e la miseria entrino così in silenzio nella mia vita come hanno fatto nella mia casa. Come quel tizio di cui parla oggi il giornale che hanno iniziato a non pagarlo più al lavoro, che sua moglie è incinta e vivono come barboni. Che paura, che malinconia. Mi faccio una tisana sperando che la notte mi restituisca le forze per andare avanti.
sabato 25 ottobre 2008
Notizie dalla clinica occupata.
Dalla clinica occupata dai rifugiati - anche bambini, tutti con permesso di soggiorno per asilo politico o umanitario - provenivano musiche sparate al massimo volume, organizzate in sequenza da persone dei centri sociali che intervallavano i pezzi con discorsi di spiegazione sulla situazione degli occupanti. Leggendo il giornale nei giorni scorsi so anche che questi rifugiati portano ancora sulla pelle il segno delle percosse e delle torture con il filo di ferro.
Li vedevo tutti dal balcone di casa mia. Ma alla fine sono scesa giù con le cose che avevo in casa, portandomi dietro anche i miei genitori. Loro due sono rimasti sul marciapiede in mezzo ai rifugiati - mia mamma sentiva la musica e accennava qualche passo di danza (...) - mentre io entravo nella clinica, accompagnata da una ragazza bianca. Dentro ho visto uno spazio grande ma angusto, sporco e diroccato. Non certo una casa. Ci vorrebbe un'impresa di pulizie: gli aiuti dei semplici cittadini non bastano assolutamente. Continuo a non sapere come andrà a finire se il Comune non interviene in tempo. A me sembra assurdo, senza voler mancare di rispetto a nessuno, che queste persone siano lasciate nelle mani solo di volontari, che inevitabilmente prendono in mano la situazione a modo loro e come possono, organizzandosi in un Comitato di solidarietà che, nel volantino che distribuisce in strada, specifica di non voler trasformare la clinica in un nuovo centro sociale...
E poi: quanto può reggere la loro salute: mi sembravano tutti un bel po' sperduti e spaventati, tante ragazze tutte abbracciate, con i veli colorati. I maschi che distribuivano volantini in pantofole.
Dopo qualche ora è tutto finito in pace, senza nessuna violenza. Mia mamma mi ha detto che per tutto il giorno non ha pensato alla sua malattia. Questo a me oggi basta per essere contenta. Ma loro? Ma domani?
venerdì 24 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/14.
Figlia:
- Hai visto a Catania...
Mamma:
- Sì: hanno vinto il Superfanaletto!
"L'ira dei ragazzi miti".
"Sai cosa c'è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l'affitto e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea, della crisi mondiale e dell'aumento delle bollette. Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. Ma se mi dicono che domani non c'è più, l'hanno tagliato nella finanziaria, allora basta. Non mi spaventa più Berlusconi che dice di voler mandare la polizia. Non mi spaventa nulla, sono stufo. E finalmente, respiro".
Io di anni ne ho 28 e mi chiedo: ma quando arriva questo domani? Non ho ancora capito se sono io che non funziono, perché incapace, pigra, inetta o se c'è qualcosa di storto nella nostra società, nella nostra (in)civiltà. Penso forse un bel misto di entrambe le cose. C'è già una piccola differenza tra il 22enne Marco e una 28enne come me. Io all'Università ancora sognavo a occhi aperti, lavoravo sodo, a testa china ma senza sentirne il peso perché avevo speranze e progetti. Studiavo e studiavo immaginando davvero un bel futuro. A 22 anni fantasticavo di una me 28enne soddisfatta, lavoratrice retribuita, moglie, mamma. E invece eccomi qui a lavorare sì a volte, ma con l'incertezza del lavoro stesso e naturalmente della paga (quanti si abbiamo risposto alla domanda/affermazione: "naturalmente lavorerà gratis?! O per 300 euro o per 500 euro al mese??" Scagli la prima pietra chi non l'ha fatto almeno una volta!), con molti sogni infranti, eterna fidanzata a casa con i genitori e ancora non mamma. Lo so che è anche colpa mia. Marco invece è già disincantato. Ha visto noi quasi 30enni per la maggior parte ridotti male. Pavidi e per nulla intraprendenti. Fatte le dovute ammirevoli eccezioni. E si è giustamente spaventato e stufato e preoccupato per se stesso. Voglio allora però imparare dai miei stessi sbagli se ci riesco e prendere esempio da lui e non avere più paura dei miei diritti e dei miei doveri.
