mercoledì 8 ottobre 2008

Una lunga notte/9.

E adesso questo sogno diventerà realtà. Pensavo, seduta sul furgoncino bianco traballante di mio papà che mi portava come un sacco di patate al lavoro. Vedevo la città limpida del mattino scorrere dai finestrini, mi sentivo come ai primi tempi della scuola. Un combattimento all'ultimo sangue tra la bellezza delle piante che ondeggiavano, i marciapiedi semivuoti con i cani e i padroni addormentati, il profumo di croissant e la prospettiva imminente di restare chiusa tutto il giorno seduta in mezzo a persone sconosciute. Stare seduta in particolare in quei giorni mi terrorizzava. La posizione seduta significava calma, concentrazione, padronanza di sé. Cosa che per me non era. Queste persone nuove poi, di questo nuovo ennesimo lavoro, mi sembravano un piccolo plotoncino militare della felicità. Non avevo mai visto tante persone di bell'aspetto e contente, anzi entusiaste nonostante i tentativi di coltivare il tipico cinismo da ufficio. Tentativi che avevo smascherato in pochi istanti: era chiaro che il benessere, l'agio, la soddisfazione e l'impegno serpeggiavano come una sorgente sotterranea di lunga vita, che tutti speravano di coprire con il fango. Mai visto tante persone tutte insieme così ben vestite, così uniformi nel ben vestire. Così appagate dal lavoro, così compatte. Ho subito capito che la squadra era fatta, e che me ne sarei stata in panchina per non so quanto tempo e che poi le cose della mia vita mi avrebbero sovrastata e me ne sarei andata. E così è stato. Ma oggi era il momento di lottare per la sopravvivenza. E di capire i particolari di quanto era successo.
[Continua...]

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Sto leggendo...continua per favore!
Non è educato interrompere così...

baci,

a

noemi ha detto...

Che cara Amisssss come farei senza di te?

Anonimo ha detto...

tì vì bì,

a