Clelia spera senza mai riconoscerselo di fare amicizia con un ragazzo attraverso le lunghe passeggiate con il cagnolino.
Il suo dispiacere più grande però è che il cagnolino si chiami Barbetta, nome scelto dal fratello così, senza nessuna consapevolezza del ruolo che Barbetta avrebbe avuto nella vita di Clelia, cioè di antenna per amici o ancora meglio, possibili fidanzati.
Clelia ha un dispositivo interno, un imperativo, che le vieta di mentire sul nome di Barbetta.
Come si chiama? Barbetta!
Non può farne a meno. E si è convinta che quella sia la vera ragione per la quale nessuna delle conversazioni cominciate tramite Barbetta si è mai conclusa con un invito a bere un caffè o, ancora meglio, a mangiare un gelato.
Barbetta, mioddio, è colpa tua se sono così sola. Gli dice, mentre lui tenta di ingerire un sasso, ringhiando.
A me Barbetta è anche simpatico, mentre faccio i giri del parco di corsa, lo vedo lì, che mangia le solite pietre, che ringhia felice, ma al posto di Clelia valuterei l'ipotesi di inventare una bugia bianca sul nome.
Ad esempio risponderei che un nome Barbetta ancora non ce l'ha.
6 commenti:
Quanto mi assomiglia questa Clelia!! Lei è giustificata: la colpa è di Barbetta. Io la colpa a chi devo darla?
@Annalisa: :) :) secondo me non vi assomigliate invece... :D
Se lo dice l'autrice, mi fido ;)
@Annalisa: e fai bene ;)
che gioiellino questo racconto!
@Sara: grazie smackkk
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