Senza parola. Un bel libro da leggere.
"Nella migliore delle ipotesi le persone afasiche vengono scambiate per stranieri e quasi sempre l'interlocutore occasionale, non rendendosi conto delle reali difficoltà di chi gli parla, non ha la pazienza sufficiente per ascoltarlo e cercare di capire cosa voglia dirgli".
(dall'introduzione di Anna Basso)
"Pensiamo che avevo tutto nella vita. Parlare, giocare, dialogare, era il mondo sotto ai mio piccoli piedi. Ero immortale, giovane e pieno di vita, avevo i capelli lunghi e andavo sempre avanti. Volevo sempre correre senza fermarmi mai. Ma non era così e non per la macchina o il motorino o la moto che sognavo ma non avevo. Ma per la vita stessa, quella stretta stretta, la mia. Pensiamo che la velocità mi scorreva davanti e io volevo correre ancora, stare vicino, attaccato, superarlo. Ma non ce la faccio, non lo fa nessuno, non basta mai, stavo sempre indietro, a rincorrere. Correvo, correvo, correvo e pigiavo l'acceleratore. E a un certo punto, clic, cambia tutto".
(dal diario di Andrea Moretti)
Volevo aggiungere che anche per mia mamma è stato così. Un clic di poco conto, e la nostra vita è stravolta da un anno e mezzo. La sua sfida adesso è provare ad andare al lavoro qualche ora, nonostante tutto, affrontare la confusione totale e una fatica che prima non conosceva, affrontare il silenzio, il nervoso, il male fisico. La sua lotta è tornare a essere la mia mamma, prepararsi magari chissà un giorno a diventare anche nonna. Rafforzarsi i muscoli per provare a tenere in braccio un nipotino, per dirgli quelle poche semplici parole che un bambino può capire. In una parola: vivere lo stesso anche senza parola.
giovedì 23 ottobre 2008
Scene della Torino Brava/2.
Al bar ho sentito "involontariamente" una conversazione tra una cliente e la barista. La cliente aspettava visibilmente un bambino ed era un po' raffreddata. Così parlavano di quello, dell'uscire di casa nonostante il blando divieto del dottore. Mi sono subito intromessa per chiacchierare un po' della gravidanza che è un argomento che mi appassiona tanto e mi affascina tantissimo, pur non aspettando a mia volta nessun bambino. Allora, alla fine questa giovane donna aveva una bella storia da raccontare. Si chiama Renata e ha 33 anni. Appena sposata, a 30, scopre di avere una malattia molto grave. Sulle prime si crede e la credono spacciata. Subito perde il lavoro. Così si ritrova malata e disoccupata. Decide di affrontare comunque le cure con insospettabile fiducia.
- Ho avuto fede. Non avevo altro.
Dice. E dopo un po' di tempo guarisce. Senza mezze misure. All'improvviso e con sorpresa di tutti. Contemporaneamente, una sua amica le segnala la possibilità di spedire il curriculum a un'azienda. Renata lo fa. La prendono. Dopo un po' di tempo le viene fatto un contratto a tempo indeterminato. Dopo due mesi scopre di aspettare un bambino. Che brava Renata che non si è persa d'animo. Voglio prendere esempio da lei.
Entusiastic/1.
Papà:
- Sai quella trasmissione che ascolto sempre alla radio...
Figlia:
- Si, la Barcaccia, su radio tre?!
Papà:
- Esatto. Ma sai che la fanno da vent'anni?
Figlia:
- Ah, cavoli.
Papà:
- Mah...hai capito bene? v-e-n-t-'-a-n-n-i
Figlia:
- Si, si.
Papà:
- Secondo me è un miracolo.
mercoledì 22 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/13.
Figlia:
- Vuoi della frutta?
Mamma:
- Ma no, magari prima passami quel Massaggino Mio.
Scene della Torino Brava/1.
- Tuffati Noemi!
Ma non ci voglio fare caso. Non mi erano mai capitati episodi schizofrenici prima: penso subito a una semplice suggestione. Anche considerato il periodo per me strano. Poi era da tanto che non stavo da sola in uno spazio così grande. Ma la voce continua:
- Vai Noemi! Buttati!
Ma cos'è? Un messaggio per me? Confesso che non sono più tranquilla e inizio a nuotare veloce.
- Brava Noemi. Bravaaaa!
Adesso sono preoccupata sul serio. Mi batte forte il cuore e decido di fermarmi. Un attacco di panico di quelli corti e fulminanti si impossessa di me per qualche secondo. Insieme a quel respiro asmatico che fa sempre piacere.
Mi guardo intorno con gli occhi lucidi. E vedo alla fine della prima vasca una piccola bambina down con la sua cuffietta celeste abbracciata a una giovane istruttrice. Altre due persone a bordo vasca le guardano. Quell'uomo e quella donna che facevano il tifo.
Così attraverso in apnea le due corsie che mi separano da lei e cerco di nuotare vicino a loro. Attacco bottone dicendo che anche io mi chiamo Noemi. Da quel momento la piccola Noemi mi dice:
- Brava!
A ogni vasca. E me lo sussurra anche sotto il phon, per come mi asciugavo bene i capelli. Prima di andare via mi ha mandato anche un bacio con la manina. Brava Noemi. Brava l'istruttrice. Bravi i genitori!
In Italia!
martedì 21 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/12.
Mamma, rivolgendosi al medico curante:
- Allora dottore: per il mutuo siamo a posto?
Dottore:
- Lo spero per voi.
Figlia:
- ...
lunedì 20 ottobre 2008
T.S.Eliot.
O buio buio buio. Tutti vanno nel buio.
Nei vuoti spazi interstellari, il vuoto va nel vuoto.
I capitani, gli uomini d'affari, gli eminenti letterati,
I generosi patroni dell'arte, gli uomini di stato e i
governanti,
Gli esimi funzionari, i presidenti di molti comitati,
I capitani d'industria e i piccoli imprenditori, tutti vanno
nel buio,
E bui il Sole e la Luna, e l'Alamanacco del Gotha
E la Gazzetta della Borsa, l'Annuario delle Società
Anonime,
E freddo il senso e perduto il motivo dell'azione.
E tutti noi andiamo con loro, nel funerale silenzioso,
Funerale di nessuno, perché non c'è nessuno da
seppellire.
Ho detto alla mia anima: taci, e lascia che scenda su di te
il buio.
Che sarà l'oscurità di Dio. Come, in un teatro,
Si spengono le luci, per poter cambiare la scena
Con un cupo rombo d'ali, con un moto del buio sul buio,
E noi sappiamo che le colline e gli alberi, il panorama
lontano
E l'ardita facciata imponente, tutto viene arrotolato e
messo via...
O come quando un treno della ferrovia sotterranea si
ferma troppo a lungo tra due stazioni
E s'ode la conversazione, poi un po' per volta svanisce nel
silenzio
E si vede che dietro ogni faccia si spalanca il vuoto
mentale
E non resta che il crescente terrore di non aver nulla a cui
pensare;
O quando, sotto l'etere, la mente è cosciente, ma
cosciente di nulla...
Ho detto alla mia anima: taci, e attendi senza speranza
Perché la speranza sarebbe speranza mal collocata: attendi
senza amore.
Perché l'amore sarebbe amore mal collocato; rimane la
fede
Ma la fede e l'amore e la speranza stanno tutti nell'attesa.
Attendi senza pensiero perché non sei pronta al pensiero:
Così il buio sarà la luce, e la quiete la danza.
Mormorio di correnti ruscelli, e lampi d'inverno.
Il timo selvatico non visto, e la fragola dei boschi,
Le risa nel giardino, eco di un'estasi
Non perduta, ma che richiede, che tende all'agonia
Della nascita e della morte.
[...]
(T.S. Eliot, da Quattro Quartetti, East Coker in Opere 1939.1962, Bompiani Milano 2003)
domenica 19 ottobre 2008
Segreto.
sabato 18 ottobre 2008
Complesso.
Giornata nazionale dell'Afasia.
venerdì 17 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/11.
Figlia:
- Per me un caffè normale!
Mamma:
- Per me un caffè d'orso!
Scene della Torino inquietante/3.
- Non miagolare.
giovedì 16 ottobre 2008
fiction/nonfiction.
Elementi di Afasia applicata/10.
Mamma, in prossimità di un tizio che tutta la famiglia non rivedeva da tanti anni:
- Ecco quel ragazzo, come si chiama già...
Figlia:
- Riccardo.
Mamma:
- Ah, si Raccordo.
Una lunga notte/10.
[Continua...]
mercoledì 15 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/9.
Figlia:
- Oggi sei uscita a mezzogiorno...
Mamma:
- Si, in tutto ho lavorato 3 euro e 45 minuti!
Figlia:
- Però!!
Catastrofic/3.
Papà:
- A che ora hai l'appuntamento?
Figlia:
- Alle nove.
Papà:
- Sei in ritardo.
Figlia:
- Ma no.
Papà:
- Secondo me non arrivi più.
martedì 14 ottobre 2008
Regala ciò che non hai.
Occupati dei guai,
dei problemi del tuo prossimo.
Prenditi a cuore gli affanni,
Le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la luce che non hai,
la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te,
la fiducia di cui sei privo.
Arricchiscili con la tua povertà.
Regala un sorriso
quando hai voglia di piangere.
Produci serenità
dalla tempesta che hai dentro.
“Ecco, quello che non hai, te lo do”.
Questo è il tuo paradosso.
Ti accorgerai che la gioia
a poco a poco entrerà in te,
invaderà il tuo essere,
diventerà veramente tua
nella misura in cui
l’avrai regalata agli atri.
(Alessandro Manzoni)
Le invasioni barbariche.
E' inutile che vi guardiate intorno cercando di identificare i barbari in qualche categoria di persone. I barbari questa volta non sono persone, sono cose. Sono gli oggetti che abbiamo creduto di possedere e che ci possiedono; sono lo sviluppo produttivo che doveva essere al nostro servizio e di cui stiamo diventando schiavi; sono i mezzi di diffusione del nostro pensiero che cercano di impedirci di continuare a pensare; sono l'abbondanza dei beni che non ci dà l'agio del benessere ma l'ansia del consumo forzato; sono la febbre dell'edilizia che sta imponendo un volto mostruoso a tutti i luoghi che ci erano cari; sono la finta pienezza delle nostre giornate in cui amicizie affetti amori appassiscono come piante senz'aria e in cui si spegne sul nascere ogni colloquio, con gli altri e con noi stessi.
Ed è chiaro che l'elenco delle cose barbare e assoggettatrici non può culminare che con l'evocazione di quella che tutte le comprende, le simboleggia e le vanifica, la cosa barbara e assoggettatrice per eccellenza, la bomba che può porre fine alla storia umana".
(Da una conferenza del 1962 riportata con il titolo I beatniks e il "sistema" in Una pietra sopra di Italo Calvino Mondadori 2003)
lunedì 13 ottobre 2008
p.s.
Ecco cosa è successo ieri notte.
Comunicato degli occupanti e delle occupanti della ex-Clinica San Paolo
Domenica 12 ottobre 2008
Siamo donne e uomini rifugiate/i, arrivate/i in Italia da alcuni mesi. Il governo Italiano ci ha riconosciuto un permesso di soggiorno per asilo politico o per motivi umanitari, ma poi si è dimenticato di noi, lasciandoci in mezzo a una strada, senza una casa, senza la possibilità di trovare lavoro, senza la possibilità di costruirci una vita migliore di quella che abbiamo lasciato nei nostri paesi martoriati dalle guerre. Il comune di Torino, attraverso l’ufficio stranieri, non da’ nessuna risposta concreta che non sia l’iscrizione in improbabili liste d’attesa, per pochissimi posti che prevedono qualche mese di assistenzialismo fine a se stesso, dopo di che le persone sono ributtate in strada, così come succede anche alle persone italiane con le liste d’attesa per la casa popolare.
Noi pensiamo che la casa è la cosa più importante, avere una casa e una residenza consente alle persone di lavorare o studiare, è la condizione per una vita dignitosa. L’inverno torinese è molto freddo e già le temperature si abbassano, i dormitori non bastano né sono il luogo dove possiamo stare.
L’anno scorso un gruppo di rifugiati/e provenienti come noi dal Corno d’Africa, nelle nostre stesse condizioni ha occupato uno spazio vuoto da anni in via Bologna, si sono organizzati per viverci insieme, dividere le scarse risorse e rivendicare i loro diritti. Oggi anche noi, forti ed insieme a quella esperienza, prendiamo questo posto inutilizzato, perché non ci lasciano altra scelta e perché ci sembra una vergogna che con tante persone senza casa, anche italiane, ci siano edifici tanto grandi che non servono più a nessuno.
Oggi siamo qui per conquistarci una casa, siamo determinati e determinate a restare, non vogliamo creare problemi in questo quartiere che nella sua storia è stato più volte il punto di arrivo di tanti immigrati/e che come noi volevano solo dignità. Non abbiamo niente se non la solidarietà di chi ci sta vicino, vi invitiamo a venirci a trovare, vi chiediamo di sostenerci con generi di prima necessità, coperte, cibo, amicizia: tutto ciò che pensate possa servire in nuova casa!
CASA/LAVORO/SANITÀ/ISTRUZIONE
gli occupanti e le occupanti della ex-Clinica San Paolo
(pza Sabotino ang via Revello)
comitato di solidarietà con rifugiate/i e migranti
Scene della Torino inquietante/2.
Comunque queste persone a un certo punto non si sa come sembra proprio che siano entrate nella clinica, che l'abbiano occupata. A poco a poco si accendevano le luci di stanze rimaste chiuse per anni. Mi sono chiesta come fosse possibile che funzionassero ancora. A un certo punto si è sentita una sirena, ma eravamo già rientrati in casa. Quando siamo usciti di nuovo, si intravvedeva un'auto nascosta dalla prospettiva delle foglie, ancora numerose nonostante l'autunno inoltrato, di un grande albero a ridosso del corso. Così non ho capito bene la conclusione di questa loro impresa.
domenica 12 ottobre 2008
Filippo/6.
[Continua...]
Elementi di Afasia applicata/8.
Figlia:
- Quali malattie infettive ho avuto da bambina?
Mamma:
- Dunque: gli orecchioni, la pertosse e l'ombrello!
Catastrofic/2.
- Ciao, io vado.
Papà (detto Catastrofic Man), con tono neutro, normale, tranquillo:
- Allora non ci vediamo più?
sabato 11 ottobre 2008
Le Clézio.
(L'Africano, Instar Libri, Torino 2007)
Elementi di afasia applicata/7.
Figlia:
- Chi era al telefono?
Mamma:
- Enna!!!
Figlia:
- Caspita!
venerdì 10 ottobre 2008
Scene della Torino inquietante/1.
Donna, guardando di sbieco, verso il cane, dietro gli occhialoni griffatissimi:
- Dai Gabrieleee muoviti!
Cane, bianco, tramortito, dallo sguardo sperso:
- Woof!
Donna:
- Andiamo a prendere Gabriele che esce da scuola!
Cane:
- Wooooooooof!
Donna:
- Bravo!
Cane:
- ...
giovedì 9 ottobre 2008
2004/2008.
e nonostante tutto
nonostante il basso continuo dolore
che mi fa sempre male e non mi
lascia mai sola.
Oggi penso a ieri di quattro anni fa
a qualcuno che in silenzio
è rimasto con me e non mi
lascia mai sola.
Oggi penso a una parola
che non so pronunciare
una parola d'amore
che non mi lascia mai sola.
Oggi penso a nulla
che mi sconvolge ancora
penso a tutto insieme in un brusio
che non mi lascia mai sola.
mercoledì 8 ottobre 2008
Caso calmo.
Il caso ci guarda a fondo negli occhi.
La testa comincia a farsi pesante.
Ci si chiudono le palpebre.
Ci vien voglia di ridere e di piangere,
è davvero incredibile -
dalla quarta B a quella nave,
deve esserci un senso.
Ci vien voglia di gridare:
come è piccolo il mondo,
come è facile afferrarlo
a braccia aperte!
E per un attimo ancora ci colma una gioia
raggiante e illusoria.
(dalla poesia Sèance di Wislawa Szymborska)
Una lunga notte/9.
[Continua...]
martedì 7 ottobre 2008
Catastrofic/1.
Ore 7.00. Figlia decisamente adulta dorme nella sua cameretta, ma poiché l'appartamento è di piccole dimensioni sente tutto ciò che i genitori dicono in cucina:
Papà:
- Il Bozzo (mio soprannome per mio papà) dorme?
Silenzio.
Mamma:
- E certo.
Papà:
- Vado a controllare.
Mamma:
- Ma lasciala in pece.
Papà:
- E se è stata male nel sonno???
lunedì 6 ottobre 2008
Elementi di Afasia applicata/6.
Figlia:
- Allora com'è andata oggi al lavoro?
Mamma:
- Mah, mi sento un po' sette sopra.
Tre pensieri.
Due: questa mattina presto, saranno state le otto, ho visto una donna che spingeva un passeggino. La bambina avrà avuto non più di undici mesi, mentre della donna era difficile identificare l'età. Poteva essere la mamma come la nonna o la zia o la baby-sitter. Camminavo dietro di loro, così la donna si sarà sentita inosservata dal momento che gridava liberamente forte contro la bambina:
- Non c'ho voglia, hai capito.
Gridava senza ritegno, raschiando la gola. Poi di colpo si è piegata verso la piccola e le ha spinto malamente il biberon da cui stava bevendo, procurandole dolore e accompagnando il gesto con un rabbioso:
- Noooooooooooooooooooooooooo.
Tre: mi chiedo: quando certi adulti decideranno finalmente di lasciare in pace i bambini?
domenica 5 ottobre 2008
Le Benevole.
Ministro Gelmini.
Paola Perego dice qualcosa come:
- Eh si in effetti la maestra è un po' una vicemamma, alle elementari. Poi dopo no, ma alle elementari si.
E accompagna la frase con uno sguardo dolcissimo.
La Gelmini annuisce. Stanno parlando del ritorno alla maestra unica. Vorrei solo portare la mia personale testimonianza sui danni irreversibili della maestra unica nella mia esperienza.
Il 1986, anno in cui ho iniziato le elementari, infatti, credo sia stato l'ultimo a prevedere la maestra unica. La mia era una donnona di mezza età maschilista e maliziosa. Mi prendeva in giro perché ero una bambina troppo alta per la mia età. Metteva in competizione gli alunni, era ossessionata dalla guerra, ed era anche un po' ignorante. I maestri delle altre due sezioni: uno toccava i bambini (lo so perché al prescuola lo aveva fatto anche con me, nessuna violenza però toccava e non è una bella cosa), l'altra li picchiava ed era stata anche denunciata da qualche mamma. Certo: erano eccezioni. Il mondo sarà pieno di brave maestre pronte a passare tutto il giorno sole con i loro vicefigli. Però secondo me la varietà nell'isegnamento e nei comportamenti ai bambini non può che giovare. Imparano ad ascoltare più punti di vista e a conoscere metodi e atteggiamenti diversi. Ne sono convinta e mi dispiace per questi nuovi piccoli che come me dovranno avere a che fare con una sola persona per tante ore della giornata.
Filippo/5.
Celeste lo seguiva nei suoi piccoli passi di uomo che stava per diventare definitivamente anziano. Guardava in basso, verso i suoi talloni screpolati che si appiccicavano alla ciabatta di plastica.
- Ecco, è qui che tengo il materiale.
- Ma che materiale?
Aveva pensato Celeste, stringendo sempre più forte il cellulare.
- Prego dia pure un'occhiata.
Aveva bisbigliato con tono seccato Filippo, asciugandosi ancora una volta il sudore che in quei pochi istanti si era riformato, attirando anche le insistenze di uno zanzarino che continuava a tormentarlo svolazzando insistentemente intorno agli occhialoni che aveva da poco inforcato.
Celeste si ritrovò, senza il minimo preavviso, di fronte allo spettacolo più incredibile cui avesse mai assistito. Guardando Filippo e poi l'armadio aperto. Poi ancora Filippo e poi l'armadio, non sapeva cosa dire, come uscire da quel silenzio di tomba.
sabato 4 ottobre 2008
Conversazione tra decenni.
Bambina:
- Poi mio papà fa: no, la Picasso non si vende. E mia mamma: a me basterebbe una Panda a quattro porte. Anche a me basta la Panda. Oppure una come quella.
Indica fuori dal finestrino un'auto costosissima nera. E continua, mentre il bambino fissa il vuoto.
Quella nera. Vedi? Quella mi basta. Oppure quella gialla (un Maggiolone). Oppure quella azzurra, anzi no quella no. (una Seicento usata).
Bambino:
- Mia mamma ha la Matiz. Ma non la vende eh. E' piccola ma va bene. A me basta. Ha un baule molto spazioso. Anche la Toyota è molto grande. Ci è costata un sacco di soldi.
La conversazione poi è andata avanti così per tutto il tempo, con piccole variazioni fino a quando i genitori li hanno chiamati per scendere. E allora ho pensato:
- Che cosa ci facevano sul tram visto che possiedono tutte quelle macchine?
- Che cosa diranno di me un domani i miei bambini: - Mia mamma ha visto un vecchietto fiorito!? Mia mamma si sente a testa in giù sulle Montagne Russe!? Mia mamma ha sognato dei gatti aggressivi!????????????????????????????????????
Non so cosa accadrà.
Un vecchietto fiorito.
venerdì 3 ottobre 2008
Mai raccontare i sogni/1.
giovedì 2 ottobre 2008
mercoledì 1 ottobre 2008
Una lunga notte/8.
Mia mamma, Clare, il suo bambino ancora nella pancia. Erano i tre lati di un quadrato perfetto di cui io mi sentivo il quarto.
Da sempre immaginavo il momento in cui Clare o io o tutte e due avremmo avuto un bambino. Quando ero piccola come molte bambine giocavo con le bambole. Era il mio gioco preferito. Niente Barbie, solo bambole il più possibile simili a bambini veri. Li accudivo con tutto il mio amore. Davo loro dei nomi, li vestivo a seconda delle stagioni e mi occupavo della loro educazione.